Riunisce gli Atti del Convegno svoltosi a Venezia il 26 e 27 aprile 2016 il volume Attraversare il Novecento tra ideologie di guerra e utopie di pace (Aracne 2017, pp. 220, euro 14), a cura di Valerio Vianello con un’introduzione di Tiziano Zanato, un appuntamento organizzato grazie allo stesso Vianello con i colleghi dell’ADI-SD – la sezione scuola dell’Associazione degli Italianisti – che ha riunito docenti universitari e della scuola secondaria, al fine di creare un itinerario letterario nella scuola e per la scuola in grado di proporre non soltanto contenuti e dimensioni diverse ma anche suggerimenti e nuove attività per la didattica.
Nel titolo troviamo due direttrici utili per leggere la tematica principale guerra/pace, in un percorso di voci autoriali, da un lato, che porta all’attenzione anche alcuni preziosi strumenti di lavoro per la formazione degli studenti. La parola “ideologia” indica, secondo la Treccani, «il complesso dei presupposti teorici e dei fini ideali (o comunque delle finalità che costituiscono il programma) di un partito, di un movimento politico, sociale, religioso e sim.», proponendo da subito lo stretto legame con l'”utopia”, «ideali, speranze, progetti, aspirazioni che non possono avere attuazione» (ancora dalla Treccani). Se il primo binomio del titolo guerra/pace resta sul piano della realtà, l’altro (ideologie/utopie) introduce l’irrealtà, entrambe tuttavia interne e costituenti della letteratura.
Tra i saggi, Pasquale Guaragnella affronta la figura pirandelliana di Federico Berecche, «dimissionario» della storia e della vita, emblematico rappresentante di un’epoca in cui affiorano – grazie alla voce dello scrittore siciliano – incertezze e domande sull’umano.
Pietro Gibellini, dal canto suo, concentra la propria attenzione su due testi poetici poco frequentati di Clemente Rebora, che hanno come oggetto la mutilazione del corpo di un soldato: tra verso e prosa, dimostrando la vicinanza tra le due forme, il critico suggerisce «L’interrogazione [e] l’assenza di certezza [del] naufrago Rebora»; non casualmente la figura del titolo di quest’intervento è l’Arca di Noè, che lo stesso poeta sceglie come appiglio nel «mare di sangue» della guerra.
Ricciarda Ricorda affronta, invece, in una sorta di trittico, la posizione diversa di alcune autrici dinnanzi al primo conflitto mondiale, vero cardine di questi primi saggi. Ada Negri e Matilde Serao oltre che Sibilla Aleramo (con un passaggio rapido anche su Antonietta Giacomelli) sono poste al centro di un discorso che valuta la loro “voce” come espressione critico-intellettuale in un più largo coro di voci maschili anche politiche; tra posizioni di modernità (Negri) e tradizione (Serao), Ricorda traccia un quadro di riflessioni sui ruoli dei due sessi durante la guerra, andando al di là delle posizioni pre-femministe dell’epoca, e convogliando l’attenzione su testi e prose giornalistiche poco note.
Valerio Vianello muove, invece, lo sguardo a partire dalla «trincea», quasi simbolo “astraibile” in tale discorso critico: se “esistenze” e “immaginario” giocano un ruolo chiave nel disegno di questo Convegno, i «volti» del saggista qui appaiono immersi – e contemporaneamente emergere – dal “confine”, dal “limite”, dalla “zona grigia” cui sono confinati. Il testo percorre un secondo tema: quello dello «scontro esasperato tra civiltà» rappresentato dalla Prima guerra mondiale (e non solo), dichiarato sin dall’inizio ed esemplificato nelle opere di, tra gli altri, Giani Stuparich, Mario Puccini, Emilio Lussu.
Cambio di decennio: Gino Ruozzi si addentra negli anni Quaranta, spartiacque del secolo Novecento in cui furono pubblicate le opere più celebri di Buzzati e Pavese, ma anche di Bacchelli, De Céspedes, Bilenchi, Savinio. Se la «periodizzazione» ante e post bellica conduce verso una lettura critica che tiene necessariamente conto del significato storico della fine del secondo conflitto mondiale anche a livello contenutistico e letterario, è interessante notare come Ruozzi scelga di condurre l’indagine su alcuni libri a cavallo tra ’40-45 e ’45-50: non con esclusività, il suo orizzonte si concentra su Agostino di Moravia e sul Saba di Scorciatoie e Raccontini. Tra Fascismo, mondo dell’editoria e interesse nei confronti della letteratura statunitense si ridisegna un panorama cultural-letterario tutt’altro che lineare e di semplice decifrazione. In questa stessa ottica, il quadro di Cristina Nesi individua in Fenoglio e Calvino i due autori “disobbedienti” della Resistenza da tramandare scolasticamente, poiché inventori di due dirompenti personaggi adolescenti in lotta contro la guerra.
I saggi a seguire, con la penna di Piero Corbucci, Lucia Olini, Cinzia Spingola, offrono almeno tre rotte per affrontare nodi che riguardano, più da vicino, l’insegnamento nella scuola dell’obbligo e l’utilità di materiali e/o questioni. In particolare, vale la pena di soffermarsi sul progetto di rete del Miur che dà anche il titolo al volume: un progetto che rivolge una sfida reciproca (d’interesse il focus su Mario Rigoni Stern) a insegnanti e studenti nell’approfondire e allargare le possibilità della letteratura, sconfinando in continuazione nella realtà del quotidiano, dove la parola incontra la vita reale, fatta di una multietnicità che si trova tutti i giorni ad affrontare la complessità di una lettura contemporanea dei conflitti.
Chiude il volume un saggio di Roberto Stradiotto su Fulvio Tomizza, autore istriano costretto all’esodo nel ’55, scrittore che ha vissuto autobiograficamente il tema e ne ha trattato in diversi volumi. Laddove guerra e pace prendono una piega interna, si sottopongono all’elastico indocile dell’esistente, che moltiplica le circostanze di conflitto, creandone di nuove; la letteratura, perciò, risponde urgentemente con un’esigenza triplice, ossia raccontare, raccontarsi e farsi raccontare.
(fasc. 22, 25 agosto 2018)