Continuiamo ad assistere, impreparati e impotenti, a una forte mobilità della popolazione planetaria e sono moltissime e imprevedibili le concause che rendono il fenomeno di difficile comprensione e governo.
Da tali esodi derivano una serie di conseguenze giuridiche, economiche, sociali, demografiche e istituzionali che in molti ritengono che vadano disciplinate in modo diverso da come avviene attualmente, maldestramente.
Il nostro governo, orientato, sul piano dei principi, a riconoscere il diritto di ottenere la cittadinanza ai nati nel nostro paese, si è visto costretto, giorni fa, a rinviare al prossimo autunno l’approvazione della legge che riconosce ai nati nel nostro paese, appunto, lo ius soli (anche se mancano altri requisiti richiesti dalle normative sulla cittadinanza attualmente in vigore), rivoluzionando la prassi ora vigente.
Il rinvio dello ius soli ha generato disappunti, e non solo negli ambienti cattolici, liberali e laicisti, considerati particolarmente sensibili a queste tematiche, ma le perplessità che ne sono derivate hanno alimentato lo sviluppo di orientamenti diversificati e talora contraddittori e tendenze a non recepire, talvolta adeguatamente, lo spirito delle trasformazioni in calendario. Il governo ungherese, per fare qualche esempio, ha chiesto a quello italiano di chiudere i porti del nostro paese nel caso di nuovi arrivi e altri paesi hanno assunto atteggiamenti di chiusura, mentre il governo italiano ha più volte ribadito i valori ideali a cui si ispira la nostra politica sulla mobilità e sull’acquisto della cittadinanza, ma non si può non constatare che la dimensione assunta dalla mobilità planetaria e il continuo approdo sulle nostre coste di minori non accompagnati rendono sempre più urgente affrontare le tematiche dello ius soli in modo più ampio e incisivo.
Senza la collaborazione di tutti i paesi coinvolti in queste problematiche, non è facile individuare quali siano le strade migliori da seguire. Occorre ipotizzare e maturare strumenti nuovi per affrontare tali problemi e rendersi conto che è doveroso coinvolgere tutti i popoli che si identificano nella cultura europea a partecipare attivamente alla riformulazione della realtà europea stessa, per consentire ad altri popoli che appaiono oggi esclusi di poter contribuire in futuro, con pienezza di diritti e di doveri, alla costruzione della nuova Europa.
È importante comprendere che, per diritto di prossimità, è giusto che vengano ammessi a partecipare alla formulazione del nuovo diritto di cittadinanza quanti risultano attualmente esclusi, senza che venga assicurata la giusta attenzione agli aspetti culturali e alle problematiche storiche che vanno emergendo. Senza un’adeguata considerazione delle attese di molti popoli oggi non coinvolti nella costruzione della Nuova Europa, le politiche non saranno in grado di eliminare i disagi e i malesseri per esclusioni che appaiono sempre più ingiustificate.
Ben vengano l’approvazione dello ius soli e una rivisitazione aperturistica della normativa italiana ed europea sulla cittadinanza, ma si tenga ben presente che la ricerca di soluzioni a certi problemi non può essere rinviata all’infinito senza degenerare e rinfocolare vecchi egoismi: una iattura, quest’ultima, che non favorisce certamente l’avvio dell’Europa del futuro e una politica di respiro atta a sconfiggere le mobilità planetarie che oggi appesantiscono la nascita e il cammino del nuovo modo di intendere la cultura europea.
Lo ius soli è importante per le conseguenze che possono derivare alle persone che se ne avvantaggiano, ma da solo non è sufficiente a eliminare gli effetti negativi di politiche che non pongono sullo stesso piano i vecchi e i nuovi abitanti dei nostri territori.
(fasc. 16, 25 agosto 2017)