Come chiarisce bene anche Tommaso Visone nella voce del recente Lessico crociano1 dedicata all’Europa, i primi contatti di Croce con la cultura europea si ebbero durante la sua permanenza a Roma, presso la casa dello zio Silvio Spaventa, dove, fra molti altri, conobbe anche Antonio Labriola. Nel 1920, al dicastero dell’istruzione, a quanti lo tacciavano di germanofilia diceva che, in fatto di cultura, non si sentiva solo francese, non solo italiano, ma europeo e, parlando d’Europa, si riferiva al peculiare patrimonio civile derivante dalla collaborazione tra i principali popoli del Vecchio Continente. Croce sottolineava che, grazie alla partecipazione, in particolare ˗ oltre che degli italiani ˗, dei francesi, degli inglesi e dei tedeschi, si andava animando una cultura continentale unitaria.
Nel 1886, tornato a Napoli, si tuffò in studi eruditi e storici di cultura locale, ma prestò sempre maggiore attenzione all’individuazione dei filoni comuni che portavano allo sviluppo di una cultura europea.
Elaborata durante il 1927 e pubblicata nel febbraio del 1928, la sua Storia d’Italia dal 1871 al 1915 ebbe un notevole successo editoriale, come la successiva Storia d’Europa nel secolo decimonono che, scritta a partire dal 1929 ed edita nel 1932, offrì un’analisi storica profonda e aiutò a coagulare un nucleo di resistenza contro tutte le oppressioni e le tirannidi del passato e del presente. E a maggior ragione del futuro.
Nel libro la libertà venne rappresentata come un’ideale aspirazione del presente. I lettori venivano invitati, infatti, a partecipare, in nome della libertà, alle lotte del loro tempo. Il libro, sia per il periodo storico nel quale venne elaborato e pubblicato sia per gli argomenti trattati, rappresentò un appello contro tutte le oppressioni e le tirannidi, come del resto era nelle intenzioni di Croce.
Il regime lo considerò sempre come un proprio avversario e non ebbe mai dubbi sulla sua ostilità. Innumerevoli testimonianze e la voce dei contemporanei concordano, infatti, nel riconoscere a Croce il ruolo di oppositore del fascismo. Anche durante il Ventennio la produzione intellettuale crociana fu di notevole importanza politica: grazie alla sua autorevolezza e alla sua reputazione poté combattere meglio di altri per la difesa della libertà. E, anche se l’andamento dell’ultimo conflitto mondiale, con la scissione finale della Germania, rappresentò la caduta del sogno di una federazione degli stati Uniti d’Europa, personalmente Croce non intese mai rinunciare a tale aspirazione, ad esempio sostenendo l’ipotesi federalista di Spinelli finché ebbe vita.
Il periodo che stiamo attraversando non è dei più favorevoli. Mancano certezze per il futuro e questo accresce notevolmente i disagi derivanti dalle guerre in corso, in vaste e diversificate aree del pianeta, e da una sempre più accentuata mobilità planetaria delle popolazioni della Terra. Nel panorama che stiamo disegnando, ogni turbamento degli equilibri esistenti può determinare conseguenze intanto imprevedibili e, forse, anche rovinose. Si pensi, per attardare lo sguardo sul mondo occidentale, alle incertezze scaturite in tutto il globo dopo la vittoria dei repubblicani negli Stati Uniti d’America e alle svolte protezionistiche, destabilizzanti interi sistemi sociali, ricercate e minacciate dal nuovo Presidente degli USA; e si faccia ogni possibile valutazione, tenendo presenti i processi di assestamento globale in corso, dei quali non appare possibile individuare ancora né i prossimi sviluppi né i possibili limiti.
Come ricordava Renata Viti Cavaliere in una Conferenza dal titolo Croce e l’Europa, tenuta a Pescara nel novembre del 20012 ma che appare ancora attuale, secondo Croce «le nazioni non sono dati naturali, ma stati di coscienza e formazioni storiche; e a quel modo che, or sono settant’anni, un napoletano dell’antico Regno o un piemontese del regno subalpino si fecero italiani non rinnegando l’esser loro anteriore ma innalzandolo e risolvendolo in quel nuovo essere, così e francesi e tedeschi e italiani e tutti gli altri s’innalzeranno a europei e i loro pensieri indirizzeranno all’Europa e i loro cuori batteranno per lei come prima per le patrie più piccole, non dimenticate già, ma meglio amate»3.
Oggi i popoli del vecchio continente sentono l’esigenza di creare un soggetto nuovo, capace di esprimere la sintesi di tutti i processi avvenuti nell’ultimo secolo e di assicurarsi vitalità e spazi; di garantire stabilità e sviluppo a una sempre più ampia aggregazione di etnie, senza il bisogno di rinnegare le esperienze precedenti, a partire dalla cultura ellenica e da quella romana, proseguendo con l’incisività del contributo del cristianesimo e delle sue dottrine sociali, e seguendo un solco che non trascuri di riconoscere la meritata importanza alla civiltà della collaborazione, del dialogo e del rispetto reciproco.
Tale nuovo soggetto dovrebbe tutelare il diritto dei viventi a interagire nel creato nella pienezza delle libertà e nella ricerca di ogni altra forma di partecipazione che si renda importante per il cammino verso il futuro delle società avanzate. L’auspicabile crescita sarà tanto più convincente se saprà progettare una redistribuzione più equa delle ricchezze e interpretare al meglio i valori umani fondamentali sulla base dei quali rifondare l’Europa, contribuendo, in tal modo, anche allo sviluppo e al progresso del resto del mondo.
Mentre si avanzano ipotesi di crescita di un’Europa a due velocità, che sacrificherebbe i più deboli, l’importanza ideale di una spinta unitaria non appare secondaria a nessuno di coloro che vedono il Vecchio Continente principalmente come simbolo e motore di civiltà e libertà.
- Lessico crociano. Un breviario filosofico-politico per il futuro, a cura di R. Peluso, con la supervisione di R. Viti Cavaliere, Napoli, La Scuola di Pitagora editrice, 2016. ↵
- Pubblicata successivamente in «Rassegna di studi crociani», a. XII, nn. 21-22, dicembre 2001, pp. III-IX; cfr. il link http://gmpagano.altervista.org/anno-iii.001/2.–renata-viti-cavaliere,-croce-e-l’europa.htm/odyframe.htm ↵
- B. Croce, Storia d’Europa, Bari, Laterza, 1972, pp. 314-15. ↵
(fasc. 13, 25 febbraio 2017)