Paolo Volponi ripropone spesso il calcio, le sue regole e il modo in cui viene raccontato come metafora di un sistema capitalistico che, tanto sul versante politico quanto sul versante dello spirito che lo anima, appare ormai, sin dagli anni Sessanta e Settanta del Novecento, alla deriva. L’intellettuale urbinate affronta di petto tale simulacro e ne descrive le peculiarità, sociali e di linguaggio, in diverse sedi: lo fa, ad esempio, in alcuni articoli di argomento sportivo che, dispersi su diverse testate («Centro sociale», «La Città Futura», «l’Unità», «Rinascita» e «Il Resto del Carlino»), stanno per essere raccolti in un volumetto, a mia cura, pubblicato dalla casa editrice napoletana Ad est dell’equatore. Insieme ad essi, documenti inediti di grande interesse − tratti dai materiali preparatori di uno dei suoi romanzi più importanti, Le mosche del capitale − mostreranno esemplarmente il modo in cui Volponi si serva di questa prolifica allegoria sportiva.
Al volume, in uscita nel 2016, ho sottratto, per gentile concessione di Caterina e Giovina Volponi, la pagina dattiloscritta che si trascrive qui di seguito: numerata 47, essa non è stata accolta nella versione definitiva del romanzo del 1989 ed è, dunque, inedita. Si tratta, con ogni evidenza, di una pagina estratta da una delle prime stesure delle Mosche.
La parte più significativa del frammento che qui si trascrive sembrerebbe risiedere nella riflessione ad alta voce che Lanuti, senz’altro una delle più meschine tra le “mosche”, rivolge a Saraccini, protagonista del romanzo. La disposizione del servile Lanuti a succhiare ogni goccia dal capitale − come se ne stesse bevendo da un bicchiere di plastica di cui è semplice «sbarazzarsi in malo modo sotto la poltrona», una volta che lo si è svuotato − è chiarita nel discorso dai toni evangelici intorno al quale ruota l’intera pagina, tutta volta a riprodurre, liberamente e direttamente, la lingua stessa del Capitalismo.
La disposizione un po’ svagata a fare il tifo per una squadra o per un campione − aveva detto lo stesso Volponi in un articolo del 1983 − «può essere un giusto mezzo di espressione e un tema di socializzazione se uno sostiene la sua scelta affettiva e culturale con spirito di critica capacità di confronto e misura della realtà»[1. P. Volponi, Il tifoso è un suddito, lo sportivo un uomo libero, in «l’Unità», lunedì 21 novembre 1983, p. 22]; in caso contrario, essa resta soltanto pigra emotività, cui è vietata la piena comprensione dell’esistenza. Questa opacità sarebbe la cifra essenziale di quella che Volponi ha spesso riconosciuto come lingua del Capitalismo, quella di cui i suoi organi, le sue strutture, le sue tecniche si servono persino nell’allestire e nel diffondere un evento sportivo. Così spettacolarizzato, lo sport impegna e svuota la mente dello spettatore, appesantisce e distrae le sue facoltà intellettive ed è ben distante da una pratica «motivata e attiva di singoli individui, di squadre o di masse libere», diceva Volponi nel medesimo articolo. La tecnica del fuori gioco, insomma, consente di verificare, in un ambito diverso, la tenuta di una metafora cui il grande scrittore urbinate ha sempre attinto e che così sagacemente ha sviluppato.
Il testo, che presenta diversi errori di battitura ma che risulta abbastanza lineare nel processo elaborativo, è conservato tra i faldoni che contengono le carte del romanzo, rinvenuti nell’abitazione urbinate dello scrittore. Il dattiloscritto mostra aggiunte manoscritte ed espunzioni; quelle maggiormente significative si indicano rispettivamente con le parentesi uncinate (< >) e con le parentesi uncinate rovesciate (> <); le parole manoscritte aggiunte nel testo sono seguite dalla sigla sprscr. Si è preferito utilizzare i simboli già impiegati da Emanuele Zinato negli apparati dell’edizione delle Mosche del capitale inclusa nel terzo volume dei Romanzi e prose (Torino, Einaudi, 2002). Si sono normalizzati gli accenti e si è emendato il testo qualora presentasse refusi evidenti: si è scelto di non indicarli nella trascrizione. Si sono mantenute invariate le scelte di Volponi in fatto di punteggiatura (si è emendato soltanto il numero dei puntini di sospensione, ove non fosse regolare), la grafia non uniforme del nome di Lanuti (indice della continua riformulazione dell’onomastica dei personaggi, messa a punto da Volponi in questo come in altri romanzi), protagonista della pagina, e la distribuzione dei capoversi. Il titolo, indicato tra parentesi quadre (tonde nella versione online), è mio.
(La tecnica del fuori gioco)
I[2. > due <; I sprscr.] portatori di tecniche aspettano di essere chiamati, una chiamata urgente, un appello, senza nemmeno domandarsi da chi. Se uno glielo obiettasse risponderebbero stupiti: o bella da tutti… da ciascuno… dai responsabili… oh sì capisco… sì, anche dai soggetti… Il maestro del 1971 in verità è sfiorato dal sospetto che il presidente non lo chiamerà mai più<;> ma considera quella chiusura un caso personale, un residuo del modo passato di intendere il potere. Gli amici del presidente di sicuro lo chiamerebbero: lo chiameranno anche per fare un dispetto a quel prepotente per sottrargli un vecchio giocattolo prestigioso efficiente e anche per smascherarlo per sapere di lui per indagare dentro il suo sistema attraverso uno dei più segreti ed intimi componenti di controllo e di congiunzione<,> un anello<,> un fidato vassallo liberato dalla confidenza sul soglio del composito trono della sua[3. su < a > : integrazione del curatore.] stabilità diamantina come delle combinazioni di tutti i suoi circuiti e correnti controlli autonomia comunicazioni… per queste tecniche dunque sarebbe chiamato per quelle della deferenza e devozione divertimento e sollievo distrazione suggerimento elogio se non proprio adulazione<?> ma altre e ben più vere egli possiede tutte quelle che il vero potere richiede… ormai ogni nuovo dato della crisi dell’incalzante diarchia tra politica ed economia Il[4. > il <; II sprscr.] maestro arriva a interrogarsi sul vero potere e si risponde[5. rispon < d > e.] anche… ponendo al vertice la democrazia.
Incontra sul volo AZ Roma-Torino[6. Tor > n < ino.] Lanuti[7. > La Nuti <; Lanuti sprscr] il suo vecchio aiutante concorrente vestito meglio quasi elegante «ma il potere resterà sempre quello <−> dirà costui sorbendo da un bianco bicchiere di plastica <−> e sceglierà esso come sempre le sue tecniche, cioè quelle che gli servono e che gli fanno comodo…; le altre tecniche anche più efficienti e sofisticate harvardiane o californiane le lascerà sempre fuori qui da noi allo scoperto sulle pietre logore e pazienti di tutte le nostre grandi piazze di assenti aspetterà che si perdano nel buio e non molto perché sarà esso stesso a togliere la luce appena prima della partita internazionale di calcio alla televisione Italia Inghilterra o Italia Germania valide per le eliminatorie della coppa del mondo che si disputerà in Uruguay o in Corea o nel Congo non più terzo mondo <“>forza azzurri<”> grideranno tutti e le maglie dei protagonisti come le luci come le tecniche come le bandierine dei tifosi allo stadio come tovaglie sui tavoli dei tifosi alla TV o gli schienali di formica delle sedie allineate dei bar da altri tifosi tutte tutti e tutto saranno sempre quelle… è di moda la tecnica del fuori gioco<»,> proclamò evangelico alla fine sbarazzandosi del bicchiere in malo modo sotto la poltrona<,> tanto ormai stavano per atterrare. L’aeroporto di Caselle era scarsamente illuminato come a riprova delle verità di Lanuti ma presto dal buio della pianura assiepato davanti ai cancelli vide… il maestro vide avanzare prima ancora che l’auto[8. auto > bus < .] svoltasse per presentarsi di fronte i fasci lucenti dei fari di una 30000 di rappresentanza blu rifulgente foderata dentro di un pallido e raso velluto pervinca. Tutta quella sicurezza ed eleganza era frutto di una tecnica precisa delle sue… l’autista pronunciò il grande nome dell’industria che l’accoglieva togliendosi il berretto ed esattamente rivolgendosi a lui con il composto inchino militaresco scegliendolo tra il folto gruppo di dirigenti atterrati[9. > volanti <; atterrati sprscr] che intanto si era raccolto pressandosi per l’urgenza nei rituali modi della precedenza. Gli fu subito fatta ala mentre La Nuti guardava in verità più augurevole che invidioso con quel suo rosso senso scoperto e pronto a seguire.
Paolo Volponi
(fasc. 5, 25 ottobre 2015)