«Fratello amatissimo»: le lettere di Francesco Algarotti al fratello Bonomo, una rete tra Venezia e l’Europa

Author di Daniela Mangione

L’epistolario di Francesco Algarotti tra Italia ed Europa

Da oltre mezzo secolo si attendeva che il progetto presentato da Giovanni Da Pozzo nella Nota filologica ai Saggi di Francesco Algarotti giungesse a un esito positivo. Era il 1963, e lo studioso aveva dichiarato in una nota di essere impegnato nella preparazione dell’edizione completa di tutte le lettere algarottiane, sotto la guida di Gianfranco Folena[1]. L’impresa, però, data la fittissima e ramificata rete europea di contatti che Francesco Algarotti vantava e data la dispersione delle lettere nelle biblioteche di tutto il continente, non era giunta a pubblicazione né, a quanto si sa, a privato compimento.

Solo di recente i tempi sono divenuti finalmente maturi, e il testimone è stato accolto da un gruppo di ricerca di alcune università venete. Ha capeggiato il progetto la stessa Università degli Studi di Padova nella quale l’intento era nato, unendosi all’Università degli Studi di Verona. Pensato da Valentina Gallo, che lo coordina, Anna Maria Salvadè, William Spaggiari e Corrado Viola, il progetto di pubblicazione dell’epistolario di Francesco Algarotti è stato varato nel dicembre 2021 ed è in pieno sviluppo[2].

Tra le numerose linee epistolari in corso di ricostruzione, quella con il fratello Bonomo occupa una posizione di assoluta rilevanza. Il rapporto di Francesco con il fratello maggiore fu, infatti, una costante che attraversò l’intero corso della vita dello scrittore veneziano. Le lettere a nostra disposizione coprono un arco temporale che va dal 1729, quando un giovanissimo Francesco era studente presso l’Istituto delle Scienze di Bologna, al 30 aprile 1764, una ventina di giorni prima della sua scomparsa, avvenuta per malattia, a Pisa, il 24 del mese successivo.

Dopo la morte del padre, nel 1726, Bonomo supporta economicamente gli studi e i viaggi del fratello: si sposerà solo a 37 anni, quando vedrà Francesco avere stabilizzato la propria esistenza[3]. Il contatto con Bonomo è continuo, attraversa i viaggi in Europa e la quotidianità. Bonomo è paziente, saldamente e singolarmente capace di accudimento e partecipazione, e si mostra testimone e complice dell’intero percorso di Francesco.

La consistenza provvisoria delle missive risulta essere di circa 717 lettere: l’aggettivo “provvisorio” è d’obbligo, data la dispersione delle epistole algarottiane, che risultano rintracciabili nelle biblioteche europee – e non solo, come vedremo.

Il fondo maggiore delle lettere di Francesco a Bonomo è custodito nella Biblioteca Comunale di Treviso, in cui, all’interno del Fondo Algarotti, sono presenti due buste, Ms 1256 A e 1256 B, che contengono un totale di 504 lettere. Altre due missive sono contenute nel Ms 168. I due manoscritti Ms 1256 A e 1256 B sono composti rispettivamente di 295 e 209 lettere di Francesco a Bonomo, dal 1729 al 1750, per un totale di 18 fascicoli, e dal 1750 al 1764, in altri 10 fascicoli. Nel secondo manoscritto sono presenti, nel fascicolo 11, anche lettere e minute di Bonomo al fratello[4]. La quantità delle responsive è troppo esile per consentire di ricostruire il carteggio nella sua integrità: centro della conservazione sono stati, fin dal Settecento, gli autografi di Francesco, cui costantemente furono apposte note di segreteria recanti data di redazione e di arrivo: almeno fino al 1760, anno a partire dal quale fu apposta solo la data di ricezione.

Se costante è la destinazione – tutte le missive sono dirette a Venezia, senza eccezioni –, la provenienza varia, e vede Francesco Algarotti scrivere da Parigi, Nîmes, Tolosa, Ginevra, Londra, Breslavia, Berlino, Dresda, Lipsia, Potsdam.

Il progetto

La pur densa storia di consultazione delle lettere da parte degli studiosi italiani e stranieri presso la Biblioteca Comunale di Treviso non aveva potuto fino ad ora beneficiare di una cartulazione che permettesse di citare univocamente le missive, presenti talvolta con una consistenza di due esemplari in uno stesso giorno. Con l’inizio del progetto, la Biblioteca trevigiana ha provveduto anzitutto alla cartulazione del materiale, che ha reso possibile l’inserimento delle carte nel catalogo online Nuova Biblioteca Manoscritta, progetto di catalogazione delle biblioteche venete finanziato dalla Regione, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e di Padova[5].

Lo studio delle carte ha rivelato l’affidabilità solo parziale delle note di segreteria. Verosimilmente aggiunte in tempi differiti, tali note talvolta attribuiscono una datazione che smentisce l’indicazione autografa o, in caso di data autografa assente, la definiscono secondo dati probabili senza considerare i contenuti della missiva. Si è dunque provveduto a migliorare la cronologia delle epistole secondo criteri esterni e interni. Laddove la datazione di Bonomo confliggeva patentemente con il contenuto, si è proceduto a correggere la sequenza offerta dalla tradizione confrontando per esempio lettere omogenee per dati esterni come il taglio dorato dei fogli, le misure, la qualità delle carte: elementi che hanno permesso di assegnare alcune lettere non datate agli anni berlinesi. Si sono definiti con maggior precisione i tempi di redazione, decidendo, in assenza di espliciti riferimenti cronologici, in base all’invio e ricezione di oggetti, sempre molto presenti nelle lettere tra i due fratelli: cappelli, camicie, parrucche, disegni, misure per la creazione di manufatti.

Le trascrizioni e i dati delle missive saranno a breve disponibili sul portale dell’Università di Losanna Epistulae[6], nel quale il corpus confluirà nella propria totalità: oltre mille esemplari interamente consultabili.

Grazie poi a un accordo tra il Comune di Treviso, la Soprintendenza e l’Università degli Studi di Padova, le immagini in alta risoluzione delle missive dei Ms. 1256 A e 1256 B sono state acquisite da Phaidra, la piattaforma dell’Università patavina preposta all’archiviazione di oggetti e di collezioni digitali. Le lettere, corredate dei dati provenienti da Nuova Biblioteca Manoscritta, sono dunque divenute sfogliabili una ad una[7].

Percorsi europei ed extra-europei delle lettere al fratello

Le 506 lettere conservate alla Biblioteca Comunale di Treviso sono dunque il gruppo di missive di Francesco al fratello Bonomo più numeroso a nostra disposizione. Ne esiste poi una serie complementare, presente alla Biblioteca Reale di Torino, dove circa altre 200 epistole autografe si inseriscono tra quelle degli ultimi anni, tra il 1756 e il 1763. Le missive di Torino hanno avuto differente storia rispetto a quelle del fondo trevigiano: una ricostruzione che resta tuttavia, per il momento, ancora da attuare[8].

Altre biblioteche italiane, europee ed extraeuropee detengono, come anticipato, gruppi di lettere o singole missive di Francesco a Bonomo Algarotti. Oltre a un’altra decina di lettere conservate alla Biblioteca Archivio di Bassano del Grappa e a un’altra lettera conservata al Museo Correr, se ne rintracciano presso l’Österreichische Bibliothek di Vienna, presso la Biblioteca dell’Università di Tartu, in Estonia, presso la Rauner Special Collections Library di Hanover (USA) e presso la Morgan Library di New York. La provvisorietà dei numeri che si possono indicare per questo epistolario è dunque evidente: i supporti elettronici che si uniscono e sovrappongono alla materialità delle edizioni cartacee assolvono dunque una funzione particolarmente importante, permettendo l’aggiornamento costante del corpus.

Solo ora, con la ricognizione delle missive indirizzate a Bonomo, è possibile avere una pur non definitiva idea della distribuzione negli anni delle lettere, che risulta, stando ai dati finora disponibili, irregolare. Dai pochi esemplari del 1729 si passa nei primi anni Trenta, con un incremento veloce, a una media di 25 lettere l’anno, per avere poi un calo drastico negli anni 1735-1736, quando Algarotti conduce una vita che lo pone a tratti in contrasto con il fratello per ragioni economiche; dal 1738 si registra una ripresa.

Con le lettere degli anni Quaranta si apre una sezione particolare della vita di Francesco Algarotti: quella prussiana. Le missive vanno intensificandosi e provengono da Berlino, Potsdam, Dresda e da luoghi in cui il veneziano si reca per le missioni assegnategli dai sovrani con i quali collabora. Diventano spesso dettagliati racconti politico-militari, oppure resoconti delle acquisizioni e dei commerci di dipinti, come nel caso degli acquisti per la galleria di Dresda o della vendita di quadri al Landgravio di Kassel. Le lettere del periodo compreso tra il giugno 1740 e il novembre 1752 sono così numerose e dettagliate da avere giustificato l’edizione più ampia fino ad ora delle missive indirizzate a Bonomo: le Lettere prussiane, date alle stampe nel 2011 a cura di Rita Unfer Lukoschik e Ivana Miatto[9]. Un’edizione importante e accurata, pubblicata forse in copie troppo esigue rispetto alla centralità del materiale che propone: le copie del testo spesso non risultano rintracciabili nelle biblioteche extra-venete. La pubblicazione comprendeva 142 delle 192 lettere degli anni prussiani. Grazie alla nuova generale ricognizione delle carte epistolari del fondo trevigiano, anche queste troveranno nuova edizione: comprensiva, inoltre, delle inedite di quel periodo, che Ivana Miatto sta integrando alle missive già trascritte.

Negli ultimi anni della vita di Algarotti la corrispondenza con il fratello diviene ancora più serrata: vi si ritrovano e infittiscono più che mai osservazioni, opinioni, racconti, titoli di opere, valutazioni su ogni aspetto dell’esistenza, cosicché sempre più le lettere diventano indispensabili per comprendere la rete intellettuale europea, le svolte della politica e delle guerre, così come la vita quotidiana e materiale di pieno Settecento. Bonomo si fa tramite della consegna di missive a Magdeburgo, ad Augsburg; si leggono le considerazioni di Francesco sulla presa della Martinica, sulla prima campagna di Slesia, sulla Guerra di successione austriaca, sulla presa di Praga; si incontrano i suoi acuti commenti espressi sulla base delle relazioni di guerra che giungono a Berlino. Le lettere dunque non solo gettano «un’intensa luce sui multiformi rapporti di interscambio culturale in corso fra le nazioni europee a metà del XVIII secolo», ma vengono a costituire, come ha rilevato Miatto, «uno fra i più interessanti compendi di storia politica di quegli anni e restituiscono all’Algarotti finora conosciuto un ruolo di fine osservatore politico sino ad ora insospettato»[10] .

«Fratello amatissimo»

Una comunicazione così fitta – gli anni dal 1760 al 1763 contano una media di una lettera ogni 4 giorni, quasi un diario – consente di percepire ciò che le numerose epistole non familiari già pubblicate nel tempo hanno sottratto alla conoscenza: la perfetta convivenza di una coscienza europea, sempre attenta a ciò che accade in ambito culturale e politico, con una misura del tutto privata.

Per la prima volta è concesso di ascoltare a lungo una scrittura algarottiana non destinata a un pubblico. È una sfera che porta con sé una grande quantità di figure e personaggi minori che costeggiano la vita dei due fratelli; figure a volte di complessa individuazione. Ai problemi di cronologia sopra accennati si uniscono dunque alcune incognite circa il riconoscimento dei personaggi di sfondo, che spesso compaiono fugacemente, talvolta con cognomi resi di difficile lettura dalla grafia veloce e di piccolo calibro di Francesco. A popolarsi è una scena composta di una notevole quantità di contatti, spesso quella che garantisce lo straordinario scambio concreto di oggetti tra Venezia e Bologna, Firenze, Pisa, Roma, Milano, Torino, Parigi, Dresda, Berlino, Potsdam: canne da passeggio, radici e acque di uso medico, sementi, diamanti, calzature, specchi, abiti, parrucche; ma anche cibi, dalle «bottarghe» ai broccoli, dai vini ai biscotti, dalle angurie ai tartufi[11]. La vocazione commerciale della famiglia Algarotti è dunque un marchio che permane, e con naturalezza si mescola alla sensibilità artistica di entrambi. Le due vocazioni permettono di portare a termine le compravendite di quadri cui i due fratelli si dedicano con passione. L’arte si mescola alle cantate, alle pasquinate, ai libri costantemente richiesti da Francesco. Si precisa così parte della biblioteca algarottiana, anche quella reale accanto al suo bureau. L’arte si amalgama osmoticamente con la politica, con i commenti sui pontificati, con i fitti resoconti sulle campagne belliche – quell’arte militare presente in così tanta parte di diversi suoi scritti[12] – che popolano, come si diceva, le lettere inviate dalla Prussia.

Il legame familiare non è, dunque, presupposto che agisca a circoscrivere temi e argomenti: nelle lettere a Bonomo confluiscono tutte le differenti, articolate parti che compongono la personalità e l’intelletto del veneziano. Ai numerosi soggetti questa corrispondenza aggiunge però le modalità emotive di Francesco, facendoci scoprire come conduceva una lite, come si riconciliava, come esprimeva affetto. Si veda, per esempio, la lettera di scuse del 31 maggio 1729:

Se m’è uscita dalla penna l’ordinario scorso qualche paroluzza che vi paresse oltraggiosa all’amor vostro ver me, et all’amore della sig.ra madre, credetemi (che nessuno può interpretar meglio i sentimenti miei, che jo stesso che gli ho concepiti), credetemi, dico, ch’ella non m’è uscita perché io dubitassi della tenerezza vostra e di quella della sig.ra madre […] Che se jo per aventura potessi aver offeso in alcun modo, che ora non mi sovenisse, la carità fraterna e la pietà verso alla madre, domando a voi scusa, alla sig.ra madre perdono con la maggior efficacia che io immaginare mai possa. Ma di ciò basta. Jo credo che siate abbastanza persuasi della mia sincerità[13].

O si sfogli la risentita lettera del 29 dicembre 1733 – «M’incresce di vedere che ciò che io avrei ottenuto da un amico anco di nuova data non l’abbia potuto ottenere da un fratello, a cui in fine non dimando che ciò che è mio, e questo anco nella più onesta maniera del mondo»[14].

Al di là di singoli episodi, le attestazioni di profondo affetto verso Bonomo sono costantemente presenti: e fino alla fine, nel gennaio 1764, quando quasi traccia un bilancio della loro relazione: «Voi mi siete stato sempre più amico che fratello»[15]. Il rapporto epistolare con Bonomo ha tale rilevanza per Francesco che anche nella malattia estrema cercherà in ogni missiva di scrivere righe di proprio pugno[16].

Al contempo, anche scoprire il nitore dello stile di Francesco Algarotti in lettere solo familiari conferma quanto la chiarezza, la finezza, la predilezione per un periodare asciutto – le stesse preferenze, cioè, che egli teorizza nei propri saggi o nelle epistole dedicatorie – facciano profondamente parte della sua struttura intellettuale. Interessante è anche il confronto tra le missive di Francesco e di Bonomo, i quali, pur appartenendo allo stesso ambito familiare, già dalle prime lettere a nostra disposizione mostrano uno stile di scrittura del tutto differente.

L’evoluzione delle scelte linguistiche è un ulteriore ambito valutabile nella lunga corrispondenza: gli et usati talvolta nei primi anni Trenta spariscono gradualmente; marcatori individuali, come la ripetuta forma arcaicizzante “jo” per il pronome singolare di prima persona, lasciano spazio alla forma normalizzata nel giro di qualche anno. Allo stesso modo, inizialmente il fratello è citato come Bonhomo, e Bonhomme nelle lettere dalla Francia, per poi normalizzarsi in Bonomo.

Attraverso un così lungo e multifocale percorso di scrittura epistolare si conoscono sfumature che nei carteggi con destinatari più formali, ampiamente presenti nelle raccolte di opere algarottiane nate lui in vita, risultano coperte. Si riescono a comprendere decisioni fino ad ora rimaste mute nella storia personale di Francesco. I viaggi europei che caratterizzeranno la sua vita si vedono qui vagheggiati e immaginati; perseguiti. Scelte la cui genesi era stata fino ad ora ignota trovano chiarimento nelle lettere a Bonomo, nelle confessioni relative a intenti e progetti.

La vocazione al confronto con altre culture emerge come fondante della personalità di Francesco:

Un’altra idea mi s’è svegliata jer l’altro leggendo la gazetta. M. d’Argental, mio grandissimo amico, e la cui moglie, piena di virtù e di amabilità, posso certamente porre nel numero de’ migliori miei amici, se ne va intendente all’isola di S. Domingo, posto estremamente ragguardevole e lucroso sì per li proventi della carica medesima, come per gli utili trasversi ed indiretti che un uomo può e non lascia certamente di fare in tali circostanze. Ecco forse per me aperta una scena di lasciar l’Europa con qualche gran fine. […] O Parigi mi determinerà al gran viaggio occidentale essendo io in ciò approvato e diretto da voi, viaggio che potrebbe rimetter la nostra casa, o questo cadendo (per cui però non posso avere più favorevoli circostanze) io passo in Inghilterra, dove mi si dovrebbe naturalmente aprire una scena da non esser più di aggravio alcuno alla casa, e da procurare anzi di sollevarla. Quello che mi pare esservi di migliore in questi due progetti è che il fine di amendue è grande […]. Spero che il mio progetto non sia chimerico né imprudente[17].

Ci si imbatte negli entusiasmi per le pubblicazioni. In occasione della prima edizione del Newtonianismo per le dame, nel 1737, da Milano Francesco gli scrive:

Il mio libro si stampa. Ve n’ha già cinque fogli d’impressi; cosicché io spero per le prossime feste sarà finito d’imprimere ed io per l’anno nuovo sarò giudicato, letto o posto in oblio. […] Gli autori sono come gli amanti. La lor difficile signora e capricciosa è il severo pubblico. Stanno attenti ad ogni cosa, e par loro che dal menomo gesto e dal menomo girar d’occhj la lor sorte dipenda. Ciò che mi consola il più è ch’io saprò almeno in breve qual è il mio destino. Ve ne spedirò una copia il più presto che sarà possibile, la quale vi prego leggere e scrivermene tosto il vostro sentimento così liberamente come se io fossi nato vostro antipode[18].

Sempre solidale nelle alterne vicende della fortuna creativa ed editoriale del fratello, Bonomo si fa tramite per la spedizione e la diffusione delle sue opere; partecipa ai contatti con gli editori, gli stampatori, gli incisori; è messaggero sicuro di lettere ad altri intellettuali; Voltaire, l’abate Patriarchi, Madame du Boccage sono riferimenti comuni, dei quali i due fratelli discorrono in sintonia.

Seguendo gli scambi tra i due, si comprende inoltre quanto l’assenza di matrimonio nella vita di Algarotti non sia stata accidente ma sostanza. Al fratello confida infatti con franchezza la propria posizione al riguardo:

a dirvi il vero quanto a me io sicuramente in questo stato in cui mi trovo ora io riguardo il prender moglie come una morte; io dico in questo stato in cui mi trovo ora perché so troppo bene che gli uomini, e tra questi anco i più risoluti e i più constanti, non si trovano sempre delle medesime massime. Ma io credo certamente che quanto a questa massima io sarò constantissimo e risolutissimo. Io vi dico tutte queste cose per aprirvi sinceramente il cuor mio, che se non l’apro a voi io non saprei a cui aprirlo[19].

E da questo momento, dall’ottobre 1733, i cerimoniosi saluti all’amata Paulina si fanno via via più amichevoli: è la stessa Paulina che diventerà anni dopo, nel 1743, la moglie del fratello Bonomo.

Grazie alle missive familiari che inizieranno presto a vedere pubblicazione e cura si apre dunque ancor più a ventaglio la complessità della figura di Francesco Algarotti. Si precisa la rete europea di contatti alla quale il fratello Bonomo collabora e contribuisce, complice delle relazioni e degli scambi quando richiesto, solerte e fattivo. Il sodalizio fra Bonomo e Francesco illumina non solo i legami privati, ma anche l’eterogenea «cartografia» algarottiana e la sua «geografia critico-letteraria» di portata europea[20], che si offrono a una nuova articolazione e a nuove possibilità interpretative.

 

  1. «In attesa di poter usufruire di tutte le lettere dell’Algarotti, che sto ora raccogliendo sotto la guida di Gianfranco Folena per prepararne l’edizione completa, esse si citano qui con il numero del tomo in cui si trovano nell’edizione Palese, se già edite, se inedite con la relativa collocazione»: G. Da Pozzo, Nota filologica, in F. Algarotti, Saggi, a cura di Giovanni Da Pozzo, Bari, Laterza, 1963, p. 560, nota 4; il corsivo è mio.

  2. Il comitato editoriale del progetto è composto da Franco Arato, Ismaele Chignola, Chiara Lo Giudice, Daniela Mangione, Ivana Miatto, Paolo Pastres, Gilberto Pizzamiglio, Martina Romanelli, Francesco Roncen, Erica Vianello, Paolo Zaja.

  3. Si vedano le note biografiche di I. Miatto, Francesco Algarotti (1712-1764). Annotazioni biografiche. Biografische Anmerkungen, München, Meidenbauer, 2011, e in F. Algarotti, Lettere prussiane di Francesco Algarotti (1712-1264) mediatore di culture, a cura di Rita Unfer Lukoschik, Ivana Miatto, Chioggia, Il Leggio, 2011, pp. 31-45.

  4. Completano il Ms 1256 B altri 4 fascicoli costituiti da antiche camicie sulle quali sono appuntate le suddivisioni cronologiche delle lettere con i rispettivi incipit.

  5. Il catalogo di Nuova Biblioteca Manoscritta (NBM) è consultabile all’indirizzo https://www.nuovabibliotecamanoscritta.it/index.html?language=IT (ultima consultazione: 25 febbraio 2024).

  6. Sull’ideazione, la struttura, le caratteristiche di Epistulae si veda S. Albonico, Epistulae. Uno strumento per lo studio dell’epistolografia e della sua tradizione, in «Epistolographia», 1, 2023, pp. 97-106, e C. De Cesare, Per una nuova edizione delle Lettere di Ariosto. Il database Epistulae e la schedatura delle missive, ivi, pp. 107-17.

  7. Phaidra (Permanent Hosting, Archiving and Indexing of Digital Resources and Assets) è consultabile all’indirizzo https://phaidra.cab.unipd.it/ (ultima consultazione: 25 febbraio 2024).

  8. Lo studio e la trascrizione delle missive del fondo torinese sono in corso, affidati alla cura e alla competenza di Ivana Miatto.

  9. Lettere prussiane di Francesco Algarotti (1712-1264), op. cit. Un altro gruppo di lettere a Bonomo della fine degli anni Trenta è stato trascritto da Ismaele Chignola: “Deux Tableaux pour Votre Excellence”: indagine su Francesco Algarotti, Giambattista Tiepolo ed Heinrich Von Brühl, tra piaggeria ed esoterismo, tesi di laurea magistrale, relatore prof. Bernard Aikema, Università degli Studi di Verona, A. Acc. 2012-2013.

  10. I. Miatto, Introduzione, in Lettere prussiane di Francesco Algarotti (1712-1264), op. cit., p. 18.

  11. «Vino di Cipro, Malaga di Cadice, San Giovese, Maraschino di Zara e Verdea, tabacco di Smirne, cioccolata, meloni di Smirne e di Venezia, e angurie di Roma, di Pistoia e di Corsica, pistacchi, broccoli, i bisatti, cioè le anguille marinate di Comacchio (un piatto che ancora è presente nella cucina locale prussiana) ed i tartufi»: I. Miatto, Introduzione, in Lettere prussiane di Francesco Algarotti (1712-1264), op. cit., pp. 11-12.

  12. Si vedano al proposito gli studi di Denise Aricò, L’arte della guerra nel Settecento. I ‘Discorsi militari’ di Francesco Algarotti, Roma, Aracne, 2016; Ead., Uomini che «scrivono e parlano come operano, e come sentono». Eloquenza politica e retorica militare nelle riflessioni di Algarotti, in «Nuova antologia militare», 4, 15, 2023, pp. 515-68.

  13. Francesco Algarotti a Bonomo, 31.V.1729, Ms 1256 A (1.3).

  14. Francesco Algarotti a Bonomo, 29.XII.1733, Ms 1256 A (4.31).

  15. Francesco Algarotti a Bonomo, 13.I.1764, Ms 1256 B (10.2).

  16. È il caso delle missive comprese tra il febbraio e il maggio del 1763 e delle ultime quattro missive, dell’aprile 1764 (Ms 1256 B).

  17. Francesco Algarotti a Bonomo, 15.III.1738, Ms 1256 A (9.8).

  18. Francesco Algarotti a Bonomo, 4.XII.1737, Ms 1256 A (8.3).

  19. Francesco Algarotti a Bonomo, 14.X.1733, Ms 1256 A (4.23).

  20. M. Romanelli, Costruire libri secondo il grado di latitudine, in La sintassi del mondo. La mappa e il testo, Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2023, pp. 331-50: 332-33.

(fasc. 51, 15 marzo 2024, vol. II)