Nato nel 1952 e scomparso nel 2012, Walter Mauro fu un personaggio poliedrico: critico letterario e musicale principalmente, ma anche scrittore, musicista jazz, appassionato di calcio, professore.
In questo libro, edito dall’editore Perrone nel 2011, volto al passato ma mai malinconico, Walter Mauro si guarda indietro e seleziona i ricordi, radunando gli amici che hanno fatto parte della sua vita. E li raduna in quello che definisce un cortile, perché «la letteratura è un cortile, nel senso dei pettegolezzi, dell’odio, dei dispettucci tra letterati (tra questi bambini non cresciuti che battono i piedini dall’età della ragione alla morte)» (p. 48).
Il volume, a metà tra romanzo autobiografico e manuale di letteratura, ricorda nella struttura un album fotografico, di cui ogni breve capitolo costituisce una foto che ha due lati inscindibili: uno che raffigura i protagonisti del libro in quanto amici di Walter Mauro, raccontandone la vita quotidiana, i pregi e i difetti caratteriali, e l’altro che li mostra calati nel contesto storico letterario di appartenenza.
Antifascista, con Benedetto Croce e Tommaso Fiore come riferimenti, Walter Mauro si forma a Bari, dove tornerà periodicamente, anche dopo il trasferimento a Roma nel 1943. Con Natalino Sapegno e Giuseppe Ungaretti come professori universitari, si laurea con il secondo in Letteratura contemporanea, con una tesi su Giacomo Leopardi. Nel corso della sua vita, conosce Giuseppe Jovine, Cesare Pavese – due mesi prima del suo suicidio –, Cesare Zavattini, Sartre e il gruppo degli intellettuali intorno a lui riunito, tra cui Albert Camus e Francois Mauriac. Tra le sue conoscenze non manca la coppia Morante-Moravia, e non manca Pasolini, con cui registra una puntata della trasmissione radiofonica Libri stasera pochi giorni prima della sua morte. Il richiamo del mondo meridionale si condensa nell’incontro con Prisco, Rea, Pomilio e Alvaro. E, se Corrado Alvaro si sbottona soltanto parlando della sua Calabria, Walter Mauro sa che la chiave per far parlare Sciascia è il tema della mafia. Importante è anche il rapporto di Mauro con la Spagna, ed in particolare con il poeta Rafael Alberti, sempre combattuto tra surrealismo e realismo.
Tra i poeti italiani, invece, vengono ricordati Luzi, uomo mite e generoso, Saba, sempre rintanato nella sua Libreria antica e moderna, la pace assoluta in cui vive Palazzeschi e l’ironia di Maria Luisa Spaziani. A chiudere l’album dei ricordi troviamo Carlo Levi e la malattia agli occhi che non gli impedisce di dedicarsi alla passione della pittura, Philiph Roth e i suoi problemi psicologici con il sesso che si riversano nelle sue opere, e il tema della paura, sotteso a ogni opera di Gabriel Garcìa Marquez.
Walter Mauro ha la capacità di parlarci dei grandi scrittori italiani – e non solo – del Novecento non attraverso le loro grandi opere letterarie, bensì attraverso la descrizione dei loro caratteri non immuni dai vizi dell’epoca contemporanea. Così, Calvino, prima di essere colui che ha dato il via a un nuovo modo di fare il Neorealismo letterario, era un uomo che si lasciava andare all’invidia: voleva essere unico nel suo stile e, quando alla redazione Einaudi, dove Calvino entrò prima come addetto all’ufficio stampa, fino a ricoprire poi il ruolo di direttore editoriale, arrivavano manoscritti che avevano il sapore di una letteratura che si avvicinava allo stile di Calvino, il redattore iniziava a tagliare, modificare e riscrivere il testo, per mantenere quell’unicità che per sempre lo avrebbe contraddistinto.
Ecco che, con descrizioni come queste, Walter Mauro fa un po’ come faceva Cesare Zavattini con i pittori di cui era amico: a ognuno di loro chiedeva un dipinto piccolissimo, delle dimensioni di 8×10 centimetri, e collezionava questi piccoli capolavori. Allo stesso modo, Walter Mauro si appropria di piccoli elementi che contraddistinguono ognuno dei personaggi che cita, e li dispone uno accanto all’altro, creando un puzzle le cui tessere, se disposte insieme, si incastrano perfettamente l’una con l’altra, ma, se prese singolarmente, fanno emergere dettagli che rimarrebbero offuscati nella visione d’insieme. E, come Zavattini appendeva i quadri sulla parete della sua camera, così Mauro raduna i letterati in un cortile virtuale, un cortile in cui Quasimodo, prima di essere il poeta capostipite dell’Ermetismo, è un uomo che ama godersi la vita e ama la compagnia delle belle donne. E Ungaretti è un professore universitario che confonde i propri alunni, lo stesso Walter Mauro per primo, perché spiega Leopardi in un modo tutto suo, e che si infuria quando, nel 1959, è Quasimodo e non lui a vincere il premio Nobel.
Walter Mauro, quindi, presenta i grandi scrittori del Novecento come persone comuni, proponendo uno sguardo nuovo, diverso, fresco, su personaggi che tanto abbiamo studiato ma che forse, in fondo, non abbiamo mai “conosciuto” veramente.
Allo stesso tempo, il libro non manca mai di fornire un resoconto preciso e puntuale sulla storia della letteratura, e non solo, del 1900. In un continuo immergersi e riemergere tra la dimensione pubblica e la privata, Walter Mauro riesce a riportare il lettore nell’atmosfera di quegli anni, in quel cortile in cui Montale non è solo il poeta delle Occasioni, ma è l’uomo che regala al poeta Elio Fiore il cappotto che non si toglierà mai più.
Il raduno degli amici di Walter Mauro nel suo cortile letterario apre lo sguardo su un’ulteriore prospettiva: là dove oggi domina un’irrefrenabile forza centrifuga nel mondo della letteratura e di tutto ciò che è a essa contiguo, allora aveva il sopravvento una sorprendente forza centripeta, che teneva stretti i letterati, uniti da legami di stima reciproca, di affetto sincero o di “amorevole odio”, come nel caso di Ungaretti e Quasimodo. Li teneva uniti laddove, assieme ai pettegolezzi e ai dispettucci, c’era anche terreno fertile per dibattiti e discussioni letterarie, che anzi erano da questi alimentate, e per possibilità di crescita personale e professionale: due piani, questi, che erano spesso inscindibili.
Come avveniva nella casa editrice Einaudi, dove, in un modello di editoria prettamente orizzontale, gli autori erano anche redattori, direttori di collana o direttori editoriali. E dove tutti partecipavano alle scelte editoriali. Oggi, quel modello di editoria sembra essere andato perlopiù perduto: forse anche perché, come sostiene Walter Mauro in chiusura del libro, oggi i ritmi frenetici imposti dal mondo editoriale, sempre più legato al marketing, non danno la possibilità né il tempo, all’autore, di rintanarsi lontano dal mondo reale; la conseguenza è che sempre più spesso gli autori ritengono degno di essere scritto solo ciò che è visibile, lasciando da parte quell’immaginario fecondo che Walter Mauro fa riemergere tra le pagine di questo libro.
(fasc. 19, 25 febbraio 2018)