La seguente intervista fa parte del contributo dal titolo: Le Edizioni Lindau di Torino
Le seguenti interviste sono state realizzate tra maggio e giugno del 2018 allo scopo di conoscere più da vicino i diversi aspetti redazionali del lavoro presso una casa editrice[1].
Intervista a Ezio Quarantelli
Ezio Quarantelli è il direttore editoriale di Edizioni Lindau dal 1989, anno di nascita della casa editrice.
Qual è stato il motore che anni fa le ha fatto pensare o dire: «Voglio fondare una casa editrice»?
Io venivo da una precedente esperienza editoriale, fatta di libri (usciti con il marchio del Quadrante) e di una rivista di arte contemporanea («Contemporanea») diffusa a livello internazionale. Avevo fatto delle cose di un certo interesse (Il Quadrante è stato ad esempio l’editore di Viaggio in Italia, un libro importante nella storia della fotografia nazionale), ma sentivo l’esigenza di una ripartenza, di un nuovo inizio. E così è nata Lindau.
Se, però, vuol sapere come mi sono avvicinato al lavoro editoriale, devo confessarle che il caso ha avuto la sua parte. Quando ho cominciato a lavorare nel mondo dell’editoria, ero ancora immerso negli studi universitari (di archeologia orientale), ma sempre meno persuaso che quella fosse davvero la mia strada. L’incontro con degli amici che avevano appena fondato Il Quadrante è stata l’occasione per tentare una nuova strada.
Edizioni Lindau nasce ormai quasi trent’anni fa in una città fondamentale dal punto di vista dell’editoria come Torino. In che modo questo fermento culturale ha influito sulla nascita della casa editrice?
Direi che ha influito indirettamente. Torino è una città molto particolare, che non facilita gli incontri e gli scambi. Per lo meno era così allora. Ciascuno viveva appartato, facendo il proprio lavoro. Devo dire che poi questa è anche la mia indole: sono molto poco “mondano”.
A Torino si respirava, però, un’aria speciale: c’erano l’Einaudi, la Utet e tante altre case editrici di varia dimensione e natura. E resisteva ancora la lezione di alcuni grandi intellettuali del passato, o ancora in attività: da Gobetti a Bobbio, per intenderci.
Com’era agli inizi Edizioni Lindau? Come ricorda i primi anni di attività?
I primi anni sono stati appassionati e… confusi. Nonostante io avessi già avuto, come ho detto, una breve esperienza editoriale, non avevo ancora maturato una vera consapevolezza della complessità e della difficoltà di questo lavoro. E così, complici gli amici che con me hanno dato vita a Lindau, sono partito lancia in resta con l’idea – allora molto velleitaria – di fare in piccolo una… grande casa editrice, mettendo insieme la narrativa, la saggistica, l’arte… Troppe cose in rapporto a quanto sapevo fare e soprattutto ai mezzi di cui disponevo.
Per fortuna ho capito in fretta che, così facendo, avremmo presto esaurito le nostre risorse. Di qui la scelta di dedicarci per qualche anno a un ambito molto ben circoscritto: la saggistica di cinema.
La casa editrice prende il nome da una città libera e operosa situata su un’isola nel lago di Costanza, in Germania. Questa connotazione geografica rispecchia lo sguardo aperto che Edizioni Lindau ha sul mondo. Oggi farebbe la stessa scelta del 1989?
Penso di sì. C’è sempre bisogno di libertà e di operosità.
Qual è la giornata tipo dell’editore di Lindau?
Sveglia di buon mattino e un po’ di lettura fatta a casa. Poi l’ufficio, fino al tardo pomeriggio. E alla sera, spesso, altre letture. Naturalmente c’è anche spazio per lo sport e i miei molti interessi (l’arte, il teatro, la musica etc.). In verità, viaggio anche molto, soprattutto per fiere e saloni, e allora in quel caso la routine cambia, anche se il libro resta al centro.
Lindau inizia le pubblicazioni concentrandosi principalmente su cinema e moda più qualche uscita saltuaria di narrativa. Qual è stato il motivo di questa scelta editoriale?
Come accennavo prima, a un certo punto abbiamo sentito la necessità di concentrare il nostro lavoro per non disperdere energie e risorse (soprattutto queste ultime non erano molte). La scelta di occuparci principalmente di cinema è stata in parte dettata dal fatto che Torino eccelleva in quell’ambito: il Museo del Cinema da una parte, i vari Festival dall’altra e le tante qualificate presenze che vi ruotavano intorno ci permettevano di divenire parte attiva di progetti di grande interesse e qualità. La moda è, in realtà, arrivata molto dopo, ed essenzialmente nella forma di alcune grandi biografie.
L’apertura decisiva alla narrativa arriva nel 2014 con la collana «Senza Frontiere», in cui alla riscoperta di autori tante volte ingiustamente dimenticati (come non pensare a Lalla Romano per il Novecento o a Igino Ugo Tarchetti che trova posto nella «Biblioteca di classici»?) si affianca la scoperta di nuove voci spesso provenienti da lontano come quella di Pablo Simonetti, autore cileno di origine italiana, o di Wendell Berry, voce vivente della ruralità americana. È interessante osservare quanto il vostro lavoro editoriale doni nuova vita, anche attraverso la cura grafica, agli autori da riscoprire e accorci le distanze con altri ancora troppo poco conosciuti qui da noi. Possiamo definirlo uno dei punti di forza di Lindau? Ce ne sono altri?
Io penso che il nostro maggior punto di forza sia questo: non ci facciamo condizionare dalle mode, detestiamo i “salotti”, aborriamo il “mainstream”. Ci facciamo guidare dalla nostra curiosità, seguiamo il nostro estro. O, forse, alla nostra maniera cerchiamo di cogliere quello che accade negli strati meno superficiali della nostra società.
Nel caso specifico delle opere di Lalla Romano, Lindau assieme ad Antonio Ria e a Giovanni Tesio ha deciso di ripubblicare le opere della scrittrice partendo proprio dalle minori (Inseparabile e L’ospite, il dittico dedicato ad Emiliano, amato nipote della Romano) con l’intento di riscoprirne la produzione letteraria. In questo senso Lindau sta pubblicando piccole meraviglie che sarebbero sicuramente piaciute alla stessa Romano. Da chi è partita la proposta di far entrare quest’autrice nel catalogo di Lindau? Dopo aver pubblicato i romanzi Inseparabile e L’ospite e poi le raccolte di racconti Pralève e altri racconti di montagna e Due racconti, tra ciò che Lindau non ha ancora pubblicato della produzione letteraria di Lalla Romano si direbbe manchi la poesia. È tra i vostri prossimi progetti?
Per il momento ci fermeremo. Queste operazioni di ripresentazione e di rilancio sono molto impegnative e spesso molto avare di risultati. A questo si aggiunga che le opere maggiori della Romano sono ancora nel catalogo di altri editori, che, almeno per il momento, sembrano decisi a mantenerle disponibili. Naturalmente per il futuro non escludo nulla. Devo l’idea di ripubblicare titoli ormai fuori commercio della Romano a Giovanni Tesio, un letterato di grande cultura e finezza. E, come ovvio, ciò è diventato possibile grazie alla disponibilità di Antonio Ria, che alla Romano ha dedicato tutta la vita.
Si è appena conclusa la trentaduesima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino (10-14 maggio 2018), evento di punta nel panorama editoriale italiano che ha praticamente da sempre Edizioni Lindau tra i suoi sostenitori più affezionati. Quali sono le sue impressioni post fiera?
Il Salone è sempre un’esperienza molto bella e intensa. Si incontrano i lettori, si offre agli autori la possibilità di presentarsi e di dialogare con il proprio pubblico.
In passato il Salone ha forse sofferto di un certo “gigantismo”, che spero non ritorni. In ogni caso, era e resta l’unico appuntamento nazionale di assoluto rilievo.
Qual è, tra le ultime pubblicazioni della casa editrice, l’autore e/o il libro per cui ha avuto una particolare attenzione fin da subito?
L’autore su cui abbiamo lavorato di più è certamente Wendell Berry: uno scrittore davvero molto buono, con una capacità, piuttosto straordinaria, di raccontare la vita, con semplicità e poesia.
Da oltre vent’anni Lindau ha un ruolo attivo nella formazione editoriale con il corso per redattori che si tiene ogni anno a Torino, ma che in passato è andato in trasferta a Roma. Come si svolge il corso?
Il corso prevede due moduli, il primo dedicato alla formazione metodologica e tecnica, il secondo dedicato all’uso del più diffuso programma di videoimpaginazione. Mi sembra che proponga un percorso di apprendimento ben strutturato, con momenti di approfondimento e di riflessione e molte occasioni di pratica.
Cosa si augura per il futuro di Edizioni Lindau?
Di incontrare un numero sempre maggiore di lettori, restando però fedele alla nostra vocazione profonda.
Intervista a Paola Quarantelli
Paola Quarantelli è la caporedattrice di Edizioni Lindau. In casa editrice si occupa direttamente di tutto quello che ruota attorno i libri che saranno poi pubblicati.
Riscoprire autori e scoprirne di nuovi: tra le sue mansioni redazionali possiamo annoverare il seguire un testo dalla scoperta alla pubblicazione. Come si svolge il suo lavoro?
In una piccola casa editrice, in realtà, si finisce per avere nozioni di un po’ di tutte le fasi di lavorazione, ma l’impegno della redazione è così intenso che mi concentro soprattutto sui libri che sono ormai entrati in programmazione per portarli verso la stampa e poi in libreria. La nostra struttura è abbastanza nutrita e diversificata rispetto ad altre realtà editoriali, anche perché il numero di libri in programmazione è tale che necessariamente i ruoli devono essere ben definiti. Per cercare di tenere dietro a tutti i “lavori in corso”, devo concentrarmi sulle varie fasi dal file alla stampa e questo mi lascia davvero poco spazio di manovra (e soprattutto tempo) per la fase di ricerca a monte. Devo dire, poi, che un po’ per carattere, un po’ per gli studi compiuti e ormai per gli anni di lavoro che mi hanno formato, mi appassiona molto il lavoro di analisi e studio dei singoli testi per cercare di presentarli al lettore nel modo più curato possibile.
Essenzialmente il mio ruolo alla Lindau prevede la programmazione delle circa novanta uscite annuali, valutando le problematiche che pongono e il tipo di lavorazione che richiedono, l’assegnazione delle traduzioni, il coordinamento di alcuni redattori esterni, la selezione degli stampatori. Oltre a questo, naturalmente seguo i miei libri, come redattrice e revisore.
Qual è la giornata-tipo della caporedattrice di Lindau?
Nel mio caso non esiste una vera giornata tipo, se si intende una scaletta di lavori programmati secondo un certo ordine. Ogni libro prevede modi e tempi così diversi e tagliati su misura che non c’è mai la possibilità (o almeno per me non è possibile) di mantenere in limiti ragionevoli e prevedibili i lavori necessari per ciascuno di essi. Un ordine devo proprio impormelo solo in due momenti precisi: quando ricevo la programmazione dei mesi a venire (circa quattro volte all’anno) e devo capire cosa bisogna organizzare subito, chi farà cosa e in che tempi, quali libri hanno la priorità e così via; e poi quando devo organizzare il mio lavoro sui libri che mi competono per ciascun mese. Devo ammettere che non riesco a disciplinare in modo troppo rigoroso il tempo da dedicare al lavoro: tutto il tempo che serve è quello che, alla fine, dedico a ciascun libro/iniziativa di Lindau ed è, quindi, inevitabile che quasi sempre le incombenze dell’ufficio invadano la parte della giornata e della vita che dovrebbe riguardare lo spazio personale. Comunque, il tempo non mi basta mai.
Nel caso della riscoperta di autori (ad esempio, Lalla Romano), è tangibile quanto Lindau, riproponendoli, voglia dare una nuova veste letteraria alle loro opere. Come possiamo collocare le scelte editoriali della casa editrice in situazioni come questa?
Ben prima che la redazione cominci a occuparsene, altri lavorano sui testi programmati per mettere a punto la nostra linea, scegliendo la collana, impostando la copertina e preparando il materiale per promotori e librai. Ogni singolo volume, nel tragitto dalla prima valutazione fino all’arrivo in libreria, si arricchisce e carica delle ricerche e del lavoro di tutte le persone che se ne occupano via via. Nel caso di un autore e di un libro già edito, questa “dote” è ancora maggiore, visto che ha già fatto un po’ di strada nel mondo e magari, come per Lalla Romano, una strada importante. È qualcosa che non possiamo certo ignorare e, anzi, siamo ben consapevoli di rappresentare i continuatori e gli eredi di una “voce” culturale e letteraria. D’altra parte, con noi il libro si rivolgerà a nuovi lettori, necessariamente “rinnovato” grazie alle ricerche della nostra casa editrice e alla sensibilità dell’epoca in cui ritorna a raccontare la propria storia. In qualche modo non sarà più lo stesso della prima edizione e sarà diversa la percezione delle persone che lo prenderanno in mano come libro Lindau.
Tra le più recenti pubblicazioni di Lindau che si sono rivelate frutto di un’intensa attività redazionale è importante ricordare Parole nella polvere di Máirtín Ó Cadhain, capolavoro in lingua gaelica che, per l’edizione italiana, ha visto all’opera quattro bravissimi traduttori (Luisa Anzolin, Laura Macedonio, Vincenzo Perna e Thais Siciliano). Una genesi editoriale senza dubbio difficile da seguire. Le andrebbe di riassumere come si è arrivati al libro finito e cosa le ha lasciato questa storia?
Il percorso è stato lungo, difficile e intenso, ma anche di grande soddisfazione. Scovato alla Fiera di Francoforte, è stato assaggiato da me e da uno dei traduttori e quindi acquisito, visto che lo avevamo giudicato molto interessante. E interessante lo è rimasto sempre, ma è quel genere di interesse che si abbina con una quantità di lavoro mostruosa. Già il fatto che lavorassimo sulla versione inglese e che né io né i traduttori conoscessimo il dialetto irlandese dell’originale era un elemento destabilizzante. Questo dato ha reso necessario un continuo confronto tra noi cinque e la ricerca perenne di qualche punto fermo sul testo (tramite esperti irlandesi e fonti di vario tipo), oltre alla scelta dell’italiano da usare. In effetti, questo è il genere di sfide cui non riesco a resistere e la ricerca delle parole, del registro, del ritmo di un testo è la parte che più mi appassiona. E in Parole nella polvere, in quanto a ricerche, c’era solo l’imbarazzo della scelta: era tutto da studiare e decidere, dai nomi di persona e luogo, ai riferimenti alla cultura e alla storia irlandese, alle scelte lessicali e sintattiche per far funzionare un testo costruito quasi solo su battute di dialogo, tra interlocutori di cui si sa solo quello che dicono. Ecco: questo è proprio il genere di lavori che assorbono un mare di tempo ed energie, mettendo a dura prova il resto dei miei impegni professionali e dilagando nella vita personale. In questi casi (e sono molti), mi pare di andare in apnea perché mi immergo in un progetto e prendo fiato solo quando proprio devo farlo.
Qual è, tra le ultime pubblicazioni della casa editrice, l’autore e/o il libro per cui ha avuto una particolare attenzione fin da subito?
Oltre a Parole nella polvere, direi che Piccoli racconti di un’infinita giornata di primavera di Natsume Sōseki è un altro libro che porto nel cuore. Molto difficile da tradurre, molto difficile da revisionare per mantenere un giusto equilibrio tra la natura e la vita originarie dei racconti e la resa nella lingua italiana e per la sensibilità del lettore occidentale. In realtà, un po’ tutto il filone giapponese mi sta molto coinvolgendo, forse perché qui la sfida è rappresentata da una cultura letteraria e da una sensibilità molto lontane dalle nostre. Anche per questi libri il lavoro risulta molto appassionante e intensissimo. Cerco di non trascurare nulla e di non banalizzare o appiattire i tratti salienti di un testo che deve arrivare al lettore per quello che è e rappresenta. Per fortuna, riesco a lavorare in grande sintonia con i traduttori e, alla fine, abbiamo la fondata speranza di aver compiuto un lavoro rigoroso e accurato. Anche se, questo è noto, nessuna traduzione è LA traduzione.
Intervista ad Alberto Del Bono
Per Edizioni Lindau Alberto Del Bono lavora alla segreteria editoriale.
La segreteria editoriale si occupa della valutazione dei testi in previsione della pubblicazione, della redazione delle schede per la presentazione dei titoli in libreria, dei rapporti con i librai e con la rete di promozione e distribuzione.
Qual è la vostra giornata-tipo in casa editrice?
Non ci sono mai due giornate uguali, ma potremmo dire che nel mio lavoro ci sono due tipi di giornate: quando sto preparando il folder (che raccoglie tutte le schede di presentazione e promozione dei titoli) e quando no.
Il mio lavoro è scandito da quelli che chiamiamo giri, periodi di due o tre mesi nei quali si raccolgono i titoli la cui uscita è prevista in quel lasso di tempo.
Le schede per la promozione raccolgono pochi dati – titolo, collana, pagine, prezzo, ISBN – la prima bozza della cover, una breve biografia dell’autore e un testo di presentazione nel quale condensare in poche righe tutto il meglio del libro, il motivo per cui si è scelto quel titolo e si è deciso di farlo arrivare in libreria, una citazione, l’indice o gli aspetti che potrebbero suscitare particolare interesse. Vengono preparate per ogni giro – una per ogni titolo in preparazione – e includono tutti i testi che usciranno in quello successivo. A settembre, per esempio, sono pronte le schede relative alle uscite di gennaio e febbraio, a dicembre quelle per le uscite di marzo/aprile/maggio e così via.
Lindau è una casa editrice indipendente ma molto attiva: le uscite sono molte e si cerca di dare il massimo risalto a tutto, dalle novità alle semplici nuove edizioni. Nel periodo in cui si prepara il folder, il mio lavoro si tinge di una patina old-fashioned e forse anche un po’ romantica, due qualità con le quali mi trovo molto a mio agio: scrivania coperta di libri, pagine, fogli scribacchiati, penne e quaderni di appunti. Sono giorni concitati, di lavoro febbricitante con la deadline che incombe minacciosa ma anche momenti entusiasmanti, nei quali bisogna riuscire a proporre al meglio i titoli che si è deciso di pubblicare, magari dopo mesi di discussione.
Nel frattempo seguo il lavoro di Enzo Carena dell’ufficio grafico, e insieme cerchiamo di trovare la cover giusta per ogni titolo. Titoli, cover e testi vengono poi discussi con il direttore editoriale e, una volta approvati, si inizia la preparazione della riunione, un incontro con i nostri agenti durante il quale raccontare la linea decisa per i mesi successivi, presentare i titoli più forti e commentare i risultati del giro precedente.
Una volta chiuso il folder, arriva il momento di dedicarsi con più calma al rapporto con i librai (telefonate e incontri, soprattutto con le librerie indipendenti, sono una parte fondamentale del lavoro editoriale) e a quello con gli autori; di catalogare e schedare i materiali, proporre modifiche ai testi ricevuti, valutare i nuovi titoli ricevuti (da autori italiani o da case editrici straniere e agenti letterari), imbastire le bozze per la rivista della casa editrice e, soprattutto, risolvere problemi. Lavorando con i libri ancora prima che diventino bozze, se ne segue tutto l’iter fino alla pubblicazione e succede abbastanza spesso di trovarsi a risolvere questioni che saltano fuori all’ultimo minuto: anche se, quando si vedono ben ordinati sugli scaffali di una libreria, sembrano libri come gli altri, hanno una storia fatta di trattative, aggiustamenti, rimandi, telefonate improvvise. La vita di un libro è molto più movimentata di quello che ci si aspetterebbe.
Lindau è la città libera e aperta per antonomasia. Di sicuro questa definizione si ritrova anche nell’atmosfera che si respira nella casa editrice. Come è suddivisa di solito la lavorazione intorno a un libro? Lavorate in gruppo?
“Liberi e aperti” di sicuro, le tante anime del nostro catalogo si respirano anche in casa editrice: ci sono personalità più focose e altre più pacate, ma cerchiamo sempre il modo di superare le differenti visioni, trovare una linea comune e chiudere ogni libro al meglio. Ognuno ha le proprie aree di competenza, ma lavoriamo sempre a stretto contatto. Questo è evidente soprattutto nei casi dei libri su cui puntiamo di più: il lavoro inizia con la prima lettura del testo, continua con un confronto sui punti di forza e le possibili strategie da seguire per farlo arrivare ai librai e ai lettori, con un dialogo serrato con l’autore e poi con il lavoro di redazione e quello dell’ufficio stampa. Quando tutto funziona, l’arrivo delle prime copie è salutato come un evento: il libro passa di mano in mano e si riprende la discussione – magari iniziata mesi prima – con la stessa passione, e lavoriamo sulle idee per promuoverlo. Più spesso qualcosa si inceppa, è tutto un po’ più complicato di così e ci troviamo a rincorrere il libro o il suo autore, ma alla fine, quando un titolo su cui abbiamo lavorato arriva in libreria, siamo sempre felici di aver raggiunto il nostro obiettivo fondamentale: far arrivare i nostri libri ai nostri lettori.
Schematicamente, questo potrebbe essere uno schema di lavorazione:
- si valuta la pubblicazione di un testo;
- se si decide di proseguire, si procede con la parte contrattuale (con l’autore, la casa editrice originale o l’agente);
- il titolo viene calendarizzato in un giro;
- si prepara la scheda e una bozza di cover e si presenta il titolo agli agenti, che a loro volta lo presenteranno ai librai;
- si valutano eventuali progetti, bandi di traduzione, altro che possa supportarlo al momento dell’uscita;
- il testo passa attraverso aggiustamenti e correzioni strutturali;
- il testo entra in redazione, viene corretto in due o tre giri di bozze, viene iscritto a un lancio e mandato in stampa;
- l’ufficio stampa promuove direttamente il titolo, proponendolo a giornalisti, programmi televisivi o radiofonici, riviste e siti culturali, blogger e addetti ai lavori. Si concordano anticipazioni e si fa un primo piano di presentazioni in libreria.
Una specie di corrispettivo cartaceo del blog è invece «L’isola», rivista nata da Lindau, che offre spunti interessanti di lettura e funge da raccordo per la rassegna stampa attorno a un determinato libro/autore/argomento. Chi se ne occupa? Da chi è nata l’idea di arricchire il lavoro intorno alla casa editrice con quest’altro tipo di contenuto?
Le storie che stanno dietro la pubblicazione di un testo sono appassionanti, pochi lettori (in realtà anche pochi addetti ai lavori) non subiscono il fascino di un buon aneddoto editoriale. Il problema è che per quelle storie, nel libro, lo spazio non c’è. Tra la prima e la quarta ci stanno al massimo una prefazione e qualche breve commento; allora, lo spazio da dedicare al racconto di come facciamo libri abbiamo deciso di crearlo: «L’isola» è nata così, da una proposta del direttore editoriale che abbiamo subito accolto con entusiasmo.
Dal numero zero il progetto si è evoluto, con un numero maggiore di pagine, interventi e citazioni, ma è rimasto un periodico a cadenza irregolare, gratuito, distribuito in alcune librerie indipendenti e direttamente da noi allo stand, in occasione di eventi e fiere. Vista la vicinanza del mio lavoro con i primi sviluppi di un testo, dalla progettazione alle prime bozze, della redazione di articoli e interviste mi occupo direttamente io, assieme a nostri autori che accettano di partecipare e a qualche gradita incursione di altre persone della casa editrice.
Il progetto è ambizioso, quindi non sempre possiamo dedicargli il tempo che merita e farla uscire nei tempi che ci siamo prefissati, ma anche in questo la scelta di Lindau è controcorrente: esce quando siamo assolutamente convinti del risultato, quando ci sembra di «non avere altro da dire, su questa faccenda».
Qual è, tra le ultime pubblicazioni della casa editrice, l’autore e/o il libro per cui ha avuto una particolare attenzione fin da subito?
È uscita da poco la nuova edizione di In un batter d’occhi, di Walter Murch. Il cinema per Lindau è stato il punto di partenza e parlo sempre volentieri dei nostri saggi. L’anno scorso abbiamo lanciato la collana «Il Grande cinema», che raccoglie i mostri sacri del catalogo, e quello di Murch è stato candidato immediatamente. È un montatore e regista statunitense, e nel libro parte da una domanda semplicissima (perché funzionano gli stacchi?) per parlare di cinema e montaggio. Prosa brillante e riflessione arguta, una delle perle del nostro catalogo. Del resto, da uno che ha lavorato con i più grandi di tutti e meritato tre premi Oscar non ci si aspetterebbe niente di meno.
Si è da poco conclusa la trentaduesima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino. Com’è andata per Lindau?
Da qualche anno mettiamo un’attenzione particolare nella preparazione delle fiere: stand più grandi, allestimenti più curati, grafiche studiate appositamente. Questo vale ancora di più per Torino, perché il Salone è il Salone. È il momento di svolta nell’anno editoriale, dove si ha la possibilità di confrontarsi con i lettori e valutare le scelte e il lavoro dei mesi precedenti. In più questa edizione aveva una valenza simbolica particolare: l’anno scorso siamo stati in prima linea per difendere il Salone e tenerlo a Torino, quest’anno eravamo ansiosi di vedere come sarebbe andata. Sapevamo che il programma era straordinario, ma i lettori avrebbero risposto? Ci sarebbe stato tanto pubblico? I dati generali sono usciti su tutti i giornali, e anche al nostro stand abbiamo avuto ottimi risultati. I lettori del catalogo storico, quelli che passano tutti gli anni per ragionare di cinema e portarsi a casa le ultime novità, sono in costante aumento, e ormai abbiamo un buon seguito anche per la narrativa: è bello rivedere facce conosciute e ascoltare i commenti sui libri che hanno preso l’anno precedente, incontrare persone che hanno letto qualcosa di nostro e vogliono scoprire qualcosa in più sul catalogo di questa casa editrice indipendente e controcorrente.
Intervista a Francesca Ponzetto
Francesca Ponzetto è l’ufficio stampa di Lindau, coordina la comunicazione della casa editrice e organizza eventi e presentazioni con le librerie e gli autori. È tra le persone con più anzianità presso Lindau: dopo aver frequentato il corso per redattori dell’editore, lavora con la casa dal 2004.
Qual è la vostra giornata-tipo nella casa editrice?
Di solito sono sempre giornate piuttosto convulse. Ogni tanto mi domando se alla porta del nostro ufficio ci sia scritto “ufficio stampa e comunicazione” o “gestione emergenze e richieste miracoli”. Una casa editrice di piccole dimensioni come Lindau, infatti, non può che accentrare su poche persone molte funzioni, spesso dai confini labili e, laddove, nei grandi gruppi, alcune mansioni sono spartite tra più figure professionali, nelle realtà indipendenti tendono a convogliare in un unico contenitore plastico: l’ufficio stampa.
Lindau è la città libera e aperta per antonomasia. Di sicuro questa definizione si ritrova anche nell’atmosfera che si respira nella casa editrice. Come è suddivisa di solito la lavorazione intorno a un libro? Lavorate in gruppo?
‟Libertà” è sicuramente una delle parole che accompagna anche il mio personale lavoro. Al di là delle linee guida evidenziate dall’editore – comunque concertate e condivise con il gruppo – e di un budget di spesa a cui riferirsi, lo spazio di manovra che mi viene concesso nel formulare un piano di comunicazione adeguato a ogni testo in lancio è totale: non c’è controllo, solo confronto. La stesura dei comunicati stampa, la relazione con autori, giornalisti, operatori culturali e fornitori di servizi (grafici, traduttori, tour operator etc.) sono a mia completa discrezione e se ne misurano efficacia e validità “a consuntivo”, a meno che non insorgano problemi che è necessario risolvere insieme. Ciò è cosa rara e gratificante quanto preziosa, ma nei giorni più convulsi è anche estremamente faticosa. Il confronto più immediato e fecondo è senz’altro con i colleghi del gruppo della comunicazione, i più “prossimi”, da ogni punto di vista. Con loro non servono riunioni, ma dialogo, pratica, opinioni “a caldo” e operatività.
Comunicare bene un libro è uno degli scopi più importanti per una casa editrice, insieme all’attenzione per l’opinione dei lettori. Lindau sembra riuscire al meglio in entrambi i casi, servendosi nel suo lavoro anche dei social. In che misura questi mezzi hanno influenzato il vostro lavoro? In redazione sono state fatte delle scelte di campo?
In effetti il libro è oggetto comunicativo per antonomasia e l’azione dell’ufficio stampa concorre a comporre le modalità di ricezione dei contenuti elaborati, contribuendo, di fatto, a orientare – quando non a creare – l’opinione e a favorire la circolazione delle idee e dei sentimenti di cui il libro è veicolo. In questo, i nuovi media hanno senza ombra di dubbio ampliato le possibilitàà di accesso e fruizione delle idee, grazie a una rete sempre più libera, diffusa e gratuita; non affidare l’area dei Social Media a una figura professionale competente, che lavora di concerto con la comunicazione “tradizionale” e con il settore degli e-book, sarebbe stato un appuntamento mancato.
I social hanno modificato linguaggio, vendite, impatto e “permanenza” di notizie e idee, ma anche costretto i mezzi “tradizionali” (e il lavoro della comunicazione) a innovarsi, a competere, a stare al passo con nuovi modelli: coloro che sono riusciti a “integrare” i paradigmi (di qualità) dei Social Network con le caratteristiche proprie, senza rinnegare storia, competenze e approfondimento critico, possono dire non di aver “perso terreno”, quanto piuttosto di aver ampliato e diversificato l’offerta ai propri lettori.
Se ben centriamo il piano di comunicazione, dunque, grazie alla mediazione di più media, troveremo il pubblico “giusto” per ogni libro, garantendo così a un Autore di accrescere le proprie potenzialità.
Intervista a Sara Meloni e Alessandro Rosasco
Sara Meloni si occupa di Digital PR e di comunicazione online per la casa editrice: vi lavora dal 2014. Cura e coordina i contenuti del sito e del blog e gestisce i social network di Lindau.
Anche Alessandro Rosasco vi lavora dal 2014 e si occupa della pubblicazione degli e-book, della loro distribuzione e della promozione. Cura la newsletter di Lindau e dei marchi collegati.
Hanno risposto alle domande di quest’intervista insieme.
Qual è la vostra giornata-tipo nella casa editrice?
Arriviamo verso le 9:30 in ufficio e la prima cosa che facciamo è confrontarci sulla rassegna stampa di Lindau o più in generale su quella legata all’attualità. Ci confrontiamo nell’immediato anche sulle scadenze o sulle eventuali urgenze da affrontare durante il corso della giornata e della settimana.
Questa è la costante che abbiamo ogni giorno. Ma la giornata-tipo, per noi che ci occupiamo del rapporto con l’esterno, non esiste. Difficilmente ci sono giornate uguali: ogni giorno affrontiamo nuovi obiettivi e nuove priorità. Ci sono tante e forse troppe variabili che incidono nelle nostre giornate, eppure riusciamo ad avere un metodo che ci permette di non annegare nel mare magnum delle scadenze.
Tuttavia abbiamo dei momenti stabili, come possono essere per esempio il giovedì di ogni settimana e indicativamente l’inizio del mese.
Il giovedì è il giorno del lancio: questo vuole dire che io sarò occupata nel creare contenuti nel sito e a comunicare le uscite sui social, Francesca sarà alle prese con email e contatti tutto il giorno tra autori e/o giornalisti, e Alessandro, già online con gli e-book, preparerà il materiale da inviare tramite newsletter.
All’inizio del mese, invece, ci dedichiamo alla programmazione, non solo tra di noi, ma anche e soprattutto in riunione con la redazione tutta: su quali libri dobbiamo puntare? Su chi e su cosa vogliamo inviare una newsletter speciale? Quali sono i punti di forza? Dove posizioniamo questi nuovi titoli? Quali operazione di marketing sono previste?
Lindau è la città libera e aperta per antonomasia. Ritrovate questa definizione anche nell’atmosfera che si respira nella casa editrice? Come è suddivisa di solito la lavorazione intorno a un libro? Lavorate in gruppo?
Come già dice il nome della casa editrice, lavoriamo con grande libertà e autonomia. Pur mantenendo il campo di competenza, quando ci ritroviamo a lavorare su un libro, noi dell’ufficio stampa, lo facciamo sempre in gruppo: è quasi necessario l’incontro (e a volte lo scontro) di pareri e visioni differenti su un libro.
Insieme troviamo tematiche e parole da usare per la promozione: solitamente è proprio un redattore a dirci le potenzialità e le opportunità su cui possiamo lavorare.
Francesca si occupa dell’ufficio stampa tradizionale e del rapporto con i giornali e i giornalisti. È lei che trova le parole per stilare i comunicati stampa di Lindau e quelli associati a un libro.
Alessandro invece, che ha un ruolo trasversale perché si occupa anche degli e-book, deve trovare le parole giuste per far arrivare i libri, e più in generale il catalogo, ai lettori: è lui che manda la newsletter di Lindau. La mandiamo due volte al mese e non è sempre facile condensare in una mail argomenti e libri differenti che rispecchino il nostro catalogo variegato: ci riesce cercando di rendere tutto fluido e collegato.
Io, che invece mi occupo dei social e del rapporto con i blogger, ho a che fare con una comunicazione apparentemente frammentata, un po’ a spot. In verità fa parte di un progetto più ampio che lascia anche spazio agli imprevisti e ai colpi di scena. Nell’ufficio stampa succedono continuamente, nei modi più disparati: se un autore vince un premio, se ricade un avvenimento politico o culturale che può interessare una nostra pubblicazione (che, dunque, può tornare utile ai fini della conoscenza di quell’avvenimento), allora si cambia registro e piano editoriale, e in tempi brevi si cerca di produrre un contenuto adatto alla situazione.
Comunicare bene un libro è uno degli scopi più importanti per una casa editrice, assieme all’attenzione per l’opinione dei lettori. Lindau sembra riuscire al meglio in entrambi i casi, servendosi nel suo lavoro anche dei social. In che misura questi mezzi hanno influenzato il vostro lavoro? In redazione sono state fatte delle scelte di campo?
Quando nel 2014 ho fatto il mio primo colloquio da Lindau, sono stata accolta in un ufficio con le pareti colorate e da un direttore (Ezio Quarantelli) curioso e attento verso il mondo dei social. In quel momento avevo davanti tanta vivacità e anche molta eleganza. Eravamo seduti a un tavolo bellissimo, di colore marrone scuro con tutte le venature del legno visibili (lo stesso tavolo che fa da sfondo alle nostre foto sui social), circondati da pareti arancioni, locandine di film da Metropolis a Shining e scaffali pieni di libri, di qualsiasi lingua e qualsiasi editore.
Quello che avevo davanti a me non rispecchiava assolutamente quello che avevo visto online. Nel 2014 Lindau aveva anche un sito vecchissimo e macchinoso. Quando ho cominciato a lavorare per la casa editrice, allora, ho voluto tirar fuori quella vivacità composta, complice anche un restyling del sito che ci ha decisamente aiutati nella comunicazione.
I social hanno influenzato il lavoro della redazione così come, credo, abbiano influenzato il lavoro di qualsiasi piccola media impresa in Italia negli ultimi dieci anni. Contatti, nicchie e siti specializzati li troviamo spesso online tramite i social: io, Francesca e Alessandro in primis, ma anche Alberto Sorassi dell’ufficio diritti (che a volte contatta nuovi autori).
Anche il sito è diventato per i redattori uno strumento extra su cui caricare contenuti che nel libro non trovano spazio: lo abbiamo fatto di recente con Moro. Il caso non è chiuso. All’interno c’è una dicitura che rimanda al sito per scaricare i materiali extra a cui si fa riferimento nel libro. Nella versione e-book c’è direttamente un link che riporta alla scheda del libro.
Una novità che abbiamo introdotto e che ha sicuramente influenzato il nostro lavoro è la gestione condivisa dei social, soprattutto Twitter. Le fiere, ad esempio, sono un momento estremamente importante, sia virtuale sia reale, di incontro e confronto con lettori e librai, ma è un’ottima occasione anche per ottenere visibilità del marchio. A turno, chiunque è in fiera, si ritrova quindi a comunicare l’evento gestendo direttamente l’account o mandandomi anche solo delle foto e delle informazioni da pubblicare.
Non è una cosa scontata questa di ottenere la collaborazione dei colleghi sulla documentazione delle attività esterne: non tutti nella casa editrice, infatti, sono avvezzi ai social. Alcuni non hanno un profilo su nessuna piattaforma, altri li hanno ma non li usano.
Questa collaborazione interna sulla linea dei social media l’abbiamo intrapresa quando, qualche anno fa, abbiamo creato un profilo Twitter per Alberto Del Bono (segreteria editoriale) e Francesca: era necessario che oltre all’account ufficiale ci fossero più voci e identità autorevoli della casa editrice. Il grande cambiamento, forse, ha riguardato più Francesca: lavorando dopo tanti anni da Lindau, si è ritrovata ad affrontare un mondo che non aveva ancora mai conosciuto in prima persona, ma che ha notevolmente cambiato anche il metodo con cui lavora e fa ricerca, soprattutto dal punto di vista dei contatti. È stato fondamentale, per lei e per chiunque altro nella casa editrice, avere uno strumento con cui poter ascoltare i lettori.
Sul sito di Edizioni Lindau si può leggere anche un blog dedicato, «Un posto al mondo», in attività dal 2016. Tra gli argomenti trattati troviamo approfondimenti su opere e autori e su questioni del mondo dell’editoria. Chi lo cura? Chi decide gli argomenti da trattare?
Sul blog parliamo di editoria ma facciamo anche approfondimenti, pubblichiamo estratti, interviste… Quando si tratta di editoria, è Ezio stesso che ne scrive.
Sicuramente, una delle attività più riuscite online sono i contributi interni di autori e traduttori ma soprattutto quelli di Paola Quarantelli, la nostra caporedattrice, che gestisce una rubrica che si chiama «Diario di redazione». Quella di Paola, che non è sui social e la cui presenza online si limitava a qualche intervista sparsa sui blog, è stata una scommessa vinta: trova sempre nuove motivazioni per dare contributi ulteriori ai libri, parlando del proprio lavoro, e ai lettori del blog interessano molto i suoi articoli, tanto che sono tra quelli più letti.
Una specie di corrispettivo cartaceo del blog è invece «L’isola», rivista nata da Lindau, che offre spunti interessanti di lettura e funge da raccordo per la rassegna stampa attorno a un determinato libro/autore/argomento. Chi se ne occupa? Da chi è nata l’idea di arricchire il lavoro intorno alla casa editrice con quest’altro tipo di contenuto?
«L’isola» di Lindau è curata da Alberto Del Bono da un’idea di Ezio. Alberto ci lavora in grande autonomia coordinandosi con autori, traduttori e redattori. Come è giusto che sia in un gruppo, si affida molto a pareri esterni come i nostri per quanto riguarda contenuti e grafica. Francesca è stata anche tra gli autori della rivista, con un’intervista da lei curata a Guido Davico Bonino.
Qual è, tra le ultime pubblicazioni della casa editrice, l’autore e/o il libro per cui ha avuto una particolare attenzione fin da subito?
In generale, ci siamo appassionati molto ai titoli della collana di narrativa, «Senza Frontiere». Anche perché è nata poco prima che arrivassimo Alessandro, io e Alberto nella casa editrice. È da lì che siamo partiti per fare i nostri primi lavori: sarà per questo che siamo legati ad autori come Wendell Berry, Joe Brainard, Giovanni Arpino, Lalla Romano, Camilla Salvago Raggi, Marcello Venturi.
Tra gli ultimi pubblicati, è quasi doveroso per me nominare Pablo Simonetti, con cui ho da subito avuto empatia e sintonia. Sia con i racconti sia con l’autore in persona.
Tra gli autori e i titoli storici, siamo tutti molto legati a Wendell Berry: un autore americano che non rientra appieno nel genere del grande romanzo americano, che ha una visione positiva e centrale della comunità e del ruolo della solidarietà tra le persone. Nel filone della narrativa americana, sicuramente molto controcorrente. Proprio come Lindau.
Si è da poco conclusa la trentaduesima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino. Com’è andata per Lindau?
Per noi che ci occupiamo di comunicazione, il resoconto del Salone Internazionale del Libro non è mai negativo. È sempre una grande opportunità per incontrare nuovi lettori, parlare con loro, intercettare i loro gusti e i loro bisogni.
Negli ultimi anni, inoltre, stiamo facendo grandi passi avanti con l’allestimento e le presentazioni: sono due o tre anni, infatti, che abbiamo rinnovato completamente lo stand del Salone e abbiamo investito molto nelle proposte di eventi qui a Torino.
Il Salone del Libro e, in generale, le fiere di editoria rappresentano per noi il momento in cui possiamo, con naturalezza, raccontare i libri a modo nostro, dare consigli di lettura come ‘Sara’, ‘Alberto’, ‘Francesca’ e non come Lindau.
Sarà per via di questa naturalezza che chi viene da noi allo stand è sempre piacevolmente colpito dal modo in cui raccontiamo i libri. Un punto di forza su cui dovremmo scommettere di più, ma che lascia una bella sensazione. A noi e alle persone che passano a trovarci.
- Questo contributo è un estratto della tesi in “Mediazione editoriale e cultura letteraria” del Corso di Laurea Magistrale in “Editoria e scrittura” dal titolo Leggere indipendente: storia, esempi e situazioni dell’editoria indipendente in Italia. Il caso di studio di Edizioni Lindau, discussa presso la “Sapienza Università di Roma” nel luglio del 2018: relatrice la Prof.ssa Maria Panetta e correlatore il Prof. Giulio Perrone. ↑
(fasc. 26, 25 aprile 2019)