Non appare azzardato sostenere che i prossimi decenni porteranno cambiamenti epocali, che riguarderanno ogni aspetto del vivere sul nostro pianeta e incideranno sugli stili di vita. Queste previsioni diventano più ragionevoli se attentamente inquadrate nello scenario evolutivo complessivo in cui siamo inseriti.
I mutamenti seriamente ipotizzabili riguarderanno la distribuzione territoriale delle popolazioni, le tecniche produttive e l’utilizzazione delle ricchezze prodotte; le direzioni, l’intensità e il volume degli scambi; i modelli culturali e il dialogo interculturale, che assumeranno nuove espressioni e tenderanno a svilupparsi ulteriormente, nei vecchi e nei nuovi campi dell’agire umano.
A differenza di quanto è avvenuto nei secoli precedenti, che assistettero al passaggio dall’epoca pastorale e della caccia a quella delle coltivazioni agricole e degli insediamenti industriali, il nostro tempo ci chiamerà a testimoniare il consolidamento e le sempre maggiori espressioni dell’informatica e l’ampliarsi e il diversificarsi degli strumenti e delle tecnologie del comunicare, ma ci porrà anche nuovi e sempre più pressanti interrogativi di natura strategica ed operativa e renderà improcrastinabile la ricerca di più avanzati equilibri, capaci di aiutare il genere umano ad individuare i percorsi più opportuni per affrontare le difficoltà che, in vaste estensioni del pianeta, vengono incontrate dai residenti.
Senza un grosso sforzo di crescita culturale ed operativa, senza una maggiore attenzione nell’incontro con gli altri, i rimedi praticabili non porteranno a quelle svolte di cui l’umanità tutta sente urgentemente e drammaticamente il bisogno. E non si può aspettare che le “manne” caschino dal cielo.
L’esperienza che si può ricavare dagli ultimi sconvolgimenti è che l’agricoltura e l’artigianato, rivisitati, pur con i loro limiti, continueranno ad essere fondamentali non solo per sfamare gli abitanti del pianeta e fornire loro servizi, ma anche per sconfiggere gli esodi sconvolgenti gli assetti e gli equilibri fra produzioni, risorse e consumi.
Senza selezionare meglio le priorità, i rimedi, limitati alla lotta agli sprechi, non saranno adeguati e all’altezza dei bisogni e genereranno nuove ingiustizie.
Occorrerà rivisitare, ad esempio, la tecnica della consociazione, che, in agricoltura, permette di coltivare proficuamente sullo stesso appezzamento di terreno piante e alberi di diverso tipo, migliorando così le pratiche agricole e accrescendo i rendimenti; occorrerà estendere la sperimentazione a ogni area del possibile, ampliando l’insieme delle attività economiche e sociali capaci di assicurare impieghi remunerati e utili a quanti ritengono di cimentarsi in lavori anche marginali. Serve crescere, per sconfiggere vecchie e nuove povertà.
Nel nostro mondo, il liberismo puro non è concepibile ed appare inattuabile senza accrescere le disparità sociali e senza ampliare gli spazi del malcontento.
Incominciare ad immaginare il futuro auspicabile aiuta a scoprire meglio i limiti del possibile, incoraggia alla ricerca degli strumenti politici, operativi e fiscali per assicurare equità ai sistemi politici, sociali e giuridici concreti. Aiuta la partecipazione di tutti ai processi e alle scelte politiche; fa riscoprire il ruolo delle conoscenze e, quindi, dell’istruzione e della cultura nel preparare più avanzati equilibri che, nonostante le difficoltà crescenti, appaiono non irrealizzabili e chiedono di essere definiti sempre meglio e divulgati tempestivamente e diffusamente.
Non si tratta di fare discorsi quantitativi, ma di scoprire quelli qualitativi: per aiutare l’uomo nella ricerca di quei valori che spesso scarseggiano nella rincorsa al consumismo esasperato, che trascura l’aspetto umano nella definizione delle priorità della società del domani.
(fasc. 8, 25 aprile 2016)