Milan Kundera: arte del romanzo, romanzo delle arti

Author di Simona Carretta e Maria Panetta

Tra i romanzieri contemporanei Milan Kundera (1° aprile 1929-11 luglio 2023) si distingue non solo per lo sguardo liberatore che ha rivolto ad alcuni grandi temi dell’esistenza, ma anche per la forza con cui ha difeso la propria particolare idea del romanzo. Sebbene molti romanzieri, da Fielding a James, da Woolf a Sarraute si siano impegnati a descrivere le caratteristiche del genere, Kundera è stato il primo a rivendicarne con decisione lo statuto artistico e a separare su questa base il romanzo da altri generi narrativi. Ciò ha implicato una novità radicale nell’approccio al suo studio: infatti, se il romanzo è un’arte a sé, il modo più sicuro per riconoscerne i caratteri specifici è di porlo a confronto non tanto con gli altri generi letterari ma direttamente con le altre arti maggiori.

Nei saggi in cui mette a punto la propria poetica, come L’arte del romanzo (1986) e I testamenti traditi (1993), e in particolare negli ultimi due, Il sipario (2004) e Un incontro (2008) – che accolgono scritti dedicati alle arti più diverse –, Kundera sembra fondare sulla propria ipotesi di romanzo i presupposti di un commento estetico generale in cui, assieme al «macrocontesto» della storia sovranazionale del romanzo, quello relativo alle altre arti è presentato come il vero ambito di eccellenza in cui si può cogliere appieno il valore estetico di un’opera romanzesca. I molti riferimenti alle arti presenti nei romanzi di Kundera si inquadrano nella stessa direzione: in particolare, il recupero nei suoi romanzi di modelli compositivi tratti, ad esempio, dalla musica o dal cinema (familiari a Kundera per la sua formazione come musicologo e insegnante presso la Scuola di Cinema FAMU di Praga) non mira a produrre un effetto di «ibridazione» con queste arti, ma a stimolare la scoperta di «ciò che solo il romanzo può dire» (Il sipario) a partire da una matrice estetica comune.

Allo stesso modo, quando Kundera si è cimentato direttamente con le altre arti, ciò è avvenuto nella medesima prospettiva dialogica: ne è un esempio Jacques e il suo padrone (1971), la pièce teatrale che ha presentato come una «variazione-omaggio» del romanzo di Diderot.

Il progetto di dedicare il secondo fascicolo del 2023 all’opera di Milan Kundera, specie nella sua relazione con le arti, risale almeno allo scorso anno: dopo la scomparsa del grande romanziere, poeta, saggista e drammaturgo francese di origine cecoslovacca ed etnìa ceca, il presente numero monografico di «Diacritica» si configura anche quale sentito omaggio all’intellettuale e alla sua particolare concezione di arte del romanzo.

Alcuni dei contributi raccolti, come quelli di Lakis Proguidis e di Massimo Rizzante, indagano il rapporto di Kundera con le arti a partire dalla sua opera romanzesca e saggistica. I saggi di Thomas Pavel e di Simona Carretta hanno, invece, preso le mosse dall’esame dei casi in cui il romanziere si è messo direttamente alla prova con alcune di esse (Kundera musicologo, illustratore, sceneggiatore etc.). Sylvie Richterova ha esaminato alcuni concetti-chiave dell’estetica (come il Kitsch e il bello) attraverso la rivisitazione che ne ha offerto Kundera; infine, Sonia Rivetti ha sondato, in particolare, la possibilità di mettere a confronto L’identité con Un grido lacerante (1981) di Anna Banti.

Riteniamo che gli studi raccolti in questo fascicolo permettano di inaugurare nuove prospettive di indagine sul rapporto tra il romanzo e le arti e di accedere, così, anche a una comprensione più profonda della specificità del ruolo conoscitivo del genere romanzesco, rispetto a quello di altre forme letterarie.

(fasc. 48, 11 luglio 2023)

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