Ancora non troppo conosciuto anche tra gli ispano-americanisti del nostro paese, Pedro Lemebel è stato definito lo scrittore cileno della post-dittatura, quello che più degli altri ha risposto alle aspirazioni di libertà e giustizia, quello che ha continuato a scuotere le coscienze perché non si ripetesse l’incubo vissuto dai cileni per più di tre lustri, che ha fatto della propria originalità un marchio di fabbrica immediatamente riconoscibile anche fuori dai confini nazionali. Le sue opere, tradotte ormai in molte lingue e anche in italiano dalla casa editrice Marcos y Marcos di Milano, si occupano di storie di vita ai margini della società, delle rivendicazioni dei diritti degli omosessuali, delle proteste contro il regime dittatoriale di Pinochet, della lotta per la libertà di espressione. Lemebel, infatti, è uno di quegli intellettuali che hanno deciso di rimanere in patria tra gli anni Settanta e Ottanta, di combattere la dittatura dall’interno, di far sentire la propria voce usando la provocazione e il risentimento per portare a segno rivendicazioni politiche e sociali. Un personaggio stravagante, contestatario, coraggioso e indipendente, ostile ai pregiudizi e contrario ai luoghi comuni, che ama il ricorso alla caricatura estrema alla maniera del ben più noto Almodóvar, che ha sempre coltivato un grande sogno di libertà e mantenuto le distanze dalla “cattedrale letteraria” assieme ai suoi rituali e obblighi.
Lemebel, che si è sempre definito senza mezzi termini «povero e frocio», racconta l’emarginazione e per farlo utilizza riferimenti quotidiani e autobiografici. La capacità di osservare ciò che lo circonda conferisce ai suoi scritti una densità poco comune; la strada è il suo palcoscenico e i protagonisti delle sue cronache appartengono alle classi sociali più vicine alla miseria e alla marginalità. La sua prosa è auto-denigratoria e irriverente; lo stile è quello di un barocco in versione postmoderna ed è caratterizzato dall’abbondanza e dalla libertà di forme e contenuti, dall’iperrealismo al kitsch. Ha il gusto per la farsa, l’iperbole e la metafora, ha uno straordinario senso dell’umorismo, coniuga il ridicolo col drammatico, definendo in costante divenire i tratti di una scrittura estremamente personale che costituisce un prezioso apporto all’evoluzione della letteratura cilena. Ama mischiare la realtà con la finzione, che definisce la parte siliconata della sua opera. I suoi testi sono tragicomici e combattivi in una lotta politica costante contro la destra conservatrice e la borghesia cilena. I suoi strumenti non sono solo le parole; le sue denunce si fanno anche performances attraverso l’arte di strada, le apparizioni lampo, ideate con l’obiettivo di provocare l’establishment e contrastare l’omogeneizzazione culturale imposta dalla dittatura.
Pedro negli anni è diventato una figura di culto della controcultura, e oggi è grazie ai suoi scritti che tantissimi giovani cileni hanno il coraggio di “uscire fuori”, di accettare la propria omosessualità, di parlarne liberamente e pubblicamente, di esserne orgogliosi. Un intellettuale, ma anche un personaggio, ironico, brillante, pungente e diretto, una personalità eccentrica, uno scrittore che ha fatto della sua omosessualità la sua forza, il suo modo speciale di guardare il mondo, un gay certamente invidiato negli ambienti culturali di quei paesi che negli anni hanno fatto della tolleranza e della garanzia dei diritti la propria bandiera, Italia compresa.
L’autore nasce negli anni ’50 in un quartiere povero e periferico di Santiago e, date le ristrettezze economiche della famiglia, la sua carriera inizia al liceo industriale maschile, dove si insegna a lavorare il legno e il metallo. Da ragazzo viene costantemente deriso dai compagni per il suo aspetto femmineo, ma continua gli studi iscrivendosi poi all’Università del Cile, dove nel ’79 si laurea in Belle Arti. Comincia a insegnare in due licei della periferia della capitale, dai quali tuttavia viene presto licenziato a causa del suo aspetto palesemente omosessuale. Da quel momento in poi si dedica alla letteratura e partecipa a diversi laboratori di scrittura.
Inizia la propria carriera scrivendo racconti e nel 1983 vince il primo premio a un concorso letterario con il suo Porque el tiempo està cerca, racconto intimamente legato alla storia delle sue origini, in cui Lemebel narra delle difficoltà vissute dai gay delle classi umili, una tematica che ritornerà costantemente nella sua opera anche negli anni a venire. Grazie ai laboratori di scrittura conosce autrici femministe e di sinistra come Pía Barros, che lo avvicina a organismi culturali alternativi alla dittatura, ma la sua militanza politica nella sinistra si vedrà nuovamente ostacolata dal pregiudizio provocato dalla sua omosessualità.
Il manifesto Hablo por mi diferencia (‘Parlo per1 la mia diversità’) risale alla metà degli anni ’80, quando Lemebel fonda, assieme all’amico artista e poeta Francisco Casas, il duo performativo “Las Yeguas del Apocalipsis” (‘Le cavalle dell’Apocalisse’). I due si dedicano a sabotare presentazioni di libri, incontri pubblici o comizi apparendo a sorpresa con azioni provocatorie, improvvisando perfomances teatrali e usando il più delle volte un travestimento bizzarro o èalesemente equivoco, fino a diventare un autentico fenomeno di controcultura. I temi cari all’autore sono centrali nelle azioni delle “Yeguas”: il richiamo alla memoria dei desaparecidos, la questione dei diritti umani, della libertà sessuale e della dignità omosessuale, così come le richieste di uno spazio di dialogo pubblico sulla democrazia. Questi sono anche gli anni in cui lo scrittore cileno abbandona il cognome paterno, Mardones, optando per l’uso esclusivo di quello materno, Lemebel, decisione che spiegherà in un’intervista come un gesto di alleanza con il popolo femminile e di amore profondo per la madre. L’urgenza di comunicare di quegli anni porta l’autore a prediligere il genere della cronaca rispetto a quello del più atemporale racconto, che definisce «bastardo»; egli si accampa in una “zona franca” della Letteratura (con la “L” maiuscola), che accoglie, mescolandoli, diversi generi quali la narrazione pura, la poesia, l’autobiografia ecc. Le sue sono cronache urbane, storie ambientate nella metropoli, storie personali ma che toccano tutti, tutto e subito: le sue «neocronache», come le definirà lo stesso autore, «non sono fatte per durare ma per essere consumate all’istante».
Gli anni ’90 sono gli anni della popolarità. Lemebel inizia a viaggiare, partecipa a festival letterari e viene invitato dalle istituzioni culturali di diversi paesi e continenti. Comincia a pubblicare cronache sui mezzi di comunicazione nazionali e stranieri, come i periodici «Página Abierta», «La Nación», le riviste «Punto Final» e «The Clinic»; conduce programmi radiofonici, dirige laboratori letterari e tiene conferenze in alcune università importanti come Harvard e Stanford. Nel 1995 esce il suo primo libro di cronache intitolato La esquina es mi corazón, con il quale si aggiudica un posto nella storia della letteratura cilena. Nel 2001 pubblica il suo primo romanzo, Tengo miedo torero (Ho paura torero, Milano, Marcos y Marcos, 2004), una difficile storia d’amore ambientata all’epoca dell’attentato a Pinochet dell’86, un testo in cui lo scrittore mette in scena il ricco e colorito socioletto della comunità omosessuale e che rimane per più di un anno il libro più venduto in patria. La fama lo ha ormai raggiunto, e uno dei suoi maggiori ammiratori, Roberto Bolaño, scrittore di culto anche in Italia, presenta Lemebel alla nota casa editrice Anagrama di Barcellona, che pubblicherà per la prima volta le cronache di Pedro in Spagna, passo fondamentale per la diffusione del suo lavoro in Europa e anche negli USA. I premi letterari non tardano ad arrivare: a Berlino nel 2006 si aggiudica il Premio Anna Seghers; nel 2013 a Santiago vince l’ambìto Premio José Donoso. L’anno seguente verrà addirittura nominato tra i finalisti del Premio Nacional de Literatura.
Dopo averci lasciato una ricchissima produzione letteraria composta da scritti e racconti sparsi, da ben sette libri di cronache e un romanzo, Pedro Lemebel scompare per un cancro alla laringe il 26 gennaio 2015.
Il suo ultimo libro di cronache, intitolato Háblame de amores (Parlami d’amore, Marcos y Marcos 2016), è uscito a marzo di quest’anno in Italia nell’ambito di un laboratorio di traduzione organizzato dalla stessa casa editrice milanese, che ha coinvolto più voci e interessi e ha dato vita a una serie di liberi e fruttuosi incontri nel più coerente spirito lemebeliano. È proprio grazie a questa esperienza formativa che chi scrive ha conosciuto l’autore cileno: inutile dire che è stata una sorta di folgorazione. La sua capacità di giocare con la lingua, di stimolare la riflessione, di coinvolgere e divertire e, allo stesso tempo, di confondere il lettore e il traduttore stesso ha stimolato la mia ricerca sulla sua personalità, sul suo linguaggio e sulle sue esibizioni pubbliche. Lemebel appassiona, è uno scrittore che gode della sua stessa poesia, che si diverte e ride mentre crea, che usa la musica e l’universo melodico con una funzione intertestuale, allo scopo di creare quella polifonia che permette al testo di far parlare voci diverse. La sua scrittura è una strategia e i suoi testi non sono sempre di facile comprensione: al di là dell’istrionismo per il quale più si fa notare, egli è uno scrittore colto e impegnato e la sua è una vocazione umanistica in cui le parole stimolano e inquietano, attirano l’attenzione su questioni scomode, fanno riflettere, provocano.
Uno dei testi più rilevanti della produzione politica di Lemebel è, come detto, il manifesto intitolato Hablo por mi diferencia, letto nel settembre del 1986 durante uno storico incontro della sinistra militante cilena tenutosi nella capitale Santiago. Qui l’autore dà voce all’impellente esigenza di essere accettato in quanto omosessuale all’interno di una parte politica, invece, settaria e maschilista. Ne emerge un quadro fosco che palesa le resistenze della sinistra latino-americana rispetto alle sessualità periferiche. Proprio per questo Lemebel decide di leggere il suo manifesto, evidenziando la propria diferencia, la propria diversità. Per l’occasione si presentava per la prima volta davanti a un’ampia platea di militanti con scarpe col tacco e trucco, con la falce e il martello dipinti sul volto. Tutto in lui era un grido di provocazione e risentimento. Il manifesto è una sorta di memoria storica e politica delle classi marginali, dei diversi, degli sconfitti, che in quel momento tramite la sua voce chiedevano risposte alla sinistra nazionale e alla proposta socialista che essa diceva di rappresentare. Vi troviamo tutti i temi cari all’autore, i temi che rappresentano la sua storia e l’epoca in cui ha vissuto e lottato: sessualità e politica, discriminazione e diritti, amore e povertà, dovere del ricordo e diritto ad un futuro migliore, per tutti. Questo è il testo che ha dato dignità a tutta la sua opera successiva ed è per questo che lo ritengo essenziale, quasi propedeutico. La sua traduzione in italiano nasce dal desiderio di far conoscere l’essenza dell’autore, che trapela appieno nei potenti versi di questo inno alla diversità.
Nel manifesto la scrittura si fa urgenza di rivendicazione, e l’autore annuncia pubblicamente la sua vocazione: la lotta per la libertà e l’uguaglianza, per i diritti degli omosessuali, per una società inclusiva e tollerante, l’impegno a rendere pubbliche e popolari le istanze degli individui ai confini della società.
Il testo a seguire, al netto di occasionali versioni di parti e stralci nelle sedi più disparate (e spesso meno appropriate), è la prima traduzione integrale del manifesto di Lemebel che si pubblica su una rivista letteraria. È un progetto organico e, in questo senso, inedito. La struttura del manifesto è completamente diversa da quella delle cronache, e proprio per questo l’autore riduce al minimo gli elementi descrittivi e narrativi, centrando il testo su due poli dell’enunciazione: un io/noi corale, rappresentato da Lemebel, che rinvia all’universo omosessuale; e un tu/voi, che rimanda invece alla società “regolare” ed etero. Inoltre, viene privilegiata la funzione emotiva, ricorrendo a forme allocutive che intendono convincere gli interlocutori: apostrofi, suggerimenti, domande. Il tutto senza maschere né generalizzazioni, senza eufemismi né interlocutori indefiniti o intenzioni occulte. L’autore si svela e si mette a nudo: «Non sono un frocio travestito da poeta / Non ho bisogno di un travestimento / Ecco la mia faccia / Parlo per mia diversità / Difendo ciò che sono». È l’io e l’essere, cioè l’identità in ogni enunciato, di fronte al tu che viene interpellato, l’altro che giudica, si interroga, a cui si rinfresca la memoria, a cui si chiede conto di ciò che è stato, l’altro che viene provocato («Io non porgo l’altra guancia / Porgo il culo compagno / E questa è la mia vendetta»). L’altro che questa volta non è necessariamente il cittadino convenzionale né il borghese né il fascista, ma una presunta “avanguardia”: una sinistra discriminatoria, il marxismo coi paraocchi che lo ha rifiutato, il compagno saturo di pregiudizi che, nonostante tutto, l’autore non rinnega, regalandogli un messaggio fraterno: «Ci sono tanti bambini che nasceranno / Con un’ala spezzata / E io voglio che volino compagno / Che la vostra rivoluzione / Gli dia un pezzo di cielo rosso / Perché possano volare».
Hablo por mi diferenciaNo soy Pasolini pidiendo explicaciones |
Parlo per la mia diversitàNon sono Pasolini che chiede spiegazioni |
Riferimenti bibliografici
Studi:
- S. Benadava C., Pedro Lemebel. Apunte para un estudio, in «Mapocho. Revista de Humanidades y Ciencias Sociales», L, II, 2001, pp. 41-74.
- D. Martínez, V. Rivera, H. Melgarejo, Pedro Lemebel: el legado de un escritor “pobre, comunista y maricón”, in «El Dínamo», 23 gennaio 2015: http://www.eldinamo.cl/cultpop/2015/01/23/pedro-lemebel-el-legado-de-un-escritor-pobre-comunista-y-maricon/ (ultima consultazione 23/5/2016);
- A. Ciurans, La rabbia è l’inchiostro della mia scrittura, intervista a Pedro Lemebel in «Blow Up – Collateral», 1° febbraio 2010, p. 124: http://www.marcosymarcos.com/wp-content/uploads/2014/11/Blowup_Lemebel_Ciurans0210.pdf (ultima consultazione 31/5/2016).
Testi Originali:
- P. Lemebel, Manifiesto (Hablo por mi diferencia), in «Revista Anales», VII serie, II, 2011, pp. 218-21;
- Id., Los incontables, Santiago de Chile, Ergo Sum, 1986;
- Id., La esquina es mi corazón. Crónica urbana,Santiago de Chile, Cuarto Propio, 1995;
- Id., Loco afán. Crónicas de sidario,Santiago de Chile, Lom Ediciones, 1996;
- Id., De perlas y cicatrices. Crónicas radiales, Santiago de Chile, Lom Ediciones, 1998;
- Id., Tengo miedo torero, Santiago de Chile, Planeta Chilena, 2001;
- Id., Zanjón de la Aguada, Santigo de Chile, Seix Barral, 2003;
- Id., Adiós mariquita linda, Santiago de Chile, Sudamericana, 2004;
- Id., Serenata cafiola, Santiago de Chile, Seix Barral, 2008;
- Id., Háblame de amores, Santiago de Chile, Seix Barral, 2012;
- Id., Poco hombre, Santiago de Chile, Ediciones UDP, 2013.
Traduzioni in italiano:
- P. Lemebel, Ho paura torero,Milano, Marcos y Marcos, 2004 (con varie ristampe successive);
- Id., Baciami ancora, forestiero, Milano, Marcos y Marcos, 2008;
- Id., Parlami d’amore, Milano,Marcos y Marcos, 2016.
Sitografia:
- «Biblioteca Nacional de Chile»: http://www.memoriachilena.cl/602/w3-article-3651.html (ultima consultazione 23/5/2016);
- «Letras.s5.com», Proyecto Patrimonio: http://www.letras.s5.com/lemebel1.htm e http://www.letras.s5.com/archivolemebel.htm (ultima consultazione 27/5/2016);
- «Casa de las Americas», Semana de Autor: http://www.casadelasamericas.org/semanautor/lemebel/inicio.htm (ultima consultazione 27/5/2016);
- La decisione di tradurre la preposizione spagnola por con quella italiana ‘per’ si spiega col fatto che in entrambe le lingue queste particelle mantengono quella multifunzionalità voluta dall’autore. Seguono il verbo hablo (‘parlo’ in italiano) e introducono il mezzo, la causa, il fine per i quali l’autore parla. Lemebel fa della diversità la sua bandiera: egli prende la parola attraverso la diversità, in nome della sua diversità, per spiegare la sua diversità, a causa della sua diversità. ↵
- Centro Nazionale Informazioni, la polizia segreta cilena. ↵
- Il Club social y Deportivo Colo Colo. ↵
(fasc. 8, 25 giugno 2016)