Imre Toth: creazione matematica, il cosmo e la libertà del soggetto

Author di Nunzio Allocca

Il soggetto e la sua libertà

La recente pubblicazione bilingue italiano/inglese del volume di Imre Toth e Gaspare Polizzi Il soggetto e la sua libertà. The subject and its freedom (a cura di Fabio Gembillo, Messina, Armando Siciliano Editore, 2022) offre una testimonianza preziosa sulla vita e l’opera di Imre Toth (1921-2010), matematico e filosofo ebreo di fama internazionale, il cui centenario della nascita è stato celebrato con diverse iniziative[1]. Il volume ripropone l’intervista biografico-teorica di Polizzi a Toth, pubblicata inizialmente nel settembre 2004 sulla rivista «Iride». Nata da un incontro tenutosi il 29 settembre 2002 a Roma, l’intervista ha conosciuto una complessa gestazione, segnata da continue revisioni, come Polizzi racconta nella sua introduzione, prima che Toth si dichiarasse soddisfatto e desse il consenso alla stampa. L’infaticabile acribia di Toth era d’altronde ben nota: le sue rivoluzionarie ricerche sulle tracce nell’opera di Aristotele dell’esistenza di geometrie non-euclidee (se non addirittura anti-euclidee), la sua originalissima ricostruzione e interpretazione dell’irrazionale matematico in Platone sono fondate su una gigantesca e puntigliosa impalcatura di citazioni di fonti e commentari, che hanno aperto nuovi spazi per l’esame dei rapporti tra storia delle matematiche, logica e filosofia[2].

D’impronta inseparabilmente storica e teoretica, la vita intellettuale di Toth è stata tragicamente segnata dallo sterminio degli Ebrei in Europa nella prima metà del Novecento. In apertura dell’intervista Polizzi ricorda la drammatica esperienza della prigionia e dei campi di concentramento a cui Toth è miracolosamente sopravvissuto (diversa fu la sorte toccata ai suoi genitori, ambedue deportati e uccisi ad Auschwitz) durante la Seconda guerra mondiale.

La sua famiglia, i Roth, di origine ebraica, era sfuggita nel 1919 al pogrom in Ungheria rifugiandosi a Szatmar (oggi Satu Mare), al confine con la Romania. La persecuzione antisemita aveva conosciuto vasta diffusione anche nell’Europa dell’Est: come ricorda Toth,

negli anni Venti, immediatamente dopo la prima guerra mondiale, in Ungheria furono emanate le prime leggi razziali della storia; per questo motivo vi fu una grande migrazione di matematici, di fisici, di psicologi e di scienziati ebrei in America (John von Neumann, Theodore von Kármán, Edward Teller, Leo Slizard, Eugene Wigner…), tra i fisici emigrati negli Stati Uniti ci sono ben sei o sette premi Nobel di origine ungherese. In Ungheria – come più tardi in Germania – la legislazione razzista si è dimostrata essere il più forte mezzo di contro-selezione spirituale: questi paesi si sono sbarazzati di colpo dei migliori uomini di scienza e di cultura[3].

Manifestazioni di disprezzo e di odio contro gli ebrei hanno continuamente segnato la nostra storia, ricorda Toth nel saggio Être Juif – Après l’Olocauste; esse furono veicolate da un gran numero di autori, inclusi alcuni tra i più eminenti scienziati e filosofi. E ciò non riguardò solo la Germania nazista e l’Italia fascista. Lo dimostra, tra gli altri, il caso del fisico ed epistemologo francese Pierre Duhem (1861-1916). Scrive Toth:

Tutti gli argomenti razzisti diretti contro «la fisica e la matematica ebraiche» da parte di una celebre letteratura scientifica del Terzo Reich, li si trova nel 1916 nella penna del celebre fisico ed epistemologo Pierre Duhem. Ma questa volta l’argomento è applicato alla Science allemande, titolo del suo libro tanto malvagio quanto stupido  […]. Sostituite, nel libro di Duhem alla parola «tedesco» la parola «ebreo» ed otterrete i testi firmati da Premi Nobel, come Philipp Lenard e Johannes Stark, da grandi professori come Ludwig Bieberbach, Bruno Thüring e Hugo Dingler e tanti altri, infatti, Einstein, Minkowski ed il grande matematico che fu Carl Gustav Jakob Jacobi sono ritualmente citati come i protagonisti della fisica e della matematica ebraiche, «microbi virulenti d’un processo di decomposizione della scienza tedesca». Rileggendo questi testi – una montagna di lordure così oscene, che non oso riprodurle – mi sento invaso da un sentimento in cui alla repulsione si mescola la pietà: come sono potuti cadere così in basso, quei grandi uomini di scienza e lettere?[4]

Nel proprio Testamento politico (1924) Gottlob Frege, il padre della filosofia matematica contemporanea, espresse senza remore convinzioni razziste e antisemite.

Il pensiero di Frege – considerato come l’antesignano della filosofia analitica novecentesca, e celebrato come il più grande logico dopo Aristotele – è sottoposto da Toth a una serrata critica frontale in uno dei suoi più noti e polemici volumi, La filosofia matematica di Frege, che ha per sottotitolo l’inequivocabile Una restaurazione filosofica e una controrivoluzione scientifica[5]. Frege rappresenta per Toth l’emblema del rifiuto categorico delle geometrie non-euclidee, non «un semplice avvenimento aleatorio», ma al contrario «conseguenza necessaria di un intero sistema di pensiero»[6]. Il «genio logico» di Frege gli ha permesso di svelare i presupposti delle teorie di numeri irrazionali e dei fondamenti assiomatici della geometria, così come

l’incompatibilità di quest’avanzamento del pensiero matematico con i principi della logica classica che poi erano i suoi stessi principi. Ma furono soprattutto i suoi principi etici, il suo tradizionalismo intransigente […], nonché la sua fedeltà incrollabile ai principi metafisici dei tempi passati che lo determinarono ad opporsi fermamente a ciò che designava sarcasticamente con la formula “la matematica moderna”, la quale, secondo le sue previsioni, avrebbe contaminato la scienza con quella malattia fatale che egli chiamò morbus mathematicorum recens[7].

Il rifiuto di Frege fece epoca nei primi due decenni del Novecento, proprio mentre veniva elaborandosi la teoria einsteiniana della relatività, che avrebbe rimesso in discussione i rapporti tra matematica, fisica e filosofia, ridefinendo il concetto di simultaneità temporale e negando la struttura idealmente euclidea dello spazio stesso.

La teoria della relatività di Einstein e il dibattito sulle geometrie non-euclidee

Spazio, tempo, matematica e universo: temi squisitamente relativistici, che hanno sempre affascinato Toth. È infatti studiando la teoria einsteiniana della relatività che Toth si è interessato alle geometrie non-euclidee, alla loro bimillenaria sommersione nel corso della storia, sino all’improvvisa esplosione negli anni Venti dell’Ottocento. La tesi della validità assoluta della geometria euclidea aveva trovato la sua più compiuta espressione nell’Estetica trascendentale kantiana come insieme di giudizi sintetici a priori universalmente e necessariamente validi degli oggetti di esperienza. Con i lavori di Carl Friedrich Gauss (1777-1855), Nikolai Lobacevskij (1792-1856) e Bernhard Riemann (1826-1866) la costruzione delle geometrie non-euclidee fu, al contrario, accompagnata da una chiara presa di posizione empiristica riguardo alla questione, che veniva a porsi con la ricerca di assiomi sostitutivi a quello euclideo delle rette parallele, di quale fosse da considerare la descrizione del mondo fisico tra i vari nuovi sistemi geometrici. La svolta nella discussione si ebbe con l’elaborazione da parte di Henri Poincaré (1854-1912) di una concezione definita «convenzionalistica», originariamente formulata per i soli assiomi della geometria, e poi estesa anche ai principi più generali della fisica. La posizione di Poincaré maturò in polemica con quella del giovane Bertrand Russell, il quale, in un saggio del 1897 sui fondamenti della geometria, aveva sostenuto su basi empiriche il carattere euclideo dello spazio, negando invece su base a priori la realtà fisica degli spazi a curvatura variabile[8]. Le tesi di Poincaré – raccolte nei volumi La science et l’hypothèse del 1902, La valeur de la science del 1905, e Science et méthode del 1909 –, che avrebbero avuto grande influenza nell’epistemologia del Novecento, possono essere così riassunte: a) la possibilità di sistemi geometrici tra loro alternativi dimostra che gli assiomi della geometria non sono principi sintetici a priori né derivano da fatti sperimentali, ma vanno considerati come convenzioni o definizioni mascherate, potendosi le varie geometrie assimilare a sistemi linguistici, alcuni dei quali reciprocamente intraducibili; b) lo spazio costituisce un continuo primitivamente amorfo, ovvero non si danno esperienze che possano dirimere la questione di quale sia la metrica dello spazio fisico; c) l’esperienza gioca un ruolo nell’origine e nella scelta di una particolare geometria, i cui principi derivano da generalizzazioni empiriche idealizzate prima di divenire convenzionali. Tale scelta, in ogni caso, resta sempre qualcosa di “libero”, ovvero è limitata soltanto dalla necessità di evitare ogni contraddizione. Non avrebbe, dunque, senso affermare che una geometria è vera o falsa, perché essa può essere solo più o meno “comoda” di un’altra: la geometria euclidea è la più comoda e semplice in rapporto alle altre, ed è quella che si accorda meglio con le proprietà dei solidi naturali[9].

La discussione sulle geometrie non-euclidee fu riorientata dal dibattito originatosi dall’inattesa prima formulazione della teoria einsteiniana della relatività, risalente al 1905, che nella versione estesa del 1916 rifiutava la metrica euclidea come descrizione geometrica dello spazio fisico nella sua generalità, pur continuando a riconoscerle una validità approssimata per porzioni limitate di spazio. La teoria della relatività generale si fondava, infatti, sulla geometria differenziale post-riemanniana e sugli sviluppi del calcolo tensoriale apportati da Elwin Christoffel (1829-1900), Gregorio Ricci-Curbastro (1853-1925) e Tullio Levi-Civita (1873-1941), segnando di fatto l’emancipazione della macrofisica dalle nozioni metriche intuitive della geometria euclidea e l’abbandono della concezione newtoniana dello spazio e del tempo come cornici autonome dell’accadere fisico. La relatività einsteiniana smentiva, dunque, clamorosamente la previsione di Poincaré che la geometria euclidea, per ragioni di maggiore semplicità matematica, sarebbe stata preferita a qualunque geometria non euclidea, mostrando che una maggiore complessità geometrica può essere compensata dalla semplificazione e dall’unificazione che essa può comportare nella formulazione del complesso delle leggi fisiche. In una conferenza su Geometria ed esperienza tenuta presso l’Accademia Prussiana delle Scienze di Berlino nel 1921, anno per il quale gli sarebbe stato assegnato il Nobel per la Fisica oltre che anno di nascita di Imre Toth, Einstein affrontava la questione della natura delle proposizioni matematiche e quella della determinabilità empirica della geometria. Su quest’ultimo punto Einstein prendeva esplicitamente le distanze dal convenzionalismo di Poincaré, affermando l’esistenza di ragioni sperimentali, come ad esempio l’allora appena comprovato fenomeno della deflessione della luce ad opera dei campi gravitazionali, ragioni che consentono di parlare legittimamente di una metrica non-euclidea, quella riemanniana, del continuo spazio-tempo a quattro dimensioni. Sul primo punto, quello della natura assolutamente certa e indiscutibile delle proposizioni matematiche[10], Einstein rielabora alcuni dei temi sviluppati nell’assiomatica di David Hilbert (1862-1943), sostenendo che «nella misura in cui le proposizioni matematiche si riferiscono alla realtà, esse non sono certe; e nella misura in cui esse sono certe, non si riferiscono alla realtà». Il rapido progresso determinato dal procedere assiomatico delle matematiche post-euclidee deriva dall’aver separato l’aspetto logico-formale dal suo contenuto obiettivo o intuitivo: quegli assiomi, afferma Einstein, sono «libere creazioni della mente umana. Tutte le altre proposizioni della geometria sono deduzioni da quegli assiomi»[11].

Il tempo, il cosmo e le frontiere della logica

Ad Einstein Imre Toth rinvia direttamente in alcuni cruciali passi del volume La filosofia e il suo luogo nello spazio della spiritualità occidentale, che riassume le sue posizioni insieme epistemologiche, etiche e ontologiche, apparso nel 2007 in edizione italiana a cura di Romano Romani[12]. Nel folgorante incipit si legge:

La filosofia non è mai stata e non sarà mai una scienza. Tuttavia è un sapere: il sapere del soggetto a causa e per mezzo del soggetto. Territorio autonomo dell’essere, il fondamento ontico del soggetto è il sapere di sé. Dominio non spaziale della riflessività assoluta, l’autonomia del suo essere istituisce la presenza della libertà dentro lo spazio cosmico[13].

Il concetto di tempo elaborato dalla teoria della relatività istituisce secondo Toth un nuovo rapporto tra creazione matematica, universo e libertà del soggetto. Nel paragrafo Il Me – centro dell’universo Toth osserva che «per essere l’universo non ha bisogno di essere saputo: esiste, sussiste nell’istante dell’eterno presente, senza sapersi. Che un soggetto che conosce sia presente o no nell’universo, poco importa; l’universo esiste, sussiste nell’istante dell’eterno presente, senza sapersi»[14]. La modalità d’esistenza del tempo è quella dell’“esser-saputo”: «quando il soggetto sa il passato, dunque, sa se stesso; pensa a un non-essere che non esiste in nessun altro luogo che non sia l’intimità del suo presente pensiero»[15].

Tempo e soggetto conoscente: la teoria della relatività ristretta formulata da Einstein nel 1905 aveva sottoposto a profonda revisione il concetto classico di tempo mediante una definizione puramente procedurale della simultaneità, che mostrava l’inscindibile rapporto fra tempo e velocità dei segnali elettromagnetici con cui era effettuabile la sincronizzazione di orologi fra loro distanti, eliminando ogni contrasto tra il principio galileiano della somma delle velocità e quello della costanza della velocità della luce, indipendentemente dallo stato di moto della sorgente[16]. Ciò aveva consentito ad Einstein una coerente strutturazione dei principi dell’elettrodinamica dei corpi in movimento senza alcun riferimento a un tempo unico, assoluto, per tutti gli eventi fisici[17]. Agli occhi di Toth – secondo un procedere ermeneutico che gli è tipico, quello del “palinsesto”, che sovrappone testi istituendo un dialogo all’apparenza “surreale” tra voci disparate e temporalmente diverse[18] –, il postulato fondamentale della teoria della relatività ristretta, ovvero che l’universo non ha un sistema di riferimento privilegiato, un centro in quiete assoluta, fa riaffiorare un antico sapere, quello della sapienza ermetica, secondo cui «l’universo è una sfera infinita della quale il limite estremo non è in nessuno luogo; il centro è ovunque»[19]. È un topos, questo, ben noto agli studiosi di filosofia e teologia medievale e rinascimentale, che si ripresenterà nel dibattito post-copernicano[20]. Il soggetto, afferma Toth commentando Einstein, è il centro dell’universo:

L’universo non ha un sistema di riferimento privilegiato, non ha un centro in assoluto riposo che possa servire alla definizione e determinazione di una velocità supposta assoluta di movimento. Il centro dell’Universo è ovunque si trovi un sistema di riferimento, un osservatore, equivalente a qualsiasi altro. Il centro non è né la Terra né il Sole – è l’Uomo, il centro dell’universo è il soggetto. Il soggetto, ogni soggetto, è punto che dà origine a un sistema di riferimento inerziale con il quale sono in rapporto – al quale sono rapportati – gli avvenimenti dell’Universo. Ovunque sia, dunque, è l’Osservatore, il Me, il centro dell’Universo[21].

Ognuno si trova al centro di un «involucro cosmico sferico», contrassegnato ovunque dagli «ora» sincronizzati relativamente a un sistema di riferimento inerziale, ovvero secondo Toth all’“osservatore”:

Nel firmamento, ora, vediamo un sole che si trova in un passato di otto minuti; immediatamente accanto e simultaneamente, vediamo una stella che è situata in un passato vecchio di mille o più milioni di anni. Il passato si spalanca davanti ai nostri occhi come il paesaggio che ci circonda […]. Sotto i nostri occhi si dispiega ora lo spettacolo celeste di passati diversi che sono tutti simultaneamente presenti nel sapere del soggetto cognitivo: in rapporto al soggetto terrestre, il passato di otto minuti è sincronico al passato di migliaia e miliardi di anni. Per un altro soggetto, posto originariamente in un altro sistema di riferimento dell’Universo, la simultaneità dei passati presenterà, ora, un’altra immagine sincronica. Ormai il soggetto, il sapere, l’intelletto. Ormai il soggetto del sapere, l’intelletto, divengono componenti esistenziali dell’essere. Il soggetto si intreccia nell’intima tessitura dell’Universo, diviene fenomeno cosmico come le stelle, le galassie, come la luce, come la gravitazione. Il Me diviene fattore cosmico trascendentale, ma non meno reale del mondo. Il sapere diviene sostanza cosmica[22].

«Con il tempo, il soggetto investe il cosmo di una quarta dimensione»: il paradosso spazio-temporale del Me rivela una strana «topologia», sostiene ancora Toth, che non era sfuggita all’attenzione di Blaise Pascal (1623-1662) quando affermava, in uno dei suoi più celebri frammenti: «per mezzo dello spazio, l’universo mi comprende, per mezzo del pensiero, sono io che lo comprendo»[23]. Il soggetto, conclude Toth, «è il luogo proprio del paradosso logico all’interno dell’universo»:

Il Me rifiuta di sottomettersi alla tirannia della logica, è di fatto incompatibile con la logica. Con il soggetto la riflessività, il paradosso, quindi, si installa nel mondo come fenomeno cosmico altrettanto naturale quanto la gravitazione, il magnetismo o l’elettricità. Ciò che si chiama paradosso, non ha in sé nulla di paradossale, è la condizione d’essere naturale e banale del Me, dominio d’essere della riflessività pura. Il Me è lo spazio naturale del paradosso logico: è il paradosso in sé. Un inferno per la logica. Tanto peggio per la logica! L’incompatibilità del Me con la logica dimostra soltanto che – in opposizione con il programma che guida la potente corrente del pensiero analitico – la Ragione pura è irriducibile alla logica. E nonostante che esso sia il più importante consumatore di logica, l’Universo del sapere matematico è forse il più pertinente testimone di questa irriducibilità[24].

In sé troppo anguste, le frontiere della logica non sono affatto coestensive ai «confini infinitamente più comprensivi» della ragione. Espressione della libertà, la negazione, l’hegeliana «terrificante potenza del negativo», oltre a essere il segno distintivo della singolarità del soggetto, «è anche la sorgente della creazione di un altro mondo, di un mondo nuovo»[25]. Sullo scoglio delle geometrie non-euclidee si è infranto il progetto logicista dell’antisemita Glottob Frege, fondato sull’intransigente e imperativa richiesta ai matematici moderni di «chiarezza» e congruenza con i principi della logica classica[26].

Toth ha mostrato che, ben diversamente da Frege, Aristotele aveva riconosciuto la legittimità di geometrie che negano i fondamenti assiomatici di Euclide: l’opzione per l’una o per l’altra, al pari delle scelte etico-politiche, è determinata in assenza di costrizione logica[27]. La presa di coscienza della libertà, afferma Toth, è una necessità “storica”, specifica e immanente allo spirito umano, di cui dopo l’Olocausto ognuno ha il compito di farsi carico:

Essere ebreo – dopo l’Olocausto: un verme si leva dalla polvere, dalla cenere. Dinanzi ai suoi occhi si apre uno spettacolo nuovo: calato il sipario sullo spettacolo della tragedia, la cui realtà sarebbe stata inconcepibile per l’immaginazione poetica degli autori greci e non, il suo sguardo è captato dall’avvento di un’era nuova, che succede alla tragedia: l’era della catharsis messa in moto nel pensiero dell’Occidente da questa tragedia unica che fu e resterà per l’eternità l’evento incomparabile che si chiama la Shoah – la catharsis, questo lungo lavoro che reca sconvolgimento e purificazione, mediante la pietà e l’orrore, mediante la compassione e il dolore dell’anima futura dell’Occidente[28].

  1. Segnalo in particolare il convegno internazionale Omaggio a Imre Toth, svoltosi presso l’Università degli studi di Messina il 2-3 febbraio 2022.
  2. Cfr. in particolare I. Toth, Aristotele e i fondamenti assiomatici della geometria. Prolegomeni alla comprensione dei frammenti non-euclidei nel «Corpus Aristotelicum» nel loro contesto matematico e filosofico, introduzione di G. Reale, Milano, Vita e Pensiero, 1998; Id., Lo schiavo di Menone: il lato del quadrato doppio, la sua misura non-misurabile, la sua ragione irrazionale: commentario a Platone, “Menone” 82 B-86 C, presentazione di G. Reale, Milano, Vita e Pensiero, 1998; Id., Platon et l’irrationel mathématique, Paris, Édition de l’éclat, 2011; trad. it. Le sorgenti speculative dell’irrazionale matematico nei dialoghi di Platone, a cura di R. Romani e P. Pagli, Pisa, ETS, 2018.
  3. I. Toth-G. Polizzi Il soggetto e la sua libertà. The subject and its freedom, a cura di F. Gembillo, Messina, Armando Siciliano Editore, 2022, p. 27.
  4. I. Toth, Être Juif – Après l’Olocauste, in La Shoah tra interpretazione e memoria, a cura di P. Amodio, R. De Maio e G. Lissam, Napoli, Vivarium, 1998, disponibile anche a sé stante in edizione bilingue italiano-francese in I. Toth, Essere Ebreo – Dopo l’Olocausto, a cura di B. M. D’Ippolito, Postilla di B. Romani, Fiesole, Edizioni Cadmo, 2002, pp. 35-37.
  5. I. Toth, La philosophie mathématique de Frege. Restauration philosophique et contre-révolution scientifique, in Id., Liberté et vérité. Pensée mathématique et spéculation philosophique, Paris–Tel Aviv, Éditions de l’eéclat, 2009, pp. 61-142; trad. it. di T. Orlando, La filosofia matematica di Frege. Una restaurazione filosofica e una controrivoluzione scientifica, Macerata, Quodlibet, 2015.
  6. Ivi, p. 11.
  7. Ivi, p. 10.
  8. B. Russell, An Essay on the Foundation of Geometry, Cambridge, Cambridge University Press, 1897.
  9. «La geometria non è vera, ma comoda»: H. Poincaré, La science et l’hypothèse, Paris, Flammarion, 1902; trad. it. La scienza e l’ipotesi, Firenze, La Nuova Italia, 1950, p. 92.
  10. «Come è possibile che le matematiche, le quali dopo tutto sono un prodotto del pensiero umano, dipendente dall’esperienza, siano così ammirevolmente adatte agli oggetti della realtà? È forse la ragione umana, indipendentemente dall’esperienza, e solo col pensiero, capace di toccare a fondo le proprietà del reale?»: A. Einstein, Geometria ed esperienza, in Id., Idee e opinioni, Milano, Schwarz, 1958, p. 220.
  11. Ivi, p. 221.
  12. Il volume è stato pubblicato in lingua francese nel 2009 come prima parte di Liberté et vérité. Pensée mathématique et spéculation philosophique (vedi supra, nota 5), la cui seconda parte è dedicata alla filosofia della matematica di Frege.
  13. I. Toth, La filosofia e il suo luogo nello spazio della spiritualità occidentale, Torino, Einaudi, 2007, p. 23.
  14. Ivi, p. 33.
  15. Ivi, p. 35.
  16. Riporta Toth al riguardo: «Secondo uno dei postulati della Teoria della relatività, la sincronia non esiste, non ha alcun senso oggettivo, la simultaneità temporale non esiste che in rapporto a un sistema di riferimento inerziale; un osservatore, dunque, identico al soggetto cognitivo. Due avvenimenti strettamente simultanei in rapporto a un osservatore, non lo sono più in rapporto a un altro soggetto»: ivi, p. 38.
  17. Cfr. P. Galison, Einstein’s Clocks, Poincaré’s Maps. Empires of Time, New York, Norton, 2003; trad. it. Gli orologi di Einstein, le mappe di Poincaré. Imperi del tempo, Milano, Cortina, 2004.
  18. Cfr. in particolare I. Toth, Non! Liberté & Verité – Creation & Negation, Paris, Édition de l’éclat, 2009; trad. it. No! Libertà e Verità – Creazione e Negazione. Palinsesto di parole e immagini, Prefazione di G. Reale, Milano, Bompiani, 2003.
  19. I. Toth, La filosofia e il suo luogo nello spazio della spiritualità occidentale, op. cit., p. 38.
  20. Cfr. A. Koyré, From the Closed World to the Infinite Universe, Baltimore, The Johns Hopkins Press, 1957; trad. it. Dal mondo chiuso all’universo infinito, Milano, Feltrinelli, 1970.
  21. I. Toth, La filosofia e il suo luogo nello spazio della spiritualità occidentale, op. cit., pp. 38-39.
  22. Ivi, p. 41.
  23. Ivi, p. 42. Cfr. B. Pascal, Pensées, fr. 348 (ed. L. Lafuma, éditions Points 2018); trad. it. Frammenti, a cura di E. Balmas, Prefazione di J. Mesnard, Milano, Rizzoli, 1983, p. 174: «Mediante lo spazio l’universo mi comprende e mi inghiotte come un punto: mediante il pensiero lo comprendo».
  24. I. Toth, La filosofia e il suo luogo nello spazio della spiritualità occidentale, op. cit., pp. 42-43.
  25. Ivi, p. 81.
  26. I. Toth, La filosofia matematica di Frege, op. cit., p. 23.
  27. Il caso della somma degli angoli del triangolo, uguale oppure non uguale a due angoli retti, è preso significativamente in esame da Aristotele nell’Etica nicomachea nell’Etica eudemia (cfr. I. Toth, Aristotele e i fondamenti assiomatici della geometria, op. cit., pp. 141 e sgg.).
  28. I. Toth, Essere Ebreo – Dopo l’Olocausto, op. cit., p. 117.

(fasc. 44, 25 maggio 2022, vol. II)