In un racconto di Ritratto di gruppo con assenza, dal quale è tratta anche la citazione inserita nel titolo di questo contributo, Luis Sepúlveda scrive: «in ogni caso, ogni versione che ascolto mi conferma che a tutti piace raccontare storie»[1]. Il riferimento è a un episodio leggendario accaduto in Cile: la maledizione scagliata da un vescovo troppo gaudente, punito con l’esilio, contro suoi concittadini, viene usata come pretesto per giustificare l’incendio del tribunale contenente atti relativi a processi contro i narcotrafficanti. Al narratore vengono fornite versioni differenti della stessa vicenda, e da qui scaturisce il giudizio sul gusto della narrazione che accomuna tutti gli uomini, e che costituisce uno dei motivi principali della raccolta. Si tratta di racconti brevi, intessuti dei ricordi di personaggi conosciuti dall’autore nei lunghi anni di esilio, di compagni di lotta e di speranze, di amici scomparsi, di luoghi e incontri che hanno determinato scelte di vita, di libri e di scrittori.
Nel corso della sua carriera, lo scrittore cileno ha alternato romanzo e racconto, nonostante le difficoltà insite, a suo giudizio, nella seconda tipologia testuale:
C’è una notevole differenza [tra il romanzo e il racconto], perché le stesse intenzioni di scrittura sono diverse. Nel romanzo lo scrittore entra all’interno dell’opera e si lascia portare per mano dai personaggi. Un racconto, invece, si scrive sempre dall’esterno; nel racconto c’è una distanza che è la distanza dell’io narrante. Nel romanzo quell’io narrante scompare. Il momento che mi affascina di più durante la scrittura di un romanzo è quello in cui il mio io scrittore si dissolve nei personaggi e io mi trasformo in uno dei tanti protagonisti. Tuttavia, il racconto è il genere più difficile perché il romanzo offre numerose possibilità di correzione: se un capitolo è debole lo si può rafforzare col capitolo successivo. Il racconto, al contrario, viene bene o non viene affatto[2].
Il racconto, nella sua brevità, mette a fuoco individui e situazioni che reclamano, in seguito, spazi più ampi e tempi più distesi; oppure, al contrario, è il protagonista di un romanzo che in un racconto torna a essere, da personaggio letterario, individuo. È il caso di Antonio José Bolìvar, protagonista del romanzo Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, che, a distanza di vent’anni, riacquista le sembianze del vecchio solitario, incontrato in Ecuador, nel racconto Il mio amico, il vecchio. Lo scrittore si mette sulle tracce della sua creatura letteraria più famosa per ricostruirne la genesi: durante il periodo vissuto, nel 1978, nella foresta amazzonica con una tribù shuar, un temporale tropicale, scoppiato nel corso di una battuta di caccia, lo spinge a rifugiarsi nella capanna di un vecchio solitario che divide con lui il suo cibo e i suoi libri, romanzi d’amore, per l’appunto. Diversi anni dopo, dall’altra parte del mondo, il ricordo del vecchio che legge in piedi, con l’aiuto di una lente d’ingrandimento, i suoi libri alla luce di una lampada, si ripresenterà all’autore per diventare Antonio José Bolìvar.
Allora entrò il vecchio e cominciò a rispondere alle mie domande. Era come uno di loro, ma non era uno di loro. Come me in Argentina, Uruguay, Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Nicaragua, Germania. Il vecchio era un esule e cominciò a raccontarmi il mio stesso esilio.
Sepúlveda individua, dunque, il momento in cui, per usare le sue parole, “l’io narrante scompare” e lo scrittore si immedesima in uno dei propri personaggi: la differenza tra romanzo e racconto viene messa in risalto proprio attraverso la trasformazione di un’esperienza autobiografica in creazione letteraria.
Ritratto di gruppo con assenza è, nel suo complesso, anche un omaggio alla letteratura, agli autori e ai libri che hanno accompagnato le vicende esistenziali dello scrittore cileno. Tra di essi, Andrea Camilleri, uno degli scrittori italiani più amati, assieme a Calvino, Sciascia, Tabucchi[3].
Apro la porta e vedo un ragazzo vestito quasi come un boy scout, perché gli manca soltanto il cappello Baden-Powell. Subito spiega che non vuole né soldi né cibo, ma libri, perché nel suo quartiere stanno creando una biblioteca. Poi mostra vari documenti che lo accreditano come biblio-volontario di un comune povero di Santiago. Con lui se ne vanno L’armata a cavallo di Isaak Babel’, un romanzo di Andrea Camilleri, Il ladro di merendine, un altro di Alfonso Mateo Sagasta, Ladri di inchiostro, e un paio di libri miei. Lo guardo allontanarsi sicuro e deciso. Non ha più di quindici anni quell’agitatore della lettura, quel pericoloso combattente della cultura, che mi ricorda me stesso quando avevo la sua età. «Ma… stai piangendo»? domanda la mia compagna. «Certo, piango perché non tutto è perduto» le rispondo[4].
Per la nascente biblioteca il dono, tra gli altri, di un romanzo che vede come protagonisti Montalbano e un ragazzino che diventerà una sorta di figlio adottivo del commissario di Vigàta. Un omaggio, da parte dello scrittore cileno, al collega siciliano del quale apprezza «lo stile impressionista, capace di dire molto con poche parole»[5]. La ricerca della brevità e della concisione connota, difatti, tutta la parabola letteraria di Sepúlveda, fedele al motto di Hemingway in base al quale è possibile scrivere ottimi romanzi con parole da cento dollari, ma la cosa davvero meritevole è scriverli con parole da venti centesimi[6].
Un altro elemento accomuna Camilleri e Sepúlveda, ed è quella che José Manuel Fajardo ha definito «la sacra alleanza con i lettori che non passa per il denaro, ma per la letteratura»[7]. Il successo planetario di entrambi gli autori è dovuto, essenzialmente, alla loro capacità di raccontare storie e di credere nel potere della parola e della narrazione: «ho spesso riflettuto sul potere della parola di evocare e trasmettere le cose migliori dell’uomo e dell’umanità: la fede nella parola è un credo quasi religioso che porto dentro di me»[8]. Curiosamente, tra gli elementi di affinità rintracciabili tra scrittori così diversi per formazione, percorsi di vita, scelte narrative, c’è l’omaggio a un grande classico della letteratura, Moby Dick. Entrambi gli autori, infatti, richiamano l’incipit di Melville all’inizio di due testi diversissimi tra loro per struttura, finalità e contenuto:
«Chiamatemi Ismaele… chiamatemi Ismaele…». Mormorai varie volte la frase, mentre aspettavo all’aeroporto di Amburgo, e sentii che una strana forza dava sempre maggior peso ai pochi fogli del biglietto, un peso che aumentava con l’avvicinarsi dell’ora della partenza[9].
Chiamatemi Tiresia. Per dirla alla maniera dello scrittore Melville, quello di Moby Dick. Oppure Tiresia sono, per dirla alla maniera di qualcun altro[10].
Scrittori che citano scrittori: il protagonista del racconto di Sepúlveda parte per un’avventura ai confini del mondo, in difesa delle balene oggetto di una caccia spietata; il veggente cieco alter ego di Camilleri racconta al pubblico le proprie vicende mitiche e letterarie, che s’intrecciano con la biografia dell’autore, «persona e personaggio finalmente ricongiunti»[11]. Due viaggi, dunque: uno nello spazio, l’altro nel tempo e nella memoria. Camilleri omaggia dichiaratamente Melville anche nel Birraio di Preston con la frase «Chiamatemi Emanuele» che apre il quarto capitolo, mentre Sepúlveda si ispira nuovamente a Moby Dick nella Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa. Ultima suggestione: nel Re di Girgenti, Camilleri dà il nome di don Francisco Vanasco y Sepúlveda al rappresentante del viceré, secondo la consuetudine, ricorrente nei suoi testi, di inserire nomi di scrittori o dei loro personaggi nelle sue opere[12].
L’amore per i libri e per i narratori non impedisce, però, a Sepúlveda di mettere alla berlina, nel racconto Osservazioni sugli intellettuali, una certa categoria di eruditi di mestiere, «quelli che parlavano delle meravigliose biblioteche nelle loro case paterne e narravano le loro avventure di lettori precoci»[13]. Nel corso di una conferenza, Miguel Rojo, amico dello scrittore e scrittore a sua volta, tratteggia ironicamente la propria infanzia trascorsa in un paesello delle Asturie, un luogo fiabesco, popolato da spiriti magni, in cui perfino le mucche erano estimatrici di Rilke; una novella Atene, come la definisce uno degli ammirati conferenzieri. La conclusione lapidaria del racconto – «E il mio amico Miguel se ne andò pensando a quanto è facile rendere felici gli intellettuali» – la dice lunga sulla considerazione che ha Sepúlveda per i letterati di certa intellighenzia che hanno come fine l’autocompiacimento e parlano solo per gli addetti al mestiere.
Lo scrittore ha bisogno, nella sua professione, di due figure fondamentali: il tipografo e l’editore. Al primo è dedicato il racconto Una caramella di 62 pagine, che narra gli esordi di Sepúlveda come autore di un libro di poesie e il suo incontro con i fratelli Arancibia, esuli sbarcati nel 1939 dal Winnipeg, il piroscafo voluto da Pablo Neruda per salvare gli spagnoli in fuga dopo la fine della guerra civile e la sconfitta della Repubblica e per offrire loro una nuova patria, il Cile. Il poeta Neruda è un altro dei miti ricorrenti nelle pagine di Sepúlveda e, più in generale, degli scrittori cileni contemporanei[14], così come l’esperienza politica di Salvador Allende, il «compagno presidente»[15]. Al rapporto tra Neruda e Allende è, inoltre, dedicata una pagina Treccani, compilata proprio da Sepúlveda:
Nei momenti privati hanno condiviso la passione per il buon vino e per la buona tavola, e anche se Allende non era un lettore particolarmente appassionato di poesia, né Neruda un divoratore di libri di teoria politica, entrambi comprendevano l’importanza e le capacità dell’altro. Così li vide il Cile dalle tribune: il poeta dalle connotazioni universali insieme al grande dirigente emancipatore. E così rimangono nella memoria dignitosa del Cile. Neruda e Allende. Allende e Neruda morirono per ordine di esseri indegni. Uno di fronte al mare aperto di Isla Negra e l’altro combattendo nel palazzo de La Moneda. Neruda e Allende. Allende e Neruda rappresentano l’onore mantenuto perfino nella sconfitta. E non esiste migliore eredità per un Paese[16].
I fratelli Arancibia, tipografi salvati dal Winnipeg e da Neruda, accolgono e stampano il primo manoscritto di poesie del futuro scrittore di successo, infondendogli fiducia nelle sue capacità grazie alla massima «il tuo lavoro vale»[17].
L’editore, a sua volta, può determinare la fortuna di un’opera: è quanto succede con Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, scoperto dall’editrice francese Anne Marie Metailié e diventato, in breve, un successo mondiale. Unendo un gusto particolare per il ritratto al giudizio autoironico sui luoghi comuni, l’autore disegna la propria idea di editrice, che verrà puntualmente smentita dalla conoscenza diretta:
Un’editrice, secondo l’idea che ne avevo allora, doveva star sempre seduta dietro a una montagna di manoscritti e, se era francese, non poteva non avere sulla scrivania una foto con dedica di Hemingway, con cui, sempre secondo la mia fantasia, doveva aver avuto una segreta storia d’amore che mi avrebbe confessato solo in seguito[18].
Dall’incontro nasceranno, dopo la divertita disillusione, l’amicizia e l’avventura letteraria di Sepúlveda in Francia e nel resto d’Europa.
Il legame di Sepúlveda con i suoi traduttori è impostato sull’amicizia e su un profondo rispetto, in quanto il traduttore finisce per conoscere l’autore meglio di chiunque altro: si istaura, così, un rapporto di complicità basato sulla fiducia e sulle competenze del traduttore stesso, che deve possedere creatività e uno spiccato senso critico[19].
Legami di amicizia, ricordi, libri, scrittori: il fine ultimo della narrazione resta sempre, però, «la certezza che la parola scritta è il più grande e invulnerabile dei rifugi, perché le sue pietre sono unite dalla malta della memoria»[20]. La stessa impostazione e le stesse chiavi di lettura si possono applicare anche alla raccolta Le rose di Atacama, che ricorda altri tre grandi miti letterari di Sepúlveda, Hemingway, Salgari, Coloane: «Lo saluto ogni giorno e ogni giorno papa Hemingway mi risponde insegnandomi che il mestiere di scrivere è un lavoro da artigiano»[21].
La concisione e la ricerca dell’essenziale sono gli insegnamenti che lo scrittore cileno ha messo a frutto, senza peraltro perdere la capacità di tratteggiare storie e figure apparentemente marginali, ma vibranti di vita vissuta. Ma quello che lo avvicina a Hemingway è, soprattutto, l’impegno civile del combattente delle Brigate Internazionali, che ha fatto della difesa della dignità umana la propria bandiera.
Emilio Salgari è il creatore di Sandokan, la Tigre della Malesia che accompagna i sogni dello scrittore da bambino e poi da adulto, durante un viaggio in Madagascar:
All’improvviso, senza rendermene conto, le mie mani si unirono al ritmico tamburellare delle dita sui tavoli e mi lasciai trasportane dai narratori di storie che parlavano di quei giorni molto lontani, di una libertà rubata da negrieri olandesi e francesi, di una Polinesia a cui i malgasci tornano ogni notte sulla stupefacente nave del tabacco e del rum, la stessa barca infinita dei sogni dove finalmente trovai Yàñez e seppi che Sandokan era di nuovo in piedi, in buona, in ottima salute, pronto ad affrontare altri combattimenti, perché le ferite degli eroi letterari guariscono in fretta con il balsamo della lettura[22].
Inseguire un sogno, un eroe di carta, può portare a intraprendere strade nuove, a sollecitare la sete di conoscenza: Sepúlveda mette in pratica l’invito nascosto nei libri di Salgari, lo straordinario creatore di pirati e avventure che viaggiò soltanto grazie ai suoi atlanti e con i suoi personaggi.
Francisco Coloane, lo scrittore della Patagonia e della Terra del Fuoco, deve la sua fama proprio all’amicizia con Sepúlveda, che decide di pubblicare i suoi racconti nella collana di narrativa da lui diretta per Guanda, «La frontiera scomparsa»[23]. Chiamato affettuosamente “don Pancho”, così come Sepúlveda è “Lucho” per gli amici, Coloane viene descritto come un gigante dai capelli bianchi che accoglie nella propria casa i familiari dei desaparecidos dopo essersi impegnato una vita per la causa del Cile e dei cileni: «Con tutta la sua forza e il suo amore fraterno, Francisco Coloane scrive degli uomini più marginali ed emarginati della terra»[24]. Impegno civile, passione politica, difesa della causa degli ultimi accomunano i due scrittori e influenzano carriere e legami personali: come afferma Brioschi, «non c’è dubbio, l’amicizia veniva prima di tutto, per Lucho. Ma i suoi amici, va detto, erano ben scelti»[25].
Nella vita e nell’universo narrativo di Sepúlveda, politico impegnato, guerrigliero, prigioniero torturato e infine esule a causa delle sue idee, la visita a Bergen Belsen, alla ricerca del ricordo di Anna Frank, rappresenta una pausa di riflessione importante:
Un paio di anni fa visitai il campo di concentramento di Bergen Belsen, in Germania. In mezzo a un silenzio atroce, feci il giro delle fosse comuni in cui giacciono migliaia di vittime dell’orrore nazista, chiedendomi dove fossero i resti di una certa bambina che ci ha lasciato la più commovente testimonianza di quella barbarie e la certezza che la parola scritta è il più grande e invulnerabile dei rifugi, perché le sue pietre sono unite dalla malta della memoria[26].
Il fine ultimo della narrazione, quindi, è la preservazione della memoria: raccontare vuol dire testimoniare, rendere giustizia alle piccole storie di chi ha attraversato la Storia, spesso in punta di piedi. Sepúlveda, così restio, in nome della libertà, a riconoscersi nella definizione di intellettuale organico[27], plasma la propria idea di letteratura sulla funzione sociale e civile della parola. Alla luce di tutto questo, la commozione suscitata dal ragazzino che chiede libri per la biblioteca si spiega alla luce della consapevolezza che leggere e narrare sono la difesa creata dall’uomo nei confronti dell’oblio e dei pericoli insiti nell’ignoranza e nell’indifferenza.
- L. Sepúlveda, Cile, 30 gennaio 2009: una settimana di viaggio, in Id., Ritratto di gruppo con assenza, Parma, Guanda, 2010, p. 47. ↑
- Dall’intervista di Laura Luche, Sepúlveda: “Noi sappiamo perdere”, in «L’indice dei libri del mese», a. XV, n. 5, maggio 1988 (https://www.lindiceonline.com/letture/memoria-luis-sepulveda-dallarchivio/; ultima consultazione: 21/03/2021). ↑
- Intervista di Annalisa Serpilli, Sepúlveda: «Letteratura grande seduttrice», in «Il Sole-24 ore», 29 settembre 2005: «Io leggo di tutto. Potrei citarle 2 o 3 mila autori ma ogni libro è diverso dall’altro e ogni volta è un’occasione per innamorarmi della letteratura e di un nuovo scrittore. Come se partissi per un’avventura nuova. Leggo anche gli italiani, i miei preferiti sono Calvino, Sciascia e Leopardi e poi tra i contemporanei Camilleri e il maestro Tabucchi» (https://st.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2005/09/anser270905_sepulveda.shtml; ultima consultazione: 21/01/2021). ↑
- L. Sepúlveda, Cile, 30 gennaio 2009: una settimana di viaggio, in Id., Ritratto di gruppo con assenza, op. cit., p. 50. ↑
- Da un’intervista rilasciata alla «Gazzetta del Sud», 23 settembre 2014 (https://vdocuments.mx/luis-sepulveda-intervista-su-la-gazzetta-del-sud-23-settembre-2014.html; ultima consultazione: 21/01/2021). ↑
- L. Sepúlveda, Papa Hemingway riceve la visita di un angelo, in Id., Le rose di Atacama, Milano, TEA, 2002, p. 127; cfr. B. Arpaia, Sepúlveda e il killer che sapeva sognare, in «Il Sole-24 ore», 29 maggio 2011 (https://st.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-05-29/sepulveda-killer-sapeva-sognare-152536.shtml; ultima consultazione: 21/03/2021). Lo scrittore cileno ha vinto, tra l’altro, l’edizione 2016 del Premio Hemingway di Lignano. ↑
- G. De Cataldo, Ciao Sepúlveda. La gabbianella è volata via, in «La Repubblica», 17 aprile 2020, p. 31. ↑
- M. Bertuccelli, Intervista a Luis Sepúlveda, in La traduzione d’autore, Pisa, PLUS-Pisa University Press, 2008, p. 11. ↑
- L. Sepúlveda, Il mondo alla fine del mondo, Parma, Guanda, 1997, p. 11. ↑
- A. Camilleri, Conversazione su Tiresia, Palermo, Sellerio, 2018, pp. 9-10. ↑
- Ivi, p. 56. ↑
- B. Porcelli, Gli antroponimi nella narrativa di Camilleri, in «Italianistica. Rivista di letteratura italiana», vol. 35, n. 2, 2006, p. 60. ↑
- L. Sepúlveda, Osservazioni sugli intellettuali, in Id., Ritratto di gruppo con assenza, op. cit., p. 97. ↑
- Al viaggio del Winnipeg, alla speranza di una nuova vita offerta agli esuli spagnoli e alla figura di Pablo Neruda è dedicato, ad esempio, il romanzo di Isabel Allende Lungo petalo di mare, trad. it. di E. Liverani, Milano, Feltrinelli, 2019. ↑
- Sepúlveda ha fatto parte del GAP, la guardia del corpo personale di Allende, come egli stesso ricorda: si veda M. Bertuccelli, Intervista a Luis Sepúlveda, op. cit., p. 10. ↑
- Cfr. l’URL: https://www.treccani.it/magazine/atlante/cultura/Le_parole_di_Sepulveda_per_Treccani.html; ultima consultazione: 22/04/2021. ↑
- L. Sepúlveda, Una caramella di 62 pagine, in Id., Ritratto di gruppo con assenza, op. cit., p. 124. ↑
- L. Sepúlveda, Quella volta che Indiana Jones non si presentò alla stazione di Montparnasse, in Id., Ritratto di gruppo con assenza, op. cit., p. 116. ↑
- M. Bertuccelli, Intervista a Luis Sepúlveda, op. cit., pp. 9-10. ↑
- L. Sepúlveda, Storie marginali, in Id., Le rose di Atacama, Milano, TEA, 2002, p. 7. ↑
- L. Sepúlveda, Papa Hemingway riceve la visita di un angelo, in Id., Le rose di Atacama, op. cit., p. 127. ↑
- L. Sepúlveda, Sognare si scrive con la S di Salgari, in Id., Le rose di Atacama, op. cit., p. 107. ↑
- Lo ricorda Luigi Brioschi, editore italiano di Sepúlveda, in Luis Sepúlveda, ovvero dell’amicizia prima di tutto (https://www.guanda.it/luis-sepulveda-ovvero-dellamicizia-prima-di-tutto-10585507; ultima consultazione: 26/03/2021). ↑
- L. Sepúlveda, Coloane, in Id., Le rose di Atacama, op. cit., p. 147. ↑
- Luis Sepúlveda, ovvero dell’amicizia prima di tutto, op. cit. ↑
- L. Sepúlveda, Storie marginali, in Id., Le rose di Atacama, op. cit., p. 7. ↑
- G. De Cataldo, Ciao Sepúlveda. La gabbianella è volata via, art. cit., p. 31: «Non credo nello scrittore o nell’intellettuale organico, poiché questa organicità ti costringerebbe a sacrificare la letteratura, la libertà di espressione». ↑
(fasc. 38, 28 maggio 2021)