Introduzione
Una recente indagine sulla manualistica scolastica[1], nell’ambito della letteratura italiana, dimostra come la presenza femminile sia spesso marginale. Poche le superstiti nei libri di testo, i cui brani antologizzati, gli stessi per decenni, vengono asportati dalle opere originarie e decontestualizzati. Questa pubblica esecuzione muliebre coesiste con l’ipertrofica quantità di pagine maschili.
Si affacciano timidamente alla manualistica, a partire dalla fine dell’Ottocento, Matilde Serao e Grazia Deledda; Sibilla Aleramo appare in coda al romanzo di primo Novecento di Pirandello, Svevo e Tozzi. A seguire un silenzio immorale fino al secondo dopoguerra, quando riaffiorano Lalla Romano, Natalia Ginzburg, Renata Viganò ed Elsa Morante. Il panorama composito della letteratura contemporanea si riduce ad uno sparuto gruppo di autrici ammonticchiate. E Aglaia Anassillide in arte Angela Veronese, Angelica Palli, Cristina Trivulzio, Caterina Percoto, Jessie White, Anna Maria Zuccari in arte Neera, Carolina Invernizio, Vittoria Aganoor, Virginia Olper Monis, Annie Vivanti, Ada Negri, Willy Dias, Teresa Ubertis, Paola Drigo, Flavia Steno, Maria Messina, Dolores Prato, Anna Banti, Gianna Manzini, Amalia Liana Negretti Odescalchi in arte Liala, Fausta Cialente, Maria Bellonci, Marise Ferro, Laudomia Bonanni, Paola Masino, Giovanna Zangrandi, Alba De Céspedes, Irene Brin, Joyce Lussu, Anna Maria Ortese, Maria Luisa Spaziani e Oriana Fallaci? Giusto per ricordarne alcune[2], escludendo le poetesse e le autrici ancora viventi.
Per non parlare della prosa meridionale: le zone periferiche della penisola non godevano dell’attenzione della critica, quindi una duplice assenza, perché femminile e perché lontana dai salotti mondani o dalle case editrici più dinamiche del Secondo dopoguerra. Nonostante una prima fase di oblio, negli anni Sessanta comparvero i primi studi sugli autori pugliesi[3] ed è in questo clima che si innesta il desiderio rendere nota una signora del Sud, ingiustamente dimenticata.
Biografia
Maria Marcone, primogenita di quattro figli, è nata a Foggia il 7 aprile 1931, dal padre Arturo Marcone e dalla madre Carmela Surdi. Il padre, affaticato per anni da una stenosi mitralica allora non operabile, morì pochi mesi prima di raggiungere, presso la biblioteca provinciale di Foggia che aveva fondato e diretto, i dieci anni di pubblico impiego utili ad attribuire alla famiglia la reversibilità. Seguirono anni difficili durante i quali la famiglia si sostenne con aiuti economici da parte dei nonni materni e con i primi compensi delle lezioni private dell’autrice, che riuscì a laurearsi con lode in lettere classiche presso l’Ateneo barese, discutendo una tesi sul carteggio tra Giacomo Leopardi ed il Professor Mario Sansone, membro dell’Accademia dei Lincei.
Un mese prima della laurea, nel 1954, conobbe il futuro marito Antonio Ricci, prima politicante e poi insegnante di francese, che la sostenne nella lunga carriera di insegnante di materie letterarie, latino e greco. In questa fase di grande impegno non mancarono le gioie famigliari: dall’unione di Maria ed Antonio nacquero i figli Cristiana (1960) e Silvio (1962); di lì a pochi anni si trasferì a Bari e, pur allontanandosi dalla famiglia d’origine, riuscì a coniugare il ruolo di moglie, madre, insegnante di lettere e scrittrice[4].
Nel 1980, nella sala docenti del Liceo Scientifico Salvemini di Bari, incontrò Anna Santoliquido[5] con la quale nacque una sinergia che la spinse a combattere con determinazione per i diritti delle donne, raggiungendo le zone più remote dell’entroterra pugliese e lucano per partecipare ai comizi sindacali in sale brulicanti di operai, contadini, professionisti e studenti spesso sordi alle loro esigenze. Dopo anni di insegnamento, si dedicò interamente alla scrittura, privilegiando le case editrici locali, come accadde per la pubblicazione delle opere scritte in seguito all’assassinio del fratello Franco[6]; si spense a Bari il 15 gennaio 2014.
Opere
L’autrice si avvicinò alla scrittura già durante l’adolescenza, ma la prima pubblicazione di una raccolta di racconti brevi, intitolata Le stanze vuote (ed. Cappelli), risale al 1967; in quest’opera già si delineava la fisionomia dell’autrice: chiarezza espressiva, predilezione per situazioni reali e modeste, scavo psicologico dei personaggi, specialmente femminili. In Gli anni lunghi (Bologna, Il Sagittario, 1968, con pref. di Tommaso Fiore) i bombardamenti alleati su Foggia del 1943 rivelano al lettore uno spaccato di storia contemporanea locale. Il romanzo è costituito da due parti: nella prima, intitolata Le Pietre si muovono, Sabina, alter ego dell’autrice, e la sua famiglia sfollano a Troia; nella seconda, intitolata Una ragione di vita, la protagonista, ormai cresciuta, frequenta il liceo e vive una breve e infelice parentesi amorosa. Tutt’altra ambientazione in L’astronave di Alek[7] (Milano, Mursia, 1970), considerata dalla Marcone un’opera di fantasia e non di fantascienza, che rivela l’esigenza di contatto con le nuove generazioni e l’impegno morale di affrontare temi impegnativi seppur in contesti fantasiosi.
Nel 1972 diede alle stampe L’uomo della pietra (Melegnano – MI, Club degli Autori), anche se a suscitare l’interesse da parte dei grandi editori fu Analisi in Famiglia (Milano, Feltrinelli, 1977) da cui fu tratto lo sceneggiato televisivo Mia figlia. Seguirono Alice la morte, la fame e la scrittura (Foggia, Bastogi, 1981) e La casa delle donne (Foggia, Bastogi, 1983): di questi ultimi tre volumi e della Trilogia Le Generazioni, composta dai romanzi Le stelle di Ninella (Fasano, Schena, 1987), I labirinti di Lucia (Fasano, Schena, 1990), La terra di Francesca (Fasano, Schena, 1991) e di L’ultimo amore (Gioia del Colle, Orizzonti Letterari, 1999) parlerò più approfonditamente nel paragrafo La donna, la casa e la famiglia.
La raccolta di racconti L’ultimo della classe (Foggia, Bastogi, 1982) e Nicolino[8] (Milano, Mursia, 1985) nascono dalla significativa esperienza di insegnamento presso la scuola secondaria di primo grado; Alina nel Tremila[9] (Milano, Mursia, 1992), pur essendo una fiaba rivolta ai giovani, è proiettata nel futuro: infatti, la protagonista nasce nel 2993. A distanza di pochi anni, con il poliziesco Il rifugio nel bosco (Foggia, Edizioni del Rosone, 1994) l’autrice si cimenta per la prima volta nella scrittura di un giallo dall’ambientazione silvana[10]. Toni elegiaci e tratti autobiografici percorrono dolorosamente la pièce teatrale Processo alla città[11] (Foggia, Edizioni del Rosone, 1996) e Storia di Franco[12] (Fasano, Schena, 1998), opere pubblicate poco dopo la scomparsa del fratello Franco.
Cerca, Jovanka, cerca…[13] (Milano, Mursia Scuola, 2000) ripercorre la complessa testimonianza di adozione di una bambina originaria dell’Amazzonia, mentre in Nicolino Finanziere (Bari, Mario Adda Editore, 2000), prosecuzione del volume del 1985, il protagonista, ormai cresciuto, entrerà nella Finanza e sposerà proprio la compagna di classe per cui nutriva un affetto speciale. Gli ultimi due romanzi, E venne il settimo giorno (Nardò, Besa Editrice, 2005) e Habel nell’età della luna persa (Bari, M. Adda Ed., 2006), ripropongono la saga ambientata nel futuro.
Fortuna internazionale e traduzioni
Il “caso Marcone”, come lo soprannominò il marito Antonio Ricci, non rimase circoscritto alla Daunia, ma raccolse i consensi del pubblico in ben quattro continenti grazie alle traduzioni. Analisi in Famiglia (Milano, Feltrinelli, 1977) venne tradotto in Svezia da Prisma di Stoccolma, in Francia da Payot di Parigi e in Inghilterra da The women’s Press Ltd di Londra; inoltre, lo sceneggiato televisivo Mia figlia di Bongioanni, tratto dal romanzo, venne trasmesso in Germania, Australia, Svezia, Austria e Canada.
La casa editrice Pagès tradusse in catalano i romanzi della Trilogia Le generazioni e La casa delle donne (Foggia, Bastogi, 1983). L’Astronave di Alek (Milano, Mursia, 1970) e Nicolino (Milano, Mursia, 1985) furono tradotti in spagnolo presso la Casa Editrice Zig Zag di Santiago del Cile; inoltre, Nicolino (Milano, Mursia, 1985), grazie a una fortunata traduzione in spagnolo a cura della docente di lettere all’estero Tina Liscio, venne adottato come libro di testo nelle scuole italiane del Costarica e di Madrid, ma il successo più inaspettato giunse dall’estremo Oriente[14]: Nicolino, per merito dei traduttori Yuan Huaqing e Shen E Mei, fu considerato dal pubblico il libro Cuore del Novecento.
Sulla scia del consenso orientale, in Italia era prevista una miniserie televisiva di tre puntate, ma, nonostante la Rai avesse già acquistato i diritti, un imprevisto cambio ai vertici dell’azienda arrestò il progetto. Nel 2005 furono tradotti in sloveno tre racconti tratti dai Racconti Tragicomici e inseriti nell’Antologia di brevi prose del Sud italiano curata dalla poetessa Anna Santoliquido.
Status quaestionis
Nonostante il vasto numero di romanzi, poesie, articoli di giornale, recensioni di autori e poeti a lei contemporanei e i numerosi premi di cui è stata insignita, finora l’autrice non è stata oggetto di uno studio integrale, la sua opera è rimasta sommersa. Sono state scritte undici tesi che trattano alcuni aspetti della sua scrittura: due presso le università francesi di Grenoble e Rennes, e una presso quella di Liegi; sono state discusse tesi sull’opera narrativa dell’autrice, delle quali sette in Italia (di cui tre nell’Ateneo barese)[15] e una recente tesi di Dottorato in Svizzera[16].
Spunto imprescindibile per questo studio sono stati i cinque volumi critici concepiti dall’amato marito dell’autrice Antonio Ricci. Dal 1985 al 2010, anno di pubblicazione del quinto volume, ha lavorato con meticolosità riordinando cronologicamente articoli apparsi su quotidiani locali, su riviste prestigiose, inserendo stralci di carteggi, notizie a proposito di premi e riconoscimenti nonché aggiornamenti sui romanzi inediti. Ha curato personalmente la pubblicazione dei volumi corredandoli in appendice di una sezione iconografica contenente copertine dei romanzi pubblicati, fotografie che ritraggono l’autrice in famiglia o che partecipa a iniziative culturali. Questi preziosi scrigni sono stati confezionati presso l’Editore Levante di Bari, con il cui responsabile Gianni Cavalli il signor Ricci aveva stretto un’affettuosa amicizia.
Quando ho contattato la casa editrice Levante di Bari, lo staff con grande sollecitudine mi ha inviato in dono i volumi di critica ed altro materiale; pregevole inoltre è stata la sintonia nata fin da subito con la famiglia della Marcone, che con grande entusiasmo ha acconsentito alla stesura di questo articolo e mi ha offerto la disponibilità dell’archivio affinché, in futuro, si possa mettere in luce l’opera nella sua interezza, dedicando rilievo ai carteggi nati dai rapporti gentili che la Marcone amava mantenere con i suoi contemporanei, ai testi inediti, alla poesia, così da costituire uno studio completo.
Questione femminile: la donna, la famiglia e la casa
La scrittura di Maria Marcone tra gli anni Sessanta e Settanta assunse le tinte di un «moderato neorealismo»[17], non abbandonando la narrazione «agile e intrigante della quale era inevitabile che si innamorasse il cinema»[18], ma mostrando altresì un’impressionante abilità nello scavo psicologico e nella disamina della donna, spesso invischiata in complesse trame famigliari e relegata tra le mura domestiche.
Secondo un topos antropologico, la casa è il regno del femminile, luogo privilegiato della sposa prima e della madre poi. Per questo sembra naturale e quasi inevitabile che la dimensione abitativa ricorra come uno dei motivi costanti che strutturano la scrittura femminile. Le donne sono state sempre “parlate”, ma si sono sempre sentite escluse dal logos; la tradizione letteraria si può considerare come la storia di un pensiero maschile non solo per l’assenza di opere scritte da donne ma soprattutto perché dominata da forme di rappresentazione di un io che ha costruito le immagini dell’altro/a sulle valenze del proprio desiderio e della propria cultura storica. In questo senso, quando la donna si fa soggetto di letteratura, trasforma la scrittura in un percorso di ricerca di identità e non solo affronta il problema della scelta di un linguaggio consono alla propria diversità (una via espressiva autenticamente alternativa sia al mimetismo sia all’inversione del discorso maschile), ma pervade i propri testi di temi, come quello della casa, profondamente radicati nel proprio immaginario. L’universo domestico allora, così inscindibilmente connesso alla narrativa femminile, assume uno statuto ambiguo e ambivalente: se talvolta, in quanto sede del familiare, si fa luogo bachelardiano, nido protetto e da proteggere, in altri casi si trasforma in una casa-prigione, che nutre un rapporto disforico con l’io e, in una dialettica dentro/fuori, attiva una dinamica di evasione[19].
In questa sede sarebbe impensabile affrontare un’analisi approfondita; tuttavia, sarebbe interessante cogliere in un nucleo iniziale di opere alcune situazioni costanti[20], quali lo scricchiolio dei rigidi ingranaggi della famiglia patriarcale dovuto al dissestato cammino di emancipazione femminile, nonché «la rimodellizzazione del mondo domestico – declinabile dal nido fino alla domus prigione»[21].
Fin dalle prime pagine di L’uomo della pietra (Melegnano – MI, Club degli Autori, 1972) vengono anticipate situazioni, riproposte in Analisi in Famiglia (Milano, Feltrinelli, 1977) come ad esempio la crisi di coppia, la presenza di parentele ingombranti che ostacolano il dialogo tra i coniugi e il progressivo disfacimento della famiglia patriarcale.
Agli occhi di Pietro, il marito, Gianna dovrebbe occuparsi della cura della casa, accudire il figlio, essere insegnante di scuola primaria con l’unico scopo di far confluire il proprio stipendio nelle casse domestiche; accanto agli austeri doveri della moglie, Pietro si crogiola tra gli atavici privilegi maschili: frequenta altre donne, non collabora alle mansioni domestiche, esclusivo appannaggio muliebre, e ostacola Gianna nella sua ricerca di indipendenza.
Grazie alla patente conseguita di nascosto e alla partecipazione ai comizi delle donne dell’Udi[22], la donna riafferma la propria identità. Il suo desiderio di maternità favorirà la riconciliazione tra i due, ma sarà da intendersi come lotta per la supremazia nell’ambito domestico e famigliare o come rassegnata accettazione della propria sottomissione?
In Analisi in Famiglia[23] (Milano, Feltrinelli, 1977) l’autrice ripercorre la complessità dei rapporti tra uomo e donna, genitori e figli, e la condizione femminile, mostrando senza esitazioni i drammi di una famiglia comune[24]; la vicenda è ambientata in Puglia, precisamente a Bari, ma le questioni che emergono sono universali.
Nicola ha quarantacinque anni, è un insegnante e proviene da una famiglia ancorata alla tradizione patriarcale più radicata; Maria, come Gianna in L’uomo della pietra (Melegnano – MI, Club degli Autori, 1972), è un’insegnante oppressa da innumerevoli impegni scolastici e domestici, ma, raggiunta la consapevolezza del suo «abbruttimento»[25], attraverso lo scavo autobiografico si racconta in quanto donna, moglie, madre, e figlia.
Tra i motivi di conflittualità dei coniugi affiora la frustrazione su più fronti di Nicola, in ambito personale e politico, poiché ricopre un ruolo marginale nel partito; in ambito economico poiché, nonostante il matrimonio con una borghese, non ha raggiunto il benessere sperato, in ambito famigliare, «perché il suo fine era di fare dei figli[26] due brave marionette bene addestrate, pronte a incasellarsi in una onorevole sistemazione sociale […] diversamente da lui che s’era dovuto incasellare mogio mogio»[27].
L’impegno gravoso nella crescita dei figli, le critiche costanti e ripetitive della suocera e le frequenti liti con Nicola scatenano le prime crisi di panico; dunque, in questa fase, la scrittura è per Maria un passaggio obbligato, sebbene da Nicola venga più percepita come un’opportunità di guadagno che come un processo liberatorio. Inoltre, non tarda ad arrivare la disapprovazione della suocera: l’attività di scrittrice sottrae tempo ai figli, al marito e alla gestione della casa e la allontana definitivamente dal ruolo iconico di madre di famiglia:
Uno dei primi atti formali che sancirono ufficialmente la conquistata supremazia di lui […] fu la targhetta che Nicola […] affisse dietro la porta della nostra casa. Nostra si fa per dire perché dovetti constatare con orrore che ero stata letteralmente cancellata, come se non esistessi più: vi lessi infatti il prof. e il suo nome e il suo cognome. Basta, niente altro, quello era il domicilio di un nuovo padrone della terra: chi si fosse presa in casa, per fargli da riproduttrice della prole, da governante, da femmina soggetta alle sue voglie, da cuoca e serva, da collaboratrice e coadiutrice nella conduzione economica attraverso l’esercizio di una professione, non importava che si sapesse: ero la moglie di Tizio, non aveva alcun senso che il mio nome comparisse di fianco al suo. […] Perciò non ricambiai il sorriso di trionfo e la gioia quasi bambinesca con cui Nicola mi mostrò quella targhetta che sanciva per lui il Potere, per me la schiavitù[28].
La situazione si incrina ulteriormente quando il secondogenito inizia a rifiutare il cibo solido, deperendo sempre più, e lo psichiatra imputa l’origine del disturbo all’ambiente conflittuale in cui vive. Maria inizia ad interrogarsi sulla sua equità nei confronti dei figli. Ricorda infatti che, alla nascita del secondogenito, Marta era regredita allo stesso stadio di Marco, soprattutto durante l’allattamento: la bambina, sentendosi trascurata, manifestava gelosia, dando calci a Maria e interrompendo bruscamente la poppata del fratello, finché il neonato, a causa dello spiacevole impedimento, non rifiutò definitivamente il latte materno. Questo indizio richiama alla memoria di Maria non solo la brusca interruzione dell’allattamento subita da Marta a causa del rientro forzato al lavoro, ma anche un allontanamento traumatico dalla madre subito da Maria stessa, proprio durante l’allattamento del fratello minore: quindi, essendosi identificata nella figlia, non reagisce alle sue violenze.
Risolto a fatica il malessere di Marco, è la volta della primogenita: Marta manifesta crisi isteriche e inappetenza e così, come per il fratello, ricomincia uno sfiancante tour presso medici inadempienti. Maria, ormai all’esasperazione, riconduce i disturbi alimentari dei figli a un unico responsabile, il marito, che con divieti e continui rimproveri non le ha consentito di essere la madre che avrebbe voluto.
La tensione fra i due coniugi sfocia in uno scontro verbale violento; Maria inoltre, riacquisita la sicurezza necessaria, affronta Marta, ricordandole che potrebbe interrompere la sua sofferenza lasciandosi andare definitivamente oppure lottando per raggiungere la sua emancipazione e guarire dall’anoressia.
Nicola comprende, inoltre, che gran parte dei suoi errori hanno avuto origine da una rigida educazione paterna[29] durante l’infanzia e dal timore del giudizio altrui, una volta cresciuto, e i quattro, solo grazie all’ascolto e al dialogo, «dal familismo amorale di Banfey (la famiglia chiusa in sé, contro il mondo) alla famiglia come comunità aperta e dialogante disposta alla solidarietà»[30], raggiungono un nuovo equilibrio.
Sul ritmo incalzante dei Radicanto, gruppo folk pugliese che già dal nome esprime «un anelito ancestrale: il desiderio di tornare a cantare le radici attraverso un viaggio nei linguaggi espressivi tradizionali (tarantelle, pizziche, melopee, melismi, tamurriate e canti lirici) che legano il Sud Italia al Sud del mondo»[31], tre donne, sospinte come menadi in una complice danza femminea e inebriate dalla nube fosca di un pentolone[32], esordiscono nella scena iniziale del film di Mimmo Mongelli del 2003, tratto dall’omonimo romanzo La casa della donne (Foggia, Bastogi, 1983). Romanzo e film raccontano la storia di una famiglia apparentemente patriarcale: a causa di intrecci, tradimenti e sventure, alla fine sopravvivranno solo donne.
Tutto inizia negli anni ’20, in una masseria della Murgia barese nella quale don Rocco, latifondista e incontenibile seduttore, insidia contemporaneamente le figlie di un suo bracciante, Checchina e Marietta. Checchina frattanto si incontra clandestinamente con Pasquale Sciancalepore e, poiché rimane incinta, suo padre, nutrendo sospetti su Rocco, combina il matrimonio, ma anche Marietta aspetta un figlio da Rocco e il padre la promette in sposa proprio a Pasquale, amante di Checchina.
Dopo i festeggiamenti dei due matrimoni, non liberi da tensioni, visti gli intrecci sentimentali fra le due coppie, Pasquale abbandona il tetto coniugale, lasciando definitivamente l’amante Checchina e la moglie Marietta alla mercé di Rocco. I colpi di scena però non finiscono: Rocco, durante i litigi della moglie e della cognata, pone gli occhi, e non solo, sulla domestica Pasquina, ingravidandola. Checchina da brava madre di famiglia insabbia il disonore, accompagnando la donna a partorire in una località lontana da casa e dai pettegolezzi, e riconosce come sua figlia e di Rocco la piccola Giacinta[33].
Raggiunta l’età del matrimonio, la primogenita Fedora, figlia in realtà di Checchina e Pasquale Sciancalepore, sposa Raffaele, un ragioniere del catasto, trasferendosi a Bari.
Negli anni ’40 tutta la famiglia raggiunge Fedora, in un palazzo di tre piani, che don Rocco ha acquistato dopo aver venduto la masseria. Al primo piano si stabiliscono Clotilde, sorella di Raffaele, e il marito Romolo, conte appartenente a una nobiltà ormai decaduta; al piano superiore Viola, sorella di Romolo e Giovanni, più interessato alla lotta antifascista che al desiderio di costruire una famiglia.
Al centro del primo piano si sistemano Rocco, Checchina e Giacinta, figlia di Don Rocco e Pasquina; al centro del secondo Marietta e il figlio Guido, e al loro fianco Palma, sorella di Fedora, e il marito Damiano, ex contabile della masseria, mentre la domestica Pasquina al piano rialzato.
Ben presto le relazioni torbide della prima generazione colpiscono anche la seguente e gli uomini della famiglia iniziano a morire in circostanze misteriose: Giovanni scappa per combattere la Resistenza e Viola, ormai sola, si concede qualche ora di passione con Raffaele, marito di Fedora, che ben presto parte per la guerra e non fa più ritorno. Clotilde, sorella di Raffele, nutre una passione incestuosa per il nipote Rocco, figlio della sorella Fedora e di suo fratello, e non manifesta affetto nei confronti del figlio Giovanni[34]; inoltre, subisce vessazioni continue da parte del marito Romolo[35], ormai a conoscenza della viziosa relazione tra la moglie e il nipote.
Alla morte di don Rocco, durante la lettura del testamento le donne della famiglia vengono esasperate da lasciti giustificati dall’affetto e non da fittizi legami di parentela. Infatti, grazie all’eredità di zio-papà Rocco, Guido inizia i lavori di ristrutturazione nell’appartamento ereditato, si sposa con Roberta, figlia del noto avvocato presso cui lavora, e, dopo la nascita della figlia, si separa; durante una lite con l’ex moglie Roberta, muore di infarto.
Clotilde, in pensiero per il nipote Rocco lontano da casa per il servizio militare, ignora il figlio che sembra essere sempre più depresso e che addirittura si lascia morire di inedia[36]. Quando Rocco torna dal servizio militare, incontra la zia che, provata dal dolore del recente lutto, rifiuta le sue attenzioni; quindi, il giovane si suicida, gettandosi dalla finestra. Perciò, in quarant’anni tutti gli uomini della famiglia periscono e lo stabile, come una vera e propria roccaforte, viene conquistato dalle uniche superstiti della famiglia: le donne.
Anche in quest’opera riemergono le tematiche già affrontate in L’uomo della pietra (Melegnano – MI, Club degli Autori, 1972) e in Analisi in Famiglia (Milano, Feltrinelli, 1977), sebbene grande rilievo sia affidato alla famiglia, luogo di soprusi e segreti inconfessabili, raccontati però dall’autrice con sapiente ironia[37].
Bibliografia
Opere di Maria Marcone:
- M. Marcone, Le stanze vuote, Bologna, Cappelli Editore, 1967;
- Ead., Gli anni lunghi, Roma-Bologna, Il Sagittario, 1968;
- Ead., L’astronave di Alek, Milano, Mursia, 1970;
- Ead., L’uomo della pietra, Melegnano – MI, Club degli Autori, 1972;
- Ead., Analisi in famiglia, Milano, Feltrinelli, 1977;
- Ead., La casa delle donne, Foggia, Bastogi, 1983;
- Ead., Nicolino, Milano, Ugo Mursia Editore, 1985;
- Ead., Le stelle di Ninella, Fasano, Schena Editore, 1987;
- Ead., Le pietre si muovono, Milano, Mursia, 1989;
- Ead., I labirinti di Lucia, Fasano, Schena Editore, 1990;
- Ead., La terra di Francesca, Fasano, Schena Editore, 1991;
- Ead., Alina nel Tremila, Milano, Mursia Editore, 1996;
- Ead., Processo alla città, Foggia, Edizioni del Rosone, 1996;
- Ead., Due favole, Gioia del Colle, Edizioni Orizzonti Letterari, 1996;
- Ead., Storia di Franco, Fasano, Schena Editore, 1998;
- Ead., Cerca, Jovanka, cerca…, Milano, Mursia Scuola, 2000;
- Ead., L’ultimo della classe, Nardò, Besa, 2003;
- Ead., E venne il settimo giorno, Nardò, Salento Books, 2005;
- Ead., Habel nell’età della luna persa, Bari, Mario Adda Editore, 2006.
Critica:
- G. Bachelard, La poetica dello spazio, Bari, Dedalo Libri, 1975;
- S. Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale, Torino, Bollati Boringhieri, 1975;
- P. Sorrenti, Repertorio bibliografico degli scrittori pugliesi contemporanei, Bari, Arti Grafiche Savarese, 1976;
- G. Custodero, Puglia letteraria nel Novecento. Poeti e prosatori, Ravenna, Angelo Longo Editori, 1981;
- M. Zancan, La donna, in Letteratura italiana. Le Questioni. Volume Quinto, a cura di A. Asor Rosa, Torino, Einaudi, 1986, pp. 765-827;
- A. Ricci, Maria Marcone e la critica, Bari, Levante Editori, 1990;
- E. Aga Rossi, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, Bologna, Il Mulino, 1993;
- A. Ricci, Maria Marcone e la critica, vol. 2, Bari, Levante Editori, 1995;
- D. Gagliani, La guerra totale e civile: il contesto, la violenza e il nodo della politica, in Donne guerra e politica, a cura di D. Gagliani, E. Guerra, L. Mariani, F. Tarozzi, Bologna, Clueb, 2001;
- D. Giancane, L’iter narrativo di Maria Marcone: dal familismo amorale alla comunità, in Il cigno e la cicala. Pagine di critica sulla letteratura in Puglia e Basilicata, Bari, Levante, 2004, pp. 211-18;
- G. Gribaudi, Guerra totale. Tra bombe alleate e violenze naziste. Napoli e il fronte meridionale 1940-44, Torino, Bollati Boringhieri, 2005;
- A. Ricci, Maria Marcone e la critica, vol. 4, Bari, Levante Editori, 2005;
- P. Gabrielli, L. Cicognetti, M. Zancan, Madri della Repubblica. Storie, immagini, memorie, Roma, Carocci, 2007;
- C. Cretella, S. Lorenzetti, Architetture interiori. Immagini domestiche nella letteratura femminile del Novecento italiano. Sibilla Aleramo – Natalia Ginzburg – Dolores Prato – Joyce Lussu, Firenze, Franco Cesati Editore, 2008;
- P. Guida, Scrittrici di Puglia. Percorsi storiografici femminili dal XVI al XX secolo, Galatina, Mario Congedo Editore, 2008;
- A. Ricci, Maria Marcone e la critica, vol. 5, Bari, Levante Editori, 2010;
- M. S. Sapegno, Che genere di lingua? Sessismo e potere discriminatorio delle parole, Roma, Carocci, 2010.
- Vd. F. Vennarucci, La voce di lei. Forme di sessismo nei libri di testo, in Che genere di lingua? Sessismo e potere discriminatorio delle parole, a cura di M. S. Sapegno, Roma, Carocci, 2010. Prendendo in esame sette storie letterarie che coprono un arco temporale che va dal 1985 (R. Ceserani, L. De Federicis, Il materiale e l’immaginario) al 2008 (A. Antonelli, M. S. Sapegno, L’Europa degli scrittori) l’autrice riscontra una maggiore attenzione alle autrici nei manuali più recenti, sebbene, essendo queste raggruppate in percorsi ad hoc, si rischi di ridurle ad una mera quota rosa; diversamente in L’Europa degli scrittori, a cura di A. Antonelli e M. S Sapegno, con l’introduzione di una sezione specifica intitolata L’altra voce, le scrittrici e le potesse vengono valorizzate grazie a scelte inusuali. ↑
- Vd. M. Zancan, Il doppio itinerario della scrittura. La donna nella tradizione letteraria italiana, Torino, Einaudi, 1998; F. De Nicola, P. A Zannoni, La fama e il silenzio: scrittrici dimenticate del primo Novecento, Venezia, Marsilio, 2002; Fuori norma. Scrittrici italiane del Novecento. Vittoria Aganoor, Paola Drigo, Rosa Rosà, Lina Pietravalle, a cura di B. Marola, M. T. Munini, R. Regio, B. Ricci, Ferrara, Luciana Tufani Editrice, 2003; V. P. Babini, Parole armate. Le grandi scrittrici del Novecento italiano tra Resistenza ed emancipazione, Milano, La tartaruga, 2018. ↑
- Vd. M. Sansone, S. Paolo, Narratori di Puglia e Basilicata, Milano, Mursia, 1966; AA. VV, Puglia, Milano, Electa, 1967; Lirici pugliesi del Novecento, a cura di F. Ulivi, E. F. Accrocca, Bari, Adriatica, 1967; F. Ulivi, E. F. Accocca, Prosatori e narratori pugliesi del Novecento, Bari, Adriatica, 1969; W. Binni, N. Sapegno, Storia letteraria delle Regioni d’Italia, Firenze, Sansoni, 1968; Poeti di Puglia e Basilicata, a cura di T. Fiore, Bari, Adriatica, 1972; P. Sorrenti, Repertorio Bibliografico degli scrittori pugliesi contemporanei, Bari, Arti Grafiche Savarese, 1976; Inchiesta sulla poesia, a cura di A. Manuali, B. Sablone, Foggia, Bastogi, 1978; AA. VV, Storia della Puglia, Bari, Adda, 1979; Oltre Eboli: la poesia, a cura di A. Motta, C. A. Augieri, Manduria, Lacaita, 1979; Poeti della Puglia, a cura di D. Giancane, R. Bizzarro, Forlì, Forum, 1979; G. Custodero, Puglia letteraria nel Novecento. Poeti e Prosatori, Villanova di Castenaso, Longo Editore, 1982; M. Dell’Aquila, Parnaso di Puglia, Bari, Adda, 1983; G. Custodero, Sul filo della storia, Bari, Levante, 1984; S. D’amaro, Le caselle mancanti, Manduria, Lacaita, 1986; M. I. de Santis, Periferia centrale, Bari, Levante, 1990; A. Lippo, La vigna azzurra, La Puglia poetica degli Anni Ottanta tra cronistoria e immaginario letterario, Taranto, Portofranco, 1993; M. I. de Santis, D. Giancane, La poesia in Puglia, Forlì, Forum, 1994; C. Siani, Microletteratura: Scrittori e scrittura a san Marco in Lamis nel Gargano, Foggia, QS Edizioni, 1994; V. Jacovino, Il viaggio e la poesia, Taranto, Edizioni Terza Pagina, 1999; M. I. de Santis, D. Giancane, Vertenza Sud, Nardò, Besa, 2000. ↑
- L. Lovero, Maria Marcone donna e scrittrice, in Maria Marcone e la critica, a cura di A. Ricci, Bari, Levante Editori, 1995, vol. II, p. 183. ↑
- Collega di inglese e poetessa affermata, Anna Santoliquido è nata nel 1948 a Forenza, in Lucania, e vive a Bari. Ha pubblicato numerose raccolte poetiche: I figli della terra (Bari, Edizioni Giuseppe Laterza, 1981); Decodificazione (Edizioni Giuseppe Laterza, 1986); Ofiura (Edizioni Giuseppe Laterza, 1987); Trasfigurazione (Edizioni Giuseppe Laterza, 1992); Nei veli di settembre (Bari, La Vallisa, 1996); Rea confessa (Udine, Campanotto, 1996); Il feudo (Osniago, Pulcinoelefante, 1998); Confessioni (di fine Millenio) (Bari, Uniografica Corcelli, 2000); Bucarest, con prefazione di Raffaele Nigro (Pasian di Prato, Campanotto, 2001); Quattro passi per l’Europa (Bari, Edizioni Rega, 2011); Nei cristalli del tempo (Genzano di Lucania 2015); Versi a Teocrito (Bari, Progedit, 2015). Diverse liriche e racconti sono stati tradotti in inglese, spagnolo, serbocroato, cecoslovacco, greco, sloveno, romeno, armeno, cinese, albanese, francese, ungherese, arabo, tedesco, russo, macedone, turco, polacco, bulgaro, persiano e braille; ha inoltre conseguito molti riconoscimenti letterari in Italia e all’estero, tra cui la Laurea Apollinaris Poetica dall’Università Pontificia Salesiana di Roma nel 2017. Circa tre mesi fa, quando ho iniziato a raccogliere informazioni su Maria Marcone e la consegna dei volumi subiva rallentamenti a causa dell’emergenza sanitaria, ho contattato la poetessa, non immaginando che mi avrebbe concesso una lunga chiacchierata telefonica, durante la quale mi ha raccontato di aver fondato nel 1985 il Movimento Donne e poesia, che tuttora presiede, di aver aderito al Sindacato Nazionale Scrittori, assorbito poi dal Sindacato CGIL, in cui Maria Marcone ha avuto un ruolo di spicco: infatti, è stata eletta nel 2002 membro del Consiglio Generale del Sindacato Nazionale Scrittori. Inoltre, ha ricordato affettuosamente alcuni aneddoti sulle trasferte con i coniugi Ricci, in occasione di premiazioni, commuovendosi al solo ricordo degli amici di sempre. ↑
- Il 31 marzo 1995, Franco Marcone, Direttore dell’Ufficio del Registro di Foggia, venne colpito da due colpi di arma da fuoco, vicino alla propria abitazione. Le case editrici nazionali schivarono la pubblicazione di Storia di Franco, mentre l’Editore Schena di Fasano accettò coraggiosamente. Vd. L. P. Auccello, Impegno civile e sociale nel romanzo di Maria Marcone, in Maria Marcone e la critica, a cura di A. Ricci, Bari, Levante Editori, 1995, vol. IV, p. 81. ↑
- Una mattina d’estate, un omino proveniente da un pianeta secondario del Sistema Solare preleva da più zone del mondo alcuni bambini, tra cui Cristiana e Silvio, proprio come i figli dell’autrice. Atterrati su Gerù, lontani da distrazioni, possono concentrarsi sui mali che affliggono il mondo: le guerre, la povertà e la desertificazione imminente; tornati sul pianeta, metteranno in pratica gli insegnamenti appresi. ↑
- Nicolino è la storia di un bambino originario di Bari vecchia, proveniente da un contesto famigliare disagiato: infatti, il padre e i due fratelli maggiori sono implicati in attività illecite e il giovane, pur di sfuggirvi, troverà lavoro in una trattoria per il turno serale poiché la mattina frequenta la scuola. Dopo innumerevoli peripezie, anche dolorose, il padre deciderà di interrompere l’attività di scippatore e Nicolino non proverà più vergogna per la sua famiglia. ↑
- In Alina nel Tremila il mondo è sull’orlo della distruzione a causa dell’effetto serra, della desertificazione e del buco nell’ozono e può salvarsi solo grazie ad Alina, la donna-uccello che costruirà il proprio rifugio sul K2 portando l’intera memoria umana conservata in un pc. Dopo aver messo in salvo bambini, animali e frutti, vola verso il cielo trasformandosi in un punto luminoso. ↑
- Il giallo è ambientato in un bosco del Subappennino Dauno vicino a Faeto, località ai confini tra la Puglia, la Campania ed il Molise, che, assieme al paese limitrofo di Celle di San Vito, costituisce l’unica minoranza francoprovenzale dell’Italia meridionale. ↑
- Psicodramma in tre atti, nel quale l’autrice rievoca l’assassinio di Franco Marcone, tra l’indifferenza dei cittadini di Foggia: in un primo momento sfilano sul palco membri della famiglia Marcone e uomini delle istituzioni; in un secondo momento invece un gruppo di studenti, guidato da alcune insegnanti scrive un Manifesto nel quale i ragazzi chiedono che giustizia venga fatta; l’autrice stessa affida alla scuola un ruolo importante, poiché solo attraverso la cultura è possibile il riscatto. ↑
- Ripercorre la storia di Franco Marcone dalla nascita, nel dicembre del 1937, alla sua morte, il 31 marzo del 1995, e si conclude con un capitolo intitolato E ora che fare? rivolto alle nuove generazioni ancora senza macchia, affinché, conoscendo la storia, possano diffonderla alla collettività. Alla storia dell’integerrimo direttore, per mostrarne la crescita e la maturazione, si intrecciano i ricordi d’infanzia, il vissuto della famiglia Marcone durante i bombardamenti su Foggia, la morte prematura del padre Arturo, le precarie condizioni economiche in seguito alla sua morte, gli amori e le carriere lavorative dei quattro figli. ↑
- Orfana sia dei genitori naturali, morti durante un incendio, che dei genitori adottivi, venuti a mancare in un incidente a Bari, non potendo restare con i nonni, viene affidata a una famiglia di Napoli che ha da poco perso una figlia dell’età di Jovanka. La bambina, turbata dalla presenza di giochi e fotografie di Lidia, la figlia morta dei due coniugi napoletani, scappa fino ad arrivare ad Ariano Irpino proprio durante il terremoto del 1980; durante i soccorsi viene riconosciuta da una volontaria, riportata dai nonni e infine adottata dalla sua amata maestra. ↑
- A. Ricci, Maria Marcone e la critica, Bari, Levante Editori, 2005, vol. 4, p. 17. Shen E Mei, ordinaria di letteratura italiana all’Università di Pechino, annoverò Maria Marcone fra i trentaquattro autori, da Edmondo de Amicis a Luigi Malerba, della corposa antologia Viaggio nella letteratura italiana contemporanea. Il volume non ebbe la traduzione in russo poiché la traduttrice Irina Costantinova avrebbe voluto epurarlo dai riferimenti religiosi, ma l’autrice rifiutò. ↑
- Vd. F. Marasca, Tre tesi su Maria Marcone, in Maria Marcone e la critica, a cura di A. Ricci, Bari, Levante Editori, 1995, vol. 2, pp. 143-44; Presentata la VII laurea su Maria Marcone, in Maria Marcone e la critica, a cura di A. Ricci, Bari, Levante Editori, 2005, vol. 4, p. 381; Tesi di laurea a Foggia sulla narrativa di Maria Marcone, in Maria Marcone e la critica, a cura di A. Ricci, Bari, Levante Editori, 2010, vol. 5, pp. 161 e 162. Il 6 luglio 1994, presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Bari, Santina Ricucci ha conseguito la laurea con lode con una tesi in Storia della Letteratura per l’Infanzia, intitolata Gli scritti per ragazzi di Maria Marcone con la relazione della Professoressa Angela Danisi e la correlazione del Professor Daniele Giancane. Il 4 ottobre del 2000 presso la Facoltà di Scienze della formazione di Bari Angela Paparella ha presentato la tesi L’autobiografia di Maria Marcone con la relazione della Professoressa Giovanna Zaccaro, docente di letteratura italiana moderna e contemporanea, e la correlazione della Professoressa M. Pagliara, docente di letteratura comparata. Nel 2004 Francesca Messina si è laureata con lode in letteratura moderna e contemporanea con una tesi sulla narrativa di Maria Marcone presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Foggia, con la relazione della Professoressa Lea Durante e la correlazione dell’illustre Professor Domenico Cofano. Il 15 marzo 2007 Lucia Dabbicco si è laureata con lode con una tesi dal titolo Maria Marcone, una scrittrice anche per ragazzi presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Bari con la relazione del Professor Daniele Giancane e la correlazione della Professoressa Giulia Dell’Aquila. ↑
- Sito dell’Università di Zurigo: https://www.rose.uzh.ch/de/seminar/wersindwir/mitarbeitende/crivelli/Ricerca/Dottorati.html (ultima consultazione 10/05/2020). Nel febbraio 2019 Elisabetta Ragonesi ha presentato, presso l’Ateneo di Zurigo, una tesi di dottorato dal titolo Donne si diventa: il superamento della scissione corpo-mente nell’opera di Armanda Guiducci, Carla Cerati, Maria Marcone, che ha ultimato sotto la direzione della Professoressa Tatiana Crivelli. ↑
- D. Giancane, L’iter narrativo di Maria Marcone: dal familismo amorale alla comunità, in Il cigno e la cicala. Pagine di critica sulla letteratura in Puglia e Basilicata, Bari, Levante, 2004, p. 212: «Maria Marcone veniva assumendo una posizione particolare, tant’è che la sua scrittura venne denominata di moderato neorealismo, nel senso che il neorealismo veniva assumendo nella nostra scrittrice una valenza totalmente diversa, perdendo le connotazioni più smaccatamente ideologico/ naturalistiche per approdare allo scandaglio dei sentimenti, della vita interiore». ↑
- Ivi, p. 13. ↑
- C. Cretella, S. Lorenzetti, Architetture interiori. Immagini domestiche nella letteratura femminile del Novecento Italiano. Sibilla Aleramo – Natalia Ginzburg – Dolores Prato – Joyce Lussu, Firenze, Franco Cesati, 2008, p. 9. ↑
- Le tematiche individuate in L’uomo della pietra (Melegnano – MI, Club degli Autori, 1972), Analisi in Famiglia (Milano, Feltrinelli, 1977) e La casa delle donne (Roma, Bastogi, 1983) emergono anche in Alice, la morte la fame la scrittura (Roma, Bastogi, 1981): la protagonista, infatti, trova conforto nel cibo contrapponendosi a Marta di Analisi in famiglia, affetta da anoressia. Inoltre, è da segnalare la trilogia Le generazioni composta da Le stelle di Ninella, (Fasano, Schena Editore, 1987), I labirinti di Lucia (Fasano, Schena Editore, 1990) e La terra di Francesca (Fasano, Schena Editore, 1991), nella quale si raccontano storie di donne appartenenti alla famiglia dell’autrice a partire dagli anni Venti, «un riferimento significativo per chiunque vorrà occuparsi della vicenda della donna del Meridione negli ultimi settanta anni» (D. Giancane, L’iter narrativo di Maria Marcone: dal familismo amorale alla comunità, in Il cigno e la cicala. Pagine di critica sulla letteratura in Puglia e Basilicata, Bari, Levante, 2004, p. 216). ↑
- C. Cretella, S. Lorenzetti, Architetture interiori, op. cit., p. 9. ↑
- P. Gabrielli, L. Cicognetti, M. Zancan, Madri della Repubblica. Storie, immagini, memorie, Roma, Carocci, 2007. Il volume contiene le lezioni svolte dalle tre docenti alla XVI edizione della Scuola Estiva “La Certosa delle donne” promossa dall’Università degli Studi di Siena e dal Dottorato in Storia delle scritture femminili (Università degli Studi di Roma – La Sapienza). L’Unione Donne Italiane (UDI) nacque a Roma il 15 settembre 1944 per iniziativa di un gruppo di dirigenti comuniste e socialiste (Rita Montagnana Togliatti, Giuliana Nenni, Maria Romita ecc.) e di alcune simpatizzanti per i partiti di sinistra, tra cui Marisa Cinciari Rodano; si identificò come organizzazione femminile unitaria di tutte le donne italiane, con la sola esclusione di coloro le quali avessero avuto implicazioni con il fascismo. In seguito all’8 settembre 1943, le donne italiane furono investite dagli orrori della guerra poiché scomparve il limes tra fronte interno e fronte esterno e la morte dilagò specialmente tra i civili. Per approfondimenti vd. E. Aga Rossi, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, Bologna, Il Mulino, 1993; D. Gagliani, La guerra totale e civile: il contesto, la violenza e il nodo della politica, in Donne guerra e politica, a cura di D. Gagliani, E. Guerra, L. Mariani, F. Tarozzi, Bologna, Clueb, 2001; G. Gribaudi, Guerra totale. Tra bombe alleate e violenze naziste. Napoli e il fronte meridionale 1940 – 44, Torino, Bollati Boringhieri, 2005. ↑
- Ha ottenuto, nello stesso anno, il Primo Premio Letterario Villa San Giovanni proprio nella sezione I problemi della donna del Sud. ↑
- Da Analisi in Famiglia (Milano, Feltrinelli, 1977) il regista Gianni Bongioanni ricavò uno sceneggiato intitolato Mia figlia e trasmesso in tv in tre puntate il 28 febbraio alle 21.45, il 3 ed il 7 marzo 1982. ↑
- M. Marcone, Analisi in famiglia, Milano, Feltrinelli, 1977, p. 22. ↑
- Marta, la primogenita sedicenne, è esuberante e assume atteggiamenti sfidanti, mentre Marco, il secondogenito quattordicenne, è bloccato dai continui rimproveri paterni; ad incrinare ulteriormente gli equilibri, le parentele ingombranti aleggianti intorno ai quattro. ↑
- Ivi, p. 8. ↑
- Ivi, pp. 165-66. ↑
- Maria era venuta a conoscenza di un terribile segreto che riguardava la nipote Liliana, figlia di Teresa, la sorella di Nicola. Liliana dall’infanzia all’adolescenza era stata ripetutamente violentata dal nonno, cioè dal padre di Nicola, e non aveva avuto il coraggio di confessare ai famigliari il rapporto incestuoso, anzi era oppressa dal senso di colpa. Inoltre, ciò aveva innescato gravissime conseguenze: si innamorò di un giovane zio, fratello di Nicola, che aveva anch’egli abusato di lei, e successivamente del suo stesso fratello, e rimase incinta di un uomo di cui non era innamorata. Durante la gravidanza, comprese che avrebbe voluto allontanarsi dalla famiglia della madre e in cuor suo sperava che anche la madre si sarebbe ben presto allontanata, dal momento che fin da quando era piccina «venne collocata in una dimensione di precocissima collaboratrice domestica iniziata a tutte le mansioni del tradizionale angelo del focolare […], visse la condizione di figlia primogenita sacrificata all’assistenza dei fratelli» (M. Marcone, Analisi in famiglia, Milano, Feltrinelli, 1977, p. 69). ↑
- D. Giancane, L’iter narrativo di Maria Marcone: dal familismo amorale alla comunità, in Il cigno e la cicala. Pagine di critica sulla letteratura in Puglia e Basilicata, Bari, Levante, 2004, p. 216. ↑
- F. Mazzotta, Radicantus, quel filo musicale tra passato e presente, in Maria Marcone e la critica, a cura di A. Ricci, Bari, Levante Editori, 1995, vol. IV, p. 292. ↑
- Alla fine di agosto, in molte località della penisola si celebra ancora oggi un rituale dal quale gli uomini sono esclusi: per giorni, donne di tutte le età, ad eccezione di quelle con il mestruo, si concentrano sulle fasi della preparazione della salsa di pomodoro e tutte le altre mansioni vengono tralasciate per produrre un nettare rosso che garantirà il soddisfacimento del fabbisogno famigliare per un anno esatto. Questo procedimento ha storicamente due scopi principali: tramandare alle generazioni future la tradizione dell’oro rosso e rinsaldare la complicità tra le donne della famiglia attraverso racconti della matriarca, aneddoti sussurrati e segreti di famiglia svelati. ↑
- Nella discendenza che si viene a costituire nessun figlio nasce nella legittimità del matrimonio: Fedora e Palma da Checchina, Guido da Marietta e Giacinta da Pasquina, anticipando di qualche decennio la “famiglia allargata”. ↑
- Esasperato, invece, da continue richieste di aiuto per accudire la sorella Giulia, affetta da ritardo mentale. ↑
- Il vecchio conte, in seguito a diverse cadute, venne accompagnato dalla sorella Viola da medici affermati che gli diagnosticarono la sclerosi a placche. ↑
- La zia Viola si rese utile trovando un impiego al nipote, che al rientro dal suo primo giorno di lavoro si isolò, rifiutando non solo le visite dei parenti, ma anche acqua e cibo. Ben presto la cugina Raffaella riuscì a scoprire la motivazione di questo comportamento: Giovanni si vergognava di essere stato raccomandato e scoprì che la zia aveva avuto una relazione con il suo superiore; dopo averle rivelato ciò, si rinchiuse nuovamente in camera e rifiutò il cibo fino alla morte. ↑
- A. Monfreda, Mongelli prova il cinema nella Casa delle donne, in Maria Marcone e la critica, a cura di A. Ricci, Bari, Levante Editori, 1995, vol. IV, p. 151. «Cerco quarantacinque attori professionisti, di chiare origini pugliesi. Non è solo un fatto di intonazione, ma occorre proprio essere padroni del dialetto»: le battute in dialetto pugliese sono dunque recitate da attori pugliesi per una chiara esigenza di Mimmo Mongelli. ↑
(fasc. 35, 11 novembre 2020)