Note sull’opera di Thomas Bernhard

Author di Valerio Sergio

Uno dei massimi esponenti del teatro contemporaneo è l’autore austriaco Thomas Bernhard (1931-1989), la cui vasta produzione si rivela sempre più spesso un mezzo utile per comprendere alcune patologie croniche della società, colpita in quegli anni dal secondo conflitto mondiale e dalla crisi economica. Il quadro politico austriaco è in particolar modo oggetto delle aspre critiche dell’autore.

L’energia assoluta sprigionata nelle sue rappresentazioni viene trasmessa agli spettatori in modo coinvolgente e progressivo. I suoi personaggi apparentemente bizzarri e ridicoli sono, in realtà, un raro esempio di determinazione, pronti a sfidare il disprezzo e la contrapposizione di chi li circonda anche a costo del più totale isolamento. Il progetto tendenzialmente megalomane che si prefiggono i due protagonisti della Forza dell’abitudine (Die Macht der Gewohnheit, 1974) e del Teatrante (Der Theatermacher, 1984) sono il tipico esempio di fallimento personale rispetto alla realizzazione di un sogno impossibile. La scarsa partecipazione della compagnia teatrale che non condivide la ricerca ossessiva e maniacale della perfezione è solo una delle ragioni del mancato compimento del progetto artistico iniziale. Le vere motivazioni vanno ricercate secondo Bernhard in un quadro storico più ampio e complesso in cui il reiterarsi di comportamenti personalistici completamente avulsi dal contesto sociale, che avranno come estrema conseguenza anche alcune dittature del ’900, ci aiuta a comprendere da dove nasce la scarsa coesione sociale.

Il primo fattore di coesione sociale è, secondo Emile Durkheim, la religione. L’ambizione individuale perseguita a ogni costo è, invece, un fattore fortemente disgregante, anche se in questo caso la motivazione del singolo potrebbe alimentare il successo di tutto il gruppo. La visione pessimistica della società di Thomas Bernhard è ben descritta nei due testi del 1974 e del 1985, in cui la frustrazione e l’angoscia esistenziale degli attori non prevedono nessuna via d’uscita ma solo la cieca obbedienza alle imposizioni dell’autore. Il raggiungimento di questo ambizioso progetto è, per l’uno e per l’altro protagonista, l’ultima speranza prima di decretare il fallimento definitivo della loro attività professionale.

Il contesto in cui si recita La forza dell’abitudine è quello di una compagnia circense in cui un domatore di animali feroci e una ballerina che si cimenta in esercizi di equilibrio su una corda sospesa nel vuoto rischiano quotidianamente la vita per soddisfare le richieste sempre più arroganti del proprietario del circo. Quest’ultimo, perennemente insoddisfatto del lavoro dei due, pretende un’esibizione perfetta, non curante della loro scarsa esperienza artistica. Il sogno di gloria del signor Caribaldi dovrà essere coronato, oltre che da uno spettacolo circense di massimo livello, anche da un’eccellente esecuzione del quintetto La Trota di Schubert, i cui interpreti sono nuovamente gli artisti dilettanti della sua compagnia.

Il Teatro Eliseo, nel novembre del 2006, ha ospitato Alessandro Gassman nel ruolo di regista e attore protagonista dell’opera. Abilmente truccato e camuffato, il giovane Gassman è stato reso quasi irriconoscibile. Gli spettatori, profondamente colpiti da questa trasformazione scenica, sono stati intrattenuti, oltre che dal testo originale, anche dalle evoluzioni di alcuni veri circensi.

L’altro monologo di Bernhard prima menzionato, intitolato Il teatrante, nella traduzione di Umberto Gandini e con la regia di Franco Branciaroli, è stato proposto nel febbraio del 2014 al teatro Quirino di Roma. Ancora una volta il protagonista riduce al silenzio i suoi collaboratori, costretti a subire passivamente i suoi comportamenti tirannici e collerici. Alcune delle più celebri personalità della politica sono accuratamente selezionate per completare la sua visione critica della società. L’austriaco Metternich, Napoleone Bonaparte, Adolf Hitler sono tra coloro che vengono descritti in maniera ironica nella trama del delirante progetto di un attore di teatro che spera di accreditarsi definitivamente davanti alla propria famiglia e a un piccolo pubblico di provincia come autore di successo del difficile testo La ruota della storia.

L’infelice esistenza di Bernhard, caratterizzata da abbandoni, malattie e dalla morte prematura di persone care, impone, nelle sue rappresentazioni teatrali e narrative, la centralità degli aspetti negativi dell’esistenza umana. Nel romanzo del 1983, Il soccombente (Der Untergeher), tradotto in italiano da Renata Colorni per Adelphi nel 1985, viene evidenziato anche l’estremo gesto del suicidio, che appare per uno dei tre protagonisti l’unica soluzione praticabile dopo aver consumato un’insopportabile delusione causata dalle maggiori capacità musicali dei suoi colleghi concertisti. Il sociologo Emile Durkheim ha prodotto nel 1897 uno studio monumentale proprio sul suicidio (Le Suicide, étude de sociologie), individuandone varie tipologie. In questo senso le opere di Thomas Bernhard analizzano temi oggetto di studio da parte della moderna sociologia: l’ambizione, il successo individuale, la visibilità ad ogni costo non sono più un aspetto tipico dei grandi condottieri, degli uomini politici, degli scienziati e degli intellettuali, ma diventano sempre più spesso una meta irrinunciabile anche per l’uomo qualunque. Il terrore di rimanere nella mediocrità e nell’anonimato induce persino a gesti semplicemente volgari, pericolosi e fondamentalmente inutili per ottenere anche solo cinque minuti di notorietà.

Tutto questo è talmente attuale che il testo del 1983 è stato adattato all’utilizzo teatrale ed è andato in scena al Teatro Parenti di Milano, nel gennaio del 2014, in una riduzione firmata da Ruggero Cappuccio, che ha compiuto un’operazione complessa ma utile ai fini della maggiore diffusione del “pensiero” bernhardiano.

(fasc. 6, 25 dicembre 2015)