Prefazione

Author di Cecilia Gibellini

Nel 2021 cadeva il centenario della nascita di Mario Pomilio. Il Comitato nazionale, costituitosi per l’occasione, ha promosso nei due anni successivi una nutrita serie di iniziative e specialmente di convegni, ciascuno dei quali volto a illustrare un aspetto della poliedrica attività dello scrittore; convegni che si sono svolti a Roma (L’attesa di un nuovo corso. Mario Pomilio intorno agli anni Sessanta, Biblioteca Nazionale Centrale, 14 dicembre 2021), Pavia (La favola e l’annuncio: «Il quinto evangelio» di Mario Pomilio, Università di Pavia, 4 maggio 2022), Chieti («L’uccello nella cupola» e la formazione di Mario Pomilio, Campus Universitario di Chieti, 12-13 ottobre 2022), Vercelli (Mario Pomilio studioso, Università del Piemonte Orientale, 21 marzo 2023), Torino (Riprendere il «discorso interrotto»: Mario Pomilio e la riflessione sul romanzo in «Le ragioni narrative», Università di Torino, 22-23 marzo 2023), Napoli (Geografia di Mario Pomilio: luoghi, non-luoghi, spazi, percorsi, Università degli Studi di Napoli Federico II e Suor Orsola Benincasa, 17-18 maggio 2023), Milano (Il dramma della teodicea: «Il Natale del 1833» dall’epicedio manzoniano al romanzo di Mario Pomilio, Università Cattolica, 10 ottobre 2023).

Il compito assegnato all’Università del Piemonte Orientale era quello di illuminare l’attività di studioso e di critico esercitata da Pomilio. La giornata di studio, svoltasi a Vercelli il 21 marzo 2023, aperta dai saluti del direttore del Dipartimento di Studi Umanistici, Michele Mastroianni, e del Presidente del Comitato Giuseppe Langella, e coordinata da Stefania Sini, ha ospitato le relazioni che si raccolgono qui, grazie alla generosa ospitalità di Maria Panetta e di «Diacritica». I contributi offrono un dossier assai ricco e innovativo, anche perché gli studiosi si sono avvalsi della consultazione degli autografi e dei documenti pomiliani amorevolmente ordinati dalla moglie dello scrttore, Dora, e dai suoi figli Annalisa e Tommaso, ora confluiti nel Centro per gli studi sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia.

Il criterio ordinativo adottato è stato quello della cronologia degli autori e dei movimenti studiati da Pomilio. Punto di partenza non poteva essere che lo studio su Petrarca, elaborato tra il 1950 e il 1952 dal giovane studioso, che si era da poco laureato alla Normale di Pisa con una tesi su Pirandello, durante i periodi da lui trascorsi come borsista a Bruxelles e a Parigi. Doppio è dunque il valore incipitario di questo lavoro, che potei pubblicare postumo (Petrarca e l’idea di poesia, Studium, 2016) grazie agli autografi: una redazione non rifinita, ma tale da testimoniare, oltre alla novità di prospettiva introdotta negli studi petrarcheschi dall’autore trentenne, anche le coordinate di fondo del procedere mentale e conoscitivo del Pomilio futuro, dello studioso ma anche del narratore. Nel porre al centro della sua indagine l’estetica di Petrarca, la sua «idea di poesia», Pomilio tiene sullo sfondo la lirica volgare dedicandosi, con sorprendente ampiezza d’indagine ed esiti del tutto originali, alla dimensione speculativa e problematica del suo pensiero, all’elaborazione riflessiva e autoriflessiva dello scrittore umanista e cristiano.

La necessità di agganciare la letteratura alla vita e al pensiero determina l’attenzione di Pomilio per un «Rinascimento inquieto», come lo definisce nel suo intervento Elisabetta Selmi. Insofferente di gabbie ideologiche che ostacolano al tempo stesso la creatività e la convivenza tra gli uomini, Pomilio è attratto da Benvenuto Cellini, vitalistico e sanguigno ma devoto al culto quasi religioso dell’arte, e da Erasmo da Rotterdam, scrittore-pensatore e inascoltato profeta della tolleranza nella stagione che segna la cruenta frattura all’interno della cristianità europea.

Scrittore per eccellenza, Alessandro Manzoni rappresenta, come dimostra Fabio Pierangeli, un termine costante di confronto per il narratore Pomilio come per il saggista. Il primo offre, con Il Natale del 1833, il ritratto di un autore tutt’altro che pacificato nella sua fede di fronte alla difficile giustificazione del dolore personale, a specchio del male nella storia che campeggia nel romanzo capolavoro e nella Colonna infame. Il secondo coglie la differenza tra la visione manzoniana e quella dei narratori della stagione verista, in un contesto sociale e ideologico nel quale cade la speranza manzoniana nella pietas e nella trascendenza.

Il fastidio per la letteratura intesa come otium, certo di matrice manzoniana, è alla base della cospicua attività giornalistica di Pomilio, indagata da Paola Villani, che riconosce in questi scritti la fusione delle due passioni dell’autore, quella narrativa e quella critica, saldate nel suo «impegno totale»: la rassegna dei suoi interventi consente, così, di seguire da un lato le letture dello scrittore, dall’altro di verificare il costante confronto con la cultura a lui contemporanea.

Tra i poli della filologia e della filosofia si colloca l’intervento di due giovani studiosi del Piemonte Orientale, Carlo Alessandro Caccia e Gioele Cristofari, che verte sulla scelta di interventi critici pubblicata nel 1967 da Pomilio nel volume intitolato Contestazioni (un termine che di lì a poco risuonerà spesso nel movimento del Sessantotto): in effetti, il nostro autore appare un critico controcorrente, ad esempio quando coglie nelle scritture della neoavanguardia le persistenza del detestato naturalismo; ma la sua critica è sempre propositiva, e soprattutto rifugge da schematismi metodologici, sicché può trarre spunti fecondi da Lukács come da Wittgenstein.

In effetti, nella sua giovanile fase socialista come in quella cristiana della maturità, la ricerca di Pomilio investe la sfera etica e valoriale piuttosto che quella dottrinale: lo confermano gli Scritti cristiani esaminati da Giuseppe Langella, il quale li accosta al capolavoro narrativo del Quinto evangelio, confermando una volta di più la stretta connessione, nella scrittura e nel pensiero di Pomilio, tra ragioni narrative e saggistiche. Langella pone l’accento sull’importanza che Pomilio attribuisce alla «parola», nella sua tensione verso una superiore Parola: in tal senso risulta emblematica la «filologia fantastica», come qualcuno la chiamò, attraverso la quale Pomilio si accosta a una Parola che deve farsi vita, tant’è che la lunga inchiesta del protagonista sulle tracce inafferrabili del Quinto vangelo si conclude appunto con l’agnizione che il testo misterioso non è che l’insieme dei vangeli trasformati in azione vitale e tensione spirituale.

Non è difficile enucleare un comun denominatore di questi interventi: tutti concordano sulla dinamica unitaria, nell’opera e nel pensiero dello scrittore, tra vocazione narrativa e passione saggistica. Per la sua opera, all’inizio di questa prefazione, ho usato l’aggettivo “poliedrico”: che potrebbe precisarsi nell’immagine di un cristallo, di un diamante ben tagliato; il fascio di luce recato da questi studi illumina la faccia del saggista e del critico, ma il raggio penetra nel cristallo e si rifrange nelle altre facce di uno scrittore singolarmente vario e singolarmente unitario.

(fasc. 49, 31 ottobre 2023)