Un Delleani, «Sagra di San Barnaba», un Bozzalla, un acquerello di Tavallini, un documento storico del 1564 ornano le pareti della sala comunale di Pollone[1], arredata in Settecento veneziano bianco-azzurro. Un lusso che non deve stupire: Pollone è stato nell’ultimo secolo e mezzo patria e luogo d’elezione di grandi personalità della vita culturale italiana. Il calendario delle onoranze ricorda fra gli altri i fratelli De Agostini, geografi, il matematico Billotti, l’architetto di Casa Savoia Giovanbattista Piacenza.
Sono pure pollonesi il paesaggista Delleani e il senatore Alfredo Frassati, qui sepolto col figlio Pier Giorgio, simbolo del movimento studentesco di azione cattolica italiana. Per decenni sono venuti a ritemprarsi a Pollone Benedetto Croce e Gustavo Colonnetti, lo scienziato scomparso nel marzo scorso. Di tutti ci sono parenti e case. Strade e monumenti sono dedicati alla loro memoria. Di Delleani c’è un bronzo di Bistolfi che ne fu amico.
Tutti hanno amato e sono stati munifici con Pollone. Frassati ha donato l’asilo, la scuola elementare, la casa di riposo e un lascito di 290 milioni. Colonnetti ha dotato il paese di una biblioteca con 8000 volumi, alcuni rarissimi. Infine, il parco nazionale della «Burcina» è una delle più grandiose benemerenze della famiglia Piacenza che ha dato al paese generazioni di sindaci e di personalità e che possiede il più antico lanificio del Biellese.
Perché questa predilezione per Pollone? La risposta è una: è l’angolo più suggestivo del Biellese, una terra dove la natura si è fermata a ricamare movimenti di linee e di pendenze che ha interamente coperto di verde e di fiori. È una vegetazione incredibilmente varia che si insinua fra casa e casa, conferendo al paesaggio un aspetto sparso e riservato e trova i suoi punti più belli nel parco della Burcina: una collina di 50 ettari che si eleva per 250 metri con 4 chilometri di viali ombreggiati da faggi, conifere, cedri, sequoie e tuje. Tutta la flora dei laghi è qui rappresentata: magnolie, azalee, camelie. Ma il pregio e la rinomanza del parco, sono le grandiose collezioni di rododendri dell’Himalaya e del Caucaso.
Lungo i viali della Burcina, presso le sponde del suo laghetto e più su, sino alla torre dell’astronomo Schiapparelli o al pianoro, da cui è stata calcolata una delle più lunghe distanze visive dell’Europa: dal Monviso all’Adamello, si è consolidata l’amicizia fra Croce e Colonnetti. I pollonesi hanno imparato a rispettare il loro desiderio di quiete, sino a fare del riserbo una regola di vita.
È gente sveglia, facile all’ironia, amante del bello e della cultura. Quando vuol respirare una ventata di raffinatezza e di storie va a conversare con Maria Tacchini Delleani, la novantenne decana, nipote del pittore, o con suor Maria Teresa Fossati, poetessa, dell’ordine delle Rosminiane. Della biblioteca si servono nella stessa misura studenti e contadini. Ed è certamente il regalo più prezioso che Colonnetti potesse far loro. Di lui parlano con commozione. Li conosceva tutti, uno per uno. Ricordano la sua carica umana, il suo umile, raccolto avvicinarsi alla balaustra per la Comunione.
I bambini delle elementari hanno così parlato dell’ultimo incontro: «Mi ha accarezzato i capelli e mi ha detto ciao». «Mi ha salutato e mi ha detto: vieni, andiamo a prendere il the». Puntualmente Colonnetti, aiutato dalla signora Laura, teneva o faceva tenere seminari e corsi di lingue. Pollone si chiede ora quale sia il modo più affettuoso e più degno per ricordarlo. Lo farà attraverso la sua fondazione «Alberto Colonnetti», certo di fargli cosa grata[2].
- Dalla trasmissione dedicata a Pollone dal «Gazzettino del Piemonte» del 12 aprile 1968; riprodotto per la gentile autorizzazione della RAI [nota presente nel volumetto alla fine del titolo del contributo]. ↑
- Si ringrazia la Dottoressa Maria Ametis, Vice-Presidente della Biblioteca comunale “Benedetto Croce” di Pollone (BI), per averci concesso di riprodurre queste pagine estratte dal volume Gustavo Colonnetti …per chi lo conobbe, Pollone, a cura della Fondazione “Alberto Colonnetti”, 1973, pp. 89-90. ↑
(fasc. 43, 25 febbraio 2022)