«Una rapinosa infilata di porte»: Angelo Maria Ripellino ed Ettore Lo Gatto

Author di Gabriele Mazzitelli

«Ripellino sta a Lo Gatto, come Chlebnikov sta a Puškin»

(Sante Graciotti)[1]

In una delle scene finali di Roma città aperta al prete che cerca di confortarlo prima che venga fucilato, Don Pietro, il personaggio interpretato da Aldo Fabrizi, dice: «Non è difficile morire bene, vivere bene è difficile». Tornano alla mente i versi finali della poesia di Majakovskij A Sergej Esenin: «In questa vita / non è difficile / morire. / Vivere / è di gran lunga più difficile». Chissà che non sia stato Celeste Negarville, che collaborò alla sceneggiatura del film e che poteva conoscere i versi di Majakovskij, ad aver suggerito questa battuta.

Le riprese di Roma città aperta iniziarono nel gennaio del 1945. In quello stesso mese[2] Angelo Maria Ripellino discuteva con Ettore Lo Gatto la sua tesi di laurea sulla poesia russa del Novecento. «Insieme – ha ricordato Riccardo Picchio – avevamo scoperto, durante la guerra, una modesta stanza alla facoltà di lettere dell’università di Roma, dove i nostri maestri di slavistica illustravano a uno sparuto gruppo di studenti le civiltà letterarie di quelle che, sotto il fascismo erano per la maggioranza degli italiani ‘l‘Europa proibita’»[3].

Lo Gatto era stato trasferito alla “Sapienza” da Padova il 29 ottobre 1941 – al rientro dal lungo soggiorno praghese, durato ben cinque anni, durante i quali aveva insegnato italiano all’Università Carlo e diretto l’Istituto italiano di cultura –, trasferimento che sarà revocato da un Decreto Ministeriale del 18 luglio 1945 per un difetto di forma, ma che verrà poi confermato in data 9 novembre 1945, consentendo a Lo Gatto di proseguire il suo insegnamento alla “Sapienza”.

Non è facile immaginare come si svolgesse la vita universitaria in quegli anni di guerra[4]. Eppure, dai ricordi dei suoi compagni di studi, malgrado il conflitto, la fame, la borsa nera, le retate dei tedeschi durante i 271 giorni dell’occupazione nazista e i bombardamenti alleati, sembra che Ripellino, al pari degli altri studenti della sua età, riuscisse a vivere una sua, seppur precaria, normalità. Pietro Scoppola, più giovane di Ripellino di tre anni, ricorda «una università bombardata con alcune aule impraticabili, ma viva di interessi e di speranze»[5]; Mario Pirani testimonia che l’«inverno 1944-45, il primo dopo la Liberazione, Roma era fredda, povera, e, malgrado tutto, fervida di vita»[6]. Ed Enzo Forcella non ha dubbi a sostenere: «Ecco un aspetto di quegli anni e di quella generazione che oggi è difficile capire: la centralità che la letteratura aveva assunto nel romanzo di formazione dei giovani dell’epoca»[7].

Dopo il bombardamento di San Lorenzo del 19 luglio 1943, per più di 50 volte la città, dichiarata “aperta” unilateralmente da Badoglio, fu oggetto di raid aerei con un bilancio che si stima in almeno 7000 morti. Il 18 marzo 1944 anche la casa di Lo Gatto, che all’epoca abitava in via Messina, una traversa di via Nomentana molto vicina a Porta Pia, subì dei danni. Ricorda Umberto Zanotti Bianco che il 21 marzo andò a trovarlo per sincerarsi che stesse bene:

Sono poi stato da Lo Gatto, anche via Messina è stata colpita. Lo trovo sofferente a letto nell’unica camera che ha conservato i vetri. Sta rimettendo alle finestre i vetri della sua libreria. Uno spezzone è passato attraverso il muro, gli ha bucato alcuni libri della biblioteca che sembrano mangiati dai topi, ed è uscito dall’altra parte della casa traversando pure il corridoio. È molto calmo. Prevede che fra poco lo collocheranno a riposo non essendo giovane; ma si tratterà di breve tempo. Continua a leggere i suoi libri e aiuta come può gli amici[8].

Non sappiamo se Ripellino abbia aderito allo sciopero indetto dagli studenti nel gennaio 1944 a causa di una «circolare del Rettorato che escludeva dagli esami gli studenti sprovvisti ‘del biglietto comprovante l’avvenuta presentazione al distretto militare’»[9], ma di sicuro in quei travagliati anni universitari di guerra, come ha scritto Michele Colucci, «Allievo di Ettore Lo Gatto, Giovanni Maver, Enrico Damiani, Ripellino aveva appreso da questi maestri quale lavoro di preparazione, di raccolta e vaglio di dati presupponga la storiografia letteraria»[10]. Se Damiani aveva guidato Riccardo Picchio a orientarsi nello studio della bulgaristica, emulo di un altro suo brillantissimo alunno, Luigi Salvini, Lo Gatto non poteva non cogliere il valore e l’eccezionalità di Ripellino e subito nacque tra discepolo e maestro un rapporto speciale. In una lettera a Lo Gatto datata 20 novembre e con ogni probabilità ascrivibile al 1961, anno in cui Ripellino lo sostituì sulla cattedra di russo alla “Sapienza”, si legge:

Sono passati ormai fugacissimamente anni e anni, quasi secoli, da quando ascoltai la sua prima lezione. E provo una strana vertigine se penso che, ecco, la sorte e la volontà mi affidano ora il compito di continuare la sua magnifica fatica. Allora eravamo tutti e due più giovani, ma in me tutto era nebbioso ed incerto e, benché non sprovveduto, ero ancora di quelli per cui Omsk e Tomsk sono puri suoni, come Zanzibar o Guadalquivìr. Fu lei ad aprirmi una rapinosa infilata di porte che davano su incantevoli lontananze, fu lei a rivelarmi le immagini, i nomi, i filtri d’un mondo che doveva affascinare la mia fantasia per sempre. E tutto questo era tanto più attraente in quanto mi si offriva, non solo nella luce dell’intelligenza e della scoperta, ma anche con quel calore umano, con quel fervore poetico, di cui sentivo soprattutto bisogno. Quella poesia, quell’umanità premurosa non si sono mai spente nel carosello degli anni (di anni per me spesso difficili)[11].

Nel cementare il rapporto tra il giovane studioso e il suo maestro, svolge un ruolo fondamentale la biblioteca di Lo Gatto che, in una lettera più tarda, Ripellino definirà «una miniera di re»[12], ricordando di quando, da ragazzo, andava a consultarla. C’è da suppore che già i riferimenti bibliografici presenti nell’articolo dedicato a Blok, che Ripellino pubblica sul fascicolo 8 di «Maestrale» dell’agosto 1942[13], e in quello su Annenskij, uscito sulla stessa rivista nel 1943[14], siano debitori di visite a casa Lo Gatto, e non può non stupire come Ripellino conosca la critica russa e non ancora ventenne la maneggi con tanta sicurezza[15]. Come è noto, sarà su sollecitazione di Lo Gatto, tornato a dirigere il locale Istituto italiano di cultura nell’immediato dopoguerra, che Ripellino si recherà a Praga. Ed è inutile sottolineare quale importanza avrà nella sua vita l’incontro con la capitale boema.

Le pubblicazioni di Ripellino del 1945 si muovono tutte nel solco della sua esperienza universitaria[16]. Lo Gatto lo coinvolge in iniziative editoriali quali Russia, edita da De Carlo – un numero monografico il cui titolo richiama volutamente e nostalgicamente la rivista che lo slavista aveva diretto dal 1920 al 1926 – e «La cultura sovietica», rivista della neonata Associazione per i rapporti con l’URSS[17]. Ma lo stesso può valere anche per le traduzioni di tre poesie di Pasternak apparse sul secondo quaderno di «Poesia», diretta da Enrico Falqui. E non è da escludere che siano stati Maver o Damiani a procurargli la collaborazione con la rivista «Iridion. Quaderni di cultura», edita sotto l’egida dell’Ufficio Cultura e Stampa del Secondo Corpo d’armata polacco[18].

Nel 1946 esce, nella collana «La Civiltà Europea» edita da Sansoni, che già aveva ospitato nel 1942 la Storia della letteratura russa, il primo volume della Storia della Russia di Lo Gatto. Ripellino lo recensisce su «La fiera letteraria»:

Qualcuno si meraviglia della varietà di interessi che Ettore Lo Gatto dimostra, passando dalla letteratura alla storia, dall’arte all’economia della Russia. Ma in realtà la trilogia (Storia della letteratura, Storia politico-sociale, Storia del teatro) che egli va pubblicando per i tipi della casa Sansoni, oltre che essere il frutto di vent’anni di studi intensi, risponde ad un unico piano che pone sotto la stessa luce fatti e figure di materie diverse. Fondamentalmente letterato, il Lo Gatto vede in una cornice letteraria anche gli avvenimenti storici che spesso appaiono addirittura come il felice pretesto per l’opera d’uno scrittore[19].

Il giovane recensore non si fa remore a proporre anche un accenno critico:

Un’opera così impegnativa (e ne uscirà presto il secondo volume) non può certo mancare di incongruenze, nonostante la preoccupazione del Lo Gatto di mantenere un equilibrio tra i diversi periodi. Per citare a caso due esempi, avremmo preferito una maggiore ampiezza nella trattazione della politica estera e della personalità di Caterina II o in quella delle manìe militaresche di Paolo I[20].

Nel 1947 Ripellino è a Praga mentre si svolge il primo Festival mondiale della gioventù: Mario Pirani, all’epoca esponente del partito comunista, ha il compito di organizzare gli eventi della delegazione italiana e si rivolge a Ripellino

che aveva allora 24 anni e si era iscritto individualmente al festival per raggiungere il suo maestro Ettore Lo Gatto, grande slavista, direttore dell’Istituto italiano di cultura a Praga. Ripellino mi illustrò il grado di sofisticatezza della intellighenzia cecoslovacca e l’opportunità che ci era data di trasmettere una visione non provinciale della cultura italiana sia ai praghesi sia alle delegazioni degli altri paesi. […] Ripellino mi aveva suggerito di dedicarmi soprattutto al teatro e alla musica, se volevo incontrare i gusti e la sensibilità degli spettatori slavi[21].

E così Luigi Squarzina mise in scena al Teatro di Královské Vinohrady L’uomo e il fucile di Sergio Sollima con un cast che comprendeva tra gli altri Achille Millo, Arnoldo Foà, Tino Buazzelli e una giovane attrice Rossella Falzacappa, che in seguito adotterà il nome d’arte di Rossella Falk. La regia di Squarzina fu un successo tale che si aggiudicò tutti i premi in palio[22].

Nel 1950 non è, di certo, un caso se l’articolo di Ripellino che celebra su «La fiera letteraria» i sessanta anni di Lo Gatto si intitola Tra Puskin e Mácha:

Trent’anni fa, quando gli studi di slavistica erano da noi pressoché sconosciuti e di essi ci giungeva eco attraverso fonti straniere, Ettore Lo Gatto seppe dar inizio a una tradizione alla quale è rimasto fedele con un’ostinazione e un fervore che denotano un temperamento singolare. Pochi hanno la sua facilità creatrice, il suo sangue freddo di artigiano. Chi gli è stato a lungo vicino, sa com’egli possa entusiasmarsi a un fuggevole accenno, a un minimo suggerimento e svilupparlo con uno slancio che non conosce dubbi né ostacoli. Guerre e incomprensioni non hanno scoraggiato questo entusiasmo. Noi, in verità, non sapremmo prodigarci in tal modo. Egli vive nella cerchia di spiriti ch’egli stesso si è formata, con una dedizione mai corrosa da scetticismo, in una favolosa biblioteca, tra cosacchi di bronzo e fantocci paffuti di Trnka. […] Quel che sorprende nelle indagini critiche, nelle sintesi storico-letterarie, nei profili di Ettore Lo Gatto è l’ampiezza degli interessi, il continuo contrappunto d’arte e letteratura. Il vigore analitico dello studioso s’incontra e tempera in lui con la prontezza e la vivacità del giornalista. Un moto di giovinezza pervade i suoi gesti letterari[23].

E conclude: «Il sessantesimo compleanno trova Ettore Lo Gatto nel pieno della sua attività, sempre rivolta, anche in tempi oscurissimi, a creare le basi per un avvicinamento spirituale dei popoli»[24].

Nel 1953 «Ricerche Slavistiche», la rivista fondata l’anno precedente da Giovanni Maver, ospita due scritti di Ripellino: Del teatro popolare russo[25] e la recensione alla Storia del teatro russo di Lo Gatto[26], edito sempre da Sansoni nel 1952:

La Storia del Teatro russo conclude quel trittico di libri in cui, con la pazienza certosina e con l’appassionata dedizione di coloro che il moderno poeta céco Otokar Březina chiamò «costruttori di templi», Ettore Lo Gatto ha raffigurato lo svolgimento della cultura di Russia dalle origini ai nostri tempi. […] Per vastità di concezione e per abbondanza di particolari, la Storia del Lo Gatto supera quanto s’è scritto sinora sul teatro russo in Occidente e forse anche in Russia. […] Questa Storia, […] resterà come una miniera inesauribile per tutti gli studiosi di teatro e come un vanto della nostra slavistica[27].

Di sicuro il Ripellino docente a Bologna e poi al Magistero a Roma continua un dialogo ininterrotto con il suo professore [28]: quando Lo Gatto il 27 maggio 1956 visita Pasternak, non ha dubbi a suggerirgli Ripellino come possibile traduttore del Dottor Živago, sottolineando che si tratta non solo di un valente studioso, ma anche di un poeta[29].

Divenuto a metà degli anni Cinquanta consulente dell’Einaudi[30], Ripellino non può, però, stemperare più di tanto le critiche di Calvino che, in una lettera del 12 febbraio 1959, lo informa, senza nascondere il suo disappunto: «Stavamo per pubblicare il Platonov di Cecov tradotto da Lo Gatto, ma è una traduzione così sgangherata che avrà bisogno di un’attenta revisione. Lo Gatto ha fatto anche una lunga prefazione; noiosa e inconcludente»[31].

Ripellino gli risponde:

Mi rattrista quello che dici del Platonov. Purtroppo Lo Gatto, è amaro ripeterlo, non migliora con la vecchiaia. Anzi il ritmo del suo lavoro è diventato più veloce. La media è adesso di un volume ogni venti-venticinque giorni, e sono sempre più voluminosi. C’è una spettrale dattilografa che lavora solo per lui, e non so chi dei due sia più svelto. Anche a copiare dai libri degli altri è necessario un certo tempo, ma la meccanicità è ormai tale, che si può parlare di pura magia[32].

In effetti, la produzione di Lo Gatto in questo scorcio di fine anni Cinquanta è davvero impressionante: cura per la collana di Mursia «I grandi scrittori di ogni paese» le opere in più volumi di Puškin, Dostoevskij e Turgenev; esce la Storia della letteratura russa contemporanea per la Nuova Accademia nella fortunata collana «Thesaurus litterarum»; cura per Bompiani I protagonisti della letteratura russa dal XVIII al XX secolo, un’antologia di profili critici di scrittori russi. E anche il Platonov, oggetto delle critiche di Calvino, viene pubblicato con una manchette editoriale che la presenta come la prima traduzione integrale. Peraltro, fra il 1959 e il 1960 Lo Gatto darà alle stampe due dei suoi libri più importanti: Il mito di Pietroburgo e Puškin. Storia di un poeta e del suo eroe. Quest’ultimo sarà recensito da Ripellino su «L’Europa letteraria»:

Accusato di tenere un atteggiamento negativo nei confronti di Puskin, Majakovskij scrisse in una sua lirica del 1924, rivolgendosi al grande poeta dell’Ottocento: «Io vi amo, ma vivo e non mummia». Queste parole ci sono venute in mente nel leggere la densa biografia di Puskin pubblicata da Ettore Lo Gatto, biografia nella quale l’autore dell’Onegin appare straordinariamente vivo, umano, moderno e, per usare un’altra espressione di Majakov­skij, senza il «lucido delle crestomazie».

Pur rilevando «qualche forzatura negli schemi», Ripellino sottolinea:

Il Lo Gatto tiene in gran conto le digressioni puskiniane (che sono, a nostro parere, l’ele­mento più vivo dell’Onegin) e trova in esse una serie copiosa di riferimenti auto­biografici. Il suo libro ha dunque la novità di procedere dall’opera letteraria verso la biografia e non in senso inverso, come di solito avviene.

E conclude:

La scorrevolezza del narrare, spesso avvivato da aneddoti e da agili descrizioni d’am­biente, si fa equilibrio con l’ampio inventario erudito indispensabile in un lavoro simile. Le vicende parallele di Puskin e del suo principale personaggio vi acquistano un sugge­stivo risalto drammatico. Così che la biografia del Lo Gatto non è solo un libro per “com­petenti”, ma per tutti coloro che amano la poesia e sono curiosi della vita dei poeti[33].

Nel 1961 Ripellino succede a Lo Gatto sulla cattedra di russo della Sapienza:

Voltandomi indietro, vedo che gran parte della mia vita è lì, nel suo studio, a frugare tra i suoi libri, a discorrere con lei, ad ascoltare i suoi progetti e i suoi crucci. Man mano che si approfondiva la mia conoscenza delle cose russe e slave, più cresceva il mio attaccamento. Sì, io volevo esser diverso, tentare altre strade, trovare come Treplev nuove forme, tuffarmi da acrobata in mosaici e rompicapi a lei estranei, ma la mia ricerca, i miei esperimenti avevano le radici nella sua immensa e abbagliante fatica, nei mille viottoli della sua opera-labirinto, nelle sue invenzioni di poeta. Il maggiore incentivo all’esperimento mi veniva appunto dal clima di libertà culturale, di apertura senza schemi né pregiudizi, che lei stesso e i suoi scritti mi suggerivano. Ma tutto il lavoro comune, tutto il brulichìo sotterraneo di impulsi e di idee, che nasceva dai nostri incontri e discorsi, sarebbero poco senza la tenerezza, la comprensione, il fervore che ci ha legati in questi lunghi e brevissimi anni. Nell’esprimerle adesso una gratitudine senza retorica, voglio dirle che sarà questo affetto a guidare la mia attività futura, perché viva e fiorisca col ricordo di lei e nel suo nome ciò che lei ha costruito con passione e entusiasmo. Spero che Dio mi darà, per esser degno di lei, almeno un briciolo della sua dedizione, della sua semplicità, della sua irrequietudine, della sua giovinezza[34].

Continuità nella diversità: sembra essere questa la cifra che contraddistingue il loro rapporto. Un filo lega Majakovskij e il teatro russo d’avanguardia del 1959 e Il trucco e l’anima che vincerà il Premio Viareggio nel 1965 alla Storia del teatro russo di Lo Gatto che il Viareggio lo aveva vinto nel 1960 con il libro su Puškin. Certo Ripellino ha fama di rifuggire dall’Accademia tanto quanto Lo Gatto si era dato da fare per entrarvi. Hanno caratteri diversi: gioviale il maestro, l’eloquio facile, il desiderio di comunicare; riservato, apparentemente timido l’alunno, si direbbe quasi distaccato se non fosse che in realtà sembra nascondersi ed è continuamente in cerca di vicinanza e comprensione, come testimonia la poesia 29 di Notizie dal diluvio:

Grande era in me l’invidia per i liberi,

quando non sfioravo la terra, perché mi portavano

come un re malato in un palanchino,

quando il Signore si rivelava volubile,

come un barometro pazzo, quando ero scontento,

come l’asino che porta il vino.

In quel tempo di turbini e di nubi,

di contumelia e rancura l’Angelo della Morte

scese sul mio patibolo a darmi occhi diversi,

perché nello sfacelo e nella mala sorte

con altre pupille, frantumi di specchio celeste, io scorgessi

la caparbietà del miracolo e l’orrore del gretto

equilibrio dei sani e la nobile, ahimè, poesia del soffrire.

Ma a che mi serviva questa veggenza cerimoniale,

se io avevo sete di vita banale

di ruvide cose, di semplice affetto?[35]

Gli anni Sessanta sono anni cruciali: l’impegno didattico alla Sapienza, la recrudescenza della malattia di cui soffriva sin da giovane, la contestazione giovanile, la primavera di Praga, ma anche l’imporsi di Ripellino come poeta, critico, con una produzione giornalistica che è testimonianza della linfa vitale che lo attraversa, del desiderio di sconfiggere l’Angelo della Morte. Anche l’attività di Lo Gatto non conosce tregua. Ed entrambi non disdegnano di farsi divulgatori della letteratura russa presso il grande pubblico: Ripellino collabora con la Televisione italiana, mentre Lo Gatto con la Radio della Svizzera Italiana.

La stesura di Praga magica impegnerà Ripellino tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta. Il volume esce nel 1973. Il 12 ottobre Lo Gatto lo recensisce su «Il Tempo»:

Quasi un quarto di secolo fa fui io che feci conoscere Praga a Angelo Maria Ripellino, autore dell’originale libro – saggio-romanzo-poesia – Praga magica, pubblicato in questi giorni dall’editore Einaudi di Torino. Ho nella mia biblioteca uno degli esemplari numerati della prima opera del Ripellino Storia della poesia ceca contemporanea del 1950 con la dedica: “Al mio caro Ettore Lo Gatto, al quale debbo tutto nel campo delle cose slave: Mosca e Praga, Jecminek e Ivan, Macha e Pasternak”[36].

E prosegue:

Giusto, secondo me, dire Praga «arcana», cioè misteriosa, segreta, occulta, ma non giusto ritenere che da arcano, cosa cioè che non è possibile conoscere, derivino solo lugubrità e sfacelo. […] Voglio chiudere ricordando che il libro è il risultato di ben sei anni di lavoro e di una precedente preparazione che ha poche eguali; ma voglio aggiungere anche che esso ha voluto essere un requiem per una civiltà soggiogata e in sfacelo, chi scrive queste righe, che ha amato ed ama Praga, nella quale ha trascorso anni lieti, ha fede che dalla soggezione e dallo sfacelo la magica città risorgerà , perché nello spirito e nel cuore dei praghesi esistono tutti gli elementi intellettuali, morali e spirituali che ne sono garanzia. E Ripellino lo sa, come ci dice il suo «vi ritornerò»[37].

Ripellino il 14 ottobre 1973 lo ringrazia: «Carissimo Ettore, profondamente commosso, ti ringrazio dello splendido e affettuoso articolo, che ha riaperto in me abissi di ricordi. E poi hai colto certe minuzie, che altri recensori non avevano visto. Mi hai fatto un bel regalo e te ne sono grato»[38].

Escono nel 1976 I miei incontri con la Russia di Lo Gatto. È un libro di memorie, ma che traccia anche un bilancio della sua attività di studioso. Ripellino compare in queste pagine in più di un passaggio. Nel riportare un brano dell’articolo Tra Puskin e Mácha che il discepolo di un tempo gli aveva dedicato nel 1950 commenta:

Grato ad Angelo Maria per le sue parole, desidero testimoniare qui quanto egli sia modesto nell’affermare che non avrebbe saputo prodigarsi nel modo che a me riconosceva. Quanto egli si sia prodigato da quel lontano giorno sanno tutti coloro che (studenti e non studenti), amando la letteratura russa, sono stati confermati in questo loro amore dalle sue opere (traduzioni e saggi critici) che hanno reso familiari agli italiani i nomi di Blok, di Belyj, di Chlebnikov, di Majakovskij e di tanti e tanti altri[39].

Il 20 settembre 1976 Ripellino gli scrive:

Carissimo Ettore, ho accolto con gioia il tuo nuovo libro. Non solo mi ha avvinto per la felicità dei ritratti intagliati con un affetto intriso di malinconia, per la pienezza succosa dei suoi capitoli. Ma soprattutto mi ha commosso fino alle lacrime per le parole che mi dedichi: parole che hanno in me risvegliato un’onda di nostalgie, di ricordi di un tempo ahimè già lontano. Di quando, ragazzo, venivo da te a consultare la tua miniera di re, di quando mi aiutavi coi tuoi consigli e mi raccontavi delle tue esperienze. Gli anni sono fuggiti, la vita corre disperatamente. Ma tu hai saputo conservarti giovane in un mondo di sfaceli. Vorrei avere la tua saggezza, il tuo meraviglioso equilibrio, il tuo fermo sguardo. Grazie, Ettore. Sono contento di averti continuato[40].

Ma il 10 gennaio 1977 sarà costretto a rispondere negativamente all’invito a partecipare al Colloquio italo-sovietico su Puškin poeta e la sua arte che doveva tenersi a Roma:

Caro Lo Gatto, ringrazio l’Accademia dei Lincei e te per l’invito al convegno puškiniano. Volentieri vi parteciperei con un intervento sul Festino in tempo di peste, ma purtroppo nel momento presente non posso impegnarmi a causa di un forte esaurimento nervoso con agitazione psicomotoria che mi impedisce di lavorare. Oltre alle lezioni e agli articoli di teatro non riesco a far altro. E come prevedere il futuro a così lunga scadenza? Non posso sapere fino a quando durerà questo stato. Ti prego, perciò, benché a malincuore, di esimermi[41].

In quell’anno accademico 1976-1977 aveva iniziato le lezioni come al solito a dicembre, onde consentire anche agli studenti del primo anno di prendere confidenza con l’alfabeto cirillico. Il corso monografico era dedicato a Majakovskij. Fu un anno accademico molto travagliato. Il primo febbraio del 1977 l’Ateneo venne occupato e a seguire uno sciopero del personale non docente costrinse a una lunga interruzione delle lezioni, che ripresero solo ad aprile. Nel 1976 era uscito per Einaudi Lo splendido violino verde, forse la vetta più alta della sua produzione lirica[42]. In quel 1977 pubblicò, ma con Guanda, Autunnale barocco[43]. Le sue condizioni di salute si aggravarono. Nell’anno accademico 1977-78 tenne un’unica straziante lezione su Pasternak, al termine della quale lo vedemmo allontanarsi barcollante lungo il corridoio dell’Istituto di Filologia Slava come un uccello ferito, mentre l’aula in cui aveva tenuto la lezione grondava di lacrime. Secondo Cesare G. De Michelis,

Chi è stato di lui allievo […] negli anni universitari; chi ha poi continuato a ricercarne e a riceverne il consiglio, la lettura, lo stimolo intellettuale e umano, può facilmente venire indotto, oggi, ricordandolo, a sovrapporre e a confondere la consuetudine personale col contributo intellettuale; e devo dire non senza ragione, perché Ripellino sapeva non disgiungere la pienezza di quella cosa buffa che è la vita, dalla ricchezza del suo mondo poetico, dalla sua eccezionale dottrina di studioso, dal suo impegno (ingrato, ma quanto amato) nella ‘professura’, dalla testimonianza civile e politica, come nei giorni amari del ’68 praghese. E viceversa. La poesia era per lui vita; e come la vita, confina con la morte[44].

Posso testimoniare che la notizia della scomparsa di Ripellino si abbatté come un ferale macigno sugli studenti dei corsi di Lingua e letteratura russa che, travolti dall’onda di un’emozione sincera, parteciparono ai suoi funerali, ai quali era presente anche l’ormai quasi novantenne Lo Gatto: ne ho un ricordo preciso, ma che certo oramai scolora a distanza di più di quarant’anni. Era la prima volta che lo vedevo, mai immaginando i nostri incontri successivi. Indossava un basco e camminava ancora ben ritto, con passo abbastanza sicuro. Ma sembrava smarrito, avvinto da una solitudine senza conforto. Quasi avesse perso un figlio. Quando ci capitò di parlare di Ripellino, non esitò a definirlo il suo alunno prediletto.

Senza tema di smentita, Sante Graciotti ha sostenuto che «Ripellino, unus pro omnibus, lui morto e il migliore di tutti, è spiritualmente chiamato da me a testimoniare per tutti l’incidenza determinante di Lo Gatto sui caratteri della russistica italiana fino ai nostri giorni»[45].

Nell’Avvertenza alle Poesie di Pasternak, edite da Einaudi nel 1957, Ripellino aveva scritto: «Pasternak rappresenta uno dei punti fermi della nostra vita»[46]: lo stesso vale per la sua figura di ineguagliabile poeta e studioso. La sua morte prematura, il 21 aprile del 1978, mentre il nostro paese viveva una delle pagine più tragiche della sua storia repubblicana, ci ha condannati a un doloroso e inconsolabile rimpianto.

Gabriele Mazzitelli

  1. S. Graciotti, A Lo Gatto il suo Istituto di slavistica di Roma, in Studi in onore di Ettore Lo Gatto, a cura di A. D’Amelia, Roma, Bulzoni, 1980, p. XXIII.
  2. Si veda A. Cosentino, La geografia lirica di Holan e Ripellino, in «Semicerchio. Rivista di poesia comparata», 64, 2021, n. 1, p. 3.
  3. R. Picchio, A Roma tantissimi anni fa, in «L’Espresso», 7 maggio 1978, p. 117.
  4. Se ne trova una ricostruzione in: M. Coccia, La città universitaria di Roma negli anni del secondo conflitto mondiale, in Atti e memorie dell’Arcadia, serie 3, 9 (1988-1989), 1: Studi in onore di Giorgio Petrocchi, pp. 221-56.
  5. P. Scoppola, Fra speranze e lotta per la sopravvivenza, in Roma 1944-1945: una stagione di speranze, Milano, FrancoAngeli, 2005, p. 57. Un documentario dell’Istituto Luce documenta i danni subiti dalla Città universitaria all’URL: https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL3000052291/1/la-citta-universitaria-bombardata.html.
  6. M. Pirani, Poteva andare peggio. Mezzo secolo di ragionevoli illusioni, Milano, Mondadori, 2012, p. 100.
  7. E. Forcella, La Resistenza in convento, introduzione di P. Citati, Torino, Einaudi, 1999, p. 176.
  8. U. Zanotti Bianco, La mia Roma. Diario 1943-1944, a cura di C. Cassani con un saggio introduttivo di F. Grassi Orsini, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 2011, pp. 172-73.
  9. E. Masini, Le scuole superiori romane nell’anno scolastico 1943-1944, in Roma durante l’occupazione nazifascista. Percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2009, p. 163. Secondo una testimonianza di Elio Filippo Accrocca, iscrittosi a Lettere nell’a.a. 1943-1944, «Alla fine del ’43 l’università fu chiusa, fu riaperta nel ’44 con la liberazione dai tedeschi»: in C. De Simone, Venti angeli sopra Roma. I bombardamenti aerei sulla Città Eterna, 19 luglio e 13 agosto 1943, Milano, Mursia, 2022, p. 205.
  10. M. Colucci, Angelo Maria Ripellino (1923-1978), in «Ricerche Slavistiche», 27-28 (1980-1981), p. 18. Sulla russistica alla Sapienza si veda R. Giuliani, La scuola di russistica della “Sapienza”: le personalità, i libri, il magistero, in «Ricerche slavistiche», LVI (X n. s.), 2012, pp. 221-32.
  11. Sono contento di averti continuato. Lettere a Ettore Lo Gatto conservate alla Biblioteca nazionale centrale di Roma. A cura di V. Bottone e G. Mazzitelli, con la collaborazione di P. Avigliano, Roma, Biblioteca nazionale centrale di Roma, 2020, p. 153.
  12. Ivi, p. 154. Sulla biblioteca di Lo Gatto rimando a G. Mazzitelli, «Una miniera di re»: la biblioteca di Ettore Lo Gatto, in Culture e funzione sociale della biblioteca: memoria, organizzazione, futuro. Studi in onore di Giovanni Di Domenico. Redazione a cura di A. Bilotta, Roma, Associazione italiana biblioteche, 2022, pp. 105-14.
  13. A. Ripellino, Blok, in «Maestrale», 2, 1942, n. 8, pp. 29-38. Questo e molti altri contributi critici di Ripellino sono stati raccolti in volume: A. M. Ripellino, Iridescenze. Note e recensioni letterarie (1941-1976), a cura di U. Brunetti e A. Pane, Torino, Aragno, 2020, 2 voll.
  14. A. Ripellino, Innokentij Annenskij, in «Maestrale», 3, 1943, n. 1-2-3, pp. 47-53.
  15. Quale ulteriore testimonianza dell’utilizzo da parte di Ripellino della biblioteca privata di Lo Gatto, si veda la nota che chiude il saggio introduttivo a Poesia russa del Novecento: «Desidero ringraziare il mio maestro, prof. Ettore Lo Gatto, che mi ha fornito, con la consueta generosità, gran parte delle raccolte poetiche, delle illustrazioni e dei materiali critici di cui è ricca la sua biblioteca. Ringrazio inoltre la signora Zoja Matveevna Lo Gatto, che mi ha aiutato ad intendere molti passaggi tortuosi, e il prof. Leonida Gančikov, per i suoi acuti suggerimenti»: in Poesia russa del Novecento. Versioni, saggio introduttivo, profili bibliografici e note a cura di A. M. Ripellino. Con 24 caricature originali, Parma, Guanda, 1954, p. CXI.
  16. Dopo che una prima bibliografia degli scritti di Ripellino era stata curata nel 1983 da C. G. De Michelis (Angelo M. Ripellino (1923-1978): bibliografia, a cura di C. G. De Michelis e con un disegno di A. Dell’Agata, Roma, s. n., 1983, 35 pagine), Antonio Pane nel corso degli anni ha ripetutamente pubblicato degli aggiornamenti, l’ultimo dei quali è uscito nel 2020: A. Pane, Bibliografia degli scritti di Angelo Maria Ripellino, in «Russica Romana», 27, 2020, pp. 87-133.
  17. Su questa rivista si veda G. Mazzitelli, «La Cultura sovietica»: una rivista dimenticata, in «Slavia», 22, 2013, n. 4, pp. 3-26.
  18. Si veda K. Jaworska, Contro la congiura del silenzio. Pubblicazioni in italiano del Secondo Corpo d’armata polacco, in «Poloniaeuropa», 2, 2011; cfr. l’URL: https://www.poloniaeuropae.it/pdf/Jaworska_contro-la-congiura-silenzio-OK.pdf.
  19. «La fiera letteraria», 25 settembre 1946, p. 4, ora in A. M. Ripellino, Iridescenze. Note e recensioni letterarie (1941-1976), a cura di U. Brunetti e A. Pane, Torino, Aragno, 2020, vol. 1, p. 149.
  20. Ivi, p. 150.
  21. M. Pirani, Poteva andare peggio. Mezzo secolo di ragionevoli illusioni, op. cit, p. 133.
  22. Si veda P. Puppa, Squarzina, Luigi, in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 93 (2018), all’URL: https://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-squarzina_%28Dizionario-Biografico%29/.
  23. A. M. Ripellino, Tra Puskin e Mácha (per i sessantanni di Ettore Lo Gatto), in «La fiera letteraria», 16 luglio 1950, p. 3; ora in Id., Iridescenze, op. cit., pp. 239-40.
  24. Ibidem.
  25. A. M. Ripellino, Del teatro popolare russo, in «Ricerche Slavistiche», 2, 1953, pp. 60-91.
  26. A. M. Ripellino, Recensione a E. Lo Gatto, Storia del teatro russo, Firenze, Sansoni, 1952, in «Ricerche Slavistiche», 2, 1953, pp. 210-12.
  27. Ibidem; ora in A. M. Ripellino, Iridescenze cit., p. 262 e p. 264.
  28. Per la biografia di Ripellino rimando al contributo pubblicato in due parti da A. Fo-A. Pane, Vita di Ripellino, in «Università di Siena, Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia», 10, 1989, pp. 109-30 e 11, 1990, pp. 217-40. Antonio Pane ha curato anche altri profili biografici in diversi volumi a cui ha collaborato.
  29. Lo scrive Pasternak a Feltrinelli a proposito della traduzione del Dottor Živago: «Assicurate all’opera una buona traduzione. Il signor Professor Lo Gatto a questo proposito mi ha fatto le lodi e ha raccomandato il poeta e traduttore Ripellino a Roma»: lettera citata in C. Feltrinelli, Senior Service, Milano, Feltrinelli, 2010, p. 122.
  30. Si veda A. Pane, Notizie dal carteggio Ripellino-Einaudi (1945-1977), in «Annali di Studi Umanistici», 7, 2019, pp. 191-264.
  31. Archivio Sorico Einaudi, Segreteria editoriale, Corrispondenza, Corrispondenza con autori e collaboratori italiani, mazzo 174/1, fascicolo 2577/1. Ringrazio Giulia Baselica che ha reperito gli originali sia di questa lettera sia di quella di Ripellino di risposta e me ne ha fatto avere copia.
  32. A. M. Ripellino, Lettere e schede editoriali (1954-1977), a cura di A. Pane, introduzione di A. Fo, Torino, Einaudi, 2018, p. 50.
  33. A. M. Ripellino, Una biografia di Puskin, in «L’Europa letteraria», 1, 1960, n. 3, pp. 183-84.
  34. A. M. Ripellino, Sono contento di averti continuato, op. cit., pp. 153-54.
  35. A. M. Ripellino, Notizie dal diluvio, Sinfonietta, Lo splendido violino verde, a cura di A. Fo, F. Lenzi, A. Pane e C. Vela, Torino, Einaudi, 2007, p. 43.
  36. E. Lo Gatto, Praga magica, in «Il Tempo», 30 (12 ottobre 1973), n. 279, p. 3. Riproduco la trascrizione corretta della dedica: «Al mio caro Ettore Lo Gatto, al quale debbo tutto nel campo delle cose slave: Mosca e Praga, Ječmínek e Ivàn, Mácha e Pasternàk». Ringrazio Valentina Longo, responsabile dell’Ufficio Catalogazione Manoscritto Antico della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, che me ne ha fatto avere copia.
  37. Ibidem.
  38. A. M. Ripellino, Sono contento di averti continuato, op. cit., p. 154.
  39. E. Lo Gatto, I miei incontri con la Russia, Milano, Mursia, 1976, p. 38.
  40. A. M. Ripellino, Sono contento di averti continuato, op. cit., p. 154.
  41. A. M. Ripellino, Sono contento di averti continuato, op. cit., p. 155.
  42. A. M. Ripellino, Lo splendido violino verde, Torino, Einaudi, 1976. Si veda la pregevole edizione critica curata da U. Brunetti: A. M. Ripellino, Lo splendido violino verde, edizione introdotta e commentata da U. Brunetti. Con due scritti di C. Bologna e A. Fo, Roma, Artemide, 2021.
  43. A. M. Ripellino, Autunnale barocco, Parma, Guanda, 1977.
  44. C. G. De Michelis, Ricordo di Angelo Maria Ripellino (1923-1978), in Premio città di Monselice per una traduzione letteraria, 8. Relazione della giuria e cronaca del premio. Atti del settimo Convegno sui problemi della traduzione letteraria. Aspetti della traduzione teatrale, Monselice, a cura dell’Amministrazione comunale, 1980, p. 33.
  45. S. Graciotti, A Lo Gatto il suo Istituto di slavistica di Roma, op. cit., p. XXIII.
  46. A. M. Ripellino, Avvertenza a B. Pasternak, Poesie, introduzione, traduzione e note di A. M. Ripellino, Torino, Einaudi, 1957, p. 11.

(fasc. 50, 31 dicembre 2023)