La questione centrale sulla quale Adriano Prosperi s’interroga nel suo ultimo saggio, edito nel gennaio 2021 da Einaudi per la collana «Vele», è pressappoco la seguente: può l’uomo contemporaneo considerarsi libero dal peso del passato?
La ricerca che da tale quesito prende il via prende strade tortuose e lunghissime, che s’intrecciano con varie e complesse riflessioni socio-politiche, filosofiche e letterarie. Fortunatamente, il discorso equilibrato e mai divagatorio del docente esperto non eccede mai nelle digressioni; pur offrendo molti spunti di approfondimento, tiene bene insieme i tasselli, giungendo a offrire una risposta convincente e un presagio per il futuro.
Con le sue 120 pagine, il libro risulta breve ma intenso. Il primo capitolo, intitolato Le intermittenze della memoria, ne costituisce quasi la metà. Al suo interno Prosperi introduce l’indifferenza nei confronti del passato quale grande problema culturale del presente, che affligge le ultime generazioni, dalla fine del secolo scorso all’inizio del nuovo millennio.
Il mancato o errato studio scolastico della storia, spesso a causa di insegnamenti inadeguati, misto alla presenza perenne della tecnologia nella nostra quotidianità, che ci rende individualisti schiavi dell’informazione frivola, costruisce una società senza memoria collettiva condivisa. Ciò può essere davvero pericoloso nei casi più estremi, come mostrano i movimenti filonazisti ancora presenti in Italia e Germania oppure i gruppi politici e i capi di Stato xenofobi, tornati recentemente alla ribalta. L’esempio citato di Liliana Segre, sopravvissuta all’Olocausto e alla prigionia nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, che non può nemmeno vaccinarsi senza ricevere insulti sui social o minacce di morte, chiarisce il discorso di quanto sia preoccupante una comunità che dimentica le brutture del passato.
Il secondo capitolo, Le intermittenze della storia, è invece un vero excursus storico. Esso riporta cronologicamente i diversi momenti, mondiali e specialmente europei, in cui i fatti e la letteratura hanno palesato la discontinuità della memoria rispetto alle epoche precedenti. Qui Prosperi può mostrare le proprie approfondite conoscenze sull’età moderna; in passato, sempre per Einaudi, ha infatti pubblicato note opere saggistiche quali Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari (I ed. 1996) e Il Concilio di Trento: una introduzione storica (2001). La Storia è definibile come una successione di rapporti oppositivi fra gruppi, idee, nazioni. Conseguentemente la storia, nel senso di storiografia, è stata spesso lo strumento asservito al sistema di potere di uno Stato per imporre una Weltanschauung che lo supportasse o che almeno non fosse in aperto contrasto col sistema stesso.
L’analisi dello storico giunge, pertanto, nel Capitolo terzo a soffermarsi sui totalitarismi, che più drasticamente hanno mirato a cancellare qualsiasi opposizione, distruggendo coloro i quali, di volta in volta, si identificavano come i nemici della patria, assieme ai bagagli culturali di cui erano portatori. Certamente, secondo la tesi di Nolte, dimenticare può essere proficuo per voltare pagina, per andare avanti, per consentire alla storia di procedere verso il progresso, senza legarsi al passato come fosse una zavorra. L’umanità però, come afferma Prosperi, non è pronta all’oblio del passato finché continua a commettere gli stessi errori.
Emblematico è, a tal proposito, l’esempio apportato da Prosperi riguardante le migrazioni da e per l’Italia. Il popolo italiano – o almeno una sua parte troppo cospicua – ha dato negli ultimi anni prova di una grave dimenticanza, non essendo stato in grado di immedesimarsi nella situazione disperata dei migranti provenienti dal continente africano, troppo spesso giudicati negativamente e insultati. Nell’arco di una manciata di generazioni risulta, quindi, già scomparsa la memoria delle fatiche e delle umiliazioni cui gli stessi italiani furono sottoposti durante le migrazioni dello scorso secolo, dirette verso il Sud o il Nord America. Questo fattore non consente ai più di vedere il cupo scenario che l’autore prospetta per il futuro, ovvero quello di nuove migrazioni in uscita dal nostro Paese, dove i ventenni si vedono la strada sbarrata in partenza.
Ecco che fondamentale e addirittura necessario si configura un recupero della conoscenza storica, in un mondo che mai come negli ultimi decenni è apparso così diviso pur essendo globalmente collegato, in una realtà mai così separatoria come quella dell’era post-Covid che stiamo attraversando. Il passato può indicare la via da intraprendere: esso è contenuto nel futuro in quanto memoria storica, e di questa tutti dovremmo avere coscienza.
(fasc. 38, 28 maggio 2021)