Recensione di Annie Ernaux, “Memoria di una ragazza”

Author di Teresa Strickner

«È stupido non poter sapere in quale momento si è più felici». Memoria di una ragazza (L’Orma editore 2017, trad. it. di Lorenzo Flabbi) è un romanzo di Annie Ernaux, scrittrice francese vincitrice del Premio Strega con l’altro capolavoro Gli anni (L’Orma editore 2015, trad. it. di L. Flabbi), protagonista ormai da tempo della scena editoriale francese e autrice scoperta, fortunatamente, negli ultimi anni anche in Italia.

Memoria di una ragazza sorprende Annie davanti a una vecchia foto scolastica, mentre cerca di far riaffiorare i ricordi di quella lontana estate del 1958, momento di crescita e di cambiamenti ma anche di vergogna e di totale negazione di ciò che è diventata. Annie, infatti, non si riconosce, non ha nulla a che fare con quella ragazza: si chiede se sia veramente lei.

Attraverso la foto entra nel ritratto, in quell’immagine che, dopo cinquant’anni, riesce a turbare tanto la protagonista, facendole riaffiorare sensazioni e pensieri che ormai aveva dimenticato: una «presenza reale», per citare le sue stesse parole.

L’autrice accompagna il lettore nel ricordo di un’estate carica di aspettative, passata nella colonia all’Orne come educatrice di bambini, ignara di quello che succederà in seguito; riaffiorano le prime esperienze di una giovane diciassettenne che, abituata alla presenza costante e quasi opprimente dei genitori, si affaccia a un mondo allo stesso tempo affascinante e insidioso. La ritroviamo in cerca di un’identità, di un ruolo e di un linguaggio con cui imporre la propria esistenza, tra le prime esperienze amorose che non sono all’altezza di quanto si aspetta (come un amore idealizzato per H, il capo educatore della colonia) e che la trascinano in situazioni di cui si sente vittima, forzata dal desiderio di farsi accettare e di adattarsi a un contesto del tutto nuovo per lei.

La vediamo condividere per la prima volta la stanza con un’altra ragazza, Jeannie, e prendere come modello di riferimento la tanto ammirata Catherine, bionda, accattivante e con un fisico perfetto, in grado di conquistare ogni persona accanto a lei: «Leggo il suo desiderio di ambientarsi, ma anche un costante timore di non esserne capace, di non poter mai raggiungere il modello dell’educatrice bionda». Quell’esperienza la trascinerà in un turbine di relazioni anaffettive, disturbi alimentari e volontà di totale indipendenza.

Viviamo passo dopo passo le sue scelte scolastiche, la sua sensazione di inadeguatezza rispetto al cammino intrapreso, la lenta affermazione di sé attraverso esperienze all’estero, dove si immerge in ambienti sociali diversi assieme ad R, «amica di gioventù» ritrovata alla Scuola Normale di magistero. Con lei condividerà timori e smarrimento, tipici dell’età che le due ragazze stanno vivendo.

Lo leggiamo nelle lettere spedite a Marie Claude, l’amica d’infanzia di Rouen, a cui cerca di raccontare ogni singolo dettaglio della propria vita, seppur con un certo timore di essere giudicata.

Tutto questo la porterà a instaurare un maggiore legame con il mondo che la circonda, fino al momento in cui, dopo aver raccontato di sé, la voce narrante non riuscirà finalmente a identificarsi con quella foto rispetto alla quale all’inizio si sentiva così estranea: «è me, sono lei».

Una scrittura diretta e fluida fa entrare nella storia, coinvolgendo il lettore anche in vicende di routine quotidiana che potrebbero capitare a chiunque. È un romanzo che, proprio per la forza che ha di rendere partecipi della vita della protagonista, comporta una sorta di rammarico e di tristezza quando termina il racconto. Si finisce per considerare Annie quasi una conoscente, dopo essere entrati nella sua vita, attuando una specie d’identificazione.

È, forse, la stessa sensazione di “addio” che si prova con Lenuccia dell’Amica geniale di Elena Ferrante, la rottura di un legame che ormai dava al lettore il diritto di considerarle parte della propria vita, grazie a una scrittura incisiva e coinvolgente. Il successo di una storia, infatti, probabilmente si misura nel desiderio di chi legge che il racconto non finisca mai: si viene indotti ad affrontare le pagine finali con la stessa esitazione che si prova negli ultimi momenti trascorsi con una persona cara, prima che parta per un lungo viaggio.

(fasc. 18, 25 dicembre 2017)

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