Mi spogliai senza fare rumore, entrai nel letto, abbracciai da dietro la sagoma tiepida di Chiara che respirava piano sotto le coperte e giurai a me stesso che mai e poi mai avrei raccontato quella storia1.
I corpi, la coppia, una storia da (non) raccontare. Buona parte degli elementi che compongono Nel cuore della notte sono già presenti in questa breve citazione.
Nel cuore della notte, in un paese tropicale non meglio definito, una coppia viaggia a bordo di una scalcagnata corriera in rotta verso un vulcano – non solo verso un vulcano, in realtà, ma verso l’incredibile spettacolo di sé che il vulcano offrirà all’alba. La ragazza, Chiara, presto si addormenta, mentre il ragazzo (il narratore) resterà intrappolato nell’ipnotico racconto del vicino di posto, un uomo più vecchio di lui, alcolista, con una densa voglia violacea che dall’occhio si estende fino alla narice.
Alcune storie iniziano ancor prima d’avere un incipit: la narrazione di questa «cupa Sherazade»2 è una trappola senza via di fuga già tutta contenuta nella fascinazione che il giovane nutre per lo sconosciuto, senza che i due si siano ancora scambiati una parola, e una birra. In un attimo, l’iniziale ritrosia dell’uomo si trasforma in un torrentizio impeto parolaio e, quasi senza interruzioni (o meglio, intrusioni), il lettore e il viaggiatore in ascolto vengono travolti da un turbinio di amore, lutti (uno indicibile e superabile, un secondo dicibile e anzi frutto di parole e insuperabile), dipendenze, sesso, poesia, corpi e politica.
«Bisognava scrivere sempre in questo spazio immobile, pensavo. Bisognava scrivere nel cuore della notte»3, spiega il giovane narratore, prima di lasciare la parola allo sconosciuto. Né, a questo punto, solo di scrivere nel cuore della notte si tratta, ma anche di raccontare. Così, i guasti alla corriera, i rallentamenti del traffico, gli incidenti, i cambi di mezzo acquistano un rilievo diverso da quanto inizialmente supposto e continuamente lamentato: non sono l’ostacolo che impedisce il raggiungimento di una meta magica, ma lo strumento stesso del compiersi della magia, l’unica concessa all’uomo, il racconto. Non è un caso che, all’apparire del sole, la storia cesserà e lo sconosciuto sparirà: l’uomo è esistito davvero? il suo racconto è un racconto reale, un sogno, un’allucinazione? È un racconto, ed è quanto basta.
Forse. Perché il grado di difficoltà aumenta. Se non possiamo essere sicuri della storia dello sconosciuto, ancor meno possiamo fidarci del ragazzo che la ascolta e la riferisce, nonostante la promessa a se stesso di non raccontare «mai e poi mai» quanto udito: «per farla breve, forse non era proprio il cuore della notte […]. Forse era invece un’ora qualsiasi, quindi ho alterato questo racconto a partire dall’inizio, ho già inquinato la verità»4.
In questo mondo esterno alterato, fatto di parole, si colloca un secondo mondo, anch’esso di parole, che non potrebbe trovare spazio altrove: la poesia. Nonostante (oppure, proprio per) i lutti, gli abbandoni, i disperati tentativi di ricongiungersi al proprio corpo nella ricerca sfrenata di corpi altrui, la poesia si ritaglia con prepotenza un posto, e con ancora maggiore veemenza manifesta il proprio potere, estremamente reale, di intervento, se non sulla società, sicuramente sulla vita delle persone. Lo sconosciuto, infatti, si rivela autore di un libro di poesie erotiche ispirate ad Anna, la donna amata perduta ritrovata, firma di punta del quotidiano «AntiGiornale» e brillante candidata del partito a esso legato, il “Partito dei NO”. Il circuito di politicanti perbenisti in cui si trova invischiata non potrà tollerare di essere rappresentato dalla Musa di un «grottesco pornografo»5, e la donna sarà condannata ad abbandonare entrambe le mansioni.
La poesia non è, dunque, “solo” poesia. E ha un proprio spazio, che è uno spazio sbagliato, fatto di fraintendimenti e illusioni e gogne e agonie. È una poesia esplicita e implicita (nella vita dei protagonisti, ma anche a livello del testo: numerose sono le citazioni dichiarate, così come le nascoste), è mito letterario per il giovane turista e rovina per lo sconosciuto. Inevitabile, la domanda posta al lettore: la poesia è più salvezza o distruzione? E, noi che leggiamo, siamo più salvi o distrutti?
(fasc. 21, 25 giugno 2018)