Esiste il legal horror? Sì. Eccolo servito dal terzo romanzo di Valerio Pappi. Non è un legal thriller alla Grisham né un noir horror alla Carrisi, ma un horror nel senso di Gillo Dorfles: un horror pleni.
Rispetto ai primitivi della Terra che popolavano un mondo ancora vuoto di senso e di segni, oggi noi siamo completamente schiacciati e saturati da segnali e comunicazioni. Li chiamiamo input, tutti quegli stimoli visivi, acustici, informatici (bit per bit) che dovrebbero consentirci di migliorare la nostra vita, facilitare le nostre scelte (sic!). Ma le scelte che ognuno dei personaggi del romanzo è chiamato a fare possono trasformarsi da difficili a indifferenti, se non inutili, proprio per questo “orrore del pieno”. Quando, però, si tratta di decidere tra la colpevolezza o l’innocenza di qualcun altro, siamo richiamati, per così dire, all’ordine.
Un romanzo da non sottovalutare per le sue nascoste implicazioni: ogni etica e quindi ogni scelta morale si fonda sull’antropologia che ha a disposizione e questa su un orizzonte più vasto (ammesso che lo si voglia guardare e si abbia un punto di osservazione favorevole). La crisi morale, la difficoltà di comprendere quale sia la scelta giusta è la prova più evidente della crisi antropologica (i personaggi sono tutti in un modo o nell’altro campioni rappresentativi di questa umanità che siamo) ed, evidentemente, del rifiuto di pensare più in grande. Su tutti spicca il personaggio di Don Gaetano, forse archetipo di questa confusione tra morale, umanità e plenitudine di nulla.
(fasc. 24, 25 dicembre 2018)