Conoscere un editore e intervistarlo è un’esperienza sempre stimolante per chi tratta di libri per professione e/o per passione. Incontrare però la passione altrui trasfusa senza incrinature nella sua professione, quella dell’editore appunto, è un’esperienza di vita e la conferma esaltante di un amore condiviso. Parlando con Isabella Ferretti, cofondatore di 66thand2nd insieme a Tomaso Cenci, è emerso lo spaccato di una piccola casa editrice indipendente che ha scelto una mission interessante: essere un «editore scrivente».
Come nasce la 66thand2nd? A cosa rimanda la scelta del nome?
Nasce dall’idea di offrire al pubblico italiano generi letterari radicati negli USA e in generale nel mondo anglofono. Mi riferisco alla letteratura sportiva e al Melting pot letterario, mai proposti prima in maniera sistematica da un editore italiano nell’ambito di un percorso coerente. 66thand2nd è un incrocio di strade a Manhattan[1. È l’incrocio tra la Sessantaseiesima strada e la seconda Avenue di Manhattan: n. d. r., come le successive.].
Insieme al nostro logo, che rimanda alla segnaletica stradale delle freeways americane, è un tributo agli Stati Uniti, il paese cui dobbiamo l’idea di creare la nostra casa editrice.
Come si è evoluto quel desiderio iniziale?
A sei anni dal lancio della casa editrice[2. La 66thand2nd, costituita nel 2008, è comparsa sul mercato nell’ottobre 2009. Cfr. anche il loro sito: http://www.66thand2nd.com/casa_editrice.asp.] ci sembra per il momento di essere riusciti a dare corpo a quella realtà editoriale che speravamo: un luogo letterario portatore di una visione individuale, caratterizzato da una Weltanschauung del tutto personale. Le nostre collane “storiche”[3. «Attese», dedicata alla letteratura sportiva, e «Bazar», dedicata al Melting pot letterario: entrambe sul mercato dal 2009.] sono i pilastri intorno ai quali abbiamo costruito questa identità forte e continuiamo a svilupparla.
«Attese» è la collana dedicata alla letteratura sportiva, genere che all’attivo vanta esponenti di prim’ordine (basti citare Don DeLillo o Murakami Haruki), ma che in Italia viene ancora considerata di nicchia. «Attese» mescola Budd Schulberg a Ben Markovits, David Storey ad Anthony Cartwright in un continuo guardare al futuro e tornare al passato per riscoprire autori non proposti prima in Italia, ovvero mai in quella veste.
Nel 2014, ad esempio, abbiamo pubblicato una raccolta di racconti di F. Scott Fitzgerald uniti dal denominatore sportivo: Fuori dai giochi i racconti della grazia, dell’agonismo e del corpo. Un’idea made in 66thand2nd che lega tredici short stories di un autore universale, secondo una lettura inedita che rilegge il rapporto con lo sport di F. Scott Fitzgerald, che non superò mai la cocente delusione di essere stato escluso dalla squadra di football di Princeton, la sua università.
Ci siamo spinti ancora più in là con Il giorno perduto, romanzo a due voci scritto da Gian Luca Favetto e Anthony Cartwright su proposta della casa editrice. Un fatto storico come la strage dell’Heysel si era imposto con forza alla nostra attenzione: una tragedia archetipale con i suoi trentanove caduti dello sport e i seicento feriti[4. Bruxelles, strage allo stadio Heysel: finale di Coppa dei Campioni, Juventus-Liverpool, 29 maggio 1985 ]. A trent’anni di distanza gli interrogativi sono ancora tanti, soprattutto su quella serie di atti arbitrari e senza senso compiuti dai tifosi del Liverpool. Di qui il desiderio di raccontare anche la prospettiva inglese su di un giorno che doveva svolgersi in un certo modo e che si è trasformato in un vuoto incolmabile, affiancandosi a tutti quei giorni perduti che albergano dentro di noi. Cartwright e Favetto hanno capito e sentito allo stesso modo, dando vita a un romanzo di formazione denso e lieve che commuove e rimane impresso: un nuovo esempio di narrativa europea e un modo nuovo e coinvolgente di fare letteratura. Il giorno perduto è l’elaborazione narrativa di un evento storico, noto a tutti, che restituisce al lettore la visione individuale, quella che il lettore aspettava e che lo spinge a ricordare il “suo” Heysel.
In un romanzo che Angelo Carotenuto descrive come «pieno di suggestioni […] che racconta il vuoto degli anni Ottanta, pieno di posti molto distanti ma molto uguali, di generazioni che hanno avuto in quel periodo magnifica musica, magnifici film e delusioni tremende»[5. A. Carotenuto, Destini incrociati e poi spezzati nella strage dell’Heysel, in «La Repubblica», 3 luglio 2015, p. 37 (anche online: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/07/03/destini-incrociati-e-poi-spezzati-nella-strage-dellheysel36.html).], ciascun lettore fa la letteratura insieme agli autori, seguendo l’avventura dei protagonisti, mescolando sensazioni e ricordi personali.
In questo consiste la missione di “editore scrivente”: sollecitare gli scrittori, metterli e mettersi alla prova per scrivere quelle pagine che sono un vero e proprio atto d’amore nei confronti del nostro pubblico.
Molti dei vostri autori sono stranieri. Come avviene l’incontro con loro?
Svolgiamo un’intensa attività di scouting anche grazie all’ottimo network che si è costituito attorno alla casa editrice. Il fatto di perseguire una linea editoriale ben definita ci aiuta molto nell’individuare gli autori 66thand2nd.
Con alcuni il rapporto diventa molto stretto, continuativo. Così è successo con Anthony Carthwrigt, ma anche con Alain Mabanckou, autore simbolo della collana «Bazar». Mabanckou è ormai un habitué di diverse altre collane, «B–Polar» e, nel 2016, «Attese», con un’antologia sul football africano, commissionata da 66thand2nd. Nel 2015 Alain Mabanckou è stato selezionato tra i cinque finalisti del Premio Strega europeo, dopo essere entrato nella decina del Man Booker International Prize.
Autori come lui, come Binyavanga Wainaina, Noo Saro Wiwa, Lola Shoneyin, Dany Laferrìre, rappresentano individualmente, ma soprattutto collettivamente, il punto di rottura degli stereotipi e dei preconcetti che un certo mondo occidentale nutre ancora nei confronti della letteratura che nasce in luoghi di cui sappiamo poco e di cui non conosciamo la realtà contemporanea.
Con un romanzo, L’estate del cane bambino, della collana «B-polar», avete concorso per l’ultima edizione del Premio Strega. Che bilancio avete tratto da quest’esperienza?
Estremamente positivo. Il libro ha avuto degli ottimi “presentatori”: Luca Nicolini, libraio della Coop Nautilus di Mantova e ideatore del Festivaletteratura, e Antonella Sabrina Florio, componente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Bellonci, in qualità di esponente della piccola industria. Insomma due garanti della qualità del prodotto dell’editoria indipendente che il Premio Strega sta cercando nella giusta luce. Il libro è un’opera prima, e gli autori hanno ricevuto molti complimenti, sia dalla stampa sia dagli addetti ai lavori. È stata un’esperienza che speriamo di poter ripetere.
Che rapporto avete con gli esordienti? Com’è articolata la loro promozione?
Le opere d’esordio italiane o straniere sono il nostro terreno d’eccellenza, la manifestazione più evidente del nostro progetto editoriale. Il rapporto con gli autori esordienti è decisamente intenso, in maniera premiante.
Gli autori, all’interno della casa editrice, sono di tutti e tutti, nei rispettivi ambiti, concorrono al lancio e alla promozione dei libri per un periodo che non è mai inferiore a un anno. La promozione migliore è naturalmente quella in cui l’autore si fa parte diligente e collabora alla buona riuscita dell’impresa. I nostri autori sono eccezionali anche in questo, e i risultati si vedono.
Mi viene da pensare al vostro esperimento di «Bookclub». A quale scopo viene proposto un circolo di lettura da un editore?
«Bookclub» è parte integrante della missione dell’“editore scrivente”.
Attraverso la scelta di ciascuno dei libri di questa collana, cerchiamo una relazione continuativa con ogni lettore per formare un gruppo di lettura virtuale, ma concreto allo stesso tempo, rispetto a cui l’editore assume il ruolo di “tastemaker” e percorre insieme a ciascun componente del gruppo i sentieri del progetto editoriale di 66thand2nd. «Bookclub» segna il ritorno alla lettura come modalità di formazione del pensiero e all’idea che la letteratura nasca dalla partecipazione. In questo caso, alle scelte dell’editore.
Uno slogan di settore parla di «decrescita felice» nel senso di pubblicare meno ma meglio, evitando un proliferare di pubblicazioni che hanno poi vita brevissima nelle librerie. Inoltre il mercato è fortemente minacciato dagli e-book, dalle grandi acquisizioni e dai frequenti attacchi alla legge Levi. Come può un piccolo editore indipendente competere con un panorama così difficile e proporre copertine evidentemente costose, vista l’eleganza grafica che dimostra di ricercare?
La crescente digitalizzazione impoverisce alcuni dei segmenti della filiera, la distribuzione[6. 66thand2nd è distribuita dal gruppo Messaggerie.] e il retail su tutti. Nella nostra esperienza la vendita di e-book può contribuire alla diffusione di titoli che altrimenti avrebbero pochissima visibilità in libreria, anche grazie alle politiche di prezzo, diverse da quelle applicabili al libro cartaceo. 66thand2nd ha scelto di affiancare alla diffusione delle edizioni digitali una particolare cura nella realizzazione di quella cartacea. Quest’ultima diventa un’opera custom made per il lettore raffinato che, oltre al contenuto, apprezza anche la confezione. Penso in particolare a «Bookclub», collana in cui ogni volume ha un progetto grafico a sé, e a «Vite inattese» (la nostra serie di mémoires sportivi), illustrata da un artista come Guido Scarabottolo sull’ampio sfondo bianco del nostro marchio di fabbrica, la carta Fredrigoni Old Mill. Quest’eleganza sarebbe però insufficiente senza i contenuti.
Il nostro impegno si risolve in una promessa di qualità che speriamo di non deludere mai.
(fasc. 4, 25 agosto 2015)