La «Rivista di Studi Crociani», Agorà della Cultura

Author di Giuseppe Gembillo

Dialogare con Benedetto Croce implica imbandire un’ideale tavola rotonda tra i cui convitati più illustri del primo semicircolo spiccano i nomi di Vico, Goethe, Hegel, Marx, Mach, Poincaré, Pareto, Bergson, e tra quelli del secondo semicircolo Heisenberg, Bohr, Maturana, Mandelbrot, Prigogine, Lovelock, Morin. Insomma, dialogare con lui significa ripensare la cultura italiana del primo Novecento proiettata in quella europea del suo e del nostro tempo.

Come Agorà che rappresenti un luogo ideale aperto a tutti e dentro cui collocare stabilmente la tavola, abbiamo pensato di ripubblicare la Rivista di Studi Crociani, affidandole il compito di far interagire le menti pensanti del nostro tempo.

Le riviste, come testimonia magistralmente quella che ospita queste riflessioni, rappresentano il luogo ideale per generare e alimentare libere discussioni mediante la felice commistione di saggi, articoli, discussioni, recensioni; per “saggiare”, concentrando la rigorosa argomentazione espressa nei trattati, l’attualità di una domanda, di un dubbio, di un’opinione espressi nella forma efficace della comunicazione sintetica.

Come ha mostrato da tempo anche «Diacritica», che ritorna ogni anno, specie nel “mese di Croce”, a dialogare con lui, ciò di cui si parla, a partire dalle riflessioni del “filosofo della distinzione”, non è solo la Filosofia, ma la Cultura a tutto tondo, la Cultura che è sempre prodotto di uomini, “scientifica” o “umanistica” che si denomini. Perché, come diceva espressamente Croce, determinare cosa sia l’Arte significa, contemporaneamente, dire cosa essa non sia, ovvero delineare tutte le altre attività da cui essa si distingue e con le quali tuttavia interagisce, perché l’Arte, come tutto ciò che esiste, è parte integrante di un sistema, che solo in esso acquista senso, nel momento stesso in cui conferisce un senso specifico all’Intero. In quest’ottica, comprendere un pensatore significa metterlo in relazione non solo col suo tempo e con i suoi contemporanei, ma con tutti coloro che hanno riflettuto, prima e dopo di lui, sia nel suo contesto di senso sia al di fuori o contro di esso.

Nei settant’anni intercorsi dalla morte di Croce il dialogo con lui si è concretizzato in moltissimi studi che si sono progressivamente intensificati sia nella forma delle monografie ampie sia in quella dei saggi sparsi in tutti i luoghi possibili[1]. Ci è sembrato opportuno, allora, creare un luogo d’incontro specifico, finalizzato a favorire il convergere e l’interagire di voci e di suggestioni che, altrimenti, rischierebbero di restare sparse o poco collegate. Un luogo che sia, soprattutto, occasione di dialogo tra le varie generazioni che solo grazie al rapporto dialettico tradizione-innovazione muovono la Storia, consentendo l’emergere del nuovo nella forma del “superare-conservando”, così splendidamente portato alla luce da Hegel e poi ribadito con piena convinzione da Croce.

Ma, a parte questo, oggi appare particolarmente urgente la necessità di riflettere criticamente su tutto ciò che costituisce il nostro “ambiente circostante”, sia materialmente che concettualmente. Infatti la “metà” della grande ricchezza dei nostri mezzi di comunicazione si mescola sempre, come diceva Goethe, con la “metà” della sua maledizione: l’odierna prevalenza delle immagini o delle enunciazioni brevi, oracolari e quindi effimere, distrae sempre più, promanando e provocando frenesia, dalla riflessione pacata, dalla ricerca di senso rispetto a ciò che facciamo o che ci viene richiesto di fare. La riduzione di fatto di ogni attività all’unico valore della quantificazione esercita i giovani a formarsi come “esecutori” piuttosto che come “direttori di sé stessi”. Li sottomette a un criterio di efficienza economica che tende a sopraffare tutti gli altri valori, soprattutto quelli che rendono il vivere dignitoso e consapevole; li sottomette a tutto ciò proprio nella sfera della formazione intellettuale e culturale, dalla quale discendono, poi, tutte le realizzazioni pratiche. Diventa indispensabile, allora, potenziare i luoghi ideali deputati alla formazione critica e libera, e che rendono “umanistica” qualunque attività ogni essere umano scelga di esercitare.

La discussione pacata attraverso una scrittura meditata e non giornalistica o mediatica, allora, esercita il ruolo di abitudine alla riflessione, espletata attraverso tempi propri sia dell’atto con cui si esprime la propria opinione sia di quando si pone attenzione a quella degli altri. In quest’ottica lo spazio ideale della rivista consente di differenziarsi sia dall’inevitabile articolazione e lunghezza del trattato sia dall’aleatorietà della comunicazione verbale o mediatica. Lo confermava indirettamente anche Benedetto Croce, quando indicava nella trattazione saggistica il mezzo più equilibrato e più efficace per comunicare in maniera tale da consentire agli interlocutori di poter usufruire di una possibilità di replica, anch’essa meditata e pacata. Non è un caso, dunque, che le riviste lascino ampio spazio a “discussioni”, “recensioni”, “note”, cioè a quelle rubriche che stimolano e alimentano la libera discussione critica.

Con questo spirito aggiungiamo a tante altre autorevoli riviste scientifiche questa che, pur ruotando attorno a un nome, si propone di portare la propria parte di lievito per fermentare e alimentare il dibattito italiano e internazionale su tutte quelle tematiche che costituiscono i problemi tipici del nostro tempo.

  1. Per le sole monografie rimando a F. Gembillo, Settant’anni di studi su Benedetto Croce in più di cinquecento libri, in «Complessità», 2, 2021, pp. 228-87.

(fasc. 47, 25 febbraio 2023)