Alla memoria di Lucia De Luca, mia nonna:
al suo tavolo ho lavorato a questa praghería
In via preliminare occorre esplicitare le ragioni per cui si è deciso di isolare un momento dell’ampia produzione di Angelo Maria Ripellino e di condurre sondaggi linguistici su Praga magica[1].
Anzitutto, a differenza di Letteratura come itinerario nel meraviglioso[2] e di Saggi in forma di ballate[3], non si tratta di una raccolta di saggi. Ferma restando la fondamentale unitarietà stilistica dell’autore[4], il taglio monografico assicura a Praga magica una maggiore compattezza formale (e il fatto è tanto più notevole se si ricorda che Ripellino vi lavorò almeno sin dal 1957)[5]. In secondo luogo, in Praga magica viene accentuato quel pluristilismo che si traduce nella pulsione all’arcaismo e al cultismo accusato, già osservabile nei precedenti saggi maggiori, Majakovskij e il teatro russo d’avanguardia[6] e Il trucco e l’anima[7]. Infine, non va trascurata la ricchezza tonale dell’opera: com’è noto, Ripellino non si è limitato a infondervi tutta la sua cultura boemistica ma, complici i drammatici fatti di Praga, ne ha fatto anche il luogo della nostalgia elegiaca, della denuncia politica e dello sfogo ironico-polemico. In altri termini, leggere Praga magica significa confrontarsi con un critico stilisticamente maturo, oltretutto indotto dalle circostanze a immettere nella sua scrittura umori privati; a rinunciare in parte, cioè, agli schermi della trasfigurazione letteraria e del falsetto manieristico.
Praga magica si presterebbe a un’analisi a più livelli, non essendovi versante, dai minimi fatti grafico-interpuntivi a quelli sintattici e retorici, che non sia dall’autore sollecitato espressivamente. In verità, circoscrivere un versante è operazione sempre arbitraria giacché, poniamo, la spinta arcaizzante rifrange sul piano fonomorfologico non meno che su quello lessicale. Tuttavia, non essendo possibile qui una disamina ad ampio spettro, sarà indagato il lessico, che rimane tra le spiccanti ragioni di interesse e di fascino dell’opera. Operazione indispensabile sarà quella di introdurre un principio di ordine nella selva del vocabolario ripelliniano, chiarendo lo statuto del singolo lessema: proporre categorie distintive potrebbe scongiurare valutazioni sommarie, dovute spesso a una mancata o disattenta consultazione dei dizionari storici.
Il lessico è, certo, l’aspetto più vistoso dell’impasto tra barocco ed espressionistico ricercato da Ripellino. La valutazione delle escursioni stilistiche dell’autore non è, però, l’unico esito dell’indagine lessicale: con maggior guadagno, essa può snidare strategie allusive anche dissimulate. Infatti, scontata l’onnipervasiva patina lessicale anticheggiante, vi sono lessemi, sintagmi e giri di frase che spiccano sulla pagina, sollecitando verifiche intertestuali[8]. Si avverte che al secondo scopo restano strumenti indispensabili i dizionari storici (per questo studio si sono consultati il Tommaseo-Bellini[9] e il Grande Dizionario della Lingua Italiana[10]).
Le pagine che seguono non offrono uno spoglio completo del lessico di Praga magica, poiché, sia pure in maniera selettiva, si è concentrata l’analisi sul lessico italoromanzo; si è rinunciato, pertanto, a spogliare i forestierismi, che pure sono tarsie rilevanti del mosaico, e si sono proposti alcuni percorsi esemplificativi: ideali avvii per un glossario ripelliniano.
Il tratto che subito colpisce il lettore è la pletora di cultismi e arcaismi. Si tratta di una letterarietà introiettata; in Praga magica però il rincaro iperletterario può leggersi anche come espediente mimetico nei riguardi di una città letteraturizzata. La patina arcaizzante, per parte sua, può intendersi funzionale alla resa di una realtà onirica o fiabesca (ma non per questo immune dai colpi della storia). Dunque, in Praga magica il preziosismo lessicale mira a imitare e insieme a stilizzare il proprio oggetto.
Si propone di seguito una selezione degli arcaismi e dei cultismi. Si avverte che qui e nei prossimi elenchi i sostantivi sono presentati al singolare, gli aggettivi al maschile singolare e i verbi all’infinito. Per ragioni di ordine espositivo, sulla scorta delle marche d’uso impiegate dal Grande Dizionario della Lingua Italiana (“ant.” e “letter.”), si illustreranno dapprima gli arcaismi, in seconda battuta i cultismi e, infine, quei lessemi ancipiti contrassegnati dalla doppia marca (alle voci seguirà direttamente l’indicazione dei relativi numeri di pagina della prima edizione di Praga magica):
- arcaismi:
sostantivi: amostante 57, 150; antichezza 210; arcadore 111, 122, 227, 258; arlotto 278; ballería 240; barro 111, 186; battibuglio 152; bellicone 95; berrettino 204; cacapensieri 150, 271; cacaspezie 254; candaría 320; carniprivio 108; chietino 239; cinguettatore 86; coniettore 84; contracuore 128; cunno 170; decrepità 104; derelizione 57; discoloramento 122; elisirvite 84, 110, 131, 133; estranía 68; falimbello 250; fiutastronzi 299; forsennería 264; frappone 111, 148; gastrimargía 108, 311; giorgio 39; giornèa 120, 186; giorneone 275; goezía 159; guidone 38, 153; guitteria 302; infilacciata 56; ingannamento 7; mansione 314; marranchino 148, 265; murmurazione 160; recitamento 258; satrapería 237; sbriccaría 22; squacquerata 153; stuzzicatoio 56; tréccola 34; tremaruola 254;
aggettivi: affumato 254; arrappato 105, 260; babbuino 206, 216, 299; battaglieresco 327; bismatto 50; cespicante 175; ciarliero 285, 325; cloacoso 137, 148, 268; confacevole 157; cupidinesco 88; deliquioso 173, 211; ghiribizzante 104; golioso 212; impiccatoio 22, 254; impronto 118, 184; intricoso 297; mutuale 30; paladinesco 254; predicatoresco 244; servigiale 23; tossicoso 9; ubriachesco 290; venatico 78; volatico 78;
verbi: anneghittire 201; antivenire 223; arcare 222; carminare 171; cespitare 13; chimerizzare 299; infollire 50; ingoffare 301; malandrinare 236; perversare 237; prosperare tr. 31, 147, 180, 307, 331 ecc.; sbaiaffare 6; sbellettare 12; smargiassare 132; trasviare 54, 288;
avverbi: catalone catalone 242; squarciatamente 301;
2. cultismi:
sostantivi: acervo 99; aere 63, 73, 156; antiveggenza 117; beltà 30; certame 237; cominciamento 248, 324; cúbito ‘gomito’ 153; decrepitudine 133, 154; desolatezza 336; dipintore 216, 339; dovizia 25, 66, 272n; dubitazione 232; ebetudine 21; effemerità 332; fantasima 214, 242, 266, 344 (anche dial.); frale ‘corpo’ 212, 257; furfantaggine 131; gargotta 263, 285, 287; genía 285; grícciolo 241, 289; incantagione 240; inopia 235, 267; invaghimento 327; lugubrità 10, 36, 333; oblivione 233; orridità 214; palagio 202, 208, 238; procella 258; progenie 295, 331; protoplasto 94, 117, 157; speco 266; timidità 16;
aggettivi: acheronteo 200; arto 110; cimmerio 69, 333; cinereo 203, 343; contumace ‘ribelle’ 166; ctonio 77, 185, 344; disavvenente 172; diserto 197; dormiglioso 203; ferale 36, 60, 72, 202, 233; gabelliere 52, 126; gargantuesco 108; igneo 216; immoto 201, 329; inclito 139; indissipabile 198; inesausto 330; insoave 38; lurco 311; lusinghevole 11, 143; maleolente 149, 307; malinconioso 10, 78; mascherevole 331; mattinale 73, 74; oggidiano 239; olezzante 174; purpureggiante 134, 343; raggruzzato 292; reclino 48; recondito 209; reinesco 244; ridesto 59; saturnico 333; stigio 204; stomacoso 111, 130, 221; streghesco 29, 63, 120, 134, 208, ecc.; villereccio 302;
verbi: addimandare 114, 157, 331; antivedere 118, 154, 350; attediare 310; commendare 233; dirupare 126; disgradare 162[11]; disordinare intr. 224; inanimire 196; incedere 59, 140, 158, 162, 213, 267; infognare 271; inselvare 266; intermettere 86; intrudere 166; mentovare 319; precantare 117; preterito 197; principeggiare 120; rammemorare 156, 173, 204, 226; satireggiare 328; scimmieggiare 340;
avverbi: immantinente 167;
3) cultismi e arcaismi:
sostantivi: arbore 95; arsione 104, 235; capelliera 262; cencro 212; fatagione 138, 162; gualdana 104; lambicco 81, 84, 122, 160; liofante 103; lunicorno 93; magalda 11; malenconia 330; mercatanzia 93; merore 73, 198, 332; nigredine 110; notomía 129; nullezza 257; oblivione 233; oste 57; perdimento 61; perdonanza 235; possanza 257; Quadragèsima 85, 186; sbricco 49, 244, 263; sirte 315; tardanza 37; torneamento 18; trasognamento 58, 240; umidore 333; unguentario 111, 132, 225; vestimento 295; vipistrello 131;
aggettivi: diavoloso 255; dicevole 222; diserto 197; flagizioso 68, 89, 169; fuggevole 261; ipocondrico 212; lezzoso 205; lutoso 175, 217, 232; mattaccinesco 50; minaccevole 37; nefario 231; negricante 216; quattriduano 198; rallegrativo 331; rincrescevole 27; rusticale 235; salutevole 138, 179, 233; sconsigliato 341; sgomentevole 345; spassevole 26; supercilioso 113, 186; venusto 179;
verbi: aspreggiare 296; lupeggiare 6; maleficiare 161, 327; notomizzare 177; obliare 262; proverbiare 346; rassembrare 21, 103, 334, 342; rimembrare 30; tapinare 187; verminare 68; vulnerare 232.
Il campionario è eterogeneo: in esso, ad alcune voci in effetti rare, se ne affiancano altre di più convenzionale letterarietà. Esso suggerisce, però, che una delle strategie con cui Ripellino può ottenere l’escursione verso l’alto è l’opzione degli allomorfi meno frequenti. Si sono citati minaccevole e spassevole (preferiti a *minaccioso e *spassoso); e si considerino ora alcuni suffissati in –mento (apparimento 255; distruggimento 313; ingannamento 7; recitamento 258) e in –oso (intricoso 297; malinconioso 10, 78; tossicoso 9), dei quali è agevole ricostruire la variante virtuale.
A parte va dato conto di alcuni lessemi non attestati dai dizionari perché poco comuni o perché franche iniziative d’autore:
sostantivi: ammansimento 235; amputatore 117; annodacapestri 226; arcanità 10; argentovivo 23; canitudine 264; catoptromante 131; demonía 12, 41, 67, 82, 217; frittatta ovvero ‘pasticcione’ 284; inutilezza 95, 99; putridezza 200; rubacavalli 288; tavernicolo 300; teatromane 349; tempellío 229;
aggettivi: fungario 345; ingermanito 45; orfanile 268; panotticale 225, 296; rampicoso 256; salterello 331; sgocciaboccali 311; talmudiano 159;
verbi: negricare 269 (retroformazione da negricante).
Si può osservare che annodacapestri, rubacavalli e sgocciaboccali sono composti verbo+nome che ricordano lo stile di Pietro Aretino (né in Praga magica mancano, a questo e ad altri livelli, certificabili riprese aretiniane)[12]. Si tratta di epiteti che definiscono polemicamente alcuni tipi umani e che si fondano sull’accostamento di due termini: di norma, uno di questi è diafasicamente marcato verso il basso.
Qualche parola, infine, su tavernicolo o ‘frequentatore di taverne’: composto dal s. f. taverna con l’aggiunta del confisso –colo, è con ogni evidenza modellato su cavernicolo. Il Vocabolario Treccani inserisce il termine tra i neologismi del 2008, allegando articoli di quotidiani che si riferiscono a Bestiario veneto. Parole mate (Biblioteca dell’Immagine 1999) di Marco Paolini. La voce è integrabile con l’attestazione ripelliniana; anzi, la coniazione va ulteriormente retrodata, giacché si rinviene nel Marchese Lorenzo (S. F. Flaccovio Editore 1968) di Luigi Bruno Di Belmonte. Beninteso: com’è frequente nel caso di occasionalismi scherzosi, si tratterà qui di poligenesi e non di influenza diretta.
Saranno sufficienti due ordini di esempi, poi, a cogliere la carica preziosistica e insieme ironico-straniante dei tecnicismi:
sono desunti dal serbatoio della medicina bezoar 93 e nictàlopi ossia ‘dotato di buone capacità divisive durante le ore notturne’ 36-37: se il primo termine è opportunamente corredato dalla glossa «pietra gastrica dalle virtù misteriose» (precisamente: antidotali), il secondo è usato in senso figurato, come arduo sinonimo di ‘nottambuli’;
hanno sentore dannunziano i tecnicismi botanici, e specialmente le sdrucciole con accento esornativo: assafetida 105; borràggine 132; coloquintide 131; dròssere 175; drupe 107; ermodàttili 84; frútici 142; melappia 107; nepènti 175; pelargòni 204; reubarbaro 84 (forma ant. o pop. di rabarbaro); turbitto 84. Uscendo da Praga magica, si ricordi una nota similitudine auto-esegetica che rivela non banali competenze botaniche: «mi convinsi che il discorso critico, trovando nel testo a cui si avviluppa sostegno come una pianta epifitica, può diventare autonomo poemetto in prosa, con cesure e cadenze e metafore e divagazioni e sortite in campi adiacenti»[13]. Qui l’accenno agli sconfinamenti intellettuali autorizza il ricorso a tecnicismi inattesi e conferma l’insofferenza di Ripellino per una cultura esclusivamente letteraria.
Quanto alle macchie dialettali, esse non sono numerose in assoluto ma nondimeno segnano in Praga magica un incremento rispetto ai saggi precedenti. È prevedibile che ad esse, specialmente se colorate disfemicamente, venga affidato il compito di realizzare escursioni discendenti e di intensificare l’espressività del dettato:
napoletanismi: cacaturo o ‘latrina’ 261; cacazzaro o ‘incontinente’ 306; cascettella o ‘cassetta’ 100; catacumbaro o ‘sepolcrale’ 143; cocozza o ‘zucca’ 207; mazzamauriello o ‘diavolo’ 223; scarrupato o ‘fatiscente’ 36; strummolo o ‘trottola’ 284. È ormai chiaro che la cospicua presenza del napoletano si motiva con le riprese allusive da Giambattista Basile e Giordano Bruno[14]. Basti dire che Ripellino arriva a prelevare da Basile un sintagma la cui napoletanità è eccezionalmente preservata anche a livello fonomorfologico: «no palazzo de sfuorgio» 162. Di molti napoletanismi può pertanto dirsi che, alla funzione vivacizzante, assommano quella di segnali di allusività;
romaneschismi: si segnala la locuzione idiomatica spedire agli alberi pizzuti ovvero ‘uccidere’ 233, che rimodula anna’ all’alberi pizzuti o ‘morire’ (il riferimento è ai cipressi caratteristici del cimitero del Verano). Ripellino, che visse a Roma sin dal 1937, potrebbe aver incettato la locuzione sul campo; tuttavia, non è esclusa una mediazione letteraria, giacché essa figura nel glossario accluso a Ragazzi di vita (1955)[15]. Di tenore cimiteriale è pure vespilloni o ‘becchini’ 345, attestato anche in Saggi in forma di ballate 74, 213 e in una poesia di Notizie dal diluvio[16].
sicilianismi: benché la Sicilia e Palermo siano menzionati in alcune digressioni autobiografiche[17], Ripellino non pare attingere al serbatoio del siciliano. In questo lo slavista si distacca dai suoi conterranei oscillanti tra manierismo ed espressionismo (Gesualdo Bufalino, Vincenzo Consolo, Stefano D’Arrigo): i quali però alla manipolazione del dialetto natio erano forse indotti dall’ambientazione dei propri romanzi. È stato comunque possibile spigolare un bastasi o ‘facchini’, ‘villani’ 148, che pure non è esclusivo del siciliano.
toscanismi: nel siciliano Ripellino paiono prevalentemente adibiti, come già in Gadda, al raggiungimento di un «tono comico o comunque conversevole»[18]: brincello o ‘pezzetto’ 226; incincignato o ‘sgualcito’ 151; intabaccato o ‘innamorato’ 253; moscino o ‘moscerino’ 109 (di area pisana ma anche emiliana: vd. il Grande Dizionario della Lingua Italiana cit., s. v.); mutolo o ‘muto’ 164; rimpiattino o ‘nascondino’ 205; sbréndolo o ‘pezzo di indumento lacero che penzola’ 126, 151, 226, 245; sbricio o ‘misero’ 75, 254, 272, 288; sciamannato o ‘disordinato’ 287; spaventacchio o ‘spauracchio’ 39; spippolare o ‘dire con facilità e naturalezza’ 296; stroscia o ‘broda’ 306; strullo o ‘sciocco’ 310; tentennino o ‘tentatore’ 18; tramenío o ‘tramenare continuo e insistente’ 132; trítolo o ‘minuzzolo’ 294;
venetismi: spicca zaffo o ‘sgherro’ 300, la cui conoscenza è probabilmente mediata dalla lettura della Piazza universale di tutte le professioni del mondo et nobili et ignobili (Venezia 1585) di Tommaso Garzoni (vd. Grande Dizionario della Lingua Italiana, op. cit., s. v. zaffo).
Chi si affaccia sul lessico di Praga magica resta colpito dai numerosi alterati, tipico banco di prova degli scrittori espressionisti. Gli alterati cooperano alla saturazione cromatica della pagina, a quell’effetto di tutto-pieno che esorcizza un horror vacui di ascendenza barocca. Si badi che il tutto-pieno non si traduce nell’affastellamento di elementi inessenziali: malgrado la sua coazione all’elenco, Ripellino non è autore effuso e lutulento. I suffissati sono, al limite, un espediente per riuscire semanticamente ricchi con economia di mezzi, rinunciando a parole funzionali o vuote. Un minimo esempio: «sudiciume streghesco» anziché «*sudiciume da strega/proprio di una strega».
Premesso che stilisticamente significativo è l’addensarsi dei suffissati, si rinvengono lessemi plurisuffissati (gattonaccio 115 e zucconaccio 167) e alterati, prossimi o contigui, con suffissi diversi (ad es.: «Il Bibliotecario arcimboldesco ha una cubicità scatolosa», a p. 102).
Di seguito, un campionario selettivo dei principali suffissi derivativi:
I) suffissi alterativi:
–accio: orsaccio 108; gattonaccio 115; improntaccio 118; torraccia 127; vecchiaccio 131, 243; gattaccio 154; corpaccio 165; casacce 206; palazzaccio 210; soldatacci 226; crudelaccio 244; cagnaccio 253, 283; omaccio 269; cappellaccio 319; soggettacci 332
–astro: metafisicastro 177;
–azzo: tettazze 276
–erello: tristerello 282;
–iccio: infermiccia 35; torbidiccio 216;
–uccio: polaccuccio 126; gambucce 293;
–uzzo: botteguzze 46, 210; peluzzo 100; cittaduzza 159, 259; straduzze 248, 249, 256;
II) derivazione nominale denominale:
–eria (e –ería, con segnatura dell’accento acuto): bislacchería 271; buffoneria 302; coglioneria 309; cretineria 297; fintería 317; furberia 274; frascheria 277; giullería 291; golemería 186; grulleria 301; guitteria 302; minchioneria 296; minutería 93; pagliaccería 233, 349; praghería 229; scenería 82, 214, 219, 227; trappolería 274;
–ismo: maccheronismo 193;
–ità: arcanità 10; babbeità 311; funebrità 212, 217; notturnalità 333; pragheità 15, 47, 178, 210, 336; rodolfinità 131;
III) derivazione nominale deaggettivale:
–ismo: eccentrismo 331; funebrismo 201 (già in Il trucco e l’anima 267); teatralismo 238;
IV) derivazione nominale deonomastica:
–iade: golemiade ovvero ‘opera sulle imprese del Golem’186;
–logia: eiffelogía ossia ‘scienza della Torre Eiffel’ 340;
V) derivazione aggettivale denominale:
–ico: –ico: farfallico 332; golemico 186, 187; manichinico 185 (già attestato in Il trucco e l’anima, op. cit., 368); murillico 219; pierrotico 47;
–oidale: chaplinoidale 298 (anche in Saggi in forma di ballate, op. cit.,162);
–oide: kafkoide 27, 186;
VI) nomi con suffissi collettivi:
–ume: vecchiume 23, 207; seccume 186, marciume 205, cianciume 246, tenerume 281;
VII) derivazione verbale denominale:
–izzare: bagattellizzare 298; chimerizzare 299; ofelizzare 205.
Alcune postille. I suffissati in –ico non sono attestati dai dizionari e, se si eccettua farfallico[19], sono da ritenersi invenzioni d’autore. Delle formazioni astratte in –ità, invece, possono attribuirsi a Ripellino babbeità e soprattutto i notevoli pragheità e rodolfinità. In particolare, pragheità viene chiosato dall’autore alla prima occorrenza come l’«elemento occulto» consustanziale alla città. La base lessicale, del resto, è produttiva: oltre a praghesco 19, 344 (cfr. infra), si consideri praghería, termine con il quale l’autore, con sprezzatura metaletteraria, designa l’opera che va scrivendo.
Sono pigmenti locali i suffissati in –azzo e in –uzzo: –azzo è la variante meridionale (ma anche settentrionale) di –accio, mentre –uzzo, variante di –uccio, è più frequente nel Mezzogiorno[20].
Un discorso a parte merita –esco. Il suffisso, particolarmente sfruttato, è «molto produttivo nella formazione di aggettivi che esprimono relazione, appartenenza, qualità, anche se generalmente con una marca ironica o spregiativa»[21]. Non sono mancate interpretazioni suggestive di tale ricorsività: secondo Franco Pappalardo La Rosa, lo slavista impiegherebbe il suffisso per riprodurre «mimeticamente suoni simili a quelle delle parlate slavofone»[22]. È però più verosimile che agisca ancora il modello di Pietro Aretino; in ogni caso, la constatazione della rilevanza della morfologia derivativa in Praga magica sollecita a verificarne i legami con gli stilemi propri della commedia cinquecentesca[23].
I suffissati con –esco presenti in Praga magica possono suddividersi in tre gruppi:
i suffissati con attestazioni lessicografiche (quando non altrimenti indicato, si intende che il repertorio lessicografico di riferimento è il Grande Dizionario della Lingua Italiana cit.): amantesco 241 (cfr. Dizionario Tommaseo-Bellini cit.); asinesco 234; bambinesco 290; bricconesco 301; buffonesco 279; battaglieresco 327; casermesco 184; cupidinesco 88; diavolesco 329; donnesco 282; fanfaronesco 295; gargantuesco 108; imperialesco 237; mattaccinesco 50; paladinesco 254; predicatoresco 244; puttanesco 350; reinesco 244; streghesco 29, 63, 120, 134, 208, ecc.; turchesco 253; ubriachesco 290; zannesco 161, 179, 331;
i suffissati privi di attestazioni lessicografiche ma non inediti (perché presenti nella tradizione letteraria o perché comunque registrati nel corpus di Google Libri): ballatesco 82; baracconesco 276; boiesco 114, 192, 227, ecc.; cartellonesco 245; demoniesco 57; fantoccesco 105; labirintesco 314; latrinesco 307; marionettesco 105; orologesco 180; rospesco 105; turlupinesco 118, 298; violinesco 113;
i suffissati neologici, attribuibili cioè alla vis inventiva dell’autore: chagallesco 137; holanesco 349; kubinesco 236, 286[24]; praghesco 19, 344.
La ricerca lessicale e la manipolazione suffissale denunciano l’insoddisfazione per la parola di grado zero, che viene surdeterminata per un fondamentale piacere dell’espressività. Inoltre, il groviglio linguistico riflette, come in Gadda, il groviglio del mondo; ma Ripellino, anche tramite il dispositivo dell’elenco, sa approntarne continue ipotesi di sistematizzazione: il barocchismo del mezzo non deve oscurare la fiducia nella ragione. Non diversamente Rodolfo II, affastellando mirabilia nella sua Wunderkammer, tentava omeopaticamente di porre un argine al disordine del mondo.
Del pari, le parole non sono incorporee ma «chiantute», come quelle predilette da Giambattista Basile[25]; non sono puro flatus vocis ma pietre dure da limare[26]. È questa «un’immagine da orafo […] squisitamente praghese e rodolfina»[27]: ma l’accenno alla durezza dell’oggetto-parola conferisce all’enunciato una volitività michelangiolesca, che carica in senso agonistico il preziosismo ripelliniano.
Una spia di questa insoddisfazione verbale è anche il ricorso a quei conglomerati nominali con lineetta caratteristici della nostra prosa espressionistica (si pensi a Giovanni Boine[28]) e futurista. Essi servono a rendere la compresenza e l’interscambiabilità delle componenti della realtà; e precisamente della realtà di Praga, dove è di regola la metamorfosi e dove paiono sospesi i principi di identità e non-contraddizione. Una scelta: città-libro 8; casamenti-caserme 36; formicaio-fabbrica 56; avvocato-letto 63; astrologo-funambolo 81; oratorio-spelonca 97; biblioteca-apoteca 102; naso-libro 102; volto-serraglio 103; case-giocattolo 113; chioma-canestro 115; mastini-lucíferi 128; scarpe-barcacce 151; scarpe-coturni 164; Golem-cavallo 169; angelo-golem 172; theatrum-patibolo 194; città-reliquario 201; corridoi-catacombe 229; Città-strega 234; edifici-balene 236; dame-demòni 272; naso-turacciolo 302. Forse debitore di certa prosa filosofica è un conglomerato verbale con sostantivizzazione dell’infinito: «questo non-batter-ciglio», a p. 297.
D’altro canto, i conglomerati sono interpretabili anche come similitudini condensate. Ciò conferma l’idea – non intuitiva – di un Ripellino in grado di intercalare soluzioni compendiose ed economiche nella sua scrittura sovraffollata. Questo tipo scorciato di similitudine si configura, del resto, come una variatio sistolica rispetto a tipi ben più effusi: quelli introdotti, cioè, da allo stesso modo di, al pari di, a guisa di.
Si è visto come si riverberi a livello linguistico-stilistico la concezione magica di Ripellino, cui è complementare l’attitudine a leggere Praga con le lenti dell’erudizione: di conseguenza, sono labili le paratie che dividono mondo scritto e mondo non scritto. Ecco, allora, soluzioni antonomastiche e forme passate dal nome proprio al nome comune: arcimboldo 339; bertoldo 286; cagliostro 131, 329; coviello 257; dulcamara 84, 111, 119, 133; esmeralde 341; malacoda 220; matamoros 220; nerone 244; pierrot 231 (usato come aggettivo); ronzinante 221; švejk 316.
In conclusione, con questi sondaggi si è inteso mostrare come non vi sia versante linguistico sul quale Ripellino non abbia investito stilisticamente. È utile ribadire che distinguere puntualmente i fenomeni riduce il rischio di equivoci interpretativi: tra i possibili, quello di leggere come arcaismo un’invenzione d’autore (e viceversa)[29]. Munirsi degli opportuni strumenti linguistico-filologici significa, dunque, accostarsi al «trucco» e all’«anima» dell’autore, senza farsi irretire dall’illusionismo vischioso e stordente da lui predisposto: che resta tuttavia, si direbbe a dispetto degli sforzi critici, uno dei valori irriducibili di questa prosa.
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A. M. Ripellino, Praga magica, Torino, Einaudi, 1973. ↑
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A. M. Ripellino, Letteratura come itinerario nel meraviglioso, Torino, Einaudi, 1968. ↑
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A. M. Ripellino, Saggi in forma di ballate, Torino, Einaudi, 1978. ↑
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L’unitarietà stilistica di Ripellino poté essere colta anche come un limite. Si legga in proposito il passaggio di una lettera di Italo Calvino a Franco Fortini (26 gennaio 1972): «gli slavisti con una personalità, stringi stringi sono solo due: Ripellino che è sempre uguale, e Strada che fa saggi documentati e anche importanti ma troppo lunghi e dotti per la sede» (I. Calvino, Lettere 1940-1985, a cura di C. Milanini, Milano, Mondadori, 2000, p. 1141). ↑
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La prima cellula ideativa di Praga magica si trova in una lettera inviata a Italo Calvino il 18 febbraio 1957: «Questa delle radici ceche di Kafka è una storia che mi incanta da lungo tempo: credo che i legami siano molto più forti di quanto si creda comunemente. E può darsi che, quando vi avrò consegnato Majakovskii e il teatro del suo tempo (spero di finirlo entro giugno), io vi proponga un libro di saggi intitolato Alchimia di Praga o in modo simile sulla sua sintesi di cultura ceca e tedesca, sul “gusto” della sua cultura, sull’umorismo di Švejk, ecc.)» (A. M. Ripellino, Lettere e schede editoriali (1954-1977), a cura di A. Pane, Torino, Einaudi, 2018, pp. 24-25, 25). ↑
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A. M. Ripellino, Majakovskij e il teatro russo d’avanguardia, Torino, Einaudi, 1959. ↑
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A. M. Ripellino, Il trucco e l’anima, Torino, Einaudi, 1965. ↑
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Sia consentito rimandare a D. Di Falco, «Un’ebbra molteplicità di rimandi e reminiscenze»: tessere cinque-secentesche in Praga magica di Angelo Maria Ripellino, in «Giornale di Storia della Lingua Italiana», anno II, 2, 2023, pp. 83-114. ↑
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N. Tommaseo-B. Bellini, Dizionario della lingua italiana nuovamente compilato, Torino, Società Unione Tipografica-Editrice, 1865-1879. ↑
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S. Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, Torino, UTET, 1961. ↑
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«Un banchetto da disgradare quello imbandito da Faust nell’immaginario maniero»: p. 162. Il verbo, con il valore di ‘lasciarsi di gran lunga addietro nel paragone’, è frequentemente impiegato da Ripellino in questo tipo di proposizione consecutiva implicita (con valore enfatico). Cfr. A. M. Ripellino, Saggi in forma di ballate, op. cit., pp. 93, 148, 188, 204, 258. ↑
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Si veda D. Di Falco, «Un’ebbra molteplicità di rimandi e reminiscenze»: tessere cinque-secentesche in Praga magica di Angelo Maria Ripellino, art. cit., pp. 99-100. ↑
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A. M. Ripellino, Letteratura come itinerario nel meraviglioso, op. cit., p. 7. ↑
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Cfr. D. Di Falco, «Un’ebbra molteplicità di rimandi e reminiscenze»: tessere cinque-secentesche in Praga magica di Angelo Maria Ripellino, art. cit., pp. 102-105. ↑
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Si veda P. P. Pasolini, Romanzi e racconti: 1946-1961, a cura di W. Siti e S. De Laude, Milano, Mondadori, 2008, p. 769. ↑
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Si veda A. M. Ripellino, Notizie dal diluvio, Torino, Einaudi, 1969, n. 39, p. 49 [39, v. 7]. ↑
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Cfr. A. M. Ripellino, Praga magica, op. cit., pp. 149, 324. ↑
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L. Matt, Gadda: Storia linguistica italiana, Roma, Carocci, 2006, p. 15. ↑
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Già attestato nel madrigale 915 di A. Guasco, Tela cangiante del signor Annibal Guasco alessandrino…, Milano, per l’herede del quon. Pacifico Pontio, & Gio. Battista Piccaglia, 1605, p. 305. ↑
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Cfr. La formazione delle parole in italiano, a cura di M. Grossmann e F. Rainer, Tübingen, Niemeyer, 2004, pp. 286, 289. ↑
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G. Adamo, V. Della Valle, Che cos’è un neologismo, Roma, Carocci, 2017, p. 45. ↑
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F. Pappalardo La Rosa, Lo specchio oscuro. Piccolo-Cattafi-Ripellino, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2004, p. 182. ↑
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Sul tema, si veda C. Giovanardi, «Pedante, arcipedante, pedantissimo». Note sulla morfologia derivativa nella commedia del Cinquecento, in «Nuovi Annali della Facoltà di Magistero dell’Università di Messina», 7, 1989, pp. 511-32. ↑
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Si tratta di aggettivi di relazione tratti rispettivamente da Marc Chagall, Vladimír Holan e Alfred Kubin. ↑
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Il sintagma «parole chiantute» proviene dal v. 116 della IX egloga (Calliope) delle Muse napolitane di Basile (vd. G. B. Basile, Lo Cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerelle, Le muse napolitane e le lettere, a cura di M. Petrini, Bari, Laterza, 1976, pp. 562-63. ↑
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A. M. Ripellino, Praga magica cit., p. 7. ↑
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G. Traina, Osservazioni su Praga magica, libro specchio di Angelo Maria Ripellino, in Maestra ironia. Saggi per Luca Corti, a cura di F. Nassi e A. Zollino, Lugano, Agorà & Co., 2018, p. 198. ↑
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Cfr. G. Contini, Espressionismo letterario, in Id., Ultimi esercizî ed elzeviri (1968-1987), Torino, Einaudi, 1989, p. 93. ↑
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In verità, ancora in anni recenti non sono mancati equivoci e sviste. Ad esempio, Giorgio Taffon da un canto ha ritenuto sommissione un «vocabolario di nuovo conio […] non registrato nei dizionari!» (ma sommissione è registrato, senza marche d’uso, dal Grande Dizionario della Lingua Italiana cit.); dall’altro, ha definito come neologismo disperàggine, che è invece un cultismo registrato dal Grande Dizionario della Lingua Italiana cit., che allega per giunta un passo del Filosofo (1546) di Pietro Aretino. Una prova ulteriore della necessità di valorizzare in Praga magica la componente allusiva, a fronte di una certa sopravvalutazione della forza neologistica. Si è citato da G. Taffon, Lingua e stile nell’esemplare saggio di A. M. Ripellino Praga magica, in «Zibaldone. Estudios italianos», vol. 3, n. 2, 2015, p. 39. ↑
(fasc. 50, 31 dicembre 2023, vol. II)