La nuova violenza illustrata viene pubblicato da Bollati-Boringhieri a giugno del 2019, poco dopo la scomparsa di Nanni Balestrini: il volume è curato da Andrea Cortellessa, seguendo le indicazioni lasciate dall’autore nel file del testo[1]. Si tratta di una nuova versione del precedente La violenza illustrata, pubblicato nel 1976 da Einaudi, che presenta una serie di testi, tutti riconducibili a fatti di cronaca, costruiti attraverso la tecnica del cut-up[2] (di cui si parlerà più avanti).
Il volume del 2019 è così composto:
– Lettera al mio ignaro e pacifico lettore: prefazione d’autore in cui Balestrini si rivolge direttamente al lettore, datata 2001;
– Secondo tempo 2018: testi aggiunti per la nuova versione, costruiti a partire da fatti di cronaca degli anni Duemila. Alcuni di essi sono apparsi singolarmente in altri volumi;
– Primo tempo 1976: pagine risalenti alla prima edizione del 1976, riproposte nell’edizione rivista del 2011, pubblicata da DeriveApprodi;
– Appendice: testi che condividono la stessa struttura di quelli presenti nelle prime due parti, ma che non sono stati organicamente raccolti da Balestrini. Di fatto, è stato il curatore ad aggiungere l’appendice[3].
Si può considerare La violenza illustrata come una sorta di revenant: non solo perché si tratta, almeno in parte, di un’opera postuma, ma anche perché Balestrini dona nuova vita a una vecchia pubblicazione. Il presente saggio intende analizzare la struttura narrativa della Nuova violenza illustrata, e nello specifico le tecniche di “montaggio” usate da Balestrini per costruire sia gli aspetti microtestuali sia quelli macrotestuali. L’obiettivo è quello di mostrare come, secondo la prospettiva di Balestrini, le soluzioni immaginate per le conflittualità degli anni Settanta siano ancora utili per comprendere quelle di oggi.
Il cut-up: Balestrini anti-tragico
In un’intervista rilasciata a Claudio Brancaleoni, Balestrini dichiara di essere stato fortemente influenzato nella sua scrittura dall’avanguardia Dada[4]. E, di fatto, è in uno dei manifesti dadaisti di Tristan Tzara[5] che si può trovare la “ricetta” per la composizione di una poesia attraverso la tecnica del cut-up:
Prendete un giornale.
Prendete delle forbici.
Scegliete nel giornale un articolo avente la lunghezza che intendete dare alla vostra poesia. Tagliate l’articolo.
Tagliate in seguito con cura ogni parola di cui è composto questo articolo e mettetele in un sacchetto.
Agitate delicatamente.
Pescate successivamente ogni taglio l’uno dopo l’altro.
Ricopiate diligentemente
nell’ordine con cui sono usciti dal sacchetto[6].
La nuova violenza illustrata è composto da vari capitoli, formati dalla combinazione di più narrazioni, provenienti dal mondo dei media, che parlano dello stesso caso o tema[7]. Il testo così costruito è suddiviso in lasse, come spesso accade nelle opere in prosa di Balestrini. Lo scarto tra il Dadaismo e l’operazione di La nuova violenza illustrata si registra nella fase di montaggio dei tagli. La ricetta tzariana, col suo pescare dal sacchetto, introduce un alto grado di aleatorietà, mentre Balestrini in La nuova violenza illustrata segue delle tecniche precise per il suo montaggio: «dall’associazione di idee, alla consonanza, all’analogia con l’ultimo argomento trattato nella lassa conclusiva del precedente capitolo»[8]. Si può dire, con Cecilia Bello Minciacchi, che nel Balestrini degli anni Settanta «si smorza […] il furore dell’asintassia radicale»[9] che aveva caratterizzato la sua produzione precedente, più legata all’esperienza avanguardista.
Volendo far riferimento al pensiero del filosofo Clément Rosset, per il quale il tragico si fonda sul concetto di caso, nel rifiuto dell’elemento aleatorio si può leggere lo spirito anti-tragico di Balestrini. Per il tragico di Rosset, l’esistente non ha alcuna ragione, accade e basta: è un puro caso. L’individuo può modificare ciò che esiste, ma non alterarne la natura: in sostanza, all’essere umano non spetta alcuna possibilità di cambiamento sostanziale[10]. Al contrario, Balestrini, nella Lettera al lettore, invita quest’ultimo «a risvegliar[si], anche se per pochi istanti, dando[si] la vertigine di qualcosa di ignoto, che infrange le norme e le regole nelle quali viv[e] incastrato e anestetizzato», fino al punto di iniziare a provare «un improvviso irresistibile impulso a spaccare tutto»[11]. In questo saggio, si cercherà di mostrare come le tecniche compositive utilizzate da Balestrini siano lo strumento ideato dall’autore per “risvegliare” e poi spingere all’azione il lettore.
Il montaggio come controinformazione
Per comprendere al meglio le scelte di montaggio di Balestrini per La nuova violenza illustrata, come già aveva intuito Ada Tosatti analizzando il testo del 1976[12], è utile far riferimento al concetto di “controinformazione”, al centro della cultura della sinistra extraparlamentare degli anni Settanta.
Si prenda ad esempio il capitolo Deportazione: in esso sono riconoscibili i fatti della Rivolta di San Basilio, avvenuta a Roma tra il 5 e l’8 settembre 1974. Durante gli scontri tra i manifestanti, in lotta per il diritto alla casa, e la polizia, una donna spara contro le forze dell’ordine. Tale evento viene descritto in due lasse consecutive:
Il primo grave incidente da una finestra degli stabili circostanti una donna di 24 anni spara contro i punti neri due colpi di fucile gli agenti intervengono e la immobilizzano per la donna subito trasferita a Rebibbia le imputazioni sono pesanti tentato omicidio plurimo e lesioni a pubblico ufficiale. […]
Un solo tentativo disperato di reazione ha rischiato di finire male una donna ha sparato con una doppietta da caccia dalla finestra forse ha tirato alla cieca ma ha colpito di striscio il vicequestore e sfiorato gli agenti che erano con lui è stata arrestata per tentato omicidio plurimo[13].
Il gesto della donna viene descritto con toni completamente diversi nelle due citazioni: nel primo caso si enfatizzano la gravità dell’atto e la repentina neutralizzazione della donna da parte della polizia; nel secondo, al contrario, ci si focalizza sulla disperazione della donna, che soltanto per puro caso non ha ferito in maniera grave gli agenti. Il primo “ritaglio” sottolinea la colpa della donna, il secondo si sofferma sulle sue condizioni psicologiche precarie. Il confronto tra più fonti giornalistiche è una delle pratiche basilari della controinformazione.
Tale pratica viene descritta in Informazione e controinformazione di Pio Baldelli, il testo che nel 1972 fece una panoramica sulle varie tattiche messe in atto dalla controinformazione. Quest’ultima si occupa di produrre delle interpretazioni alternative sui fatti politici o sulla cronaca, poiché considera insoddisfacenti o parziali le ricostruzioni e le riflessioni che appaiono sui canali di informazione ufficiali. Mettendo a confronto le diverse narrazioni prodotte intorno allo stesso fatto o tema, la controinformazione vuole mostrare le profonde differenze tra i racconti, con l’obiettivo di spingere il lettore a dubitare della capacità del giornalismo di poter rappresentare il reale. Addirittura, a volte una testata giornalistica può entrare in contraddizione con sé stessa: il tutto per adattarsi alla versione dei fatti preferita dal discorso del potere[14]. Balestrini, attraverso la tecnica del cut-up, mette uno accanto all’altro proprio quei passaggi che rendono lampante come le varie narrazioni non siano sempre concordi. Il lettore viene posto di fronte a una narrazione confusa, in cui alcuni dati cambiano nel corso della lettura.
Ricordando, però, l’influsso che ebbe Luciano Anceschi su Balestrini – da quest’ultimo considerato come «un vero maestro»[15] –, si intende approfondire ulteriormente quanto appena detto, prendendo in considerazione la filosofia di Edmund Husserl, padre della fenomenologia alla base del magistero anceschiano. Secondo Husserl, la coscienza conosce l’oggetto facendo una sintesi delle sue diverse manifestazioni. Ad esempio: nessuno è in grado di osservare contemporaneamente tutte le facce di un cubo, tuttavia la nostra coscienza produce una sintesi del cubo a partire da tutte le immagini registrate girando intorno all’oggetto. L’immagine totale del cubo esiste, ma soltanto nella nostra coscienza[16]. Nella Nuova violenza illustrata, però, il lettore non si trova di fronte all’oggetto (il fatto di cronaca), bensì a una descrizione dello stesso (il racconto dei media). Mettere a confronto le diverse cronache giornalistiche dello stesso evento può essere considerato un tentativo di sintesi delle varie “facce” del fatto. Tale sintesi, però, anziché rafforzare la conoscenza sul fatto, la indebolisce: le contraddizioni gettano il lettore in uno stato di incertezza. Balestrini attua così quel processo che Umberto Eco, già sulle pagine di «Quindici»[17], definiva «Sputtanamento Globale»:
La tecnica dello Sputtanamento Globale prevede che, dati un fatto o una idea che appaiono violentemente e che, tutto sommato, disturbano e affascinano al tempo stesso, si procede da due direzioni diverse ad impadronirsi dei modi esteriori di quel comportamento e delle formule retoriche attraverso cui quell’idea si è manifestata, sottoponendoli a una serie di slittamenti semantici, per cui le forme significanti rimangono inalterate e il significato cambia radicalmente, spesso trasformandosi nel suo opposto[18].
La cronaca soggetta alle pratiche di controinformazione perde la propria capacità di influenzare la coscienza del lettore: quest’ultimo, di fronte all’eccesso di informazioni contrastanti, inizia a dubitare della “verità” giornalistica. Balestrini produce un effetto di straniamento che permette di riflettere con rinnovata coscienza sul fatto descritto. Mette in mostra le contraddizioni del discorso ufficiale, lasciando al lettore il compito di maturare una propria idea sugli eventi e sulla società.
Come ha notato Aldo Bonomi, parlando della controinformazione degli anni Settanta, «il meccanismo di comunicazione che prese forma allora era legato a un progetto politico che puntava a far contare tutti direttamente come soggetti»[19]. L’operazione di Balestrini cerca di restituire all’individuo il suo ruolo di protagonista della conoscenza: non bisogna più accontentarsi dei fatti descritti dai mass media, ma approfondire di per sé, andando alla ricerca di una verità non mediata. È attraverso il montaggio che Balestrini cerca di risvegliare il lettore, così come preannunciato nella Lettera che apre La nuova violenza illustrata.
Il montaggio come dialettica
Presentare lo stesso evento prendendo in considerazione i punti di vista di diverse narrazioni mediali produce inevitabilmente degli effetti di ripetizione. Si prenda, ad esempio, il capitolo Dichiarazione: in esso è riconoscibile la liberazione del magistrato Mario Sossi, rapito dalle Brigate Rosse nel 1974. Di seguito si propongono, a titolo esemplificativo, alcuni punti testuali che presentano sempre la stessa azione: i rapitori addormentano il rapito e lo caricano su un mezzo:
Sembra che nel pomeriggio di ieri i rapitori gli abbiano fatto bere qualcosa dicendogli è un calmante […]. Ricorda soltanto di essersi svegliato sul fondo di un veicolo forse un’automobile[20].
Dopo aver bevuto quella roba mi sono sentito mancare. Sono sprofondato nel sonno. Quando mi sono svegliato sentivo di essere di nuovo dentro a un furgone[21].
Evidentemente aveva ingerito un sonnifero. Si sarebbe svegliato molto tempo dopo. Era su un mezzo in movimento secondo il racconto dell’avvocato[22].
Bisogna immaginare la scrittura di Balestrini come un film che ripresenta la stessa scena, ma vista da telecamere diverse. Volendo fare un parallelismo col montaggio cinematografico, è utile ricordare, facendo riferimento agli studi di Gilles Deleuze, che dietro ogni scelta di montaggio si cela una certa idea dello scorrere del tempo[23]. Di conseguenza, in questo paragrafo si intende ricostruire l’idea di tempo dietro al montaggio di La nuova violenza illustrata.
Balestrini mette insieme varie cronache che fanno riferimento allo stesso fatto o a fatti simili tra di loro. La struttura della cronaca impedisce di avere un quadro completo e coerente di quanto accaduto: essa si concentra su un episodio, senza inserirlo all’interno di una catena di senso più complessa. Infatti, seppur sia riconoscibile un intreccio all’interno dei vari capitoli di La nuova violenza illustrata, si ha la sensazione di entrare nelle storie in medias res e di abbandonarle all’improvviso. Nel capitolo Dichiarazione si assiste al rilascio del rapito, ma non si sa nulla delle cause o delle conseguenze del rapimento. Il lettore viene posto solo di fronte a una porzione dell’intera vicenda: è sua la responsabilità di inserire quanto letto in un contesto più vasto, dopo aver riconosciuto il particolare evento al quale il capitolo si riferisce.
Inoltre, come si è visto, la struttura ripetitiva dei capitoli porta il lettore a non avere più una chiara comprensione su molti dettagli della scena raccontata: nelle citazioni di Dichiarazione, ad esempio, non v’è certezza sulla natura del mezzo usato dai sequestratori. Tuttavia, mettendo a confronto le lasse e i capitoli tra loro, è riconoscibile un elemento narrativo di base comune all’intero testo: l’intreccio è costruito seguendo lo schema del duello.
Secondo Roland Barthes, lo schema del duello è caratterizzato da un soggetto dell’azione doppio: le due categorie di personaggi partecipano alla stessa azione e concorrono per la medesima sfida[24]. Ad esempio, nel capitolo Descrizione si svolge il duello tra rivoltosi e polizia, mentre in Dichiarazione tra rapitori e rapito. In maniera più generale, in questi racconti sono presenti sempre due parti che si scontrano: in alcuni casi le forze sono sullo stesso piano, in altri si assiste al predominio di una parte sull’altra. Inoltre, il duello, inserito in una struttura cronachistica, impedisce al lettore di riconoscere un vincitore. In sintesi, i capitoli di La nuova violenza illustrata ripetono costantemente il conflitto, senza mai risolverlo. Il tempo del montaggio di Balestrini si snoda attraverso continui scontri, in una visione del divenire come continua lotta.
Nello schema del duello di Balestrini è facilmente riconoscibile la dialettica tra signoria e servitù descritta nelle note pagine della Fenomenologia dello spirito di Hegel. Il filosofo descrive due individui in lotta: colui che cede per paura di morire diventa il servo del vincitore. Il servo perde la propria autonomia e la sua attività sarà alle dipendenze del signore. Il signore diventa cosciente di sé stesso nel corpo sconfitto dell’altro, mentre il servitore si riconoscerà nei frutti del lavoro alle dipendenze del proprio signore[25].
Queste riflessioni hanno largamente influenzato le teorie marxiste: per approfondire il testo di Balestrini, si reputa opportuno fare riferimento agli studi del filosofo Mario Tronti e al suo modo di considerare la dialettica signoria/servitù. D’altronde, non si può ignorare il fatto che il dibattito teorico degli anni Sessanta e Settanta, in Italia, fu profondamente influenzato dal suo Operai e capitale, alla base della corrente dell’operaismo[26]. Per Tronti, l’operaio esiste solo all’interno di un processo in cui la sua forza-lavoro viene trasformata in capitale. La forza-lavoro, quindi, non ha più come fine la semplice produzione di qualcosa di utile, ma diventa creatrice di valore[27]. Per questo, l’operaio «deve riconoscersi come un particolare del capitale, se vuole presentarsi poi come suo antagonista generale»[28]. In sintesi, è il capitale a formare e definire il proprio antagonista, la classe operaia. E quest’ultima, allora, si rivela essere una contraddizione interna del capitale[29]: le lotte operaie, anziché essere un accidente, sono un “errore di sistema” causato dal sistema stesso, nel quale è racchiusa la chiave in grado di disinnescarlo. Balestrini, attraverso il riuso del linguaggio dei mass media, sembra rappresentare artisticamente quanto sostenuto da Tronti: è il discorso del potere a definire lo schema del duello. Si prenda ad esempio il capitolo Dissertazione, in cui è riconoscibile la morte dell’armatore Aristotele Onassis; nell’unico evento in cui, materialmente, non c’è violenza, è il linguaggio giornalistico a crearla:
La fortuna resta tuttavia colossale e proprio a causa di questa fortuna le due donne[30] non sono mai andate d’accordo entrambe cercavano di accaparrarsi mentre lui era in vita la fetta più grossa. La faida fra le due donne non ha avuto tregua neppure nei giorni della sua morte. Le due donne come è noto sono sempre state divise da un rapporto di reciproca diffidenza la spartizione dell’eredità ha acuito ulteriormente gli annosi rancori[31].
La spartizione dell’eredità si trasforma in “faida”: in questo capitolo, Balestrini sembra voler mostrare al lettore come ogni narrazione in cui si parla di capitale sia destinata ad assumere una struttura duellante. La violenza raccontata dai mass media, allora, non è qualcosa di casuale, che esplode all’improvviso, ma qualcosa di coerente con la natura del sistema stesso. La violenza è illustrata: è l’atto stesso della scrittura giornalistica a crearla. Prima ancora che nel fatto, la violenza è già nel discorso del capitale e del potere.
In conclusione di questo paragrafo, si può dire che il montaggio di La nuova violenza illustrata si strutturi su due livelli: quello controinformativo e quello dialettico. Il primo livello si situa nel capitolo, dove un singolo evento viene descritto da più fonti giornalistiche e le contraddizioni che ne derivano mettono in crisi l’oggettività del discorso mediatico; il secondo livello, invece, mette in relazione le ripetizioni che si registrano nel capitolo con quelle degli altri capitoli: alla lunga, lo schema del duello appare come l’unica costante presente nel testo. Volendo ritornare all’appello al lettore che Balestrini fa all’inizio della Nuova violenza illustrata, si osserva come il primo livello abbia il compito di “svegliare” il lettore, mentre il secondo di spingerlo a desiderare di “spaccare tutto”, di partecipare alla rivolta contro un sistema che si fonda sulla violenza.
La logica della soddisfazione
La versione del 1976 termina con il capitolo Dimostrazione, in cui si mescolano i frammenti usati per la costruzione degli altri capitoli. Tuttavia, vi appaiono anche dei frammenti nuovi: il più importante è quello in cui è descritta una donna in un momento di piacere, poiché è posto a conclusione dell’opera. In questo paragrafo si cercherà di mostrare come in questa figura si racchiuda il senso dell’intero testo. Per farlo, bisogna considerare che la nuova versione introduce un ulteriore livello del montaggio. Infatti, ai capitoli della versione del 1976 si accostano quelli della nuova, datati 2018. In realtà, la struttura interna dei capitoli del 2018 non è diversa da quella dei capitoli del 1976: Balestrini sembra dire che le cose non sono cambiate. La scelta fondamentale, però, non risiede nell’accostamento delle due parti, ma nell’aver messo il Secondo tempo prima del Primo tempo. Così facendo, il finale del 1976 risulta essere anche il finale della nuova versione. Balestrini sembra lasciar intendere che le conclusioni del 1976 sono valide anche per comprendere la violenza di oggi.
Il testo termina con questa lassa:
Un gradevole aumento di tensione fisica tutto il mio corpo vibra io sono molto eccitata le sensazioni sono tutte concentrate in un unico punto è una sensazione di leggerezza una scintilla quasi fremente sento una specie di elettricità. Poi gli operai dell’Aem la Autelco la Fargas e di tantissime altre fabbriche sempre più numerosi continuano a affluire gli studenti la polizia è completamente assente da tutta la zona il centro della città è completamente in mano agli operai in un’atmosfera entusiasmante. Una sensazione di vertigine di perdere me stessa come se non esistessi come corpo ma solo come sensazione come se ogni nervo del mio corpo diventasse vivo e cominciasse a pensare la sensazione di un nodo rigido che scoppia e fluttua improvvisamente e io apprezzo molto questa sensazione e sono piena di amore[32].
Qui sono presenti due frammenti: uno legato alla donna eccitata, l’altro a una rivolta operaia. A differenza del resto del testo, nel frammento della rivolta si legge di un conflitto risolto: gli operai hanno vinto. L’altro sfidante, la polizia, è ormai assente. Il soggetto scisso dello schema del duello qui ritrova una sua unità, dopo che una delle due parti è stata cassata.
Per comprendere il finale, sembra opportuno far riferimento alle riflessioni di Herbert Marcuse, un autore che influenzò profondamente il movimento studentesco della fine degli anni Sessanta, in cui lo stesso Balestrini ebbe occasione di maturare le proprie idee. Secondo Marcuse, la cultura occidentale si fonda sui concetti di “ragione” e di “idea”, e Hegel è colui che porta a compimento tale edificio filosofico. Secondo questa prospettiva, «la Fenomenologia dello Spirito dispiega la struttura della ragione come struttura del dominio – e come superamento del dominio»[33]. Infatti, nella tradizione occidentale, l’uso della ragione, l’atto del “com-prendere”, ha cercato di ottenere un controllo sull’oggetto studiato, al fine di manipolarlo. A tutto ciò Marcuse oppone la «logica della soddisfazione»[34].
Pensatori come Friedrich Nietzsche e Sigmund Freud hanno mostrato come l’essere umano sia mosso da altre forze, più irrazionali, che lo spingono a perpetrare la propria esistenza andando alla ricerca del piacere. La nuova violenza illustrata rappresenta, attraverso la tecnica del montaggio, un mondo governato dalla logica del dominio. Gli operai vittoriosi nel finale mostrano come sia possibile rovesciare i rapporti di forza, senza riuscire, però, a fare a meno di tale logica. La loro lotta è un atto di resistenza alla violenza subita, non un mezzo per soddisfare i propri desideri. Il loro non è un atto di libertà, ma di liberazione.
Eppure Balestrini, attraverso l’immagine della donna eccitata, sembra voler superare lo schema del dominio. La donna eccitata non trae il proprio potere o la propria libertà dalla sconfitta dell’altro, ma prova piacere a partire dal proprio corpo e rispettando le proprie pulsioni. Nello scontro, l’individuo osserva la propria forza nel corpo sconfitto dell’altro. La donna qui rappresentata grazie all’eccitazione va in estasi: si proietta al di fuori del proprio corpo e osserva i propri nervi «pensare la sensazione di un nodo rigido che scoppia e fluttua». L’individuo non è più proiettato contro l’altro, ma si libera dai propri “nodi rigidi” per accoglierlo, per essere riempito dall’amore. In tale logica, l’individuo è spinto a cercare l’altro attraverso il piacere.
Come sottolineato da Antonio Loreto, presente tra le pieghe della scrittura di Balestrini, «fin dagli esordi e insistentemente, è il motivo della guerra, mostrato come esito e come strumento d’ordine della civiltà borghese, illuministica»[35]. Fermarsi, quindi, alla struttura del duello avrebbe significato non oltrepassare la soglia del sistema borghese.
Da questo punto di vista è interessante il finale di Vogliamo tutto, l’opera in prosa che precede La violenza illustrata e che rappresenta la svolta epica di Balestrini. Dopo uno scontro con i carabinieri, durante una manifestazione, il protagonista si rifugia, assieme ad altri compagni, sul tetto di un’abitazione. Lì attendono il momento giusto per poter tornare a casa senza rischiare di essere fermati: «Era quasi l’alba c’era un grande sole rosso bellissimo che stava venendo su. Eravamo stanchissimi sfiniti. Per questa volta bastava. Scendemmo giù e ce ne tornammo a casa»[36].
Quel «per questa volta bastava» è eloquente: Vogliamo tutto termina con la consapevolezza della necessità dello scontro, al fine di rivendicare i propri diritti di lavoratori, ma anche della sua insufficienza. La violenza illustrata ripete lo schema dello scontro dell’ultimo capitolo di Vogliamo tutto, in maniera quasi ossessiva: tuttavia, la donna eccitata del finale indica quel passaggio ulteriore da effettuare al fine di uscire dalla logica del dominio.
La violenza illustrata, però, viaggia all’interno della bibliografia balestriniana e ritorna negli anni Duemila, anni che si sono aperti con una delle opere più cupe di Balestrini: Sandokan, storia di camorra[37]. Qui la violenza del capitale si fa più estrema: il protagonista non ha più la possibilità di partecipare allo scontro, di ribellarsi alla violenza della criminalità organizzata. Quest’ultima si mostra come un’alternativa al sistema, ma in realtà non è nient’altro che una sua versione ancora più feroce. Pertanto, il protagonista, nel finale, può solo fuggire dalla sua terra natale, nella speranza di trovare la pace altrove.
Una nuova speranza si accende nel 2011, alla pubblicazione di Liberamilano, testo che termina con un verso di Giorgio Gaber: «L’appartenenza è avere gli altri dentro di sé»[38]. Nel festeggiare la vittoria di una coalizione di sinistra al comune di Milano, dopo un lungo periodo di amministrazione di destra, di stampo berlusconiano, Balestrini ripresenta l’idea dell’accoglienza dell’altro, della “pienezza d’amore”.
Conclusioni
Lasciare in eredità, come testo quasi-postumo, La nuova violenza illustrata è significativo in quanto Balestrini sembra riconoscere, nell’opera del 1976, una struttura sociale che è ancora ben radicata nel nostro presente. Tutto ciò appare chiaro se si mettono a confronto i testi del 2018 e quelli del 1976: da un punto di vista formale, Balestrini usa ancora le stesse tecniche di composizione. L’elemento dialettico e la struttura del duello persistono, ma nel Secondo tempo cambiano le identità di coloro che partecipano allo scontro. Ad esempio, si possono mettere in relazione il capitolo Deportazione del 1976 con Giustizia è fatta del 2018: in entrambi i casi si assiste a uno sgombero da parte della polizia, ma nel nuovo capitolo viene aggiunta la questione razziale, poiché viene coinvolto un gruppo di migranti. Al vecchio conflitto tra classi si somma il processo di razzializzazione, dato che determinati gruppi sono costretti a vivere in condizioni materiali disagiate non solo a causa del sistema capitalistico, ma anche del discorso razzista[39]. Si può fare un altro importante confronto tra il capitolo Dissertazione del 1976 e Verso una nuova evasione del 2018: sia nell’uno che nell’altro è riconoscibile un conflitto familiare, ma nel primo i personaggi si scontrano per una questione economica (l’eredità), mentre nel secondo si assiste a un femminicidio. Qui si introduce la tematica della violenza di genere, che si innesta sul discorso capitalistico attraverso il processo di sessualizzazione, in cui l’individuo acquista valore solo per la sua capacità di attrazione sessuale[40]. Infatti, in Verso una nuova evasione, a scatenare la violenza è la volontà del marito di liberarsi della moglie per poter vivere un nuovo amore, trattando così la donna come un oggetto usa e getta. In sintesi, Balestrini, conservando l’impianto dialettico di stampo marxista, nei testi del 2018 sembra aprirsi a un approccio intersezionale in cui la questione di classe può essere compresa solo se si tiene conto anche della questione della razza e del genere[41].
Balestrini mostra come il conflitto sociale sia diventato più complesso, tanto da dover prendere in considerazione più fattori rispetto ai semplici rapporti di classe. Tuttavia, la logica della soddisfazione sembra essere ancora la soluzione necessaria per poter uscire dal sistema capitalistico, nonostante siano passati quarant’anni. Balestrini continua a riproporre questo finale poiché la logica della soddisfazione ancora non si è realizzata, oggi come allora. Ciò appare chiaro dalla scelta dell’immagine di una donna eccitata, in cui però non si fa riferimento a un rapporto sessuale: l’unione con l’altro è possibile, ma non ancora attuale. Oggi, al lettore spetta il compito di rendere reale quanto prospettato nel testo del 1976, che riaffiora nel nostro presente come un desiderio sessuale represso, ma che non può essere ignorato ulteriormente.
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A. Cortellessa, Note ai testi, in N. Balestrini, La nuova violenza illustrata, Torino, Bollati-Boringhieri, 2019, p. 16. ↑
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A. Cortellessa, Il film delle atrocità, in N. Balestrini, La nuova violenza illustrata, op. cit., p. 8. ↑
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Per tutte le questioni filologiche riguardanti il testo, si rimanda ad A. Cortellessa, Note ai testi, op. cit., pp. 16-19. ↑
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C. Brancaleoni, Il giorno dell’impazienza, San Cesario di Lecce, Manni, 2006, p. 201. ↑
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Tutte le traduzioni dei testi citati in lingua sono dell’autore del saggio. ↑
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T. Tzara, Dada manifeste sur l’amour faible et l’amour amer [1921], in Id., Dada est tatou – Tout est Dada, Paris, Flammarion, 2016, p. 228. ↑
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A. Cortellessa, Il film delle atrocità, in N. Balestrini, La nuova violenza illustrata, op. cit., pp. 8-9. ↑
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C. Brancaleoni, Il giorno dell’impazienza, op. cit., p. 116. ↑
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C. Bello Minciacchi. Introduzione, in N. Balestrini, Le avventure della signorina Richmond e Blackout. Poesie complete volume secondo (1972-1989), Roma, DeriveApprodi, 2016, p. 6. ↑
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C. Rosset, Logique du pire [1971], Paris, PUF, 2013, p. 43. ↑
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N. Balestrini, La nuova violenza illustrata, Torino, Bollati-Boringhieri, 2019, p. 26. ↑
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A. Tosatti, Fragments d’un discours politique, in «Arzanà», n. 15, 2012, p. 209. ↑
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N. Balestrini, La nuova violenza illustrata, op. cit., p. 173. ↑
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Si veda soprattutto il capitolo Controinchiesta, controgiustizia: Pinelli-Valpreda in P. Baldelli, Informazione e controinformazione [1972], Viterbo, Stampa Alternativa, 2006, pp. 145-229. ↑
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C. Brancaleoni, Il giorno dell’impazienza, op. cit., p. 202. ↑
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E. Husserl, Meditazioni cartesiane [1950], trad. it. di F. Costa, Milano, Bompiani, 2009, pp. 71-72. ↑
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La rivista nacque in seno al Gruppo 63. Pubblicata dal 1967 al 1969, fu diretta da Balestrini negli ultimi tre numeri. ↑
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U. Eco, Vietando s’impara [1968], in Quindici. Una rivista e il Sessantotto, a cura di N. Balestrini, Milano, Feltrinelli, 2008, p. 286. ↑
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A. Bonomi, La controinformazione [1987], in L’orda d’oro 1968-1977, a cura di N. Balestrini, P. Moroni, Milano, Feltrinelli, 2019, p. 592. ↑
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N. Balestrini, La nuova violenza illustrata, op. cit., pp. 182-83. ↑
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Ivi, p. 184. ↑
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Ivi, p. 186. ↑
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G. Deleuze, Cinema 1. L’image-mouvement, Paris, Les Éditions de Minuit, 1983, p. 46. ↑
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R. Barthes, Introduction à l’analyse structurale des récits [1966], in Id., L’aventure sémiologique, Paris, Seuil, 2015, p. 193. ↑
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F. Hegel, La fenomenologia dello spirito [1807], trad. it. di G. Garelli, Torino, Einaudi, 2008, pp. 128-36. ↑
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Lo stesso Balestrini, assieme a Primo Moroni, rileva l’importanza di Mario Tronti in quegli anni nell’Orda d’oro, op. cit., pp. 138 e sgg. ↑
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M. Tronti, Operai e capitale [1966], Roma, DeriveApprodi, 2019, p. 35. ↑
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Ivi, p. 52. ↑
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Ivi, p. 54. ↑
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Si fa riferimento alla figlia e all’ultima moglie di Onassis, Jacqueline Kennedy. ↑
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N. Balestrini, La nuova violenza illustrata, op. cit., p. 143. ↑
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Ivi, pp. 227-28. ↑
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H. Marcuse, Eros e civiltà [1955], trad. it. di L. Bassi, Torino, Einaudi, 1968, p. 145. ↑
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Ivi, p. 154. ↑
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A. Loreto, Dialettica di Nanni Balestrini, Milano-Udine, Mimesis, 2014, p. 10. ↑
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N. Balestrini, Vogliamo tutto [1971], Milano, Mondadori, 2013, p. 177. ↑
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N. Balestrini, Sandokan. Storia di camorra [2004], Roma, DeriveApprodi, 2009. ↑
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N. Balestrini, Liberamilano seguito da Una mattina ci siam svegliati, Roma, DeriveApprodi, 2011, p. 77. ↑
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Per approfondire questi aspetti si rinvia a M. Mellino, Governare la crisi dei rifugiati. Sovranismo, neoliberalismo, razzismo e accoglienza in Europa, Roma, DeriveApprodi, 2019. ↑
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Sul processo di sessualizzazione si rinvia a C. Volpato, Deumanizzazione. Come si legittima la violenza, Roma-Bari, Laterza, 2011, p. 108. ↑
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Per una sintetica e agile introduzione al concetto di intersezionalità si rinvia a E. Lépinard, S. Mazouz, Pour l’intersectionnalité, Paris, Anamosa, 2021. ↑
(fasc. 52, 31 luglio 2024)