Il “Classicismo” transculturale di Pasolini nell’anno del centenario
Questa raccolta bilingue di saggi (italiano/inglese), a cura di studiosi di fama apprezzati anche a livello internazionale, intende rileggere gli aspetti transmediali dell’opera di Pier Paolo Pasolini, coniugandoli con il paradigma transculturale.
Basata su un panel dedicato a Pasolini nell’ambito della 49a Conferenza annuale dell’International Northeast Language Association (NeMLA), tenutasi presso l’Università di Pittsburgh, Pennsylvania, dal 12 al 15 aprile 2018 e in seguito tematicamente ampliata per questo numero speciale della rivista accademica «Diacritica» (periodico scientifico di Area 10 e di classe A per il Settore scientifico-disciplinare Anvur “Critica letteraria e letterature comparate”), tale raccolta di saggi mira a ripensare il ruolo di Pasolini, la sua posizione e ricezione da diversi punti di vista, e in differenti società e contesti accademici. L’attualità dell’opera di questa figura simbolica di eccezionale regista, artista prolifico, poeta e intellettuale creativo, autore dei noti Scritti corsari (1975) e rappresentante di spicco della generazione italiana del 1968, si rivela di particolare importanza nel 2022, anno del centenario della sua nascita.
Com’è noto, Pasolini simboleggia anche le proteste degli anni ’60 e ’70, e più precisamente il movimento del Sessantotto in Italia, storicamente legato ai cosiddetti “anni della Contestazione”. Tra i fattori principali del successo dell’opera e della figura di Pasolini, annoveriamo il livello “trascendente” e la profondità intellettuale dei grandi temi della sua vita, che consistono nella sua critica alla cultura, alla società e all’ideologia della sua epoca. Nella sua ricchezza tematica, nella voluta poliedricità del suo stile e nella molteplicità delle forme della sua messa in scena – in un ampio arco che va dall’ambito dell’intrattenimento all’apocalittico, dai dibattiti di genere alle questioni di fede –, la sua eredità appare sempre attuale ma al contempo “classica”, proprio in virtù dei suoi tratti transculturali. Il senso di autenticità che le sue parole scritte trasmettono al lettore ancora oggi è radicato soprattutto nella congruenza e coerenza della vita personale di Pasolini con le dichiarazioni pubbliche veicolate dalle sue pubblicazioni: Pasolini era un’icona di transculturalità, come lo sono ancora oggi le sue opere.
Infatti, Pasolini non è solo noto come autore di romanzi e di prosa (si pensi, ad esempio, a Ragazzi di vita, 1955; Una vita violenta, 1959; La Divina Mimesis, 1975; o a Petrolio, 1992), di poemi (ad esempio La meglio gioventù, 1954; La religione del mio tempo, 1961), di saggi (Passione e ideologia, 1960; Empirismo eretico, 1972; Scritti corsari, 1975), di articoli di giornale (usciti sul «Corriere della sera», fra gli altri), di programmi radiofonici (Paesaggi e scrittori: il Friuli, 17/08/1956, RAI) e drammi (tra cui Porcile, 1968; Calderón, 1973), ma anche come sceneggiatore (si ricordino Accattone, 1961; Mamma Roma, 1962; Uccellacci e uccellini, 1966, e molti altri), regista di film d’autore (Teorema, 1968; Medea, 1968; Il Decameron, 1971 etc.) e di documentari (Sopralluoghi in Palestina per il “Vangelo secondo Matteo”, 1964 etc.). Inoltre, Pasolini si è espresso anche come autore di canzoni (si pensi a Il valzer della toppa e a Cristo al Mandrione, 1961; Che cosa sono le nuvole, 1967; I ragazzi giù nel campo, 1974), come attore (Monco nel Gobbo, 1960, diretto da Carlo Lizzani; o Giotto nel Decameron, 1970, diretto da sé stesso), traduttore (dal latino, francese e greco in italiano e friulano) e come attivista politico (non celando il suo omoerotismo, ad esempio, come dichiarazione politica, ed esprimendo liberamente la propria attitudine anti-capitalistica etc.).
In qualità di coraggioso, eccezionale e appassionato combattente per la libertà, Pasolini s’interessò, altresì, a un’ampia gamma di argomenti, discipline e manifestazioni culturali e sociopolitiche, tra cui la religione (in particolare il cattolicesimo), la filosofia, la storia (compresa la storia religiosa), il paganesimo (con riferimento alla cultura contadina, in particolare rurale dell’Italia meridionale etc.), l’etnologia, l’antropologia, la musica, le arti figurative, la pittura, lo sport (poiché egli stesso era particolarmente appassionato di calcio), i resoconti di viaggio (ad esempio, da Germania, India, Israele, Giordania, Africa, New York) e alcune figure iconiche del passato e del presente (santi come San Matteo o San Paolo; personaggi della cultura popolare e non, come Dante, Boccaccio, Caravaggio, Martin Luther King, Maria Callas, fra gli altri).
Pur criticando spesso alcune sfaccettature di queste problematiche e discipline, in particolare quelle che riguardavano il mondo politico-economico, Pasolini è stato sicuramente un trendsetter, non solo a livello estetico ma anche come intellettuale impegnato in processi inter e/o transdisciplinari. Come emerge chiaramente da Le ceneri di Gramsci (1957), Pasolini si considerava empaticamente un successore culturale dell’intellettuale sardo e un innovatore della tradizione, orientandosi principalmente verso la visione del mondo subalterna, sottoproletaria e marxista delineata da Gramsci, specie nella Questione meridionale (1924-1966). Nel tentativo di sviluppare una posizione artistica europea nuova, progressista ma cosmopoliticamente allineata, ad esempio paragonabile a quella delineata contemporaneamente, nella filosofia e nella sociologia francesi, da Michel Foucault, in particolare durante l’ultimo periodo della sua vita dal 1968 al 1975, nell’opera in versi Trasumanar e organizzar (1971) Pasolini conia l’idea della “transumanizzazione”, per la quale aveva originariamente tratto spunto dalla lettura e dallo studio del Paradiso dantesco (1,67-70). Essendo Pasolini costantemente caratterizzato e mosso da una “motivazione dualistica” che oscilla tra passione e ideologia, tra poeticismo effimero e cinematografia praticata, fra la tentazione narcisistica di una soluzione individualizzata e quella storica di un compromesso collettivo, cioè, metaforicamente parlando, diviso fra la personificazione di un celeste “santo” e quella di un “sacerdote” terreno, dall’odierna prospettiva postmoderna potremmo valutare la sua eredità come una visione transculturale ante litteram.
Transmedialità e Transumanizzazione: un nuovo approccio
Partendo, dunque, da questa premessa, non possiamo non chiederci come cogliere i valori universali e perpetui, così come gli aspetti transculturali dei romanzi, dei film, delle poesie, delle opere teatrali di Pasolini, nonché la sua presenza nei media, in termini di transculturalità e/o transculturalismo, transmedialità e transumanizzazione. Al fine di approfondire questi ambiti, che rendono così utile rivisitare la sua produzione complessiva, questa Introduzione tenta di fornire al lettore una panoramica degli approcci metodologici e dei temi abbracciati dallo speciale approfondimento dedicato da «Diacritica» a Pier Paolo Pasolini per il primo centenario della sua nascita.
Vi sono inclusi nove saggi in totale (più la Premessa di Marco Marino, Vicepresidente del Sant’Anna Institute di Sorrento, la presente Introduzione e la Postfazione a cura di Ugo Perolino, Professore di “Letteratura italiana contemporanea” presso l’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara), cinque dei quali in lingua italiana e quattro in lingua inglese, organizzati secondo un filo conduttore che li raggruppa per tematiche politiche, ideologiche, performative e psicologiche prima, per poi soffermarsi analiticamente sulla concezione pasoliniana del teatro e, infine, sulla sua iconicità quale involontario protagonista del paesaggio urbano della Roma odierna. La costante, ricercata alternanza linguistica fra italiano e inglese nei saggi mira a invitare il lettore anche a uscire dalla propria zona di comfort e ad affrontare la sfida transculturale aprendosi all’alterità, almeno nella misura in cui è possibile farlo limitandosi a leggere un saggio in una lingua diversa dalla propria.
Subito dopo l’Introduzione, il lettore troverà un altro breve testo in inglese atto a illustrare più nello specifico ciò che il termine “Transculturalità” (o, formulato in modo più fenomenologico, Transculturalismo) implica nell’ambito degli studi letterari e culturali. Si tratta di un testo puramente metodologico intitolato Theoretical Approaches to Transculturalism: originariamente scritto a quattro mani in italiano nel 2020 per l’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, viene intenzionalmente ripresentato per l’occasione in un’inedita traduzione nell’attuale lingua globale della scienza, l’inglese, lingua franca postmoderna per eccellenza. Autrici ne sono, in tandem, la scrittrice afro-italiana di un’Italia postcoloniale Igiaba Scego (fra i suoi libri, La mia casa è dove sono, 2010; La linea del colore, 2020) — nata nel 1974 a Roma e di origine somala — e chi firma questa Introduzione, studiosa di letteratura e cultura afferente all’Accademia Lettone di Cultura, con particolari interessi per gli approcci interdisciplinari e gli studi transculturali, nonché traduttrice delle sceneggiature cinematografiche di Pasolini San Paolo (1977; Der Heilige Paulus, 2007) e Porno-Teo-Kolossal (1975; Porno-Theo-Kolossal. Pasolinis letztes Filmprojekt, 2022) in lingua tedesca. Tale breve panoramica propedeutica cerca di definire il termine-ombrello di Transculturalismo, che funge da tema centrale per il presente omaggio a Pasolini, mettendone in discussione l’origine, l’evoluzione, i problemi di demarcazione e la rilevanza nei discorsi del Terzo millennio (i lettori che preferissero leggere questa premessa scientifica in lingua italiana potranno risalire facilmente alla versione originale seguendo il link rinvenibile nella bibliografia finale di questa Introduzione).
Dopo l’articolo sul Transculturalismo che, metaforicamente parlando, ha l’intento di condurre il lettore a una “temperatura” transculturale sul piano teorico, entriamo subito in medias res con l’analisi di Francesco Chianese (Cardiff University/California State University Long Beach) dal titolo Transmediality as a Transcultural Dialogue: Pasolini between the Other and the Self. Chianese, già autore di una sagace monografia sulle riflessioni mature di Pasolini sulla paternità e il rapporto tra padre e figlio (“Mio padre si sta facendo un individuo problematico”: Padri e figli nell’ultimo Pasolini (1966-75), 2018), combina parametri transculturali posizionando Pasolini tra l’Altro e il Sé.
Partendo da una velata allusione al fatto che gli italiani difficilmente leggono la letteratura critica in inglese, Chianese, attraverso il proprio saggio, conduce il lettore alla critica al consumismo americano che, come sappiamo, secondo Pasolini, rappresenta l’apice di un processo di trasformazione che ha come risultato un decadimento civile che corrompe e corrode l’identità culturale italiana. Dopo aver analizzato sistematicamente l’immagine pasoliniana dell’Italia in Petrolio e in due poesie emblematiche dal punto di vista dell’alterità contrastante, Chianese giunge a una conclusione ibrida ma convincente: è proprio lo spazio in cui transculturalità e transnazionalismo si incontrano e/o si fondono che definisce la civiltà alternativa che Pasolini evocava.
Mentre Chianese parte dal presupposto per cui il concetto pasoliniano di “trasumanar” corrisponde a un processo di ibridazione che implica una fusione di transculturalità e transnazionalismo, producendo così la transmedialità della sua produzione artistica, la semiologa, filosofa e comparatista italo-australiana Susan Petrilli (Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”) riesce a rileggerla con l’ausilio di una formula “semioetica”. Studiosa di semiotica assai nota e stimata a livello mondiale, Petrilli, autrice di pubblicazioni filosoficamente e linguisticamente cruciali (tra cui Sign Studies and Semioethics: Communication, Translation and Values, 2014), basandosi sulle interpretazioni proattive della visione transumanizzante di Pasolini, giunge a formulare la tesi per cui la sua letteratura e i suoi film ci riportano anche a noi stessi, mentre ci incoraggiano a pensare in modo critico, cioè fuori dagli schemi, il che significa, nella fattispecie, “evitare le trappole dell’identità”. Seguendo Pasolini come modello, la sua proposta costruttiva alternativa è quella di pensare oltre il dogmatismo e la dualità, favorendo valori e competenze comunicative quali l’alterità, l’unicità, l’ospitalità, il coinvolgimento “femminile” con l’Altro, la libertà artistica, la contaminazione dissimmetrica, la polifonia, l’apertura e un atteggiamento o una mentalità “de- totalizzante”. “Trasumanar”, nel senso di Petrilli è, quindi, segno di una possibile crescita umana che offre un’ampia gamma di scelte etiche, di differenti sfumature e di vari rimodellamenti.
Dopo che l’intrigante e ricco insieme di letteratura secondaria di Petrilli ha messo alla prova i limiti e la profondità di Pasolini, costruendo le basi della sua argomentazione, che vanno dalla condizione di “trasumanare” di Dante, coniata ed espressa dal sommo poeta nel suo Paradiso, a Bachtin, Deleuze, Roland Barthes e Levinas, a Sebeok, Eco, Ponzio, Victoria Welby e molti altri, Maria Panetta, italianista, esperta di critica letteraria e docente per svariati anni (presso il Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte e Spettacolo, SARAS, della Sapienza Università di Roma) di “Mediazione editoriale e cultura letteraria”, ci riporta alla realtà dei media moderni e al mondo “fisico” di Pasolini.
Nel suo saggio, la fondatrice di «Diacritica» e Vicepresidente del CRIC (Coordinamento Riviste Italiane di Cultura), si sofferma sull’immagine performativa di Pasolini in alcune interviste che ha recuperato da fonti online alla portata di qualsiasi fruitore della Rete. L’analisi di Panetta, intitolata Pasolini oggetto di visione: l’intellettuale-attore e l’aspetto performativo delle sue interviste, esamina l’ambiguità del reale osservando come lo stesso Pasolini si esprimeva davanti alla telecamera e parlava in pubblico, mettendone in rilievo gli atteggiamenti e le pose, e sottolineando l’uso sapiente che faceva dello spazio scenico anche negli studi televisivi. Non sorprende che il nostro considerasse la televisione un mezzo antidemocratico, non libero, che – come appunto affermava Pasolini – stava rivoluzionando la società italiana del suo tempo, trasformando l’eterogenea lingua italiana e le sue svariate componenti dialettali in un omologato “linguaggio della tecnologia”, e anticipando così la rivoluzione digitale del Terzo Millennio. Tuttavia, dal punto di vista di Pasolini, l’arte deve essere «idealista» e «decentrata» ma, allo stesso tempo, deve necessariamente diventare anche commerciale, se davvero ambisce a raggiungere le masse. Sottolineando come questa circostanza richieda responsabilità etica e culturale ed, ergo, una riflessione peculiare, Panetta giunge a mettere in evidenza l’utilità didattica di tali tipologie di materiali di ricerca, in generale, e, più in particolare, delle quattro videointerviste girate nel periodo dal 1968 al 1974, che vengono presentate e discusse nel suo contributo, anche in relazione alla non casuale e parallela pubblicazione sulla stampa quotidiana di alcuni dei più noti interventi civili e militanti pasoliniani, poi raccolti in Scritti corsari (1975) e Lettere luterane (1976).
Tornando a Pasolini come incarnazione della transculturalità al di là delle sue apparizioni mediatiche, la studiosa di letteratura Lisa El Ghaoui (Université Grenoble Alpes) riesce a dimostrare come l’approccio transculturale ci aiuti a comprendere il desiderio di trasformazione di base di Pasolini (della società, della sua stessa biografia). Nel suo saggio Dal desiderio di transculturalità all’autotrascendenza. Un percorso nell’opera di Pasolini tra viaggi e teatro, l’esperta di Pasolini, comparatista, autrice e co-curatrice francese di vari volumi su Pasolini (ad es., Le tradizioni popolari nelle opere di Pier Paolo Pasolini e Dario Fo, 2014) traccia la rappresentazione dell’Altro nella rappresentazione dell’India di Pasolini – così come nella sua passione per le borgate romane – all’insegna della transculturalità. Il suo saggio è – a nostro avviso – di grande rilievo perché, mettendo in risalto Pasolini, evidenzia non solo che la transculturalità rappresenta sempre uno stile di vita (come afferma Wolfgang Welsch), il che è benefico perché soddisfa un bisogno fondamentale dell’umanità, ma anche, e soprattutto, che l’India nel diario di viaggio di Pasolini L’odore dell’India (1961) è permeata di transtemporalità, cioè rappresenta un terzo spazio fra Occidente e Oriente, dove la nozione di “trasumanar” equivale ad avere resilienza (prima spirituale, poi fisica). Questa forza diventa ancor più evidente nel suo Manifesto per un nuovo teatro (1968), in cui Pasolini definisce il teatro come un atto di protesta: tale protesta è connessa a una dimensione trascendentale dell’esistenza umana che egli coglie con l’idea di “trasumanar” nel senso di “rivelazione”, di “ineffabile” e/o di “conversione”.
Come risultato intermedio dell’indagine, a questo punto possiamo già tenere in considerazione l’utilità pratica dell’utilizzare l’approccio transculturale, transmediale e transumanizzante per evidenziare la dimensione altamente etica ed estetica di Pasolini che si cela dietro il suo atteggiamento anticonformista. Come sottolinea sempre El Ghaoui, non si tratta né di poter vedere lo spazio dell’interpretazione come un vero e proprio spazio tra i viaggi di Pasolini e le rappresentazioni teatrali, né di capire le masse, in qualità di famoso intellettuale o di autore e regista eccezionalmente dotato. Ciò che conta, piuttosto, è come si affronta la realtà e come s’interagisce con l’Altro: metamorfizzando la realtà con l’aiuto di espressioni poetiche o dialettali, per esempio, o coltivando la convivialità e l’ospitalità.
La diversità diventa, quindi, qualcosa di sacro, qualcosa che aggiunge valore, se non viene considerato anormale. Senza negare i paradossi e le ambivalenze che si legano a un concetto di identità così poco chiaro e ibrido – anche per quanto riguarda l’orientamento sessuale – come lo troviamo nella vita e nell’opera di Pasolini, diventa evidente che “trasumanar” significa, in fondo, ‘andare oltre noi stessi’. La transumanizzazione va, dunque, vista come una capacità transculturale di superare una crisi in un duplice senso: resistendo a una sventura, alla sofferenza e al dolore, da un lato; e raggiungendo la salvezza, la grandezza e la catarsi, dall’altro, tramite il pieno sviluppo del proprio potenziale umano.
Se, a questo proposito, appare opportuno il riferimento al neurologo e filosofo austriaco Viktor Frankl per cogliere la visione di Pasolini, si può anche dire che la transculturalità ha molto a che fare con l’autoefficacia e l’autodeterminazione. La conclusione di El Ghaoui – che rileva che il linguaggio del desiderio di Pasolini può essere caratterizzato come transculturale in quei momenti in cui una fatalità si trasforma in una scelta di vita e in cui si solleva una protesta radicale contro le tendenze alla disumanizzazione – può fungere da filo di Arianna, conducendo agli altri saggi raccolti in questo fascicolo doppio di «Diacritica».
I successivi tre contributi riguardano da vicino il teatro. Nel suo arguto saggio su Il teatro in Pasolini: la soglia della contraddizione, il ricercatore indipendente americano Mark Epstein esplora, esamina e trova nodi di contraddizione tanto creativi quanto istruttivi nel teatro di parole di Pasolini, analizzando in particolare il suo complesso rapporto con la tradizione. D’altro canto, però, Epstein argomenta che questi paradossi sono utili a praticare un’“interazione dialogico-dialettica” con il pubblico e dentro di noi, allo stesso tempo, in quanto tutte le discrepanze nelle opere di Pasolini migliorano la democrazia, l’introspezione e la fiducia in sé stessi, avendo quindi anche un effetto didattico costruttivo. In questo senso, la sensibile ricerca di Epstein del significato transmediale dei drammi e dei saggi di Pasolini, dell’effetto educativo del concetto pasoliniano di Teatro Nuovo (Manifesto per un nuovo teatro) e della lezione di vita di questo eccezionale artista friulano conferma il valore pedagogico del pensiero e dell’opera di Pasolini, che, come accennato, Panetta ha evidenziato anche sul piano della prassi didattica.
Mentre la soglia fra il testo, la performance, il pubblico, l’autore e gli attori è, per Pasolini, la porta dell’“intermedialità”, così come lo è per Epstein, il filosofo e docente di “Lingua e Letteratura italiana” Domenico Palumbo (Sant’Anna Institute di Sorrento) rilegge il pasoliniano Manifesto per un nuovo teatro (1968) e il film Medea (1969) attraverso una lente semiotica (come già Susan Petrilli nel suo ampio e informato saggio).
Nel contributo dal titolo Pasolini e la parola: dal “teatro di parola” alla Medea, “cinema di parola”, Palumbo individua nel personaggio centrale di Medea una figura simbolica di trasformazione. Tornando al concetto pasoliniano di “teatro di parole” e alla sua nozione di “cinema di poesia”, Palumbo conia l’espressione “cinema di parole”. In questo senso, teatro e cinema producono, più che una semplice sinergia, un vero e proprio linguaggio simbiotico delle forme.
Come sottolinea Palumbo, la Medea di Pasolini s’ispira al mito di Euripide come modello per rappresentare la verità metafisica e per rivelare l’effetto disumanizzante del potere. Lo studioso trova la ragione dell’onnipotente autenticità di Pasolini nelle sue idee contrastanti e nella sua contraddittorietà, nelle sue inconciliabili opposizioni, nei suoi ossimori e nelle sue incongruenze. La mescolanza di generi, codici, tempi, scene e inquadrature – conclude Palumbo – produce una transculturalità ibrida. E possiamo aggiungere che ciò appare ancor più plausibile in quanto il gioco di Pasolini con il tema guida dell’incontro vs. collisione – come illustrato da Palumbo – è, a livello teorico, un (se non “il”) tema centrale della transculturalità.
In Pasolini’s Ambivalent Love-Hate Poetry in Fabulation, Orgy and Pigsty, Andrew Korn (University of Rochester) approfondisce alcuni degli aspetti che riguardano l’idea pasoliniana del teatro italiano: l’italianista, oltre che esperto di Pasolini (Subjectivity and Politics in Pasolini’s Bourgeois Tragic Theater, 2018), conferma non solo l’“ibridità” come caratteristica essenziale del teatro pasoliniano in sé, ma anche la sua funzione transculturale. Partendo dalla profonda avversione di Pasolini per l’“egemonia culturale borghese”, Korn giustifica la sua antipatia con il fatto che questa era, a quel tempo (e talvolta, forse, lo è ancora), totalmente contro ogni tentativo di eterogeneizzazione, ibridazione reciproca e, quindi, progressività transculturale. Con l’ausilio di un approccio freudiano, Korn rilegge con profondità critica e attenzione i tre drammi di Pasolini Affabulazione, Orgia e Porcile, tutti scritti alla fine degli anni Sessanta, nel pieno del movimento studentesco del 1968. Secondo Korn, la visione non dialettica della storia che queste opere lasciano trasparire è influenzata da Freud: il suo saggio svela la poesia dell’ambivalenza di Pasolini, oscillante fra amore e odio, sullo sfondo delle tesi freudiane sulla sessualità (il sacro), la pulsione mortale (il sadomasochismo) e l’aggressività (la ribellione e/o la violenza). Sorprendentemente, anche Korn conclude – proprio come gli altri autori di questo volume, ma in maniera particolarmente evidente nell’analisi del teatro di Pasolini – che le tre tragedie borghesi invitano il lettore o lo spettatore a superare la distruttività dell’establishment, creando una nuova identità ibrida transculturale che riconcili l’arcaico con la modernità, consentendo così una maggiore eterogeneità e diversificazione.
Tornando alla psicoanalisi di Sigmund Freud, l’approccio psicologico di Korn approfondisce la chiave di lettura introdotta da El Ghaoui da un punto di vista storico e terapeutico, spingendola ancora oltre: se, infatti, la studiosa aveva inserito solo alla fine del saggio un riferimento a Viktor Frankl, fondatore e rappresentante della Logoterapia umano-esistenziale riconosciuta come la terza scuola di Psicoterapia viennese dopo quelle di Sigmund Freud (terapia psicoanalitica) e Alfred Adler (psicologia individuale), il testo di Korn si apre direttamente con Freud. Il suo contributo mette in luce alcuni processi interiori che si manifestano nel teatro pasoliniano degli anni Sessanta, riflettendo sullo slogan che “Il privato è pubblico” del suo tempo e dimostrando anche che il teatro di Pasolini ha una componente che trascende il tempo e resta espressivamente vera ancora oggi.
L’impatto mediatico, analitico e performativo che abbiamo in precedenza definito effetto del “classicismo transculturale” di Pasolini è amplificato, infine, dal suggestivo testo di Igiaba Scego su “San Pierpà”: Pier Paolo Pasolini a Roma Est tra sacralizzazione e gentrificazione, che tratta della presenza di Pasolini nel paesaggio urbano della Roma contemporanea. L’impegno di questa autrice italiana, figura emblematica dei cosiddetti New Italians e icona italiana della transculturalità, la induce a rivolgersi con italianità critica e amorevole alla turbolenta vita urbana della Roma odierna — una volta, Caput mundi e ombelico del mondo —, seguendo la presenza dello spirito pasoliniano per le strade, per i quartieri e le piazze, nei bar e nella mente della gente.
Come accadeva in Roma negata. Percorsi postcoloniali nella città (2014), il suo testo è arricchito da foto di graffiti e reminiscenze di Pasolini nella Capitale, un tempo Città dei Papi, scattate nello spazio pubblico dei rioni Est di Roma: in particolare, al Pigneto e a Tor Pignattara. Solo che questa volta non è il fotografo Rino Bianchi a scattare foto in bianco e nero di monumenti che mostrano il nascosto e crudele passato coloniale di Roma, ma è l’autrice stessa che cammina per la propria città natale, con gli occhi sbarrati, fotografando, osservando, riflettendo, scrivendo, pensando a Pasolini e portando noi, suoi lettori, con lei. Anche se il testo di Scego dipinge un’immagine ambivalente di una Roma decadente e al tempo stesso signorile, l’eleganza della sua scrittura e le immagini colorate con cui adorna il contributo non lasciano dubbi sul fatto che l’autrice guarda sempre in maniera amichevole e affettuosa alla propria città e a Pasolini. Riscopre la “sua” Roma: una bellezza teatrale – oggi postmoderna – con un’evidente contraddizione fra cultura e consumi.
Nella “passeggiata scritta” di Scego, che ci conduce seduti in una sorta di poltrona a viaggiare per le strade, Roma rispecchia Pasolini (e la sua passione per le borgate), ma al tempo stesso Pasolini rispecchia Roma. Senza svelare troppo di questo sofisticato resoconto, il capitolo cruciale di Scego sulle iconiche antitesi urbane di un “sacro” Pasolini illustra che, nella Roma del tardo postmoderno, Pasolini è diventato sia un oggetto di speculazione (economica) sia un oggetto pubblico di discussione (culturale).
Ciò che maggiormente attira l’attenzione di Scego è il bifronte “dilemma-Pasolini”: da un lato, è la sua anima gemella (come scrittore, come persona a cui piaceva la periferia, che abitava a Roma, amandola ma anche litigando con essa) e, dall’altro, è un personaggio (un carattere altamente artificiale, costruito da altri, insomma: un’icona). Basandosi sulla concezione rivoluzionaria pasoliniana di Roma (marcia, povera, astuta) come pura poetica o “essenza poetica”, come scrive Scego, la scrittrice italo-africana osserva, interroga e percepisce precisamente la trasformazione della città, anche nel suo contrario, cioè, nella sua gentrificazione, negli anni 2000. E, visto che la gentrificazione urbana si basa sul principio della glorificazione ‒ argomenta Scego ‒, Pasolini diventa “sacro”.
L’effetto straniante dei ritratti in qualche modo clandestini di questo singolare eroe “sacro” (romano) attraverso la street art non manifesta solo la trasformazione e la santificazione della vita e dell’opera di Pasolini nella Roma contemporanea. Rivela anche che l’arte è pura solo se non è sfruttata, se non è commercializzata grossolanamente, solo se è senza scopo, nel perseguimento della conoscenza per i propri fini, se è fatta esclusivamente “per sé stessa” o solo per il gusto di essa. Compito dell’arte e della letteratura è quello di cambiare il nostro modo di vedere, di guardare le cose, il mondo e l’Altro. Lo “sguardo transculturale” che Igiaba Scego sembra suggerire al lettore è un messaggio pronunciato da un’artista. Mentre all’inizio di questo numero speciale di «Diacritica» Scego si presenta anche come autrice di un contributo scientifico con lo scritto a quattro mani su cosa sia il Transculturalismo, il suo testo letterario su “San Pierpà” che venera Pasolini in romanesco, in occasione del suo centenario nel 2022, chiude la serie di interventi. Probabilmente anche a Pasolini sarebbe piaciuta questa mutazione e il passaggio da un approccio filosofico a uno letterario, e questa combinazione di riflessione, pensiero e arte, sia come intellettuale sia come letterato.
Il nostro viaggio nel mondo di Pasolini, da un punto di vista contemporaneo, attraverso la sua sfera artistica, immaginaria e spirituale, “dentro” e “fra” due lingue diverse (inglese e italiano) e tra i vari testi pasoliniani riletti controcorrente, si conclude con la Postfazione del contemporaneista Ugo Perolino (autore di svariati saggi, fra i quali Il sacro e l’impuro. Letteratura e scienze umane da Boine a Pasolini, 2012). Questa si sofferma, in particolare, sulle brillanti pagine che uno studioso di Pasolini del calibro di Walter Siti ha dedicato nell’arco di cinquant’anni alla sua opera, ma allarga poi il campo ad alcuni aspetti della ricerca negli studi pasoliniani, centrando l’attenzione sul reticolo di letture e analisi critiche e teoriche tra Foucault e Gramsci.
L’eredità di Pasolini: un ponte verso le sfide del Terzo millennio
I saggi di questo numero di «Diacritica» intendono mettere in luce non solo come l’approccio transculturale sia un metodo utile e chiarificatore per analizzare meglio il lavoro di Pasolini, ma anche che una delle specificità più sorprendenti dell’opera di Pier Paolo Pasolini è proprio la sua transculturalità. Come sappiamo, l’autore friulano era un artista poliedrico, che perseguiva un approccio ossimorico alle arti. Puntando sempre alla totalità e pluralità dell’espressione artistica, Pasolini ci ha lasciato un corpus che potremmo definire un’“impresa incompiuta”. A volte questa assume tratti tragicomici nel tentativo di sconfiggere la storia, a volte le sue ibridazioni diventano uno strumento cruciale per trasmettere una visione transculturale della cultura italiana, collocandola in un contesto mondiale universale. I discorsi ribelli di trasformazione di Pasolini puntano sulla transmedialità ‒ propagando una svolta transmediatica ‒ e, quindi, trasmettono al lettore (o al pubblico) il potenziale innovativo di una transculturalità “glocale”, a doppio codice, che connette gli antipodi e prevede un’identità italiana radicalmente nuova.
Questi paradigmi risultano chiaramente dai vari temi, metodologie e analisi che il lettore può qui cogliere: dall’attenzione di Francesco Chianese alla transmedialità di Pasolini all’approccio semiotico di Susan Petrilli, dalla visione analitica di Maria Panetta della performance mediatica di Pasolini alla proposta di Lisa El Ghaoui di esaminare la correlazione tra i viaggi di Pasolini e il suo teatro. Mark Epstein, Domenico Palumbo e Andrew Korn, dal canto loro, arricchiscono la prospettiva di El Ghaoui (teatro e viaggi) con parametri ancora più transmediali e comparativi, pur restando fedeli al teatro di Pasolini (combinandolo con didattica, cinema e poesia). Avviata la pubblicazione bilingue con la Premessa del Vicepresidente del Sant’Anna Institute di Sorrento Marco Marino e con questa Introduzione, si è alternato italiano e inglese; ed è con il romanesco del titolo poetico di Igiaba Scego “San Pierpà” che, alla fine, questa raccolta di saggi ritrova la via dell’italiano, madrelingua di Pasolini.
I testimoni contemporanei che hanno conosciuto Pasolini – come la fotografa e giornalista palermitana Letizia Battaglia (1935-2022), che lo incontrava e fotografava saltuariamente a Roma, alla fine degli anni Sessanta, e al Circolo Turati di Milano, quando fu accusato di pornografia – ci stanno, purtroppo, lentamente lasciando. In occasione del centenario di Pasolini nel 2022, però, una delle sue più care amiche e compagne di viaggio, la scrittrice Dacia Maraini, ha pubblicato un romanzo epistolare su di lui, parlando della loro amicizia, dei loro sogni e delle conversazioni: Caro Pier Paolo (2022). E, se negli ultimi anni l’attività traduttiva che riguarda i testi di Pasolini sembra aver subito una leggera flessione, non così la letteratura secondaria: in termini di ricerca, gli studi su Pasolini vanno avanti. Sarebbe, certo, auspicabile anche per la letteratura secondaria un aumento delle traduzioni di opere critiche, al fine di promuovere il multilinguismo anche al livello accademico: ciò appare ancor più necessario in vista della crescente globalizzazione della nostra società. Tuttavia, ci sono alcuni titoli su Pasolini, editi negli ultimi decenni, che vale la pena di menzionare alla luce dei criteri comparativi transculturali.
Già nel 1990 lo scrittore e regista italo-ungherese Giorgio Pressburger pubblicava per la prima volta (su «La Repubblica» del 24 marzo 1990) una recensione dell’Odore dell’India (1962), in cui insisteva sul fatto che la principale risorsa del libro è che Pasolini scrive di un altro modo di parlare del “sentirsi straniero” (o, potremmo aggiungere, “escluso”). Successivamente, questa recensione è stata ristampata come prefazione a L’odore dell’India nell’edizione tascabile di Garzanti nel 2009.
Rimanendo fedele a questa specifica linea di argomentazione, solo sei anni dopo è apparso un catalogo bilingue (tedesco/italiano) con il titolo emblematico di “Pasolini or the Crossing Frontier: Organizzar il trasumanar” (P. P. Pasolini. oder die Grenzüberschreitung organizzar il trasumanar, Berlin, Oberbaum, 1996; P. P. Pasolini. Organizzar il trasumanar. Oder die Grenzüberschreitung. Catalogo della mostra di Bolzano, Centro Culturale Claudio Trevi, 8 ottobre-7 novembre 1999, Venezia, Marsilio, 1999: la traduzione del titolo del libro dal tedesco in inglese è nostra). Co-curato da Giuseppe Zigaina e dalla direttrice austriaca della Nuova Galleria del Museo Nazionale Joanneum di Graz, Christa Steinle, il Catalogo gioca nel titolo con la raccolta Trasumanar e organizzar, esplorando le soglie dell’identità e della differenza. Il volume si basa su una mostra di disegni e immagini dell’amico d’infanzia di Pasolini e pittore friulano Zigaina. Nel 2012, egli ne ha co-curato un seguito assieme al sociologo tedesco e studioso di Pasolini Peter Kammerer, che si è soffermato sulla tesi di Zigaina relativa al “suicidio” (allora molto dibattuta), sullo sfondo di uno scenario di morte a lungo immaginato (Organizzar il trasumanar. Pier Paolo Pasolini: cristiano delle origini o gnostico moderno | Das Überschreiten organisieren. Pier Paolo Pasolini: Urchrist oder moderner Gnostiker, 2012). Anche il secondo volume è bilingue e mostra paradigmaticamente il fascino di lunga data emanato dal “poliartista” Pasolini all’estero.
Pur motivato da una chiara curiosità transculturale, lo spirito di queste due iniziative è anche animato dall’interesse per il significato sociale della rivoluzione sessuale, che nel caso di Pasolini si spiega con l’uso della sessualità come strumento di liberalizzazione della società, come mostra ad esempio il suo film documentario Comizi d’amore (1964).
Allo stesso tempo, fuori dall’Italia, teologi e scienziati della cultura continuano a mostrare interesse per l’arte, la passione, la critica e la visione di Pasolini: nel 2014, il teologo e storico del cinema tedesco Reinhold Zwick (Passion und Transformation: Biblische Resonanzen in Pier Paolo Pasolinis “mythischem Quartett”, 2014) analizza le risonanze bibliche nel mitico quartetto di Pasolini (Edipo Re, Teorema, Porcile e Medea). Solo un anno dopo, l’esperta italo-americana di studi italiani Stefania Benini presenta la matrice incarnativa del Sacro di Pasolini come interpretazione materialistica dell’eredità cristiana nell’Italia del dopoguerra (Pasolini: The Sacred Flesh, 2015).
Successivamente, nel 2016, esce in Italia la prima pubblicazione veramente transculturale sotto l’egida dell’allora Direttrice del “Centro Studi Pier Paolo Pasolini” di Casarsa della Delizia, Angela Felice, che cura assieme ad Arturo Larcati e Antonio Tricomi l’acclamata raccolta italiana Pasolini oggi: fortuna internazionale e ricezione critica (2016), con saggi sulla storia dell’accoglienza di Pasolini in Russia, Francia, Spagna e Germania. Un anno dopo, dall’altra parte del globo, la rivista brasiliana «Mosaico» pubblica un numero speciale sul concetto di libertà di parola e di espressione coniato da Michel Foucault, dedicandolo a I corpi di Pasolini (2017).
Un’altra raccolta che ha attirato l’attenzione a livello transculturale è stata Pasolini’s Lasting Impressions: Death, Eros, and Literary Enterprise in the Opus of Pier Paolo Pasolini (2018) di Ryan Calabretta-Sajder. Questa presenta vari contributi originali di specialisti di Pasolini, incrociando generi (poesia, teatro, cinema e cultura italiana) ed epoche storiche, nel ricordo di questo antiborghese italiano a quarant’anni dalla sua morte, e si conclude con un’intervista a Dacia Maraini che, considerando la loro amicizia e i loro viaggi, sottolinea l’importanza transculturale dell’«idea per cui era necessario conoscere il mondo per conoscere l’Italia».
Mentre in Belgio, nel 2019, un’altra raccolta bilingue (francese/italiano), comparativa e transmediale curata da Costantino Maeder e Amandine Mélan discute l’approccio originale di Culture queer: Les héritiers de Pasolini (2019), mostrando chiaramente Pasolini come un precursore di una nuova concezione della sessualità, in Italia giovani studiosi così come intellettuali e critici riconosciuti continuano ad aggiornare gli studi italiani su Pasolini. Lavinia Spalanca realizza, così, un compendio didatticamente utile con stralci dei migliori testi pasoliniani (Pier Paolo Pasolini: polemico – passionale – proteiforme, 2019), arricchendoli di riassunti e ispirazioni per il lavoro in classe. Un evergreen appare, poi, essere il libro di Roberto Carnero sulla vita letteraria e la morte di Pasolini, con un’appendice cruciale sul processo (Morire per le idee: vita letteraria di Pier Paolo Pasolini. Con un’appendice sul caso giudiziario, 2010), che ha visto la terza edizione nel 2020.
Intrigante anche il legame speciale di Pasolini con Roma: Dario Pontuale (La Roma di Pasolini. Dizionario urbano, 2021) ha contribuito con un Dizionario urbano illustrato in bianco e nero, tracciando tutti i luoghi di una certa importanza per Pasolini durante la sua vita e quelli che sono diventati significativi dopo la sua scomparsa, tra i quali proprio i graffiti al Pigneto e a Tor Pignattara descritti da Igiaba Scego nel nostro fascicolo.
Per concludere questa breve rassegna di titoli esemplari nel campo della ricerca transculturale e/o transmediale, vediamo che, anche all’estero, Pasolini mantiene la definizione di autore “classico”, che figura anche in relazione alla Divina Commedia: recentemente, ad esempio, nella monografia sugli adattamenti di Dante in chiave moderna intitolata Sulle spalle di Gerione. Riscritture novecentesche della “Commedia” (2021) lo studioso austriaco Peter Kuon riserva un intero sottocapitolo alla Divina Mimesis di Pasolini. D’altra parte, per restare in zona germanofona e nello stesso anno, vediamo che il regista di documentari tedeschi Pepe Danquart ha portato nelle sale un nuovo road movie nel 2021 (Vor mir der Süden, 2021). Seguendo le orme di Pasolini, il lavoro di Danquart s’ispira al suo diario di viaggio La lunga strada di sabbia (1959), adattandolo per un film. Le dimensioni transmediali e transculturali si dispiegano pienamente, se si considera che lo stesso testo era già stato rieditato in lingua francese da un fotografo francese – Philippe Séclier –, con una bella interazione fra i testi di Pasolini e le immagini fotografiche di Séclier (La longue roue de sable, 2005). Successivamente, questa edizione è stata poi pubblicata anche in Italia dall’editore romano Contrasto (La lunga strada di sabbia. Fotografie Philippe Séclier, 2014), seguita da un volume altrettanto fotograficamente ben presentato contenente la sceneggiatura del film di Pasolini Comizi d’amore, con foto di Mario Dondero e Angelo Novi.
Come in Italia, anche in Germania osserviamo che le ristampe perpetuano conquiste critiche e comparative come, ad esempio, la “duografia” su Pasolini e il rappresentante del Nuovo cinema tedesco, Rainer Werner Fassbinder (1945-1982), a cura dello specialista italiano di studi tedeschi Mauro Ponzi, pubblicata per la prima volta in lingua tedesca nel 1996 e ora ristampata nel centenario del 2022 (Pasolini und Fassbinder. Eine Duographie, 2022 [1996]). Parallelamente, sono stati pubblicati all’estero nuovi lavori scientifici: ad esempio, proprio per restare in ambito germanofono, la traduzione criticamente commentata in tedesco dell’ultimo progetto cinematografico di Pasolini, la cui produzione era prevista dopo Salò (1975) e prima che Pasolini volesse dedicarsi interamente alla scrittura. La sua edizione tedesca ‒ Porno-Theo-Kolossal (1989) ‒ è uscita nell’anno del centenario 2022, dopo essere stata già tradotta in francese nel 2016.
L’insieme di queste evidenze bibliografiche attesta la circolazione globale dei prodotti culturali e le trasformazioni sociali proposte e diffuse dallo stesso Pasolini, ma, allo stesso tempo, la sua opera diventa anche un “corpo” di trasformazione in senso storico: nessuna persona, nessun’analisi secondaria esiste indipendentemente dalle altre. Il principio transculturale che tutto è connesso a tutto si fonde nelle riflessioni non dualistiche di Pasolini, che mostrano come il passato arcaico sia la fonte del futuro rinnovamento dell’umanità. È in questo senso che la trasformazione promette anche la guarigione. Le tecniche di networking e collage di Pasolini, rintracciabili ad esempio negli Appunti per un’Orestiade africana (1970), emergono ancora oggi. L’alternativa, trasformando il pensiero di ogni tipo di interazione e connessione a livello di discipline, media, generazioni e generi nell’opera di Pasolini, ci dà la sensazione di quanto sia spirituale la nostra realtà umana e di come possiamo connetterci a un ordine cosmico, nonostante l’alienazione che controlla le nostre vite nelle società industrializzate occidentali.
Questo è, in estrema sintesi, il motivo principale per cui questo numero monografico di «Diacritica» implica in particolare gli effetti transmediali dell’opera di Pasolini, riferendosi al teorema principale della transculturalità (in tedesco: Transkulturalität) come definito dal filosofo tedesco Wolfgang Welsch negli anni ’90. Come verrà precisato meglio nell’articolo sugli Approcci teorici al transculturalismo, secondo la storia delle idee, la nozione di transculturalità di Welsch si basa sul neologismo della transculturazione (in spagnolo: transculturación) coniato dal sociologo, antropologo, saggista, politico, musicologo e teorico culturale cubano Fernando Ortiz.
Siamo grati alla ricchezza intellettuale e all’inesauribile forza ispiratrice di Pasolini, che fanno di lui, come artista, la personificazione simbolica della transculturalità, così come scientificamente definita da Ortiz e Welsch, ai quali si deve la prima ispirazione per le riflessioni e i suggerimenti di cui il lettore potrà godere nei singoli saggi che seguono.
Riferimenti bibliografici e sitografici:
- Culture queer. Les héritiers de Pasolini, a cura di C. Maeder, A. Mélan, Louvain-la-Neuve, Presses universitaires de Louvain, 2019;
- A. Gramsci, La questione meridionale [1924-1966], in www.liberliber.it all’URL: https://archive.org/details/AntonioGramsciLaQuestioneMeridionale;
- Organizzar il trasumanar. Pier Paolo Pasolini: cristiano delle origini o gnostico moderno | Das Überschreiten organisieren. Pier Paolo Pasolini: Urchrist oder moderner Gnostiker, a cura di G. Zigaina, D. Tarozzi, Venezia, Marsilio/Centro Studi di Pier Paolo Pasolini, 2011;
- F. Ortiz, Cuban Counterpoint: Tobacco and Sugar [1995], translated by Harriet De Onís, with an introduction by Bronislaw Malinowski, Durham/London, Duke University Press, 20034 ;
- P. P. Pasolini, L’odore dell’India. Con “Passeggiatina ad Ajanta” e “Lettera da Benares”, prefazione di G. Pressburger, Milano, Garzanti, 2009;
- Id., La lunga strada di sabbia, foto di Philippe Séclier, Roma, Contrasto, 2014;
- Id., Comizi d’amore, a cura di G. Chiarcossi e M. D’Agostini, foto di M. Dondero e A. Novi, Roma, Contrasto, 2015;
- P. P. Pasolini oder die Grenzüberschreitung | Organizzar il trasumanar, a cura di G. Zigaina, C. Steinle, Venezia, Marsilio/Oberbaum, 1996;
- Pasolini oggi: fortuna internazionale e ricezione critica, a cura di A. Felice, A. Larcati, A. Tricomi, Venezia, Marsilio/ Casarsa della Delizia, Centro Studi Pier Paolo Pasolini, 2016;
- Pasolini’s Lasting Impressions. Death, Eros, and Literary Enterprise in the Opus of Pier Paolo Pasolini, a cura di R. Calabretta-Sajder, Madison/Teaneck, Fairleigh Dickinson University Press, 2018;
- D. Pontuale, La Roma di Pasolini. Dizionario urbano, Roma, Nova Delphi, 2021;
- D. Reichardt, On the Theory of a Transcultural Francophony. The Concept of Wolfgang Welsch and its Didactic Interest, in «Transnational 900. Novecento transnazionale. Letterature, arti e culture / Transnational 20th Century. Literatures, Arts and Cultures», vol. 1, n. 1 (ISSN: 2532-1994 doi: 10.13133/2532-1994_1.4_2017 Open access article licensed under CC-BY), March 2017, pp. 40-56; online: https://rosa.uniroma1.it/rosa03/novecento_transnazionale/article/view/13821/13588;
- Ead., Creating Notions of Transculturality: The Work of Fernando Ortiz and his Impact on Europe, in Komparatistik: Jahrbuch der Deutschen Gesellschaft für Allgemeine und Vergleichende Literaturwisssenschaft 2017, edited by Joachim Harst, Christian Moser and Linda Simonis, under the supervision of the Board of the German Society for General and Comparative Studies of Literature, Bielefeld, Aisthesis, 2018, pp. 67-82;
- Ead., Pasolinis unvollendete Vollkommenheit. Eine transkulturelle Relektüre von Porno – Theo – Kolossal in deutscher Übersetzung, Accompanying text authored by Dagmar Reichardt, in Porno – Theo – Kolossal. Pasolinis letztes Filmprojekt, authored by Pier Paolo Pasolini, trans. Dagmar Reichardt, edited by Dagmar Reichardt and Reinhold Zwick, with accompanying texts by the two editors, Marburg, Schüren, 2022, pp. 137-202;
- D. Reichardt, I. Scego, Transculturalismo, in Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti – Decima Appendice [Parole del XXI Secolo], vol. II (L-Z), Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, 2020, pp. 649-52;
- L. Spalanca, Pier Paolo Pasolini: polemico – passionale – proteiforme, Palermo, Navarra Editore, 2019;
- The Transcultural Turn. Interrogating Memory Between and Beyond Borders, a cura di L. Bond e J. Rapson, Berlin, Walter de Gruyter («Media and Cultural Memory», vol. 15), 2014;
- W. Welsch, Transculturality: The Puzzling Form of Cultures Today, in Spaces of Culture: City, Nation, World, eds. Mike Featherstone and Scott Lash, London et al., Sage, 1999, pp. 194-213.
(fasc. 44, 25 maggio 2022, vol. I)