Qualche mese fa, vagando in una caffè letterario di San Lorenzo, il mio sguardo è stato catturato dalla copertina bianca di un libro pubblicato da Adelphi, dal cui centro mi sorrideva freddamente il volto dell’androide Sophia, fotografato nei laboratori di Hanson Robotics a Hong Kong da Mattia Belsamini. Sono bastate la veste grafica vincente e la garanzia offerta dal catalogo Adelphi per convincermi all’acquisto.
La valle oscura, di Anna Wiener, pubblicato da Adelphi nel 2020 nella collana «Fabula» (traduzione di Milena Zemira Ciccimarra), nelle sue 309 pagine ospita parte della vita dell’autrice. Wiener narra la propria esperienza nell’industria tecnologica americana, offrendo al lettore uno sguardo a volo d’uccello sulla società del tech che affolla la Silicon Valley.
Il racconto si apre nella New York del 2012: la protagonista, appena venticinquenne, è frustrata da una vita di precariato nell’editoria; la ricerca di una carriera professionale gratificante la spinge ad affacciarsi sul florido mondo delle start-up. Affascinata dalla società del tech – costituita per lo più da giovani bianchi – Anna decide di entrare nel cuore del capitalismo americano, trasferendosi a San Francisco. Inizia, così, a svelarsi l’universo invisibile di Internet, l’ingenza economica che lo sostanzia, il suo stretto legame con la politica. La protagonista rimarrà nel settore tecnologico per oltre quattro anni, fino a quando, all’indomani della vittoria di Trump alla Casa Bianca, non deciderà di fuggire da quel mondo dominato dall’ossessione per il profitto e per l’efficienza.
L’argomento trattato, estremamente interessante per quanto concerne le dinamiche sociali ed economiche della nostra contemporaneità, viene sostenuto da una prosa scorrevole, nella quale la coordinazione è largamente preferita alla subordinazione. Il lessico abbonda di forestierismi facenti parte del linguaggio specialistico dell’industria tecnologica. Le descrizioni sociali, costantemente accompagnate da osservazioni di carattere ambientale, rappresentano l’anima dell’opera, sul cui sfondo si dispiega l’esperienza dell’autrice, narrata con piglio cronachistico. A ciò va aggiunto un ulteriore orizzonte, di carattere politico, che richiama eventi fondamentali della storia americana più recente, come ad esempio lo scandalo Snowden. Per citare aziende e individui, le cui azioni nell’industria tecnologica hanno conseguenze politicamente rilevanti, la scrittrice mette a punto una strategia intelligente: le grandi imprese come Facebook, Google e Amazon, così come accade per il già citato caso Snowden, non vengono mai esplicitamente nominate, ma si ricorre a perifrasi che ne richiamano tratti universalmente riconoscibili. Così, ad esempio, quando l’autrice vuole nominare Facebook, scrive: «il social network che tutti odiano».
Nonostante l’emergere di temi di grande rilievo (la misoginia nell’industria del tech, il perseguimento del profitto economico come unico obiettivo dell’industria tecnologica, la violazione della privacy degli utenti da parte delle aziende che si occupano di gestire big data e molti altri), leggendo si ha sempre l’impressione di scalfire appena la superficie delle profonde dinamiche che dominano la Silicon Valley. Come nel mondo delle start-up, in cui la “caccia all’oro” è caratterizzata dallo scavo di brevi e fortuite gallerie – secondo il principio di velocità per cui il massimo del profitto deve essere raggiunto nel più breve tempo possibile – anche il “tesoro” nascosto nella Valle oscura sembra restare velato per le stesse ragioni. Infatti, l’autrice opera un continuo tratteggio di panorami sociali, realizzati attraverso elenchi che ne abbozzano le caratteristiche esteriori. Le tante strade aperte da Wiener non vengono percorse abbastanza da permettere al lettore di capire la natura del paesaggio che le circonda: invece di sentirsi immersi nell’esperienza della scrittrice, si ha piuttosto l’impressione di trovarsi di fronte a fotografie degli eventi.
Il piglio cronachistico della non-fiction, unito alla volontà analitica di carattere saggistico, crea un’opera ibrida, che lascia il lettore più esigente parzialmente insoddisfatto, sia per quanto concerne il carattere narrativo sia per l’impossibilità di comprendere a fondo le dinamiche trattate. Inoltre, la semplicità del linguaggio non si sposa molto bene con il continuo ricorso all’enumerazione: tale espediente analitico-descrittivo rischia di annoiare il lettore con un procedere narrativo che a lungo andare diviene piatto e prevedibile.
Tuttavia, il libro è consigliabile per chi voglia affrontare una lettura leggera e scorrevole, che fornisca un’infarinatura generale sull’universo del tech. Con ciò si possono spiegare il successo delle vendite e il riscontro complessivamente positivo registrato da parte del pubblico. Al lettore più severo, l’ardua sentenza.
(fasc. 38, 28 maggio 2021)