Le Ricognizioni novecentesche (Edizioni Sinestesie, 2020, volume scaricabile gratuitamente al link https://www.edizionisinestesie.it/libri/ricognizioni-novecentesche-studi-di-letteratura-italiana-contemporanea/) di Antonio Lucio Giannone – o, come recita con elegante understatement il sottotitolo, questi Studi di letteratura italiana contemporanea – costituiscono in realtà un sistema di rilevazioni coordinate e stratificate all’interno della tradizione letteraria moderna e tardomoderna, alternando ricerche filologiche, rinvenimenti d’archivio, attenzione e cura al microtesto, alla singola cellula stilistica, da un lato, e sintesi letteraria su larga scala (tra il Sud e l’Europa: dove il primo termine rappresenta una periferia dell’immaginario più che una posizione geografica) orientata a una rilettura originale di alcune “questioni fondamentali” (gli scrittori e la Grande guerra, la diffusione delle avanguardie nel Mezzogiorno), dall’altro.
Volume ricco, e policentrico, dunque, ma strettamente interconnesso, con una folla di temi che si susseguono dentro capitoli nettamente scanditi: la ricezione della prima raccolta ungarettiana, il Porto sepolto (1916), con un articolo dimenticato di Giuseppe Ravegnani (pp. 13 e sgg.); un itinerario di Girolamo Comi (pp. 67 e sgg.); il Diario spagnolo inedito di Vittorio Bodini (pp. 105 e sgg.); le epifanie novecentesche di “due antichi”, Poliziano e Leonardo (pp. 127 e sgg.); gli scrittori italiani e la Grande guerra (pp. 167 e sgg.); la linea meridionale nella poesia del Novecento (pp. 183 e sgg.); il dibattito sul Futurismo (cui è dedicata l’ultima sezione: Futurismo tra centro e periferia, pp. 207 e sgg.) e la sua diffusione a Napoli.
Questi, in breve, alcuni dei punti salienti del libro, che ha il merito di riportare all’attenzione del lettore un tema letterario costitutivo della storia del Novecento.
Giannone ricorda che quasi contemporaneamente, tra il 1938 e il 1943, Sinisgalli, Gatto e Quasimodo «raccoglievano in volume la loro produzione ermetica»; Gatto, Poesie, 1941; Quasimodo, Ed è subito sera, 1942; Sinisgalli, Vidi le Muse, 1943, per avviare una nuova fase segnata da un più dichiarato e aperto impegno etico e civile. Accanto ai nomi sopra ricordati, sono ancora Rocco Scotellaro (morto nel 1953, ma la cui raccolta di versi, È fatto giorno, esce nel 1954); Vittorio Bodini (La luna dei Borboni, 1952), subito identificato come capofila della “quarta generazione”; Raffaele Carrieri (il cui esordio, Il lamento del gabelliere, risale al 1946), a costituire il nucleo più significativo di una linea di poesia meridionale identificata da «una comune matrice antropologica, che si rivela nella presenza generalizzata, in quanto poeti, di alcuni elementi caratteristici […] della civiltà meridionale» (p. 186). Tali “elementi caratteristici” si riflettono nella struttura e nella composizione dei versi, riconnettono costanti tematiche e formali, tra cui hanno peso specifico in una più larga accezione etnografica la religione dei morti e il trattamento rituale del lutto. Si tratta di un «dato costante, quasi palpabile» (p. 195), annota Giannone, nei modi tipici di una cultura contadina nella quale «l’elemento magico si fonde con quello religioso» (p. 197). Allo stesso tempo, si rileva nei poeti del Sud, nell’attenzione rivolta ai «dati umani e sociali della realtà», che «non disdegna di affrontare i temi tratti dalla storia e finanche dalla cronaca» (p. 190), uno sguardo che si distende nell’orizzonte del tempo, l’intuizione di un passato composito che reca i segni di successive e profonde stratificazioni di civiltà diverse (greci, arabi, svevi, spagnoli).
Al polo opposto del libro, il dibattito sul paroliberismo e la diffusione del Futurismo nel Mezzogiorno e a Napoli riapre una pagina di storia delle idee letterarie estremamente vivace anche per il conflitto che nella città di Croce oppone implacabilmente il filosofo abruzzese ai seguaci di Marinetti. Come in altri passaggi del libro, il metodo di indagine verte soprattutto sugli apparati culturali – i giornali, le riviste, i momenti di costruzione del consenso: serate futuriste, eventi, mostre –, la circolazione delle idee e l’organizzazione dei gruppi intellettuali.
Tra gli autori a cui Giannone ha dedicato una costante attenzione critica (curandone, assieme a Simone Giorgino, anche l’edizione delle Poesie. Spirito d’armonia, Canto per Eva, Fra lacrime e preghiere, uscita nel 2019 per l’editore pugliese Musicaos), figura originale e ancora da indagare è quella del leccese Girolamo Comi.
Dopo aver compiuto gli studi in Svizzera, Comi si trasferì a Parigi e successivamente a Roma, dove trascorse il periodo dell’entre deux guerres legandosi in amicizia ad Arturo Onofri e Nicola Moscardelli, con i quali fondò la casa editrice “Al Tempo della Fortuna”, e frequentando i circoli esoterici attorno a Julius Evola. Collaborò anche con le riviste «Ur», «Krur», «La Torre», sviluppando una visione della poesia fortemente influenzata dalle idee di Rudolf Steiner e lontanissima dalle contemporanee esperienze dell’Ermetismo. Alle raccolte poetiche pubblicate con la casa editrice da lui fondata – Cantico del tempo e del seme (1930), Nel grembo dei mattini (1931), Cantico dell’argilla e del sangue (1933) – affiancò una fitta produzione in prosa, titoli come Poesia e conoscenza (1932) e Necessità dello stato poetico (1934) che lo avvicinano all’Onofri di Nuovo rinascimento come arte dell’Io (1925). Secondo Solmi il tema di fondo del pensiero poetante di Comi è da ravvisare in una sorta di “panismo magico” che lo porta a rifiutare l’introspezione lirica e a privilegiare la ricerca di nessi oggettivi, di connessioni tra il mondo interno e il mondo esterno, la natura e lo spirito. Il testo analizzato, Il cantico del mare, scritto tra giugno e luglio 1931, rappresenta l’insieme delle caratteristiche del suo stile visionario, ma sorvegliato da una potente immaginazione logica. Il mare non è in Comi il referente simbolico di processi mentali, stati d’animo e flussi di pensieri che traggono consistenza dall’attività del soggetto, ma espressione oggettiva, radiografia del cosmo, struttura ontologica in cui si riflette l’intera grammatica dell’essere. Anche la sua scrittura in prosa merita di essere letta con attenzione; espressioni come «Di viola si velluta la notte e di latte di albe la novità inesauribile del risveglio» rivelano una tessitura rimbaudiana filtrata da Campana e da certo paroliberismo più intensamente visionario, che però Comi mette al servizio di una vertigine poetante assolutamente lucida e persuasa della segreta «equivalenza – annota Giannone – che si stabilisce tra poesia e conoscenza» (p. 92).
(fasc. 44, 25 maggio 2022, vol. II)