Recensione di Franco Di Mare, “Le parole per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi” (Sem 2024)

Author di Pierluigi Mascaro

Fibra, assenza, resilienza, memoria, amore, storia, amici: sono i temi trattati nell’ultimo libro del compianto giornalista, conduttore televisivo e scrittore Franco Di Mare, intitolato Le parole per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi (Sem 2024). Ed è proprio per questa ragione che tutte le suddette sezioni che compongono il volume sono bipartite: la prima parte riguarda “la guerra fuori di noi”, e racconta vivide e commoventi scene di vita quotidiana nella cornice del contesto bellico vissuto dall’Autore; mentre la seconda ha per oggetto “la guerra dentro di noi”, e riprende con singolare delicatezza d’animo le vicende relative alla sua battaglia contro il mesotelioma, affrontate con grande coraggio, consapevolezza di sé e dei propri limiti, serenità d’animo. L’unica sezione non bipartita è l’ultima, “amici”, poiché vuole essere una particolare forma dei canonici ringraziamenti di fine volume, che enumera in ordine sparso (o forse “affettivo”?) le persone che hanno accompagnato l’Autore nell’estenuante lotta contro la malattia, evocando brevemente dettagli e particolari che glieli hanno fatti sentire in comunione d’animo; tutto ciò nell’ambito della cornice programmatica del libro, annunciata nella breve e intensa prefazione, che non vuole in nessun modo generare senso di pietà o, peggio, commiserazione nei lettori.

Moltissime e disseminate nel testo sono le citazioni letterarie, che a chi scrive sembrano avere una funzione simile a quelle delle note a piè di pagina in un saggio scientifico, cioè di corroborare e avvalorare “aliunde” le asserzioni proferite e le storie raccontate, ma con una grande differenza: in questo testo è il cuore (di certo unitamente alla testa) a parlare, e dunque le citazioni adatte al contesto non potevano che essere poetiche e letterarie. Autori più antichi, autori più moderni, ma tutti capaci di interpretare il senso della guerra (esteriore e interiore all’uomo, che comunque la vive e la combatte) con sguardo maturo e costruttivo.

Colpisce particolarmente chi scrive il pensiero dell’Autore, collocato alla fine della seconda parte della sezione “assenza”, secondo cui «ci confermiamo comunità umana ogni volta che riusciamo a leggere il bisogno negli occhi di un altro, e lo aiutiamo a sottrarsi alla propria assenza»: ciò è valido, nell’economia della suddetta sezione testuale, per combattere sia il male che ci circonda sia quello che ci attanaglia interiormente. E dà il la all’Autore per parlare di una piaga silenziosa che attanaglia tutta la Comunità umana, senza distinzioni, quasi invisibile, ma indelebile: lo stigma sociale che purtroppo ancora oggi accompagna coloro che sono affetti da molte delle patologie conosciute e diagnosticabili, spesso foriero di abbandono, isolamento, chiusura fisica e mentale.

Lo stile dell’intero testo risulta essere piano e terso, figlio della serenità e della libertà d’animo che hanno accompagnato Di Mare nella carriera di inviato di guerra prima, e di paziente oncologico poi, mantenute fino alla fine. Una lettura davvero caldamente consigliata, che si lascia assaporare tutta d’un fiato, ma che al contempo invita il lettore a profonde riflessioni su cosa sia e su come funzioni la vita organizzata in Comunità, su cosa sia necessario per preservarla e svilupparla, su come questa si riverberi e incida sul “micro-io” interiore di ogni individuo.

(fasc. 52, vol. II, 3 giugno 2024)

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