Recensione di Lorenzo Graziani, “Che cos’è la fiction?” (Carocci 2021)

Author di Marianna Scamardella

Che cos’è la fiction?, pubblicato nella collana «Le bussole» di Carocci, è un importante volume che indaga il concetto di finzione narrativa attraverso la differenza di significato che intercorre tra il reale, l’immaginario e la menzogna. Lorenzo Graziani propone una ricognizione delle principali teorie romanzesche, approfondendo questioni metodologiche, strutturali ed estetiche che caratterizzano un romanzo e non mancando di porre l’accento su quelle che sono le possibili reazioni psicologiche dei lettori. Rifacendosi alle “teorie universaliste” di Aristotele, l’autore afferma che «l’attività di finzione viene presentata come coestensiva all’essere umano, come una delle caratteristiche che lo distinguono dagli altri animali» (p. 19).

In particolare, per spiegare la compartecipazione del lettore alla narrazione fittizia, lo studioso concentra particolarmente la propria attenzione su Anna Karenina di Lev Tolstoj e Madame Bovary di Gustave Flaubert, sottolineando il fatto che le loro vicende, seppur immaginarie, creano grande coinvolgimento nel lettore che finisce per immedesimarsi nella storia di queste “eroine-vittime”. Perciò, se da una parte, «quando si prova un’emozione per qualcosa, si ritiene che quel qualcosa esista» e «nel momento in cui si comprende che non c’è nulla, anche l’emozione svanisce» (31), dall’altra parte, per quanto concerne la fiction, il coinvolgimento empatico esiste malgrado la consapevolezza dell’irrealtà romanzesca.

In ambito analitico, considerando le principali intuizioni della “teoria artifattualista” di Van Inwagen, prima, e Saul Kripke dopo, «le entità finzionali si distinguono da quelle reali in quanto oggetti che non esisterebbero senza le opere reali che li rappresentano» (p. 43) per cui, alla domanda se Anna Karenina esiste ‒ come nota intuitivamente Graziani ‒ «si può rispondere negativamente o affermativamente in base all’uso che si fa del linguaggio: nel primo caso si utilizzano le sue attitudini referenziali in senso stretto (“là fuori” non esiste alcuna Anna Karenina), mentre nel secondo si sfrutta la sua capacità di far da supporto a un’ontologia di oggetti inventati (Anna Karenina esiste in quanto “là fuori” c’è un romanzo intitolato Anna Karenina) che ne narra le vicende» (p. 43).

Inoltre, rifacendosi al pensiero di Hamburger, secondo il quale «la narrativa finzionale si distingue dall’enunciato di realtà poiché organizza un sistema spazio-temporale la cui origine non è più ancorata al presente dell’autore» (p. 27), Graziani si concentra sull’atemporalità della fiction, che aiuta a delineare una pluralità di punti di vista espressi in forma prospettica del romanzo moderno. Pertanto, dal momento che l’illusione di realtà scaturisce da varie strategie, è necessario parlare di una «categoria del reale» piuttosto che di un «contenuto del reale» (p. 31).

Conducendo un’analisi di tipo teorico, lo studioso tenta di risolvere tale contraddizione di credere all’irrazionale e si rifà (tra gli altri) agli studi di Kendall Walton, per il quale le sensazioni reali che percepisce il lettore sono dovute all’obiettivo che si pone il romanzo di simulare empiricamente la realtà. Inoltre, l’autore ‒ rievocando il celebre pensiero di Leibniz ‒ precisa che esistono più mondi possibili dove individuare numerose realtà che interagiscono con il mondo reale ed empirico. Sulla scia della teoria leibniziana, Graziani cita anche David Lewis, esponente della filosofia analitica del secondo Novecento, secondo il quale «il mondo di cui facciamo parte non è che di un’immensa pluralità di mondi concreti, abitati da individui altrettanto concreti […] che per qualche motivo, si assomigliano abbastanza da essere considerati controparti l’uno dell’altro» (p. 67). Ancora una volta l’autore pone attenzione all’uso del linguaggio, che «non ci obbliga in alcun modo a considerare i modi alternativi come concretamente esistenti» ma come «speculazioni controfattuali, ovvero compiute contro fatti del mondo reale, riguardanti i modi in cui quest’ultimo avrebbe potuto essere» (p. 68).

L’attenta disamina proposta da Graziani arriva all’epoca contemporanea, nella quale si attuano legami complessi tra realtà e finzione, enunciati finzionali, fattuali e controfattuali la cui contrapposizione è solo apparente, dal momento che «un mondo finzionale è sempre un mondo possibile, ammobiliato prelevando ampio materiale dal mondo attuale» (p. 79). Infatti, i mondi controfattuali, benché suggeriscano una deviazione, mantengono tuttavia «un certo grado di continuità con la realtà fattuale» poiché tali mondi, anche se differiscono da quello attuale, «vengono però creati attraverso l’elaborazione di informazioni, strutture e conoscenze maturate in esso» (p. 81).

La parte finale del volume è dedicata allo studio della narratologia con una distinzione fra approccio classico e moderno. Il primo, affermatosi negli anni Sessanta e Settanta, evidenzia il primato della fabula con attenzione alla sequenza logica e lineare del racconto rispetto alla dislocazione dell’intreccio finalizzata a creare suspense. Il secondo si prefissa lo scopo di prestare attenzione alle molteplici realtà prodotte da opere letterarie. In questo caso Graziani, approfondendo le ricerche cognitive degli ultimi anni, spiega il significato intrinseco al termine “controfattuale”, nozione fondamentale per comprendere la natura della fiction, con cui s’intende «una versione alternativa del mondo costruita modificando un certo elemento di quella che si suppone essere la successione reale degli eventi» (p. 87). In questi termini, l’immaginazione permetterà al lettore di vedere realtà possibili simulate attraverso il mondo fattuale della narrazione. In altre parole, se da una parte i mondi di invenzione incorporano numerosi materiali attuali, resta il fatto che «la conformità della fiction all’attualità è solamente l’orizzonte di partenza dal quale il lettore è disposto ad allontanarsi nella misura in cui le regole interne al mondo di invenzione contraddicono quelle attuali» (p. 90). Viene, dunque, attribuita importanza non solo alla temporalità ma anche a relazioni di natura spazio-temporale fra i testi.

Oltre che al processo di immedesimazione, Graziani fa riferimento al concetto di “transfinzionalità” adottato dalla studiosa Marie-Laure Ryan, con riferimento alla condizione che si crea quando un ecosistema letterario viene sviluppato da più autori; si pensi, tra gli altri, al caso di Game of Thrones di George R. R. Martin, vero e proprio caso editoriale che ha dato vita a una vastità di prodotti culturali differenti, «dalla serie televisiva ai videogiochi, dalle fanfiction ai remakes porno che ampliano o approfondiscono alcuni aspetti del mondo originale» (p. 97). Con questo esempio, tra i più efficaci, Lorenzo Graziani dimostra che «più il mondo rappresentato appare indipendente dall’autore che lo ha creato e dalla forma dell’espressione che lo proietta, più facilita l’immersione» (p. 97), contraddizione solo apparente, dal momento che la richiesta di evasione rivolta alle opere finzionali è molto forte.

Infine, lo studioso si pone una domanda che provocatoriamente rilancia ai lettori, chiedendosi il motivo per il quale si leggono storie inventate. Sulla scorta di M. Vargas Llosa, secondo cui «l’interpretazione di un’opera letteraria offre un’immagine della vita in cui tutti gli esseri umani possono riconoscersi» (p. 110), Graziani sembra concludere il proprio lavoro con un grande omaggio appassionato alla letteratura, ossia con la consapevolezza che «i concetti e le idee mediante cui si comprende la realtà vengono espressi a parole» (p. 111), parole che ci permettono costantemente di entrare «in relazione emotiva con personaggi e situazioni finzionali» (p. 113), immaginando, simulando, identificandoci. Forse proprio per questo abbiamo bisogno di leggere storie inventate e ‒ perché no? ‒ d’inventare storie.

(fasc. 52, vol. II, 3 giugno 2024)

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