Il marchio Rizzoli e la collana «Sidera» (1947-1971)

Author di Maria Peluso

Una collana dimenticata

«Sidera» è una collana di biografie e romanzi, pubblicati dalla casa editrice Rizzoli dal 1947 al 1971. Scarna è la letteratura di riferimento al riguardo e sbrigativo è stato il giudizio critico complessivo, anche per una certa mancanza nella visione di insieme che permettesse di collocarla all’interno delle vicende editoriali ed imprenditoriali della casa Rizzoli[1]. Mancava inoltre la ricostruzione del catalogo della collana, punto di partenza imprescindibile per un’analisi accurata[2]. Per la ricostruzione dei fatti, delle vicende e dei rapporti interni ed esterni alla casa Rizzoli sono stati determinanti gli archivi milanesi: i fondi “A.L.I. (Agenzia Letteraria Internazionale)/Erich Linder” e “Domenico Porzio” presso la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori; l’archivio “Rizzoli” presso la Fondazione Corriere della Sera; il fondo “Giuseppe Monanni” presso il “Centro Apice. Archivi della Parola, dell’Immagine e della Comunicazione Editoriale” dell’Università degli Studi di Milano.

La Rizzoli comparto libri dagli anni Trenta all’inizio degli anni Settanta

Per comprendere pienamente il contesto e i prodomi della collana «Sidera» è stato indispensabile ricostruire, per l’arco cronologico di interesse, le vicende della casa Rizzoli nelle sue molteplici attività imprenditoriali oltre che editoriali, con un occhio alle personalità più significative nello sviluppo del comparto libri.

Angelo Rizzoli è stato un editore che, a differenza di altri suoi contemporanei in primis Mondadori, ha sempre mostrato un certo imbarazzo nella gestione di autori, titoli e lingue straniere, che faceva fatica a comprendere. Un’inadeguatezza culturale che non gli ha, però, impedito né di affermarsi come “editore puro” né di mettere a segno dei buoni colpi nell’acquisizione di talenti letterari. La sua storia personale è nota ai più anche per la mondanità con cui conduceva l’esistenza, in particolare quella legata alle avventure romane nel mondo del cinema. Eppure, è dagli anni Trenta che Angelo Rizzoli pone le basi di quello che costituirà il suo “impero” – così come lo definisce Gian Carlo Ferretti –, contrapposto all’“istituzione” Mondadori: un impero «composto di tanti regni sottoposti a un’unica autorità»[3]. In questi anni, dopo essersi affermato come tipografo, inizierà a coltivare il desiderio di conformarsi alla figura dell’editore in senso stretto[4]. A tale scopo nasceranno anche riviste di successo, come «Novella»[5], e le prime collane, come ad esempio «I giovani» – diretta da Cesare Zavattini – o «I classici», inaugurata e diretta da Ugo Ojetti nel 1934.

È invece a partire dagli anni Quaranta che il comparto narrativa inizierà a essere incrementato – ricordiamo la collana letteraria «Il sofà delle muse» di Leo Longanesi –, anche se poi subirà una sospensione a causa della guerra e dei bombardamenti che distruggeranno la sede della Rizzoli in piazza Carlo Erba.

Con la fine della Seconda guerra mondiale l’editoria, in particolare quella del Nord Italia, avrà un notevole sviluppo e contribuirà in modo determinante a una produzione di consumo e alla costituzione di uno specifico gusto letterario e culturale. Nell’elenco delle attività editoriali di questo periodo rientrano altre significative iniziative editoriali, molte delle quali legate all’ingresso nella Rizzoli di Luigi Rusca: innanzitutto la «B.U.R.» (Biblioteca Universale Rizzoli), inaugurata nel 1949 e definita dall’Unesco «un’iniziativa di importanza e di interesse mondiale»; poi le collane «Memorie», «Politeia» e lo «Zodiaco», mentre sul versante propriamente narrativo, oltre a «Sidera», iniziano a essere pubblicate anche le collane «Primiera» (narrativa sperimentale volta al lancio di giovani italiani e stranieri) e i «Nostri umoristi» (con opere di Guareschi, Mosca, Simili, Manzoni e Campanile).

Negli anni Cinquanta la “Rizzoli Editore” (il nuovo nome dell’azienda dal 1952) persegue altre iniziative volte alla promozione della narrativa italiana e straniera: la collana «Romanzi vari» (con opere di Arthur Conan Doyle, e i romanzi d’esordio di scrittori italiani segnalati dalla giuria del Premio Venezia come Michele Prisco, Elda Bossi, Tristano Varni, Louise de Vilmorin); i «Romanzi d’avventure» destinati ai giovani (con opere di Hammond Innes, James Helvick e Victor Canning); e altre importanti pubblicazioni enciclopediche come la «Biblioteca d’Arte Rizzoli». Guardando ai cataloghi delle pubblicazioni Rizzoli del tempo, risultano evidenti quegli aspetti di contraddittorietà e discontinuità che Gian Carlo Ferretti vede in contrasto con l’organicità e l’equilibrio della Mondadori, dato che

anche l’identità editorial-letteraria degli scrittori contemporanei di Rizzoli è fondata almeno in parte sul rapporto tra qualità e successo. […] L’identità rizzoliana infatti, almeno nei decenni Venti-Cinquanta, appare affidata soprattutto a due aree circoscritte: quella relativamente omogenea della paraletteratura rosa, e quella molto eterogenea e diversificata che si può ricondurre tuttavia ad alcune linee generali lato sensu comuni, tra comico e satira, vena surreale e fantastica[6].

Lo studioso milanese osserva anche che già nel catalogo Rizzoli degli anni Trenta-Quaranta le diversificazioni risultano evidenti, e che, nel quadro di una produzione tendenzialmente “popolare” a vari livelli (dai settimanali e romanzi rosa alla «B.U.R.»), certe edizioni e riviste di prestigio editoriale o culturale appaiono dei blasoni giustapposti. Così come l’alternanza, dagli anni Trenta ai Sessanta, nella pubblicazione di bestseller stranieri che diventano film assieme a classici della letteratura e dell’arte.

In merito al prodotto-libro della Rizzoli, Ferretti nota che anche in tal caso si oscilla spesso tra due estremi: l’edizione vistosamente rilegata in pelle rossa, verde, azzurra, oro; e la pubblicazione a dispense o la confezione disadorna della «B.U.R.»[7]. Tale contrapposizione è evidente anche nella collana «Sidera», come si vedrà in seguito, ed è attestata pure dai Cataloghi generali della Rizzoli libri, dove si distingue l’edizione in brossura da quella rilegata[8]. Altre collane per noi significative si riferiscono agli anni successivi: nel 1961 s’inaugura «La Scala», fortunata e fruttuosa collezione di autori italiani e stranieri, e nel 1966 la serie «Jolly», che ha, però, scarso successo, forse perché considerata una collana “minore”, nella quale confluiranno alcuni titoli della stessa «Sidera».

Negli anni Cinquanta-Sessanta Angelo Rizzoli consolida definitivamente il proprio ruolo anche nella produzione e nella distribuzione in senso stretto: nel 1955 rileva la Cartiera di Marzabotto con esiti economici molto positivi; nel 1960 costruisce il più funzionale stabilimento produttivo di via Civitavecchia, e negli stessi anni acquista la libreria Hoepli a Roma e inaugura la prestigiosa sede di New York.

“Direttori ombra”, responsabili editoriali e altre figure di rilievo della redazione letteraria

Le prime redazioni letterarie della Rizzoli, come accade anche altrove in verità, sono, come si direbbe oggi, multitasking, anche perché le funzioni direttive vengono assegnate ai membri della famiglia stessa (si pensi alle figure di Andrea e Angelo jr o a Gian Gerolamo Carraro, entrato nella Rizzoli nel 1942 dopo aver sposato la figlia di Angelo Rizzoli). A Carraro viene assegnata la direzione del comparto libri e ha come tutor Giuseppe Monanni (o Monnanni). In seguito, egli svolge a propria volta il compito di guidare e assistere Nunzia Monanni, figlia di Giuseppe Monanni e futura moglie di Giorgio Scerbanenco[9].

La figura di Giuseppe Monanni resta un po’ ai margini di molte ricerche, forse perché non era parso evidente il suo contributo all’interno della casa Rizzoli. Egli era stato fino alla Seconda guerra mondiale un editore anarchico, attività che dovette abbandonare a causa delle persecuzioni fasciste, ed era legato a Leda Rafanelli, di cui avrebbe pubblicato la corrispondenza con Mussolini nel 1946 proprio con la Rizzoli[10]. Nel dopoguerra lavorerà per l’appunto per la Rizzoli, non è chiaro con quale ruolo effettivo ma molto probabilmente come “direttore ombra”: della sua attività si trova riscontro nelle pur esigue carte del fondo Monanni/Rizzoli conservate presso il “Centro Apice” di Milano[11]. Egli rappresenta per Angelo Rizzoli quell’editore e uomo di cultura raffinata di cui ha necessità proprio per realizzare ciò che più desidera: diventare egli stesso un editore a tutti gli effetti.

Alla stessa logica è riconducibile l’assunzione di Luigi Rusca che, più o meno negli stessi anni e per vicende storiche ed editoriali abbastanza simili, passerà dalla Mondadori alla Rizzoli. Monanni e Rusca appaiono, in questa delicata fase di passaggio, tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, coloro che dettano la linea editoriale del settore narrativa, con il sostegno dell’Agenzia Letteraria Internazionale, e in particolare di Erich Linder, di cui si dirà più avanti.

Dai numerosi documenti consultati presso l’Archivio Rizzoli della Fondazione «Corriere della sera» e dagli archivi A.L.I./Linder e Domenico Porzio della Fondazione Mondadori emergono, accanto ai sopramenzionati Rusca e Monanni, i nomi di altre personalità di rilievo del campo editoriale come Paolo Lecaldano, Domenico Porzio, Gianpaolo Dossena, Carlo Ripa di Meana, oltre ai vari consulenti esterni e traduttori che erano chiamati a contribuire allo sviluppo delle diversificate attività dell’azienda. Nel contesto del mercato d’oltreoceano, invece, è evidente il contributo di Natalia Danesi Murray, vicepresidente della sede di New York dalla metà degli anni Sessanta agli anni Settanta, che Rizzoli aveva sottratto alla Mondadori[12].

Dai numerosi carteggi tra Erich Linder (dell’Agenzia Letteraria Internazionale) e le diverse redazioni della Rizzoli emerge, spesso tra le righe e talvolta più direttamente, quale sia il posto della casa editrice nella scacchiera editoriale del tempo e quali siano le questioni ivi più dibattute. Non è possibile in questa sede dar conto delle innumerevoli corrispondenze rinvenute, ma quello che si può senz’altro affermare è che, soprattutto in relazione a «Sidera», si cercava di trarre il massimo profitto dalle pubblicazioni, spesso intrecciandole agli altri interessi di Angelo Rizzoli, in particolare a quelli legati alla produzione e alla distribuzione cinematografica con i relativi ritorni di immagine.

L’importanza dell’A.L.I. e di Erich Linder

L’Agenzia Letteraria Internazionale (A.L.I.) era stata fondata nel 1898 da Augusto Foà a Torino, poi trasferita a Milano. Inizialmente era un’agenzia che acquistava i diritti dei romanzi di avventura che venivano pubblicati a puntate sulle riviste di inizio Novecento. Il suo fondatore era un uomo di cultura che, grazie alle numerose conoscenze, era riuscito a costruire una capillare rete di contatti internazionali, soprattutto con il mercato editoriale inglese. Nel 1933 entrò a far parte dell’Agenzia anche il figlio Luciano, che ne ereditò la proprietà alla morte del padre nel 1948, ma che scelse poi altre strade (nel 1950 sostituì Cesare Pavese all’Einaudi e nel 1962 fondò l’Adelphi assieme a Bobi Bazlen). Anche nel periodo dell’autarchia culturale fascista, l’A.L.I. aveva avuto un ruolo significativo nel selezionare la letteratura e la saggistica europea e nordamericana, operando prima come subagenzia, cioè come rappresentante di autori e case editrici straniere, e, dopo il 1938, come diretta rappresentante, comportandosi da agenzia in senso stretto[13].

Il “demiurgo”[14] e lo “sceriffo”[15] dell’editoria Erich Linder iniziò a collaborare con l’Agenzia dopo la fine della Seconda guerra mondiale e ne divenne, con il progressivo allontanamento di Luciano Foà, il proprietario assoluto fino alla sua morte, nel 1983. Egli, del resto, non era solo un “mercante di autori”, ma anche un consulente, un direttore di collane e un responsabile di marketing per editori come Bompiani, Mondadori ed Einaudi[16], oltre che di Rizzoli (come testimonia la presente ricerca).

Tramite la sua rete internazionale di co-agenti costituita negli anni Cinquanta, egli rappresenta interi cataloghi editoriali. E la concorrenza, in questo stesso periodo, si può dire esigua. Fin dall’inizio il mercato americano è quasi interamente sotto il suo controllo. Col passare del tempo, diventa il rappresentante italiano di Conan Doyle e Agatha Christie, Joyce e Pound, Steinbeck e Salinger, Nabokov e Gombrowicz, Camus, Artaud, Philip Roth, Bellow, Solženicyn e innumerevoli altri autori, di primo o di secondo piano.

Il primo letterato italiano a farsi rappresentare dall’A.L.I. è Riccardo Bacchelli, nel 1958; seguiranno Arbasino, Bassani, Buzzati, Calvino, Del Buono, Fenoglio, Flaiano, Montale, Morante, Parise, Piovene, Sciascia, Soldati e Vittorini, fino a superare la sessantina di nomi[17]. L’elenco degli autori veicolati da Linder diventa progressivamente altissimo e negli anni Settanta l’impresa che dirige sembra costituire un vero e proprio “monopolio”, anche se l’agente sarà sempre riluttante ad accettare certe analisi e definizioni intese a dipingerlo come l’arbitro dell’editoria del tempo.

In realtà, il suo operato è determinante per qualsiasi editore di rilievo, ma non tutti rientrano nelle sue grazie. Pare, ad esempio, che non abbia buoni rapporti con Gian Giacomo Feltrinelli, mentre Valentino Bompiani ritiene il suo lavoro fondamentale, in quanto egli travalica il semplice ruolo di agente letterario: «era un moderatore degli appetiti. Linder sapeva opporsi alle “aste”, alle fluttuazioni libere e pazzesche dei costi d’importazione, per avviare i contendenti a trattative oneste. Linder era un calmiere»[18]. Ha, inoltre, un’idea “geopolitica” dell’editoria italiana, come sostiene Michele Sisto, e attribuisce agli editori maggiori un posto preciso che tende a far mantenere loro; secondo Pietro Gelli, egli distribuisce i titoli in relazione al “livello” della casa cui fa riferimento: sceglie la Mondadori per i bestsellers di grande livello, la Rizzoli per la letteratura medio-bassa, l’Adelphi e l’Einaudi per i testi più raffinati, la Feltrinelli per le pubblicazioni di sinistra, secondo il principio “a ciascun autore (o libro) il suo editore”[19]. In realtà Linder stesso ha definito i diversi editori del suo tempo (Einaudi, Bompiani, Mondadori, Rizzoli, Feltrinelli, Garzanti) come degli editori “don Giovanni”, che volevano sedurre l’autore e accaparrarsene l’opera per poi abbandonarla al suo destino, senza averne più cura[20].

Egli riesce a “educare” gli editori italiani del tempo uniformando le norme italiane sul diritto d’autore con le esigenze degli americani, e a rimediare al fatto che spesso l’autore si preoccupa del libro e tende a dimenticare i diritti cinematografici[21]. Questi meccanismi appaiono evidenti anche nelle numerose missive in cui egli sottopone alla Rizzoli l’acquisto o la cessione di diritti cinematografici di un’opera o informa dell’acquisizione degli stessi da parte delle case di produzione americane.

Dall’analisi del carteggio tra Linder e la Rizzoli – che contiene molte note di tipo amministrativo-contabile, oltre alle canoniche lettere di accompagnamento dei titoli proposti o delle note di credito per i diritti ceduti – emergono anche numerose attestazioni della mediazione per l’acquisto dei diritti cinematografici di titoli a cui la Rizzoli è interessata o di imminenti produzioni di film, perlopiù americani, e di titoli in possesso della Rizzoli e/o proposti alla casa e di cui si attende l’acquisizione a catalogo. In queste occasioni, Linder si rivolge all’interlocutore con un tono circostanziato e preciso, in cui non si fa riferimento alcuno alla qualità del testo ma, implicitamente, al ritorno pubblicitario e di massa che la Rizzoli ne potrebbe ricavare. Linder, difatti, sostiene la necessità di una produzione razionale, grazie alla quale l’editore possa determinare al meglio la scelta dei titoli da pubblicare e le vie attraverso cui un’opera letteraria raggiungerà il lettore.

Il giudizio è qualitativo solo in apparenza. Linder non legittima una produzione commerciale, anzi, difende e promuove la produzione di ricerca. Analizzando le peculiarità di ogni titolo egli stabilisce un piano promozionale e distributivo ad hoc che non assicura di per sé il successo dell’opera, ma ne riduce i margini di sovrapproduzione e di insuccesso. […] Secondo Linder, l’industria editoriale va resa meno imperfetta, va ridotta quella distanza tra editore (il produttore) e il lettore (il consumatore) senza che la delicata natura del libro ne sia compromessa. Linder guarda al futuro mantenendo una prospettiva misurata, lontana dai vagheggiamenti di democratizzazione della cultura, senza avventatezza[22].

Nel caso più specifico di «Sidera», basta riportare un dato che emerge dallo studio dei documenti d’archivio per intuire quale possa essere stata l’influenza di Erich Linder: egli gestisce ben 54 degli autori pubblicati, che costituiscono circa la metà del totale, se consideriamo che molti di loro pubblicano più titoli nella collana. Questo dato riguarda molti autori anglo-americani, prevalenti nella serie, immessi nel mercato editoriale nostrano o, al contrario, la tutela e la promozione all’estero degli autori italiani.

L’effetto moltiplicatore

L’interesse per il cinema da parte di Angelo Rizzoli era già evidente in relazione alle iniziative legate al settore periodici nelle esperienze di «Novella» o di «Cinema Illustrazione». A queste si aggiungono quelle come stampatore di «Cinema» di Hoepli – poi acquisita dalla Rizzoli – e del rotocalco francese «Visages et contes du cinéma»[23].

L’esperienza come produttore cinematografico inizia, invece, nel 1933 con “Novella-Film”. Una «scelta perfettamente coerente» – spiega De Berti – «a partire dal nome della casa di produzione e dalla scelta del soggetto, con il progetto di costituire quella che forse si potrebbe definire la prima moderna industria culturale italiana a carattere di integrazione mediatica»[24].

Angelo Rizzoli riuscirà a inserirsi nel circuito cinematografico grazie ad alcune amicizie e sodalizi: ad esempio, quello con Vittorio Mussolini – direttore per la Rizzoli della rivista critica «Cinema» dal 1938 al 1943, oltre che figlio di Benito Mussolini, e sceneggiatore, produttore cinematografico – e quello con Arturo Osio, direttore generale della Banca Nazionale del Lavoro. Quest’ultimo finanzia film di produzione italiana ed è stato l’intermediario per l’ingresso di Angelo Rizzoli nel 1937 in un’altra importante società, la “RAM” (Roach Hal e Mussolini Vittorio). Un’iniziativa non priva di esiti: l’intesa tra Angelo Rizzoli, Arturo Osio e Vittorio Mussolini produce in tutto sette film[25].

La svolta più significativa avviene, però, con il sodalizio con Peppino Amato, istrionico esponente del mondo del cinema grazie al quale Rizzoli rientrerà, dopo la fine della guerra e l’ovvio sfaldamento dei legami precedenti, sia come produttore ma anche come distributore. Si costituisce, così, la “Dear Film”, ossia la “Distribuzione Edizioni Amato Rizzoli”, che nasce con dieci milioni di capitale, subito portati a trenta grazie all’ingresso nella società di Robert Haggiag, un italo-americano nato a Tripoli e di origine ebrea. Haggiag ha l’esclusiva per l’Italia della “United Artists”, la società americana che produce film di Charlie Chaplin, e grazie a lui la “Dear Film” diventa una delle maggiori società italiane del settore[26]. Rizzoli decide di tirarsi fuori dalla società con Haggiag e di costituire nel 1956 la “Cineriz”, una società individuale che si occupa di produzione e distribuzione, con una serie di azioni legali di cui si ha testimonianza anche nel Fondo Rizzoli del «Corriere della sera». La società crescerà molto, arrivando a possedere dodici filiali in Italia e un centinaio di dipendenti. In virtù di questa crescita vertiginosa Rizzoli deciderà di sdoppiarla e di creare nei primi anni Sessanta la “Rizzoli Film”, che si occuperà di produzione e di import-export delle pellicole, mentre la “Cineriz” diventerà una società per azioni, la “Cineriz Distribuzione”[27].

Al tempo della “Dear”, Angelo Rizzoli era già un editore vero e proprio e i suoi interessi erano molteplici. È proprio negli anni Cinquanta, infatti, che il nesso libro-produzione e/o distribuzione del film tratto dal romanzo diventa più stringente. Nel corso della ricerca sono emerse, attraverso l’incrocio di dati e titoli riportati nelle carte degli archivi, diverse coincidenze al proposito. Casi esemplari sono Il tesoro dell’Africa, romanzo di James Helvick pubblicato dalla Rizzoli nel 1953 nella collana «Romanzi d’avventura» mentre il film fu coprodotto dalla “Rizzoli Film” e distribuito, tra gli altri, dalla “Dear film”; oppure I gioielli di madame de***, romanzo di Louise Lévêque De Vilmorin pubblicato nel 1953 nella collana «Romanzi vari»[28]. Spesso a tessere queste fitte trame romanzo-film ritroviamo l’intermediazione di Erich Linder, il quale cura non solo la questione della cessione dei diritti cinematografici dei romanzi ma, attraverso i suoi contatti con l’ambiente cinematografico americano, informa Rizzoli, sensibile a tali tematiche, delle imminenti produzioni o uscite di opere proposte o acquistate e non ancora pubblicate. Lo scopo è evidente: spingere all’acquisizione dell’opera o alla sua pubblicazione da parte dell’editore, il quale, in considerazione dei molteplici interessi economici che ruotano intorno al suo impero, persegue una politica editoriale molto attenta all’aspetto promozionale intermediale, almeno per una parte del suo catalogo. Questa logica sarà alla base anche della scelta di alcuni titoli della collana «Sidera», pubblicati tra gli anni Cinquanta e Sessanta.

Il cinema costituisce, in sintesi, un interesse rilevante sin dall’inizio per Angelo Rizzoli e si intreccia all’attività editoriale. Cinema, letteratura e periodici sono i tre pilastri che costituiscono l’impero Rizzoli dal dopoguerra agli anni Settanta. Spesso agiscono tra loro in funzione intermediale, contribuendo a creare un gusto e un pubblico “medio”. A proposito del rapporto cinema-letteratura, della nascita dei bestseller e della pratica diffusa di libri che nascono da un film che godono di un lancio pubblicitario insperato, Linder sostiene che:

Si possono indubbiamente cucinare certi prodotti, ma la differenza fra un libro cucinato e il libro best-seller ha una barriera molto bassa; il best-seller, che evidentemente risponde a una certa particolare esigenza, ha una barriera molto più alta di vendita. Cioè, “cucinare” il best-seller non è possibile; inventare il best-seller non è possibile, anche quando si tratti di opere di bassa qualità, il best-seller è sempre un libro che trova una rispondenza nel pubblico; il libro “cucinato”, il libro fatto su misura, si scopre sempre che è stato fatto da un sarto che non ha preso le misure del cliente[29].

Questa «prima moderna industria culturale italiana a carattere di integrazione mediatica»[30] è testimoniata nelle corrispondenze dell’Archivio Linder in più occasioni. Per quanto concerne «Sidera», sono pochi i casi in cui la “Rizzoli film” o la “Dear film” sono direttamente coinvolte, anche perché i numerosi titoli che hanno avuto una trasposizione cinematografica sono di produzione perlopiù americana[31]. Quello su cui punta la Rizzoli, tuttavia, è sfruttare con sistematicità il successo o il nome di registi e attori di rilievo per promuovere i propri libri. E il cosiddetto “effetto moltiplicatore” avrà avuto ancora maggior rilevanza, se pensiamo alla pubblicità che la casa poteva gestire a proprio piacimento sui numerosi periodici.

Il primo caso in cui tale effetto è evidente si registra in verità abbastanza presto rispetto alla storia della collana: ci riferiamo a Sinuhe l’egiziano di Mika Waltari, pubblicato nel 1950, da cui deriva una fortunata trasposizione cinematografica hollywoodiana diretta da Michael Curtis nel 1954. Anche L’ammutinamento del “Caine” di Herman Wouk, che ha venduto diverse migliaia di copie, ha avuto una fortunata versione cinematografica nel 1954, in cui la figura del capitano paranoide è affidata ad Humphrey Bogart, ricevendo numerose candidature all’Oscar. In questa occasione Rizzoli si mostra pronto a sfruttare l’onda mediatica e informa l’A.L.I. del fatto che, in vista del lancio del film, predisporrà una nuova edizione rilegata del romanzo senza però mutarne il costo, al fine di mantenerlo appetibile, e chiedendo inoltre l’autorizzazione a pagare i diritti come edizione in brossura[32].

Il rapporto romanzo-cinema era, del resto, già evidente per i primi titoli pubblicati nella collana. Ai casi già citati occorre aggiungere Carnefice di me stesso di Nigel Balchin; quando il romanzo compare, nel novembre del 1947, era già stato trasposto in film da Anthony Kimmins e presentato a settembre dello stesso anno al Festival di Cannes. I ponti di Toko-Ri di Michener, nella collana dal 1954, sarà sicuramente stato promosso anche dal cinekolossal omonimo con la regia di Mark Robson e le interpretazioni di William Holden e Grace Kelly. Lo stesso dicasi per La tunica di Lloyd Douglas, nella serie dal 1954, da cui è stato realizzato nello stesso anno l’omonimo film di Henry Koster. La pellicola, che ha per protagonista Richard Burton, è stata la prima realizzata in cinemascope e ha vinto numerosi riconoscimenti. In realtà il romanzo, all’epoca della produzione del film, aveva già conquistato un largo pubblico, tanto da comparire nella classifica americana dei bestseller per quattro anni di seguito, ed era già stato tradotto in dieci lingue. Vero è che l’effetto moltiplicatore agisce anche sul lungo periodo, come in questo caso: «In seguito, grazie al lancio pubblicitario dovuto al film, il romanzo tornò a dominare la classifica dei libri più venduti nel decennio successivo alla prima pubblicazione, unico caso nel ventesimo secolo»[33]. Una sorte analoga tocca a Il calice d’argento di Costain, pubblicato in «Sidera» nel 1953, e trasposto in versione cinematografica da Victor Saville l’anno successivo. Anche in questa occasione l’effetto moltiplicatore ha sicuramente influenzato il successo di vendite nelle edizioni successive. E una cosa, in definitiva, occorre riconoscere: in questa pratica promozionale, di lancio e rilancio mediatico, Rizzoli ha avuto la meglio, almeno per un certo periodo, sull’avversario Mondadori.

Alcuni romanzi, in realtà, sono stati pubblicati nella collana nello stesso anno di uscita del film[34]. Mentre altri volumi, come la prima biografia di Caryl Chessman, hanno avuto risonanza anche per il film che, in questo caso, è stato realizzato un anno dopo la pubblicazione tra i titoli di «Sidera».

In tale occasione Erich Linder si dimostra puntuale e solerte nell’invio alla Rizzoli di informazioni e di materiale pubblicitario relativi alle imminenti messe in produzione da parte delle più importanti majors americane. Questa strategia viene talvolta messa in atto anche per quei titoli di cui la Rizzoli aveva già acquistato i diritti ma che non aveva ancora pubblicato in una collana.

Quantunque se ne dica, le numerose società di produzione e distribuzione cinematografica volute dal “Commendatore” (Dear Film, Cineriz, Rizzoli Film, Federiz) hanno avuto scarsa incidenza in relazione alla collana. Tuttavia, hanno contribuito a formare e poi a consolidare l’idea che la trasposizione filmica di un’opera narrativa, con le attività promozionali ad essa connesse, contribuisca notevolmente alla conoscenza del titolo stesso presso il grande pubblico, secondo il principio notorio della moltiplicazione e della risonanza mediatica.

La collana «Sidera»: nascita, esordi e mutamenti

«Sidera» è una collana di romanzi e biografie pubblicata dalla Rizzoli dal 1947 al 1971 ed è costituita da 149 titoli. Gli autori pubblicati sono a netta maggioranza stranieri, in particolare anglo-americani, mentre pochi sono gli autori italiani, all’epoca quasi tutti sconosciuti al grande pubblico. Nelle rare pubblicazioni in cui compaiono rifermenti ad essa, viene ricordata quasi sempre per i best sellers americani, riadattati in versione cinematografica.

Il giudizio di Gian Carlo Ferretti sulla collana ha il merito di sintetizzare con lucidità la fase più rilevante della stessa, quella che inizia nei primi anni Cinquanta:

La collana comprende anzitutto Sinuhe l’egiziano di Mika Waltari e L’ammutinamento del Caine di Herman Wouk, presenti nella classifica 1954 dei titoli preferiti dagli italiani, e inoltre La tunica di Lloyd Cassel Douglas, e I Ponti di Toko-ri e Sayonara di James Albert Michener. Che sono tutti altrettanti film hollywoodiani. Grande clamore provocano i racconti autobiografici del condannato Caryl Chessman, a cominciare da Cella 2455, braccio della morte. Ma per il catalogo Rizzoli degli anni cinquanta passano anche Riccardo Bacchelli e Michele Prisco, che inaugura così una lunga e fortunata appartenenza. Nell’insieme della produzione rizzoliana dunque si viene precisando e accentuando quella vena popolare che si era manifestata fin dagli esordi, e che era stata in parte corretta dal disincanto aristocratico di Longanesi e dalla creatività prorompente di Zavattini[35].

Si ritiene, però, che tale quadro vada integrato con una visione più ampia, frutto di una minuta analisi della collana stessa poiché questa indicazione, pur essendo confermata dall’analisi complessiva della collana a partire da un certo momento in poi, ha finito tuttavia per adombrare l’idea editoriale iniziale, che era di tutt’altro tipo, e di cui sono testimonianza i primi titoli pubblicati.

L’articolazione in “Romanzi” e “Biografie” (inizialmente compresi nella “serie rossa” e “serie verde”), la veste grafica, la scelta iniziale degli autori da pubblicare fanno pensare piuttosto a una collana che s’inserisce pienamente in quel rinnovato clima editoriale del secondo dopoguerra all’interno del quale anche Angelo Rizzoli conquista uno spazio rilevante come editore librario a tutto tondo. Il progetto originario alla base della collana intendeva offrire senz’altro opere di qualità, facendo conoscere in Italia autori pressoché ignoti e promuovendo alcuni italiani quasi esordienti. Tale linea editoriale, che nella nostra ricostruzione storica coincide con il contributo fondamentale di Luigi Rusca alla Rizzoli, muta tuttavia, e sensibilmente, nei primi anni Cinquanta, quando la collana finisce per assumere un altro profilo.

Da questo periodo in avanti la sezione dedicata alla narrativa appare più legata alla politica commerciale degli adattamenti cinematografici (perlopiù americani) e agli autori già affermati; mentre quella riservata alle biografie si ricollega, nella maggior parte dei casi, a protagonisti di eventi sensazionalistici di cronaca politica e di attualità. Nell’ultima fase, invece, cioè a partire dalla metà degli anni Sessanta, resta evidente che la collana è destinata a esaurirsi: pochi sono i titoli pubblicati e perlopiù a firma di autori già presenti nel catalogo. Del resto, proprio a partire da questi anni, si registrano alcuni “giri” di collana e si consolida in seno al marchio il peso di una collezione ammiraglia come «La Scala». L’andamento sopra descritto può essere stato determinato da più circostanze, alcune interne alla Rizzoli stessa e altre frutto, in via più generale, dei mutamenti intervenuti nel mercato librario e nella società italiana stessa. La prima fase, all’interno della quale reperiamo autori di un certo pregio, si sviluppa sotto l’ègida di Luigi Rusca. Tanti sono gli indizi che lo suggeriscono: la sua passione per i romanzi biografici, il suo ruolo nell’azienda Rizzoli, i rapporti intrattenuti con gli autori e gli agenti letterari. Parrebbero congetture, destinate però a trovare conferma in una testimonianza documentaria che esamineremo tra poco. Basti qui ricordare che nel 1947 Luigi Rusca presenta «Sidera» come una collana di «altissimo valore letterario», mentre nei documenti provenienti dall’Archivio Monanni essa viene offerta ai librai nel 1948 alla stregua di una “nuovissima e pregiata collezione”[36].

Dal 1951 al 1956 Rizzoli pubblica anche «Opere di Riccardo Bacchelli», una collana comprendente quattordici titoli dedicata allo scrittore bolognese, che, pur essendo formalmente disgiunta dalla nostra serie, ne rappresenta in qualche modo un completamento[37]. I romanzi di Bacchelli, di prevalente ambientazione storica, hanno incontrato sicuramente il favore di Luigi Rusca. Ed è probabile che la scelta di accoglierne la produzione entro una collana a sé stante sia stata determinata dall’intento di conferirle un posto di tutto rilievo[38].

Le caratteristiche della prima fase di «Sidera», d’altronde, corrispondono a una marcata apertura di credito verso il romanzo contemporaneo straniero: un’apertura che nel secondo dopoguerra rappresenta quasi un imperativo per ogni editore. Le opere di questo periodo sono, tuttavia, di valore medio/alto, e questo, per la Rizzoli del tempo, rappresenta una novità assoluta. Poi, a seguito di ripetuti scossoni redazionali, l’orientamento sembra cambiare; e la collana, messa in ombra dalla sopravvenuta «La Scala», perde progressivamente i connotati qualitativi degli esordi, finendo con l’apparire agli osservatori specialisti un ricettacolo di letteratura media o addirittura “popolare”. In questa seconda fase, che si distende dai primi anni Cinquanta alla metà degli anni Sessanta, s’impone in sostanza la logica del bestseller e del “caso editoriale”, anche in relazione a uno specifico rinforzo fornito dal cinema, a cui Casa Rizzoli si dedica con numerose sottosocietà.

«Sidera» si sviluppa, del resto, lungo un arco cronologico che coincide sostanzialmente con la prima fase della «B.U.R.», da cui però si differenzia notevolmente, dato che non è mai stata una collana economica e ha sempre rincorso le novità editoriali, con una particolare attenzione per il mercato straniero. Per queste caratteristiche, la si potrebbe definire come una proposta di emulazione competitiva che prende di mira la «Medusa» di Mondadori, pur collocandosi a un livello più basso. Vista nella sua complessità, è classificabile come la collana che meglio riassume le aspirazioni di editore di Angelo Rizzoli e ne evidenzia, al tempo stesso, le ambiguità e i fallimenti, determinati da un’organizzazione editoriale troppo bilicata fra paternalismo, familismo e voglia di innovazione. Nell’ambito della politica editoriale condotta dalla casa editrice al tempo, ne rappresenta anche la resa di fronte al mercato (che in verità Angelo Rizzoli non ha mai disdegnato), soprattutto nella seconda fase. Esprime, infine, gli interessi plurimi del “Commenda” che, grazie alle conoscenze personali, sa procurarsi le pubblicazioni relative alle personalità del mondo del cinema e della società (come nel caso dello Scià di Persia o della biografia di Chaplin junior).

L’esordio della collana è riconducile a una lettera del 30 gennaio 1947 che Luigi Rusca scriverà a Foa (presumibilmente Luciano Foà) e all’agenzia A.L.I., in cui tra l’altro ritroviamo una precisa dichiarazione anche di paternità del progetto editoriale:

Caro Foà, La ringrazio per l’invio del Bollettino, che ho esaminato molto attentamente. Per questa volta non mi pare vi sia nulla di adatto per le nostre collezioni, comunque La prego di tenermi informato di tutte le novità disponibili. Tanto per darLe un’idea del genere che più mi interessa, Le descrivo qui in poche parole le collezioni delle quali mi occupo:

Diari, Memorie e Documenti per lo studio della II guerra mondiale. […]

Politeia – Studi di politica e di economia. […]

Sidera – Romanzi/stranieri moderni di altissimo valore letterario. In questa collezione entreranno anche alcune biografie pure letterariamente importanti: abbiamo in preparazione una “Vita di Tolstoi” di Derrick Leon, un “Rimbaud” di Starkie, un “Rilke” di Butler, oltre a romanzi di Balchin, Davies, Weston, Hartley, Wolfner, ecc.

Naturalmente, dati i molti impegni già assunti e data soprattutto la lentezza con cui ci è possibile far fronte agli impegni stessi, causa le sempre più gravi restrizioni per il consumo dell’energia elettrica, siamo molto esigenti nella scelta dei nuovi volumi. Le raccomando quindi di tener presenti le collezioni di cui sopra, ma di segnalarmi solo le opere extra!

Grazie, caro Foà, e cordialissimi saluti[39].

È evidente che la nascita della collana e l’idea editoriale che ne è alla base sono frutto di un intento di gran lunga diverso rispetto a quello manifestatosi di lì a poco con la scelta di autori più commerciali. Che Luigi Rusca sia anche l’ideatore della collana, con il supporto significativo di Giuseppe Monanni all’epoca nella Rizzoli, è ipotizzabile anche per altri motivi: per il lungo lavoro di ricerca e di promozione di autori anche stranieri che Rusca ha già alle spalle con le varie iniziative realizzate per Mondadori[40], per le sue conoscenze del mercato straniero che gli consentono di intrattenere rapporti con gli autori stessi e per l’idea, più volte ribadita, di portare il libro a un pubblico più vasto. Singolare è, inoltre, il nome della collana, che si riferisce senz’altro al progetto editoriale su menzionato nelle parole di Rusca stesso, ma che potrebbe anche essere stato in qualche modo suggerito da altre attività che Angelo Rizzoli aveva intrapreso in quel tempo.

Con la fine della Seconda guerra mondiale, infatti, Rizzoli aveva acquistato tre ex dragamine americani e li aveva convertiti in pescherecci di alto mare (la “Mica”, la “Spica” e la “Vega”), posti sotto un’unica società, la “Sidera”. Tale progetto era stato affidato a un franco-tunisino che era giunto in Italia come ufficiale di collegamento nel 1945, Marcel Didier, poi divenuto amico stretto di Angelo Rizzoli e di sua moglie, tanto da abitare nello stesso stabile di famiglia di via del Gesù a Milano[41]. Nell’attico dello stesso palazzo vivevano anche i coniugi Rusca, quasi a formare un’unica grande famiglia. Libri e dragamine rispondevano nel secondo dopoguerra a un medesimo bisogno di Angelo Rizzoli: quello di “solcare nuovi mari” e navigare verso terre straniere, consolidando la propria immagine di imprenditore e di editore di collane di tutto rispetto.

La collana «Sidera» è articolata, come si diceva, in “Romanzi” e “Biografie”, ripartite rispettivamente nella “serie rossa” e nella “serie verde” nella prima fase di pubblicazione, mentre la legatura è inizialmente in cartonato semplice. La copertina è costituita da un riquadro rettangolare colorato di verde o di rosso che corre lungo i bordi della stessa e sul quale sono impresse alcune stelle di colore nero (*), le sidera appunto. L’appartenenza alla collana è sempre segnalata, anche nelle successive edizioni, dal nome della stessa incastonato tra due stelle (*Sidera*) che compare nell’occhietto[42].

Le edizioni cartonate si arricchiscono progressivamente con una sovraccoperta a colori, non sempre firmata, fino a diventare più raffinate nelle edizioni in brossura, con impressioni in oro sul dorso e una sovraccoperta plastificata a colori (quasi sempre degli illustratori Tabet o Carotti). Alcuni titoli vengono, poi, proposti al commercio in duplice veste: quella cartonata, più economica, e quella in brossura, più costosa.

La distinzione all’interno della collana tra “serie rossa” e “serie verde” è, quindi, visivamente segnalata al lettore nell’edizione cartonata, come del resto d’abitudine, al tempo, anche presso altri editori come ad esempio Mondadori. Lo spazio destinato ai romanzi supera di gran lunga quello delle biografie, confermando la generale predilezione rizzoliana per il genere più istituzionalmente narrativo.

Nei primi anni di pubblicazione «Sidera» ha un profilo medio-alto, almeno nelle ambizioni, e viene presentata, come evidenziato prima, come «Collezione di opere di interesse letterario di particolare valore artistico», articolata in “serie verde” e “serie rossa”.

Più avanti subentreranno alcune modifiche, anche nominali, come si evince dal confronto con i successivi cataloghi dell’editore. Nel Catalogo Rizzoli del 1954 iniziano a essere menzionate le sovraccoperte a colori[43]. Nel Catalogo del 1955/1958, invece, si può osservare un notevole cambiamento, in linea con il mercato editoriale del tempo: ovvero l’ingresso dell’espressione “best seller” (con tutte le sue implicazioni) e l’apertura al cinema. Così suona la nuova definizione della collana che troviamo nel catalogo di quegli anni: «questa collezione raccoglie unicamente opere di grande successo, i “best seller” di tutto il mondo. Gli elegantissimi volumi si distinguono in romanzi e biografie, opere queste ultime di elevato interesse per la personalità degli autori e per i personaggi trattati. Molti dei più grandi e spettacolari film di questi tempi sono stati tratti dai volumi della “Sidera”»[44]. Quindi è il momento dei bestsellers a vocazione cinematografica; e nel Catalogo del 1963 la collana viene presentata e introdotta così: «La narrativa gode nel dopoguerra di una eccezionale simpatia e si entra nell’epoca dei grandi best-seller, che da un paese all’altro vanno raccogliendo favori e successi. La Rizzoli dedica loro una collezione, la “Sidera”, che continua ininterrotta anche oggi, e che comprende tra le altre le opere di Herman Wouk, di Mika Waltari, di Caryl Chessman”»[45]. In questa occasione la collana appare esclusivamente ricondotta alla sezione della narrativa e non si fa cenno a ulteriori distinzioni. Dall’analisi dei volumi consultati emerge che a partire dal 1961, in particolare da Charlot, mio padre di Chaplin Charles jr., la sezione dedicata alle biografie è identificata come «Biografie» o «Collana di biografie», pur sempre accompagnata dal simbolo specifico e originario di «Sidera» (*Biografie*). Anche il colore della tela nell’edizione rilegata varia (rossa per i romanzi, verde per le biografie), mentre originariamente era unicamente rossa. Ancora un settennio e si registra la separazione ufficiale tra le due sezioni, laddove «Biografie» viene menzionata nei cataloghi dell’editore come una collana a sé stante con questa definizione: «Documenti di vita e biografie di uomini illustri o comunque di vasta notorietà, del passato e dei giorni nostri. Letterati, navigatori, musicisti, pittori, uomini di stato e personaggi che la cronaca degli ultimi anni ha reso di particolare interesse»[46]. Un’identica suddivisione si osserva anche nel catalogo del 1972, quando la collana è ormai conclusa.

«Sidera» si sviluppa negli anni secondo una netta preferenza per il genere del romanzo, ora catalogabile come romanzo di qualità ora come romanzo di consumo, a seconda delle diverse fasi. Un’evoluzione simile si registra anche per la “serie verde”: mentre quelle dei primi anni sono opere dedicate quasi esclusivamente ad autori “classici”, dagli anni Cinquanta in poi compaiono biografie legate a nomi di richiamo come Chaplin, il racconto di Rachele Mussolini o quello dello Scià di Persia, o racconti legati a “casi” eclatanti come quello di Chessman. Le note bio-bibliografiche sull’autore e la sintesi dell’opera pubblicata sono tutte senza firma, accompagnate, a partire dagli anni Cinquanta, dalla foto dell’autore/autrice sull’aletta anteriore o posteriore. Di più: simili elementi paratestuali sono spesso affidati ai traduttori, realizzati con uno stile espressivo e, nel corso del tempo, sempre più brillante, come richiesto d’altronde dalle logiche del mercato. Alcune pubblicazioni vengono, poi, ulteriormente valorizzate, in occasione dell’uscita del film di successo tratto dal romanzo, grazie a copertine patinate con le foto dei divi: un utile richiamo per un pubblico sempre più attento all’elemento visivo.

Grazie all’analisi ragionata della collana, comprendente autori, titoli, riedizioni e notizie d’archivio relative, è possibile seguirne l’andamento e il percorso evolutivo. Escludendo i primi anni di pubblicazione, in cui è determinante l’apporto di Rusca, la collezione non sembra seguire un progetto editoriale preciso, probabilmente anche per i numerosi cambiamenti intervenuti nella redazione letteraria[47]. Per «Sidera» si tratta di un vero e proprio restyling sia editoriale sia materiale. Compaiono le sovraccoperte a colori, firmate da illustratori come Giorgio Tabet, Carlo Thole, Manfredo Acerbo, Tullio Pericoli, Enzo Aimini, per citarne alcuni; mentre si consolida la rincorsa al bestseller americano o al titolo già attenzionato dal mondo del cinema. Dagli anni Sessanta in poi la collana non riceve più grande nutrimento, come testimoniano le corrispondenze con Linder e vari titoli saranno dirottati in altre collane rizzoliane come «La Scala» e «Jolly».

Dalla corrispondenza Linder-Rizzoli emerge che molti dei titoli proposti per la collana vengono accolti in catalogo solo quando vi è un esplicito riferimento a prossime realizzazioni cinematografiche o all’acquisizione dei diritti cinematografici da parte di importanti società americane. Questo meccanismo è particolarmente evidente per i titoli pubblicati negli anni Sessanta e proposti come opere di sicuro successo, che Linder cataloga come «grossa editoria popolare, dove la parola ‘popolare’ va intesa nella sua migliore accezione»[48]. A supporto di tali affermazioni si riportano le sue parole, pronunciate di fronte alla perplessità di Domerico Porzio sulla scelta di pubblicare Armageddon di Uris Leon:

Quanto alla recensione negativa dell’Uris, la cosa non mi sorprende, né altera quel che dicevo: dei best-sellers americani, il 95% riceve (e merita) recensioni negative: per citare soltanto libri nostri, non credo che ad esempio Marjorie Morningstars […] possa entrare nella letteratura, nemmeno per una qualche fessura lasciata aperta per caso. E lo stesso vale per Calice d’argento di Costain (sempre per restare in casa nostra) e, peggio, per il signor Michener (per andare in casa altrui). Il che non toglie che alcuni di questi libri vendano poi decine di migliaia di copie […][49].

Oppure quando Carlo Meana spiegherà a Linder che hanno necessità di autori stranieri di maggior livello, l’agente risponderà piccato:

Allright: cercherò di limitarmi a quei romanzi che sono assolutamente indispensabili alla cultura dell’uomo moderno. Il che, visto che personalmente non stimo né i romanzi né l’uomo moderno, né, a maggior ragione, la cultura del medesimo, dovrebbe equivalere a bloccare del tutto l’invio dei romanzi. Vedrò di frenare questi miei impulsi negativi[50].

Ricorrenti e sferzanti sono da un certo momento in poi le corrispondenze tra Linder e la Rizzoli per alcuni comportamenti praticati dagli agenti della sede di New York, giudicati scorretti dall’agente.

Per quanto riguarda la provenienza degli autori della collana, è utile sottolineare che la metà di essi è anglo-americana e solo dieci sono italiani. Tra gli stranieri dei primi anni troviamo autori come Hartley Leslie Poles, Balchin Nigel, Friederike Maria Zweig (con una biografia sul marito, Stefan Zweig), Edmund Wilson, per citarne alcuni. Mentre tra gli italiani, pubblicati soprattutto nella prima fase, occorre citare Dante Arfelli, Alberto Albertini, Michele Prisco, Elda Bossi, Tristano Vanni: nomi di esordienti o quasi esordienti di talento e spesso vincitori di premi letterari con i romanzi pubblicati nella collana. Di certo il vero incremento, almeno a livello di vendite, è dato dalla pubblicazione di romanzi di successo come Sinuhe l’egiziano di Mika Waltari, che ebbe numerosissime ristampe[51], anche per il relativo kolossal hollywoodiano del 1954. Se a questo aggiungiamo Il calice d’argento di Thomas Bertram Costain e L’ammutinamento del “Caine” di Herman Wouk, si comprende bene come la linea editoriale di «Sidera» viri definitivamente a partire dagli Cinquanta verso i bestseller americani.

Questo brevissimo excursus riguarda la cosiddetta “serie rossa”, ovvero quella dedicata ai romanzi. La “serie verde”, dedicata alle Biografie, è invece o dedicata all’approfondimento biografico di grandi nomi della letteratura, della musica, dell’arte oppure riferisce di biografie sensazionalistiche legate a casi di attualità (come le quattro biografie del condannato a morte Caryl Chessman, tra gli anni Cinquanta e Sessanta) o di personalità di rilievo come Charlie Chaplin jr., lo Scià di Persia, Rachele Mussolini (per mano di Anita Pensotti).

La ricostruzione del catalogo, dei fatti e delle personalità coinvolte, degli autori, dell’editore e dei suoi rapporti con le agenzie di intermediazione è risultata complessa e articolata. Lo scopo era quello di definire storicamente la collana, determinandone il peso e la prospettiva all’interno della produzione della Rizzoli e dell’editoria del tempo. «Sidera», da questo punto di vista, si colloca in una posizione “ambigua”: non è una collana economica come la coeva «B.U.R.»; prova senza successo a concorrere, nella fase iniziale, con la «Medusa» mondadoriana; strizza l’occhio alle vicende sensazionalistiche dei rotocalchi patinati.

  1. Si presenta un estratto della tesi di Laurea Magistrale in “Produzione letteraria” dal titolo La collana «Sidera» e il marchio Rizzoli (1947-1971), discussa presso l’Università degli Studi di Milano nel dicembre del 2020: relatore il prof. Bruno Pischedda e correlatrice la prof.ssa Laura Neri.
  2. La ricostruzione è avvenuta attraverso il confronto e il riposizionamento dei diversi volumi in possesso delle principali biblioteche milanesi e non solo. Successivamente alla ricostruzione del catalogo, alcune delle edizioni consultate sono state confrontate con il materiale in possesso della Biblioteca specializzata della Fondazione Mondadori, la “Rosa”, presso la quale è anche possibile reperire una copia della tesi di laurea: https://biblioteche.fondazionemondadori.it/bibliotecaspecializzata/opac/detail/view/faam_bibliotecaspecializzata:catalog:8670 (ultima consultazione: 31/03/2022). Il catalogo che abbiamo ricostruito si articola nelle seguenti voci: numerazione dei volumi in relazione alla data di pubblicazione, nome e cognome degli autori, titolo in italiano e in originale, traduttore dell’opera, anno di prima pubblicazione, riedizioni, serie di appartenenza, prezzo (in genere della prima edizione), numero di pagine e presenza di tavole fuori testo; talvolta si fa riferimento anche a prefazioni o presentazioni di rilievo.
  3. G. C. Ferretti, Storia dell’editoria letteraria in Italia, 1945-2003, Torino, Einaudi, 2004, p. 17.
  4. Angelo Rizzoli muoverà i primi passi come editore grazie all’amicizia con Calogero Tuminelli e all’attivismo di Tommaso Monicelli, che diventerà prima direttore di periodici e poi sempre più impegnato nello sviluppo del settore libri. Cfr. N. Tranfaglia e A. Vittoria, Storia degli editori italiani. Dall’Unità alla fine degli anni Sessanta, Roma-Bari, Laterza, 2000, pp. 299-300.
  5. «Novella» era inizialmente una rivista letteraria di pregio pubblicata nel 1919 dalla casa editrice Italia, poi acquisita da Arnoldo Mondadori, che la cedette a Rizzoli nel 1927. Con quest’ultimo si realizza un cambiamento della direzione editoriale molto significativo e la rivista viene rivolta prevalentemente a un pubblico femminile, con l’uscita di opere dal taglio marcatamente sentimentale. Così nel 1933 si pubblica a puntate il romanzo di Salvatore Gotta La signora di tutti che riscuote un successo notevole. Rizzoli intanto ha già iniziato ad ampliare la propria sfera di influenza giungendo all’ambito cinematografico e ha fondato la “Novella film”, in omaggio appunto alla rivista. Con la sua casa di produzione cinematografica Rizzoli mette a segno il primo grande colpo da editore-produttore, finanziando il film omonimo di Max Ophüls, con Isa Miranda, la quale a sua volta sarà l’icona del divismo made in Italy. Per maggiori approfondimenti si veda R. De Berti, “La signora di tutti” e l’avvento del divismo italiano, in Isa Miranda. Light from a star, a cura di E. Mosconi, Cremona, Persico Edizioni, 2003, pp. 31-42. Questo è il primo esempio di un’attenta politica transmediale ante litteram, che ritroveremo ampiamente nella collana «Sidera».
  6. G. C. Ferretti, Storia dell’editoria letteraria in Italia, 1945-2003, Torino, Einaudi, 2004, p. 21.
  7. Ivi, pp. 19-21.
  8. I cataloghi generali della Rizzoli editore reperiti e consultati sono: Rizzoli editore, Catalogo 1954, Milano 1954; Rizzoli editore, Catalogo 1955, Milano 1955 (1958?); Rizzoli editore. Milano, Milano 1963 (?); Rizzoli editore, Catalogo generale 1970, Milano 1970; Rizzoli editore, Catalogo generale 1972, Milano 1972; Catalogo generale Rizzoli libri, Milano 1988. Quelli relativi agli anni 1954 e 1955 (quest’ultimo di incerta datazione) sono disponibili unicamente in fotocopia presso la Biblioteca della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori; gli altri sono invece reperibili in alcune biblioteche nazionali. Il catalogo relativo al 1963 (di incerta datazione) è un catalogo promozionale dell’azienda nel suo complesso, scritto in diverse lingue.
  9. A raccontare questa intricata storia è Cecilia Scerbanenco, nipote di Giuseppe Monanni e figlia di Nunzia Monanni e Giorgio Scerbanenco, astro della narrativa e dei periodici rizzoliani per lungo tempo. Nel testo si dice anche che Monanni fu «direttore editoriale con l’incarico, insieme a Paolo Lecaldano, di fondare la BUR, (ho trovato una corrispondenza che lo prova), e direttore della libreria Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele II»: cfr. C. Scerbanenco, Il fabbricante di sogni. Vita di Giorgio Scerbanenco, Milano, La nave di Teseo editore, 2018, pp. 309-17.
  10. Per un quadro generale di Giuseppe Monanni e della sua attività si rimanda a V. Beretta, Giuseppe Monanni, un editore anarchico del Novecento in «Storia in Lombardia», 2008, fascicolo 2, pp. 71-107.
  11. Si veda Fondo Monanni/Rizzoli, serie 2 fascicolo 18: incarico presso la Rizzoli, custodito in APICE Monanni Rizzoli, Università degli Studi di Milano: https://archivi.unimi.it/oggetti/IT-UNIMI-ST0032-000053_incarico-presso-la-rizzoli/ (ultima consultazione: 31/03/2022).
  12. Si veda la recensione di G. Gaballo del volume di S. Follacchio, L’Arcangelo. Vita e miracoli di Gabriele D’Annunzio. Storia di una biografia dimenticata, Pescara, Ianieri, 2013. Federico Vittore Nardelli, padre di Natalia, pubblicò una biografia non autorizzata dal poeta nel 1931 e tentò poi di giustificarsi personalmente con il poeta, accompagnato nell’occasione dalla moglie e da Natalia stessa come emissaria Mondadori: http://www.sissco.it/recensione-annale/larcangelo-vita-e-miracoli-di-gabriele-dannunzio-storia-di-una-biografia-dimenticata/ (ultima consultazione: 31/03/2022).
  13. È quanto riferisce Anna Ferrando nel suo prezioso studio sulla storia dell’Agenzia prima della cosiddetta “èra Linder”. L’autrice sottolinea, inoltre, il legame tra Luciano Foà e Giuseppe Monanni tra gli anni Venti e Trenta del Novecento (quando i due furono “artefici” del lancio di Aldous Huxley in Italia, di cui Monanni fu uno dei primi ad acquistare i diritti di traduzione in volume da Augusto Foà). Con la persecuzione fascista dell’attività di Monanni, i Foà si rivolsero a un editore più solido, Arnoldo Mondadori, e a Luigi Rusca. Questi legami sono particolarmente interessanti per lo studio della Rizzoli di quegli anni, dato che, come si è visto, sia Monanni che Rusca entrarono a far parte dell’entourage del “Commenda”. Si veda A. Ferrando, Cacciatori di libri: gli agenti letterari durante il fascismo, Milano, Franco Angeli, 2019, pp. 67-71.
  14. G. Dossena, Linder, agente segreto del libro, in «La Stampa», 24 marzo 1983, p. 3.
  15. O. del Buono, Linder, uno sceriffo per l’editoria, in «La Stampa», numero Speciale, maggio 1992.
  16. Come sostiene V. Armanni nella nota sull’Archivio Erich Linder presso la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori; si veda https://www.fondazionemondadori.it/wp-content/uploads/2018/12/att000580.pdf (ultima consultazione: 31/03/2022).
  17. M. Sisto, «A ciascuno il suo editore?». Erich Linder, Einaudi e la letteratura tedesca in Italia (1971-1983), in «Studi germanici», 2012, n. 1, p. 314.
  18. D. Biagi, Il dio di carta, Vita di Erich Linder, Roma, Avagliano editore, 2007, p. 93.
  19. M. Sisto, «A ciascuno il suo editore?», op. cit., p. 318.
  20. È quanto riferisce Linder stesso in Madamina il catalogo è questo…, Conversazione di Erich Linder con «La Fiera Letteraria», 14 novembre 1968, p. 31.
  21. D. Biagi, Il dio di carta, Vita di Erich Linder, op. cit., pp. 84-85.
  22. G. Alberti, «Ci metteremo d’accordo con Linder». Origine ed evoluzione del ruolo dell’agente letterario nell’editoria di ricerca, in Italiamerica. L’editoria, a cura di Emanuela Scarpellini e Jeffrey T. Schnapp, Milano, Il Saggiatore/Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2008, pp. 55-56.
  23. Come ricorda Raffaele De Berti, che in diversi studi ha analizzato il rapporto fra i rotocalchi Rizzoli e il cinema, la formula vincente di queste pubblicazioni era costituita dalla centralità delle figure dei divi, ripresi e raccontati sul set e nella vita privata assieme alla trasposizione dei film in cineromanzi. Si veda R. De Berti, Rizzoli e il cinema tra le due guerre, in Milano da leggere, Atti della terza edizione del Convegno letterario ADI-SD a cura di B. Peroni, Milano, Ufficio Scolastico per la Lombardia, 2006, pp. 22-37. Si tratta di osservazioni molto interessanti, non solo perché testimoniano di quella “tendenza intermediale” propria di Angelo Rizzoli già agli inizi della sua attività di editore, ma anche perché la stessa logica, anche se spesso invertita, la si ritroverà successivamente nel rapporto con una certa produzione letteraria.
  24. R. De Berti, Il volo del cinema. Miti moderni nell’Italia fascista, Milano-Udine, Mimesis edizioni, collana «Cinema» n. 14, 2012, p. 251.
  25. Le notizie al riguardo provengono da A. Mazzuca, La erre verde: ascesa e declino dell’impero Rizzoli, Milano, Longanesi, 1991, p. 89.
  26. Quello della distribuzione era stato un settore in forte sviluppo nel dopoguerra e aveva visto una potente ondata di film americani che costituivano i tre quarti delle novità cinematografiche. Tale situazione danneggiò anche il cinema neorealista che, pur apprezzato dalla critica, non riusciva a trovare la stessa diffusione né finanziamenti adeguati anche a causa di una politica italiana debole, mentre si trasformò in un vantaggio commerciale per i produttori italiani che erano legati alla parte popolare del mercato (commedie, avventure ecc.); cfr. D. Forgacs, L’industrializzazione della cultura italiana (1880-2000), Bologna, Il Mulino, 2000, pp. 183-85.
  27. Impossibile non far riferimento ai principali meriti di Rizzoli nell’ambito cinematografico con il finanziamento e la produzione dei film di Federico Fellini Otto e mezzo, La dolce vita, Giulietta degli spiriti. Tra l’altro, Angelo Rizzoli costituirà con Fellini una società di produzione, la “Federiz”, che avrà, però, scarso successo.
  28. Caso diverso ma da non dimenticare: quello di Don Camillo, i cui racconti furono pubblicati in volume da Rizzoli nel 1948 e da cui fu trattato il fortunato film del 1954, prodotto da Giuseppe Amato e distribuito dalla “Cineriz”.
  29. Intervista di Enrico Romero ad Erich Linder, in E. Linder, Erich Linder: autori, editori, librai, lettori, a cura di M. Marazzi, Milano, Fondazione Alberto e Arnoldo Mondadori, 2003, p. 53.
  30. R. De Berti, Il volo del cinema. Miti moderni nell’Italia fascista, Milano-Udine, Mimesis edizioni, collana «Cinema» n. 14, 2012, p. 251.
  31. Un caso a sé è invece rappresentato da I sogni nel cassetto, un romanzo di Adriana Chiaromonte, pubblicato nella collana nel 1956. La regia è di Renato Castellani, al quale Rizzoli, rilevato il film dal produttore Sandro Ghenzi, impose di sostituire il finale con un happy ending, anche se poi preferì la conclusione originale. La produzione della trasposizione cinematografica, in collaborazione con “Francinex”, è della “Rizzoli film”, ed era già iniziata nel 1955, anche se si è conclusa solo nel 1957 (anno in cui il romanzo viene ripubblicato). A ciò si aggiunga che la distribuzione era affidata alla “Cineriz”.
  32. Lettera della Rizzoli all’A.L.I. del 30 dicembre 1953 contenuta in FAAM ALI Linder (Riz), Serie annuale 1953, B. 13/D, fasc. 14.
  33. V. Novembri, La crocifissione in cinemascope: La tunica di Henry Koster, in Il volto e gli sguardi: Bibbia, letteratura, cinema, Atti del Convegno di Imperia Porto Maurizio 17-18 ottobre 2008, a cura di S. Isetta, Bologna, EDB, 2010, p. 115.
  34. È il caso di La pista degli elefanti di Robert Standish (1954), La figlia del mare di Śivaśaṅkara Pillai (1966), Ritorno al paradiso di James Michener (1955).
  35. G. C. Ferretti, Storia dell’editoria letteraria in Italia, 1945-2003, Torino, Einaudi, 2004, p. 140.
  36. Si veda Archivio Monanni, Fondo Monanni (Rizzoli), presso Centro Apice (Archivi della Parola, dell’Immagine e della Comunicazione Editoriale) dell’Università degli Studi di Milano.
  37. Identica è la veste grafica, con una variante relativa al colore di fondo della greca (in questo caso di colore azzurro).
  38. In questo modo, la serie «Opere» di Bacchelli sarebbe visibilmente e idealmente ricollegata a «Sidera» attraverso precisi elementi paratestuali, ma formalmente da essa disgiunta in quanto collana ad personam.
  39. Lettera di Luigi Rusca a Foà (Luciano?) del 30 gennaio del 1947 in FAAM ALI Linder (Riz), Serie annuale 1947, B. 6, fasc. 56. Lettera dattiloscritta su carta intestata della Rizzoli, firmata e datata. Le sottolineature sono nell’originale. Occorre precisare che al tempo in cui Rusca scrive non è ancora stato pubblicato il primo volume della collana, Lorenzo di Leslie Hartley (edito nell’ottobre dello stesso anno), e quelli elencati sono una parte degli autori e delle opere che troveremo nei primi tre anni di «Sidera».
  40. Si pensi ai libri gialli, azzurri, neri, verdi dedicati ai vari generi letterari o alla «Medusa».
  41. Questi episodi sono raccontati da A. Mazzuca, La erre verde: ascesa e declino dell’impero Rizzoli, op. cit., pp. 135-43. L’attività di Didier si concluderà negli anni Cinquanta.
  42. È da segnalare che non tutti i volumi da noi consultati contengono questo riferimento, forse per errori o sviste intervenute nella composizione del libro.
  43. Cfr. Rizzoli editore, Catalogo1954, Milano 1954, disponibile in fotocopia presso la Fondazione Alberto e Arnoldo Mondadori.
  44. Si veda Rizzoli editore, Catalogo 1955 (?), Milano 1955, disponibile in fotocopia presso la Fondazione Alberto e Arnoldo Mondadori. La datazione è incerta: dai riferimenti contenuti è probabile che vada collocato nel 1958. Nel Catalogo 1955/1958 si fa anche riferimento alle diverse pubblicazioni disponibili: un’edizione rilegata in tela con impressioni in oro e sovraccoperta a colori di formato 14,4 per 22,3 cm, e un formato ridotto, di 12,7 per 19,3 cm, in brossura con coperta e sovraccoperta a colori. Le diverse edizioni comportavano ovviamente uno scostamento del costo dei volumi, soprattutto per le biografie.
  45. Cfr. Rizzoli editore. Milano, Milano 1963 (?).
  46. Si veda Rizzoli editore, Catalogo generale 1970, Milano 1970.
  47. Così nella corrispondenza con l’Agenzia Letteraria Internazionale non troveremo più gli stessi interlocutori: per la Rizzoli compariranno i nomi di Paolo Lecaldano, Domenico Porzio, Carlo Ripa di Meana, Sergio Pautasso, mentre per l’A.L.I. scomparirà in breve tempo il nome di Foà, per fare spazio a Erich Linder, ormai il vero dominus dell’Agenzia.
  48. Lettera dell’A.L.I. a Paolo Lecaldano del 1° febbraio 1961 contenuta in FAAM ALI Linder (Riz), Serie annuale 1961, B. 30, fasc. 1.
  49. Lettera di Linder a Domenico Porzio del 18 giugno del 1964 in FAAM ALI Linder (Riz), Serie annuale 1964, B. 16, fasc. 23.
  50. Lettera di Linder a C. Meana del 23 gennaio 1963, in FAAM ALI Linder (Riz), Serie annuale 1962/1963, B. 39, fasc. 24.
  51. Dalla prima edizione del 1950 si arriverà alla ventiseiesima del 1971.

(fasc. 44, 25 maggio 2022, vol. II)