Un bambino impara a leggere per la prima
volta quando viene preso in braccio
e gli viene letta una favola.(Maryanne Wolf)1
La dislessia è un disturbo specifico di lettura che comporta delle gravi conseguenze sociali per chi ne soffre, soprattutto in ambito scolastico-educativo e nel rapporto con gli altri. Il problema più serio, sia nella scuola sia nella società, è che l’individuo dislessico viene considerato più lento e svogliato rispetto agli altri, quando invece l’unico motivo che lo spinge a rinunciare alla lettura è lo sforzo enorme che fa per riuscire a leggere anche solo una riga di testo.
Come riporta la guida per i genitori edita nel 2013 dall’Associazione Italiana Dislessia (AID), «la dislessia è un disturbo che riguarda la capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente. Leggere e scrivere sono atti così semplici e automatici che risulta difficile comprendere la difficoltà di un bambino dislessico che fatica ad automatizzare questi processi». La dislessia evolutiva è il più diffuso tra i disturbi specifici di apprendimento (DSA) e chi ne soffre non ha un’intelligenza anormale; essa non è causata da un deficit di intelligenza, né da problemi ambientali o psicologici, da deficit sensoriali o neurologici. Si tratta di un disturbo relativo al linguaggio scritto e inerente essenzialmente ai processi di lettura. Il bambino dislessico è in grado di leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo impegnando al massimo le proprie capacità ed energie. In altre parole, non può farlo in maniera automatica e, di conseguenza, si stanca rapidamente, commette errori, rimane indietro e non impara.
La principale caratteristica della dislessia è la sua specificità: il disturbo, infatti, interessa uno specifico dominio di abilità in modo significativo ma circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. È, quindi, un disturbo specifico della decodifica della lettura (in termini di velocità e accuratezza): la lettura è più lenta e/o meno corretta delle aspettative, in base all’età o alla classe frequentata.
Grazie alla Legge 170/2010 – Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico – la questione del disturbo specifico di lettura è stata regolamentata e nelle scuole sono previsti trattamenti specifici per gli studenti a cui sia stato diagnosticato uno di tali disturbi. Essi, infatti, sono stati riconosciuti dallo Stato come invalidanti per chi ne soffre, soprattutto in ambito scolastico, ma non tali da renderlo diverso dagli altri studenti:
La presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati “DSA”, che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana2.
La legge 170/2010 costituisce un grande passo avanti per quanto riguarda i diritti di chi soffre di disturbi specifici dell’apprendimento. Tuttavia, come si evince dalle interviste agli editori che seguono, c’è ancora molto da fare sia dal punto di vista legislativo sia per quanto riguarda il sostegno a chi si occupa di pubblicare libri per dislessici.
In Italia l’editoria per dislessici esiste, ma è ancora poco sviluppata. Diverse case editrici indipendenti operano in questo settore, lontane dal circuito delle grandi realtà editoriali e della grande distribuzione. Ho avuto la possibilità di incontrare, ad esempio, gli editori e i redattori di Sinnos, biancoenero e uovonero, e di ricostruire la loro storia editoriale e i dettagli della loro attività.
I libri per dislessici devono avere determinate caratteristiche e richiedono, perciò, un lavoro particolarmente accurato e attento. La loro struttura deve seguire determinate norme redazionali: viene eseguito un accurato editing sul testo, necessario per renderlo più scorrevole e semplice alla lettura, si utilizzano immagini e tabelle chiarificatrici, si dà una particolare organizzazione al testo (interlinea maggiore rispetto alla norma, molti paragrafi, frasi brevi e con poche subordinate, per non distrarre il lettore e non rendere più difficile la comprensione; parole non spezzate andando a capo) e si ricorre all’utilizzo di font specifici ad alta leggibilità.
Il lavoro che si cela dietro questo tipo di testi è lungo e complesso, ma offre la possibilità, a chi non può, di leggere libri fondamentali per la crescita intellettuale e non solo, il che costituisce il fine di tutte e tre le case editrici citate nelle interviste che seguono3.
Interviste correlate
- Interviste agli editori: la casa editrice Sinnos (Della Passarelli)
- Interviste agli editori: la casa editrice biancoenero (Flavio Sorrentino)
- Interviste agli editori: la casa editrice uovonero (Sante Bandirali)
- M. Wolf, Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge, Milano, Vita e Pensiero, 2009, p. 26. ↵
- Legge 8 ottobre 2010, n. 170, Art. 1 (Riconoscimento e definizione di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia), comma 1. ↵
- Questo contributo costituisce un estratto della tesi di Laurea Magistrale in “Editoria e scrittura” dal titolo Il problema della dislessia e come viene trattato nell’editoria. I libri ad alta leggibilità per ragazzi con disturbo specifico della lettura, discussa nella sessione estiva dell’Anno acc. 2016/2017 presso la Facoltà di Lettere della “Sapienza Università di Roma”: cattedra di “Mediazione editoriale e cultura letteraria”, relatrice Prof.ssa Maria Panetta. Per ragioni di chiarezza espositiva, si è deciso di trascrivere tutte e tre le interviste con le domande, sebbene si ripetano. ↵
(fasc. 17, 25 ottobre 2017)