Calvino osservatore attento dei cambiamenti ambientali nell’Italia del boom economico

Author di Samuela Di Schiavi

La fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, gli anni del cosiddetto “miracolo” o boom economico, hanno rappresentato per l’Italia un periodo di grandi cambiamenti e profonde trasformazioni sia da un punto di vista socio-economico, con la nascita di una nuova società dei consumi, sia da una prospettiva ambientale, ad esempio con lo sviluppo e l’espansione delle città metropolitane. È proprio in questa cornice di importanti mutamenti che coinvolgono l’intera penisola che Italo Calvino pubblica alcuni racconti lunghi, ironici ma molto realistici, in cui attraverso la descrizione di una realtà contemporanea emerge l’attenzione dell’autore verso la tematica dell’ambiente e dell’ecologia, da un punto di vista sia politico sia sociale e morale.

Una delle opere di Calvino che sicuramente descrive ed evidenzia le trasformazioni ambientali e il radicale mutamento del tessuto urbano derivati da quella pratica che si può definire “smania di costruzione” è La speculazione edilizia, racconto apparso per la prima volta nel settembre del 1957 sul numero 20 della rivista letteraria internazionale «Botteghe Oscure», ripubblicato l’anno successivo nel volume dei Racconti in una versione ridotta e pubblicata nuovamente integralmente come romanzo breve nel giugno del 1963 nella collana dei «Coralli» Einaudi.

In primo luogo, si deve sottolineare che nella Speculazione edilizia non è presente una denuncia decisa, puntuale ed evidente delle speculazioni sulla Riviera Ligure ma, come afferma Pierangeli in Italo Calvino. Biografia per immagini, «Quello che affiora è l’inettitudine del protagonista che si impaluda in una lotta impari con “gli altri” nella politica, negli affari, con le donne»[1]. Infatti, il protagonista, Quinto Anfossi, decide di entrare in affari con Caisotti, un costruttore noto per essere un truffatore, e lascia il suo impegno da intellettuale per “fare l’affarista”, vale a dire per improvvisarsi impresario. Attraverso il personaggio di Quinto, Calvino rappresenta tutti gli intellettuali che in passato hanno agito con entusiasmo perché mossi dagli ideali del dopoguerra, ma che a partire dagli anni Cinquanta iniziano a entrare in crisi dopo essersi resi conto che sta lentamente svanendo la possibilità di costruire una società nuova, fondata su solide basi morali. L’inattuabilità di un cambiamento sociale da tempo atteso e ambito ha suscitato sentimenti di disincanto, delusione e impotenza negli intellettuali e in generale nelle persone. Come affermato dallo stesso Calvino, La speculazione edilizia è la storia di un fallimento «raccontata […] per rendere il senso di un’epoca di bassa marea morale», un’epoca in cui l’unico modo per sfogare la propria opposizione ai tempi è «una rabbiosa mimesi dello spirito dei tempi stessi»[2], ossia assumere i comportamenti criticati dell’epoca. In sostanza, il romanzo breve da una parte diventa simbolo dello sviluppo di una nuova società industriale attaccata a valori materiali, dall’altra è l’emblema della disillusione di una generazione cresciuta con gli ideali, i principi, i valori morali e l’entusiasmo del dopoguerra.

Tuttavia, non si può negare che dalla Speculazione edilizia emerga una descrizione del cambiamento repentino, disordinato e irreversibile avvenuto nel paesaggio urbano e rurale a seguito della crescita economica. Infatti, negli anni in cui Calvino scrive questo romanzo breve, si è verificata una rapida crescita delle città non supportata né da adeguate infrastrutture né da un piano regolatore urbanistico, con la conseguente drastica diffusione della speculazione edilizia, che ha comportato uno sviluppo disordinato e senza alcun tipo di controllo delle zone urbane. Inoltre, anche lo sviluppo del turismo di massa ha contribuito inesorabilmente all’eccessiva pratica edilizia, tanto che «migliaia di chilometri di costa furono rovinati per sempre da speculatori che si arricchirono nel soddisfare la domanda di alberghi e seconde case. Boschi, valli alpine, villaggi di pescatori, lagune e isole furono inquinati, distrutti o resi irriconoscibili»[3].

La narrazione si apre con Quinto che è in viaggio per tornare in Riviera dove si trova la sua città natale, nel testo indicata solamente con tre asterischi (***). L’azione iniziale è caratterizzata dal tema del “vedere”, declinato attraverso il protagonista che afferra «pezzo per pezzo» il paesaggio dal treno in corsa. Lo scorrere di istantanee di ricordi che riecheggiano nella memoria viene interrotto da elementi che recano disturbo al protagonista, fermando quello che ormai era «soltanto una verifica di osservazioni, sempre le stesse»[4]. Durante il tragitto in treno, infatti, lo sguardo di Quinto salta continuamente dal libro che sta leggendo al paesaggio che scorre fuori dal finestrino, un paesaggio che è composto da «cose viste da sempre di cui soltanto ora, per esserne stato lontano, s’accorgeva»[5]. In realtà, la vista che si presenta di fuori non è quella di un paesaggio rimasto sostanzialmente immutato, in quanto, come si leggerà qualche riga successiva, «La febbre del cemento s’era impadronita della Riviera»[6], togliendo a Quinto il piacere di ritrovare quanto aveva precedentemente lasciato e riprendere i contatti con esso. Ma è solo nella pagina successiva che i cambiamenti ambientali si fanno più evidenti e si palesa il fastidio provato dal protagonista nel vedere come il suo paese pian piano «se ne andava così sotto il cemento», anche se alla fine decide di far «ritorno alla sua città natale per intraprendervi una speculazione edilizia»[7].

Proseguendo con la narrazione, si nota che lo sguardo del protagonista sull’ambiente che lo circonda non si limita più a essere rapido e generico come sul treno, ma al contrario la descrizione diventa più dettagliata e attenta ai particolari, quasi come se ci si trovasse di fronte a una fotografia che raffigura un paesaggio e allo stesso tempo contiene elementi di descrizione del contesto sociale e culturale. L’azione si sposta sul terrazzo della casa: la vista dall’alto risulta essere più precisa e completa, il che permette a Quinto di prendere coscienza del fatto che le villette a due piani e la vegetazione tipica hanno lasciato il posto a palazzine di cemento. Se prima la città di Quinto era «circondata da giardini ombrosi d’eucalipti e magnolie»[8], ora sono presenti scavatrici che ribaltano il terreno per creare spazio alle future palazzine. Se prima dalla villa della famiglia di Quinto si poteva ammirare la città nuova, il porto, «il mucchio di case muffite e lichenose della città vecchia», ma anche gli orti, l’oliveto e i «campi di garofani scintillanti»[9], ora non c’è più nulla, se non un «sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi per servitù contigue con solo i finestrini smerigliati dei gabinetti uno sopra l’altro»[10].

Calvino riesce a intrecciare la narrazione e le trasformazioni ambientali: il procedere della narrazione corrisponde all’avanzamento dei lavori per la costruzione di una palazzina in una parte del giardino della villa degli Anfossi. Tutte le vicende del protagonista sono legate al suo intento, che alla fine si rivelerà fallimentare, di fare affari e arricchirsi grazie all’investimento di capitale nel settore dell’edilizia. Il terreno passa dall’essere un appezzamento «un tempo coltivato ad orto»[11] per il sostentamento della famiglia a diventare un giardino dove «alla madre piaceva sostare»[12], fino a divenire un terreno messo all’aria dove «Il verde vegetale del soprassuolo spariva nei cumuli al rimbocco delle fosse sotto palate di terra soffice e zolle restie allo sfarsi»[13] per far posto a quello «squallido casone di cemento incompiuto»[14], circondato da uno spiazzo fangoso. Il paesaggio diventa così protagonista della lotta tra la natura da salvare e conservare, rappresentata dal giardino curato con amore dalla madre di Quinto, e l’uomo, che per i propri interessi privati distrugge gli ambienti naturali. Ed è proprio attraverso la figura della madre che Calvino raffigura un rapporto sano e positivo tra uomo e natura; infatti la donna, nonostante il nervosismo generale e la distruzione del terreno per permettere la costruzione del palazzo, continua nella sua serenità a prendersi cura delle piante e dei fiori. Non è un caso, quindi, che La speculazione edilizia si chiuda con la madre all’esterno della casa circondata da aiuole, alberi e animaletti che popolano i giardini, e con i figli all’interno della casa nella penombra circondati da fasci di carte per calcolare in quanto tempo ammortizzeranno il capitale investito.

Diverso, ma per certi versi simile, è il cambiamento ambientale descritto da Calvino in La nuvola di smog. In una lettera al collega scrittore e funzionario editoriale Pietro Citati, datata 2 settembre 1958, l’autore fornisce la chiave di lettura dei Racconti scrivendo che «il tema generale è l’impossibilità dell’armonia naturale, con le cose e con gli uomini»[15]. Attraverso queste parole, Calvino evidenzia l’importanza delle dinamiche relazionali tra natura, società e storia. È proprio partendo da questi aspetti che Scaffai sostiene che La nuvola di smog rappresenti la crisi del rapporto con la natura e che Barenghi definisce l’opera come «un racconto ecologista ante litteram, in un’epoca in cui di inquinamento atmosferico si cominciava appena a parlare»[16].

A differenza della Speculazione edilizia, La nuvola di smog non è ambientata nella Riviera Ligure, bensì in una città industriale, probabilmente la Torino del dopoguerra in cui lo stesso autore aveva vissuto, e la narrazione ruota attorno a una “miriade di granellini” impercettibili che si depositano in ogni luogo della città, ossia lo smog. Alla base del racconto, però, troviamo sempre Calvino che osserva attentamente la realtà a lui contemporanea e denuncia le contraddizioni del mondo industriale, di un mondo che sta evolvendo in negativo. Come evidenziato da Scaffai durante il primo incontro del ciclo La memoria del mondo – Lezioni pisane per Italo Calvino dal titolo Calvino e l’ecologia[17], la contraddizione presentata in questo racconto lungo è ambientale ma allo stesso tempo storica e sociale: infatti, verso la fine della narrazione il protagonista prende coscienza dell’importanza economica che ha lo smog, in quanto si rende conto che nel sistema industriale una città acquista maggiore rilevanza in base alla quantità di smog che essa produce. In sostanza, nella Nuvola di smog Calvino propone una riflessione storico-sociale attraverso la descrizione degli effetti che l’industrializzazione ha avuto sull’ambiente, dalla quale emerge che «l’unico esito possibile è sostanzialmente regressivo»[18].

La nuvola di smog appare per la prima volta sul numero 34 della rivista «Nuovi Argomenti» di settembre-ottobre 1958 e successivamente nel volume dei Racconti stampato nello stesso anno. A partire dal 1965, sarà sempre pubblicato assieme a La formica argentina, in quanto considerato dallo stesso Calvino «un altro racconto lungo che le faccia da pendant sullo scenario della civiltà industriale»[19]. Infatti, in entrambi i racconti l’autore descrive la diffusione nella società di un male microscopico e impalpabile: da un lato le formiche e dall’altro lo smog. Si deve sottolineare che “racconto lungo” non è l’unica denominazione che Calvino utilizza per riferirsi a La nuvola di smog; in una lettera a Cesare Cases del 20 dicembre 1958, l’autore definisce l’opera «un racconto critico, che ruba il mestiere al critico, e non è del tutto poeticamente valido», chiarendo che nel racconto chiama «le cose col loro nome» e questo è «compito del critico»[20]. In aggiunta, nel risvolto di sopracoperta del volume dei «Coralli» Einaudi del 1965 scritto dallo stesso autore e di seguito inserito come Presentazione nell’edizione «Oscar» Mondadori del 2023, Calvino afferma che «La nuvola di smog è un racconto continuamente tentato di diventare qualcos’altro: saggio sociologico o diario intimo»[21]. In sostanza, La nuvola di smog viene considerato un racconto ibrido nel quale è presente sia una componente saggistica che inflessioni lirico-simboliche, ma anche riferimenti al vissuto dell’autore.

Il racconto tratta la storia di un giornalista pubblicista senza nome, che si trasferisce in una nuova città per iniziare a lavorare per una rivista ambientalista, «La Purificazione», organo di stampa dell’Ente per la Purificazione dell’Atmosfera Urbana dei Centri Industriali (EPAUCI). Il compito del protagonista è quello di scrivere articoli riguardanti l’inquinamento che pervade le città industriali, incarico che lo renderà maggiormente consapevole della realtà che lo circonda, ossia quella di una città ricoperta da una sottile e impalpabile polvere nera che si deposita ovunque. Emblematico è il comportamento del protagonista che, appena arrivato nella stanza che ha preso in affitto, sente un irrefrenabile bisogno di lavarsi le mani perché si sente «fastidiosamente non pulito»[22]. Rivelatrice sarà una gita in collina e la sosta su un punto panoramico: osservando la città dall’alto, il protagonista si troverà di fronte alla vista di una nuvola che avvolge e ricopre l’intera città, una nuvola che rispetto alle altre «non era poi tanto diversa, se non per il colore incerto, […] più sul marrone o sul bituminoso, […] era insomma un’ombra di sporco che la insudiciava tutta»[23]. È con questa precisa immagine fissa nella mente che il protagonista scriverà un articolo, nel quale descrive come quel «deposito nero» si estendeva sia sulle «facciate delle case antiche» sia su quelle «delle case moderne», nonché sui «colletti bianchi delle camicie del personale impiegatizio, che non duravano puliti mezza giornata»[24].

Ma c’è ancora un’ulteriore verità da scoprire, forse quella che maggiormente riesce a descrivere come lo smog in realtà sia la metafora di un male impalpabile che sta uccidendo il mondo. Nel momento in cui il protagonista si confronta con il presidente dell’Ente, l’ingegner Cordà, nell’ufficio presso una delle industrie di cui è rappresentante delegato, si renderà conto che il principale responsabile dell’inquinamento della città è proprio l’ingegner Cordà e che l’Ente «era una creatura dello smog, nata dal bisogno di dare a chi lavorava per lo smog la speranza d’una vita che non fosse solo di smog»[25], quindi un’ipocrita mossa per “ripulirsi”. È grazie a questa rivelazione che si riesce a comprendere il perché l’ingegner Cordà, leggendo la bozza del primo articolo scritto dal protagonista, avesse insistito tanto sul sottolineare che, rispetto alle altre città inquinate quanto la loro, lì si stava concretamente agendo per risolvere il problema dell’inquinamento.

Anche nel caso della Nuvola di smog si ritiene utile soffermarsi sulle ultime due scene narrate e sulle immagini che rispettivamente richiamano. Si tratta di situazioni e immagini complementari ma allo stesso tempo in contrasto: nella prima il protagonista sta discutendo con l’ingegner Cordà dell’ultimo numero della rivista in uscita; nella seconda il protagonista scopre l’esistenza di una località fuori città in cui abita una cooperativa di lavandai. Da un lato, troviamo la presa di coscienza di una minaccia ambientale ancora più pericolosa e insidiosa, quella delle radiazioni nucleari, che a confronto fa percepire la nuvola di smog come una «nuvoletta appena, un cirro»[26]; dall’altro, troviamo un paesaggio formato da larghi prati «attraversati da fili ad altezza d’uomo e a questi fili erano appesi ad asciugare uno dopo l’altro i panni di tutta la città»[27]. Da una parte, quindi, troviamo un’immagine negativa, la consapevolezza di una realtà peggiore di quella palesata finora, un futuro di «nubi mortifere» e «malattie terribili»[28], ma anche la contezza dell’indifferenza totale dei cittadini e soprattutto di chi può veramente fare qualcosa per cambiare. Dall’altra troviamo un’immagine positiva, uno spiraglio di speranza verso un futuro senza sporcizia, non più grigio come lo smog ma bianco come le «file lunghissime di panni»[29].

La speculazione edilizia e La nuvola di smog sono sicuramente racconti dai quali emerge la sensibilità sociale e ambientale di Italo Calvino, il quale riesce a restituire ai lettori uno spaccato della realtà italiana della fine degli anni Cinquanta e allo stesso tempo a registrare quelli che Milanini definisce «i segni premonitori d’un mutamento di vasta portata»[30]. Secondo lo studioso, Calvino è riuscito a intervenire in modo tempestivo ponendo l’attenzione «sul degrado ecologico, sui meccanismi solo in apparenza incoerenti che lo determinano, sui giochi di copertura dei nuovi apprendisti stregoni, sulle complicità di chi dovrebbe esercitare la funzione d’oppositore», e allo stesso tempo impegnandosi a «smascherare gli autoinganni e le pseudogiustificazioni ideali di un’umanità» che non ha più un’«autentica tensione morale»[31]. In Invito alla lettura di Italo Calvino, Bonura sostiene che il fulcro di questi «racconti-dibattiti» risiede nella «rappresentazione lucida e insieme disperata della condizione dell’uomo nella società capitalistica, basata sul profitto, costi quel che costi in vite umane»[32]. I due protagonisti, quindi, diventano portavoce dell’uomo oppresso dal potere, dell’uomo che ha volontà di cambiare le cose ma è rassegnato a sopravvivere in un mondo “grigio”, sporco, al buio, a causa di costruzioni che coprono il sole.

Dal punto di vista narrativo, grazie a uno sguardo fisso e attento sulla realtà, Calvino racconta storie di per sé marginali, mette in scena personaggi di dubbia moralità, come il costruttore per La speculazione edilizia e il sindacalista per La nuvola di smog, e racchiude tutta l’azione in confini temporali ristretti. La peculiarità di questi racconti risiede soprattutto nella capacità dell’autore di presentare i punti a favore e quelli contro di una situazione circoscritta e delineata anche attraverso prospettive diverse, quelle dei soggetti interessati, riuscendo altresì a dare rilievo alle «proporzioni in cui cose diverse possono coesistere e integrarsi nell’animo dei singoli»[33]. La maestria di Calvino risiede nel fatto che la narrazione si svolge attraverso quello che molti critici definiscono un «doppio criterio costruttivo»[34]: di fatto, sia La speculazione edilizia sia La nuvola di smog presentano due livelli di narrazione, uno superficiale e uno profondo, sui quali si poggia una struttura che lo stesso Calvino ha definito “a raggiera”, vale a dire composta da un problema centrale e da una casistica di possibili reazioni. Il livello superficiale riguarda la narrazione delle vicende del protagonista che interagisce con personaggi minori o con situazioni e avvenimenti da interpretare: come ad esempio Quinto che dialoga con l’avvocato, con l’ingegnere, con un vecchio amico di partito e con gli amici intellettuali o le interazioni nella trattoria della Nuvola di smog. Il livello profondo, invece, riguarda il diverso comportamento e atteggiamento con cui gli individui reagiscono a uno stesso evento o situazione.

In sostanza, attraverso la stesura di racconti dal forte significato simbolico, Calvino è riuscito a proporre a lettori e critici un’attenta analisi della realtà a lui contemporanea e un’indagine prettamente incentrata sui problemi e sulle sfide posti dalle nuove prospettive urbane e industriali, sviluppatisi proprio in quegli anni, nonché una descrizione dettagliata delle trasformazioni ambientali avvenute in tutta la penisola a partire dagli anni Cinquanta. In particolare, ciò che emerge dalla visione amara offerta dall’autore è un profondo sentimento di disillusione e di delusione da parte degli intellettuali di fronte a quanto decantato e promesso negli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda guerra mondiale e, soprattutto, di fronte al progresso sperato negli anni del boom economico.

Da una prima analisi sembrerebbe quasi che Calvino volesse mostrare e ricercare i risvolti negativi della nuova società che si stava instaurando, come ad esempio la diffusione dell’avidità o la perdita di quei valori ritenuti fondamentali per la società quali la libertà, la bellezza e l’autenticità. Nella Speculazione edilizia l’autore riesce a rappresentare quanto appena descritto attraverso l’espressione più rappresentativa dell’Italia degli anni Cinquanta, ossia il cambiamento nell’assetto urbano e paesaggistico (in questo caso della Riviera Ligure) dovuto alla costruzione di edifici residenziali per la classe borghese delle città industriali. Nella Nuvola di smog, invece, l’intento di Calvino è quello di condurre il lettore a una riflessione circa l’evoluzione che stava avvenendo nella società: infatti, attraverso una serie di immagini evocative, l’autore ha cercato di denunciare le conseguenze negative di una situazione ambientale e sociale in evoluzione, di cui non si è ancora pienamente consapevoli perché incapaci di vederne i segni e i simboli. Calvino distingue due azioni che uno scrittore può intraprendere: “allontanare, schematizzare e allegorizzare” la realtà nel caso in cui volesse vedere un significato in essa; «approdare […] allo sgomento del nulla, alla vanità del tutto» nel caso in cui, invece, volesse minuziosamente descrivere la vita. L’interesse maggiore di Calvino, però, è nel «modo di considerare la natura, che è molto più importante di tutti i capitalismi e altri transeunti epifenomeni; ma la natura ai nostri occhi si presenta come specchio della storia, in essa troviamo la stessa realtà come specchio della storia, in essa troviamo la stessa realtà crudele mostruosa che è del tempo in cui viviamo»[35].

In conclusione, negli anni del cosiddetto boom economico in Italia si sono verificati sostanziali cambiamenti nell’assetto urbano, paesaggistico e sociale, in maggioranza frutto di una smania di costruzione e di profitto. Calvino, da osservatore attento della realtà che lo circondava, è riuscito a descrivere le trasformazioni e i mutamenti avvenuti in quel periodo senza però mai porre completamente l’attenzione sul tema della distruzione di certi ambienti naturali. In sostanza, l’autore ha mostrato la «reazione dell’intellettuale alla negatività della realtà»[36] in due racconti in cui l’ambiente non è marginale, bensì personaggio e protagonista della storia, «una storia di inassimilabilità sociale e d’impossibile ritorno al paesaggio natale»[37].

 

  1. P. Barbaro, F. Pierangeli, Italo Calvino. Biografia per immagini, Cavallermaggiore, Gribaudo, 1995, p. 117.

  2. I. Calvino, La speculazione edilizia, Milano, Mondadori, 2023, p. VI.

  3. P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi. Società e politica 1943-1988, Torino, Einaudi, 1989, p. 334.

  4. I. Calvino, La speculazione edilizia, op. cit., p. 3.

  5. Ibidem.

  6. Ibidem.

  7. Ivi, p. 6.

  8. Ivi, p. 4.

  9. Ibidem.

  10. Ibidem.

  11. Ivi, p. 9.

  12. Ivi, p. 10.

  13. Ivi, p. 67.

  14. Ivi, p. 150.

  15. I. Calvino, I libri degli altri, a cura di G. Tesio, Milano, Mondadori, 2022, p. 262.

  16. M. Barenghi, Postfazione in I. Calvino, La nuvola di smog. La formica argentina, Milano, Mondadori, 2023, p. 113 (originariamente in M. Barenghi, Calvino, Bologna, il Mulino, 2009, pp. 47-50).

  17. N. Scaffai, Calvino e l’ecologia: cfr. l’URL https://www.sns.it/it/evento/calvino-e-lecologia (ultima consultazione: 30 giugno 2024).

  18. N. Scaffai, Letteratura ed ecologia: questioni e prospettive, in Natura Società Letteratura. Atti del XXII Congresso dell’ADI – Associazione degli Italianisti (Bologna, 13-15 settembre 2018), a cura di A. Campana e F. Giunta, Roma, Adi editore, 2020.

  19. Lettera ad Elio Vittorini del 5 settembre 1958 in I. Calvino, Lettere. 1940-1985, a cura di L. Baranelli, Milano, Mondadori, 2000, p. 557.

  20. Lettera a Cesare Cases del 20 dicembre 1958 in I. Calvino, Lettere, op. cit., pp. 575-76.

  21. I. Calvino, La nuvola di smog. La formica argentina, Milano, Mondadori, 2023, p. V.

  22. Ivi, p. 4.

  23. Ivi, p. 40.

  24. Ivi, p. 45.

  25. Ivi, p. 49.

  26. Ivi, p. 65.

  27. Ivi, p. 70.

  28. Ivi, p. 65.

  29. Ivi, p. 70.

  30. C. Milanini, Introduzione a I. Calvino, Romanzi e racconti. Volume primo, a cura di M. Barenghi e B. Falcetto, Milano, Mondadori, 2005, p. LVI.

  31. Ibidem.

  32. G. Bonura, Invito alla lettura di Italo Calvino, Milano, Mursia Editore, 1972, pp. 68-69.

  33. C. Milanini, Italo Calvino. La trilogia del realismo speculativo, in «Belfagor», vol. 44, n. 3, 31 maggio 1989, pp. 241-62: 246.

  34. C. Milanini, Introduzione a I. Calvino, Romanzi e racconti, op. cit., p. LVII.

  35. Lettera a Cesare Cases del 20 dicembre 1958 in I. Calvino, Lettere, op. cit., pp. 575-76.

  36. Intervista di Italo Calvino a Maria Corti in I. Calvino, Lettere, op. cit., p. 907 (originariamente in «Autografo», 6, ottobre 1985, p. 49).

  37. Lettera ad Alberto Asor Rosa del 21 maggio 1958 in I. Calvino, Lettere, op. cit., p. 548.

(fasc. 53, 25 agosto 2024)