L’attenzione al legame tra scienza e cultura e lo sguardo analitico sul mondo rendono Calvino uno scrittore in grado di prevedere fenomeni sociali e culturali. È il caso della rivoluzione digitale, di cui è uno dei primissimi osservatori[1]. La preveggenza calviniana si dimostra anche nel campo dell’intelligenza artificiale, soprattutto per quanto riguarda l’interazione con la produzione artistica e l’immaginario culturale. Il tema torna in diversi saggi ed è presente anche nella scrittura finzionale[2]. All’interno di questa vasta produzione, il saggio Cibernetica e fantasmi affronta in maniera estesa il rapporto tra essere umano e macchine dal punto di vista della scrittura.
Il testo nasce inizialmente come conferenza, tenuta nel novembre del 1967 in varie città italiane, e verrà pubblicato su «Nuova Corrente» l’anno successivo con il titolo Appunti sulla narrativa come processo combinatorio. Leggere questo saggio alla luce degli sviluppi odierni dell’intelligenza artificiale permette di affrontare alcuni punti cruciali per la definizione di un’estetica dei prodotti artistici generati tramite sistemi automatici.
La proposta di Calvino verrà messa in dialogo con questioni teoriche di rilievo, come il dibattito sulla morte dell’autore, l’estetica della ricezione e la filosofia del linguaggio di Wittgenstein. Cibernetica e fantasmi instaura un dialogo con l’evoluzione dell’intelligenza artificiale dagli anni Cinquanta e con la riflessione teorica che si è diffusa negli ultimi anni in risposta al rilascio dei sistemi di intelligenza artificiale generativa, in grado di produrre autonomamente testi, immagini, video o audio. Tra i vari usi dell’intelligenza artificiale generativa c’è la produzione di opere d’arte e testi letterari, che implica la ridefinizione dei processi di produzione e fruizione dell’arte, facendo emergere questioni teoriche e filosofiche. Il saggio di Calvino verrà utilizzato come anello di congiunzione tra le questioni dibattute dai teorici della letteratura e del linguaggio della seconda metà del Novecento e i dibattiti attuali sull’intelligenza artificiale generativa, mostrando una possibile via per la definizione di un’estetica dell’intelligenza artificiale.
Dal continuo al discreto
Cibernetica e fantasmi prende le mosse dal passaggio dall’analogico al digitale, che non ha comportato solo un’innovazione tecnologica, ma una revisione delle categorie con le quali l’essere umano interpreta il mondo. Per comprendere il discorso di Calvino occorre tener conto del significato di “digitale”. Anche se nel linguaggio comune spesso il termine si sovrappone a “computerizzato”, in realtà nella definizione di “digitale” si considera non tanto il mezzo di trasmissione quanto la modalità. Per analogico si intende un segnale continuo, mentre digitale è un segnale discontinuo, numerico[3]. Si pensi alla differenza tra un orologio analogico e uno digitale: da una parte abbiamo una lancetta che si muove senza soluzione di continuità nello spazio, dall’altra numeri che si susseguono.
Secondo Calvino, il linguaggio è un sistema discreto, dunque digitale, che oppone alla varietà potenzialmente inesauribile dell’esperienza sensibile un certo numero di segni, sotto forma di parole e suoni, con i quali esprimere il mondo. Il linguaggio è il primo esempio di formalizzazione: dal flusso continuo della realtà si cristallizzano delle unità, degli oggetti, dei concetti e delle azioni che vengono espressi attraverso dei simboli che sono le parole. La lingua non può render conto della realtà così com’è: il numero delle parole è limitato e all’interno di quel numero chiuso, di quella rappresentazione discreta, si delinea la percezione del mondo da parte degli esseri umani e si costituiscono le società, i rapporti interpersonali, le modalità del pensiero. La ripetitività delle azioni e delle strutture sociali deriva dalla formalizzazione della lingua.
Emerge una visione secondo la quale le cose esistono perché c’è una parola che le ferma e le isola dal flusso continuo del reale. Non ci troviamo di fronte a parole che rappresentano il mondo, ma a un mondo fatto di parole: si tratta del primo punto di convergenza tra la poetica di Calvino e la filosofia di Wittgenstein. Il filosofo tedesco nel Tractatus logico-philosophicus, pubblicato nel 1921 e tradotto in italiano nel 1954, riflette sulla relazione tra realtà e pensiero. «I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo»[4], scrive Wittgenstein, attribuendo connotazione soggettiva e natura linguistica alla percezione della realtà da parte degli esseri umani. In questo modo si arriva a una sovrapposizione tra pensiero e linguaggio, nella quale si inscrivono la coscienza di sé stessi e la forma stessa del mondo[5]. Nelle Ricerche filosofiche, pubblicate nel 1953 e tradotte in italiano nel 1967, Wittgenstein sosterrà che «immaginare un linguaggio significa immaginare una forma di vita»[6]. A questo proposito anche Calvino sottolinea il legame tra linguaggio e immaginazione, che si manifesta nella narrazione, la quale rappresenta la vera genesi del mondo per la specie umana. Staccandosi dalla formulazione di un linguaggio ristretto e fortemente regolamentato, il narratore primitivo comincia a sperimentare le possibilità di combinazione di parole.
La relazione tra linguaggio e pensiero è all’origine anche dell’intelligenza artificiale. Nel 1950, Turing con il saggio Computer Machinery and Intelligence propone il linguaggio come metro di giudizio per valutare l’intelligenza di un sistema computazionale in relazione a quella umana[7]. Nel 1956 gli studiosi riuniti in occasione della Conferenza di Dartmouth, evento fondativo per il campo di studi dell’intelligenza artificiale, sostengono la centralità del linguaggio affinché un computer possa simulare il ragionamento umano e propongono un’identificazione tra lingua e pensiero molto vicina a quella esposta da Wittgenstein e Calvino[8]. L’importanza del linguaggio nel campo dell’intelligenza artificiale determina già dagli anni Sessanta e Settanta lo sviluppo del Natural Language Processing, area di studi incentrata sulla comprensione e produzione di linguaggio umano dalla quale derivano gli attuali sistemi di scrittura automatica compresi i più recenti Large Language Models.
Una volta definita la natura digitale del linguaggio umano, che affonda le proprie radici alle origini della storia della specie, Calvino sposta l’attenzione sul mondo a lui contemporaneo, nel quale si assiste al passaggio dall’analogico al digitale: «Nel modo in cui la cultura d’oggi vede il mondo, c’è una tendenza che affiora contemporaneamente da varie parti: il mondo nei suoi vari aspetti viene visto sempre più come discreto e non continuo. Impiego il termine “discreto” nel senso che ha in matematica: quantità “discreta”, cioè, che si compone di parti separate»[9]. La connessione tra mutamento tecnologico e culturale suggerisce il legame tra cervello umano e computer, tra pensiero ed elaborazione delle informazioni:
Il pensiero, che fino a ieri ci appariva come qualcosa di fluido, evocava in noi immagini lineari come un fiume che scorre o un filo che si sdipana, oppure immagini gassose, come una specie di nuvola, tant’è vero che veniva spesso chiamato «lo spirito», ‒ oggi tendiamo a vederlo come una serie di stati discontinui, di combinazioni di impulsi di un numero finito (un numero enorme ma finito) di organi sensori e di controllo. I cervelli elettronici, se sono ancora lungi dal produrre tutte le funzioni d’un cervello umano, sono però già in grado di fornirci un modello teorico convincente per i processi più complessi della nostra memoria, delle nostre associazioni mentali, della nostra immaginazione, della nostra conoscenza. Shannon, Weiner, Von Neumann, Turing, hanno cambiato radicalmente l’immagine dei nostri processi mentali[10].
Calvino nelle Lezioni americane si dichiarerà «convinto che la nostra immaginazione non può che essere antropomorfa»[11], concentrandosi sul potere che la relazione tra essere umano e macchina esercita sull’immaginario. Lo scrittore utilizza concetti scientifici per descrivere mutazioni culturali e psicologiche, mostrando il ruolo determinante della tecnica nell’autopercezione umana e nella percezione della realtà. La mutazione dell’immaginario determina anche cambiamenti nell’idea della scrittura: non più una «nuvola cangiante» fatta di «impalpabili stati psicologici, umbratili paesaggi dell’anima», ma il risultato del «velocissimo passaggio di segnali sugli intricati circuiti che collegano i relé, i diodi, i transistor di cui la nostra calotta cranica è stipata»[12].
L’idea del cervello umano come una componente meccanica e digitale rende non più praticabile l’idea metafisica della letteratura come risultato di un’ispirazione. La visione dell’arte come intuizione è figlia di quello stesso secolo che, secondo Calvino, aveva visto «il trionfo della continuità storica e della continuità biologica»[13] rappresentate rispettivamente dalle idee di Hegel e Darwin, a cui il secondo Novecento contrappone una ricerca storica che «si va sempre più matematizzando»[14]. La teoria dell’informazione, affiancata dalla semiotica, impone i propri modelli sulle discipline una volta dominate da approcci analogici. La negazione dell’arte come pura ispirazione apre la strada a una riconsiderazione dell’oggetto artistico come prodotto di un processo di generazione e di mediazione con la tradizione.
L’autore e la macchina scrivente
L’idea della narrazione come gioco combinatorio emerge chiaramente in Cibernetica e fantasmi e risponde a una concezione diffusa in quegli anni negli studi letterari, antropologici e filosofici: Calvino cita le strutture della fiaba di Propp, gli studi sui miti degli indigeni del Brasile di Lévi-Strauss, i formalisti russi, la scuola semiologica di Barthes. Nell’idea della combinatoria sono insiti la matematizzazione del mondo a cui Calvino stesso fa riferimento e il legame con le ricerche in corso in quegli anni nel campo dell’informatica e dell’intelligenza artificiale. Ne è un esempio la definizione calviniana della letteratura come «un’ostinata serie di tentativi di far stare una parola dietro l’altra seguendo certe regole definite, o più spesso regole non definite né definibili ma estrapolabili da una serie di esempi o protocolli, o regole che ci siamo inventate per l’occasione cioè che abbiamo derivato da altre regole seguite da altri»[15]. Una definizione che potrebbe descrivere benissimo anche l’intelligenza artificiale. Vi possiamo persino leggere i due approcci dell’intelligenza artificiale: quello simbolico, che prevede che la macchina riceva delle regole da seguire per l’espletamento di un compito, e il machine learning, una tecnica di apprendimento automatico in cui i sistemi definiscono schemi di comportamento e di risposta a partire dagli esempi forniti. Non stupisce, allora, che Calvino arrivi ad affrontare il concetto di “macchina scrivente” e la possibilità di delegare la scrittura ai computer.
La messa in discussione della figura dell’autore e della sua centralità nell’esperienza letteraria interessa particolarmente Calvino. Nello stesso anno di Cibernetica e fantasmi, Barthes pubblica il saggio La morte dell’autore, nel quale sostiene che «la scrittura è distruzione di ogni voce, di ogni origine» e in primo luogo «di quella stessa del corpo che scrive»[16], cioè della persona reale dell’autore. Per Calvino, in maniera simile ma non completamente sovrapponibile, la personalità dell’autore si dissolve nella scrittura, diventa «interna all’atto dello scrivere»[17]. In questo modo si può stabilire l’identità tra umano e artificiale, ossia tra scrittore e macchina scrivente. Calvino sostiene che nella scrittura «la persona psicologica viene sostituita dalla persona linguistica o addirittura grammaticale, definita solo dal suo posto nel discorso»[18]. Tale possibilità sembra sostenuta anche da Barthes, secondo il quale «è il linguaggio a parlare, non l’autore»[19]. Se la persona psicologica è sostituita dalla persona grammaticale, questa può essere rappresentata anche da un modello linguistico di intelligenza artificiale. Essendo la personalità dell’autore interna all’atto dello scrivere, nulla infatti vieta che una macchina sia in grado di riprodurre linguisticamente tale personalità.
Rimane il problema pratico di come fare in modo che una macchina apprenda a scrivere un testo letterario. Nel momento in cui Calvino pubblica Cibernetica e fantasmi, l’intelligenza artificiale generativa come la conosciamo oggi è ancora lontana; tuttavia, lo scrittore capisce che, nel momento in cui si riuscirà a descrivere il linguaggio e le strutture letterarie in una forma comprensibile da un computer, sarà possibile ottenere una vera macchina scrivente. Ciò che interessa a Calvino non è tanto la realizzazione pratica quanto la possibilità teorica di una simile macchina e le «congetture insolite»[20] che da essa deriverebbero. La vera macchina scrivente non dovrebbe solamente riprodurre i meccanismi combinatori già insiti nella produzione letteraria, ma riportare sulla pagina «tutti quegli elementi che siamo soliti considerare i più gelosi attributi dell’intimità psicologica, dell’esperienza vissuta, dell’imprevedibilità degli scatti di umore, i sussulti, e gli strazi e le illuminazioni interiori»[21], dunque tutti quegli aspetti di cui la macchina è per sua natura priva, in quanto oggetto sprovvisto di coscienza. È qui che si innesta nel ragionamento di Calvino la teoria dei giochi linguistici di Wittgenstein, che aiuta a comprendere come la psicologia e l’esperienza umana possano essere espresse anche da un sistema di intelligenza artificiale. Le caratteristiche che definiamo come peculiari dell’umano sono in realtà, secondo l’idea della formazione linguistica del pensiero, altrettanti campi linguistici che gli esseri umani manipolano per produrre effetti emotivi e percezioni. Dei giochi linguistici si può «stabilire lessico, grammatica, sintassi e proprietà permutative»[22], rendendoli processabili da una macchina.
Se guardiamo ai coevi sviluppi nel campo dell’intelligenza artificiale, bisogna notare che l’idea calviniana della macchina scrivente ricalca anche il passaggio che si stava producendo in quegli anni dalla cosiddetta intelligenza artificiale forte o generale all’intelligenza artificiale ristretta. L’obiettivo originario dell’intelligenza artificiale era infatti di riprodurre tutti gli aspetti del pensiero umano, compresa la coscienza; ben presto ci si rese però conto che tale obiettivo era troppo ambizioso, se non impossibile, e si passò a progettare sistemi di intelligenza artificiale con scopi ristretti, ideati per riprodurre specifiche abilità umane. La macchina scrivente è un sistema che mira, attraverso la formalizzazione delle strutture linguistiche e letterarie, a replicare una capacità umana specifica, quella di produrre un testo, una possibilità che oggi è raggiunta dai Large Language Models e che viene sfruttata a fini artistici. La forza del discorso di Calvino e la sua dimensione anticipatoria sembra risiedere nella capacità di tener insieme elementi teorici, come la morte dell’autore e i giochi linguistici, con gli sviluppi più recenti nel campo tecnologico.
Il lettore e la produzione del significato
Mettere da parte l’autore quale persona reale vuole dire anche togliergli la capacità di «rivendicare il senso della propria opera e definire egli stesso questo senso come legale»[23]. Nel contributo del 1969 al dibattito sulla morte dell’autore, Foucault sostiene che bisogna «analizzare l’opera nella sua struttura, nella sua architettura, nella sua forma intrinseca e nel gioco dei suoi rapporti interni»[24]. L’opera assume centralità quale oggetto depositario di significato, il che apre le porte all’approccio post-strutturalista. In Calvino tale visione viene coniugata a una riflessione di tipo ermeneutico, attraverso il confronto con l’estetica della ricezione. La commistione sembra essere ispirata proprio dall’idea della macchina scrivente, che da una parte conferma la necessità dell’approccio strutturalista e dall’altra rende necessario un bilanciamento attraverso l’ermeneutica, che cerchi di risolvere il problema della natura della creatività umana nel momento in cui diventa riproducibile per via computazionale. Occorre, allora, ricollocare l’elemento umano e la produzione di significato in un contesto di messa in discussione dei tradizionali ruoli dell’autore e del lettore. Henrickson nota che la creazione automatica di un testo comporta la rottura del contratto ermeneutico, attraverso il quale il lettore presuppone nel testo la presenza di un autore che scrive per comunicare un messaggio[25]. Anche se nelle scritture generate tramite intelligenza artificiale oggi si registra una forte agency umana, l’idea di rottura del contratto ermeneutico è utile a capire il problema teorico posto da Calvino e la necessità di spostare sul lettore non solamente l’atto critico-interpretativo, ma l’intera produzione di significato.
Per ricollocare la componente umana nel processo di scrittura automatica Calvino si interroga sulla specificità del testo letterario. La letteratura è un gioco linguistico, ma la sua particolarità rispetto agli altri giochi linguistici è la tensione a «uscire da questo numero finito», il tentativo di «dire continuamente qualcosa che non sa dire». La letteratura forza i limiti del linguaggio, spinta dal «richiamo di ciò che è fuori dal vocabolario» si pone «all’orlo estremo del dicibile»[26]. Nel saggio Lo spazio letterario del 1955, Blanchot parlava della letteratura come di un’esperienza del limite[27]. Se riconosciamo l’essenza umana nel linguaggio, forzare il linguaggio significa rischiare di perdere sé stessi e si configura come il gesto estremo incarnato dall’atto letterario.
Calvino si interroga su come la tensione verso i confini del linguaggio propria della letteratura possa essere replicata da una macchina scrivente programmata per lavorare all’interno della lingua. Per rispondere a questo problema, Calvino propone il concetto di «significato inatteso», ossia di «un significato non oggettivo di quel livello linguistico sul quale ci stavamo muovendo, ma slittato da un altro piano, tale da mettere in gioco qualcosa che su un altro piano sta a cuore all’autore o alla società a cui egli appartiene»[28]. Caratteristica propria della letteratura è insomma lo spostamento da un livello di significato letterale ad altri livelli interpretativi. Il risultato poetico sta, secondo Calvino, nell’incontro fra il testo e il lettore, nell’«effetto particolare […] sull’uomo dotato d’una coscienza e d’un inconscio, cioè l’uomo empirico e storico»[29]. Se la macchina scrivente sarà in grado di portare a galla «i fantasmi nascosti dell’individuo e la società»[30], allora il testo prodotto potrà dirsi letterario. La produzione del significato è spostata completamente sul momento della lettura: nel momento in cui l’autore si dissolve e diventa una funzione linguistica, è il lettore che viene chiamato a riempire di significato il significante prodotto per via statistica: «Anche affidata alla macchina […] l’opera continuerà a nascere, a essere giudicata, a essere distrutta o continuamente rinnovata al contatto dell’occhio che legge»[31]. In tale direzione sembrano andare oggi anche i teorici della creatività artificiale.
Di particolare rilevanza il concetto di Lovelace Effect coniato da Henrickson e Natale per definire la creatività nei sistemi computazionali. In contrasto con la cosiddetta Lovelace Objection, che sosteneva la totale mancanza di creatività nei computer, Henrickson e Natale suggeriscono di spostare la ricerca della creatività dall’autore alla ricezione: secondo tale prospettiva è definibile “creativo” ciò che risulta tale all’atto della fruizione indipendentemente dall’identità di chi lo ha creato[32]. Si tratta di una versione moderna dell’idea calviniana di “significato inatteso”.
Anche in questo caso, il discorso di Calvino apre alla considerazione di posizioni teoriche che si rivelano oggi utili per definire un’estetica dell’intelligenza artificiale. Proprio alla fine degli anni Sessanta, infatti, Jauss riportava l’attenzione sul ruolo della ricezione nella creazione di senso[33]. Poco più tardi, nel 1976 Iser esporrà la propria fenomenologia della lettura nel saggio L’atto della lettura, in cui distingue tra l’atto artistico, proprio dell’autore, e quello estetico, che appartiene al lettore. Secondo il teorico, il testo è una fonte di stimoli a cui il lettore, chiamato, risponde, e il significato nasce dalla relazione che si instaura fra testo e lettore. Iser sostiene che l’atto di lettura si basa sui margini di indeterminatezza del testo, che vengono riempiti dal lettore, «il quale partecipa alla formazione del senso portando le proprie opinioni e le proprie esperienze, sia collettive che individuali»[34]. Come nel caso della macchina scrivente immaginata da Calvino, che anticipa gli attuali sistemi di scrittura automatica, è l’incontro fra il testo e l’esperienza reale del lettore a determinare la creazione del significato attraverso l’atto immaginativo stimolato dalle parole.
Il pensiero di Iser aiuta anche ad affrontare il concetto di “originalità”, altra questione problematica dell’AI Art. Il teorico affronta la questione dell’aspettativa: «Il testo è una sequenza di frasi: ora, ogni frase, a causa della sua indeterminatezza, genera delle aspettative. Le frasi successive rispondono alle aspettative delle precedenti e contemporaneamente ne producono di nuove»[35]. I sistemi di intelligenza artificiale generativa funzionano in modo simile. L’aspettativa, in questo caso, è intesa in senso statistico: il sistema produce testo calcolando la probabilità di successione delle parole e generando una catena di causalità. In questo processo, per evitare standardizzazione e ripetitività eccessiva, i sistemi sono solitamente programmati per scegliere, sì, tra le opzioni più probabili, ma non la più probabile in assoluto. Si tratta di un meccanismo di differenziazione che secondo Manovich può garantire diversità estetica all’intelligenza artificiale[36]. Nella sua fenomenologia della lettura, Iser sostiene che il coinvolgimento si basa su una non piena soddisfazione dell’aspettativa, che spinge «a mettere in questione e a trasformare le “costellazioni di figure” già individuate»[37]. Anche Jauss si esprime su questo aspetto, sostenendo che l’efficacia dell’opera sta nel modo in cui essa è in grado di modificare l’orizzonte d’attesa. Da questo punto di vista, dunque, le modalità di produzione automatica di testo degli attuali sistemi di intelligenza artificiale generativa sarebbero in grado di raggiungere la diversità necessaria al coinvolgimento.
Secondo le teorie esposte, anche un procedimento puramente meccanico e statistico sarebbe in grado di generare un «significato inatteso», che si concretizza come tale nell’atto di lettura e determina la letterarietà del testo. La mancanza di coscienza e di esperienza della macchina scrivente è compensata dalla coscienza e dall’esperienza del lettore che entra in contatto con il testo. La capacità di disattendere l’orizzonte di attesa, garantita dal funzionamento stesso dell’intelligenza artificiale generativa, permette di attivare in chi legge la ricerca di un significato ulteriore, di un livello di lettura che va oltre il senso letterale, che forzi i confini del linguaggio e con essi sposti un po’ più in là anche i confini del mondo, fine ultimo della letteratura nella concezione calviniana.
Sembra, insomma, che la lettura del saggio di Calvino alla luce dei riferimenti teorici a lui contemporanei e dell’evoluzione dell’intelligenza artificiale permetta di delineare alcuni primi tasselli per la definizione di un’estetica dei prodotti artistici generati automaticamente. La letteratura generata tramite intelligenza artificiale mette in discussione l’idea di autorialità, i processi di ricezione e la nozione di “creatività”; ma, come si è visto, si tratta di concetti che la teoria della letteratura ha già decostruito nel corso del Novecento. La definizione dell’estetica dell’intelligenza artificiale può partire allora da solide basi teoriche, per confrontarsi e modificarsi progressivamente a contatto con le produzioni reali, sempre più diffuse negli ultimi anni, di testi e oggetti artistici creati tramite sistemi di intelligenza artificiale generativa. In queste produzioni l’autore risulta, in effetti, dissolto in un processo nel quale l’essere umano definisce i modelli da seguire e le modalità della produzione del testo e il sistema genera un prodotto che ottiene la sua validazione nel contatto con i lettori. In questo senso, il primissimo lettore è lo stesso autore che ha definito il processo, che valuta se il testo può generare la profondità interpretativa tipica dell’opera letteraria e decide la pubblicabilità del testo, tenendo conto dei fattori eteronomici del campo letterario. In questo processo il contesto gioca un ruolo fondamentale, ponendosi sia come il luogo atto ad accogliere l’opera sia come lo strumento attraverso il quale il testo assume significato.
- Vasta la bibliografia sull’argomento. Cfr. U. Musarra Schrøder, Il labirinto e la rete. Percorsi moderni e postmoderni nell’opera di Italo Calvino, Roma, Bulzoni, 1996; I. Filograsso, Calvino, o della complessità, in «Italianistica», v. 31, n. 1, gennaio/aprile 2022, pp. 133-41; K. Pilz, Mapping Complexity: Literature and Science in the Works of Italo Calvino, Leicester, Troubador Pub, 2005; A. Piromallo Gambardella, Profeti della software culture: Joyce, Rilke, Calvino, Milano, Franco Angeli, 2013; F. Meschini, Calvino e l’algoritmo: riflessioni trasversali su tempo, spazio, racconto, informazione, consistenza e complessità, in «AIB Studi», v. 58, n. 3, 2019, pp. 393-416; E. Lima, Le tecnologie dell’informazione nella scrittura di Italo Calvino e Paolo Volponi, Firenze, Firenze University Press, 2020. ↑
- Cfr. M. Di Franco, La memoria del mondo di Italo Calvino: realtà, immaginazione e intelligenza artificiale, in «Zibaldone. Estudios italianos», v. 11, n. 1, 2023, pp. 61-78. ↑
- Cfr. D. Lewis, Analog and Digital, in «Noûs», v. 5, n. 3, 1971, pp. 321-27. ↑
- L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-1916, Torino, Einaudi, 1979, p. 63. ↑
- Nel Tractatus Wittgenstein sostiene ancora una corrispondenza diretta tra la logica del linguaggio e la logica del mondo, mentre nelle successive Ricerche filosofiche sosterrà una maggiore indipendenza del mondo dalla sua rappresentazione, attraverso la teoria dei giochi linguistici. ↑
- L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Torino, Einaudi, 1974, p. 17. ↑
- Cfr. A. Turing, Computing Machinery and Intelligence, in «Mind», LI, 236, 1950, pp. 433-60. ↑
- «It may be speculated that a large part of human thought consists of manipulating words according to rules of reasoning and rules of conjecture» (J. McCarthy, M. Minsky, N. Rochester, C. Shannon, A Proposal for the Dartmouth Summer Research Project on Artificial Intelligence, in «AI Magazine», v. 27, n. 4, 2006, p. 12). ↑
- I. Calvino, Cibernetica e fantasmi (Appunti sulla narrativa come processo combinatorio), in Id., Una pietra sopra, Milano, Mondadori, 2023, p. 205. ↑
- Ibidem. ↑
- I. Calvino, Lezioni americane, Milano, Mondadori, 2016, p. 92. ↑
- I. Calvino, Cibernetica e fantasmi, op. cit., p. 205. ↑
- Ivi, p. 206. ↑
- Ibidem. ↑
- Ivi, pp. 210-11. ↑
- R. Barthes, La morte dell’autore, in Id., Il brusio della lingua. Saggi critici IV, Torino, Einaudi 1988, p. 51. ↑
- I. Calvino, Cibernetica e fantasmi, op. cit., p. 211. ↑
- Ivi, p. 204. ↑
- R. Barthes, La morte dell’autore, op. cit., p. 52. ↑
- Ivi, p. 208. ↑
- Ivi, pp. 208-209. ↑
- Ivi, p. 209. ↑
- R. Barthes, Critica e verità, Torino, Einaudi, 1969, p. 50. ↑
- M. Foucault, Che cos’è un autore?, in Id., Scritti Letterari, Milano, Feltrinelli, 1971, p. 4. ↑
- Cfr. L. Henrickson, Computer-generated fiction in a literary lineage. Breaking the Hermeneutic contract, in «Logos», v. 29, n. 2-3, pp. 54-63. ↑
- I. Calvino, Cibernetica e fantasmi, op. cit., p. 213. ↑
- Cfr. M. Blanchot, Lo spazio letterario, Torino, Einaudi, 1967. ↑
- I. Calvino, Cibernetica e fantasmi, op. cit., p. 217. ↑
- Ibidem. ↑
- Ibidem. ↑
- Ivi, p. 211. ↑
- Cfr. S. Natale, L. Henrickson, The Lovelace effect. Perceptions of creativity in machines, in «New Media and Society», v. 26, n. 4, 2022, pp. 1909-26. ↑
- Cfr. H. R. Jauss, Perché la storia della letteratura?, Napoli, Guida, 1969. ↑
- F. Muzzioli, Le teorie della critica letteraria, Roma, Carocci, 2008, p. 191. ↑
- Ibidem. ↑
- Cfr. L. Manovich, L’estetica dell’intelligenza artificiale, Roma, Luca Sossella Editore, 2020, pp. 42-48. ↑
- F. Muzzioli, Le teorie della critica letteraria, op. cit., pp. 191-92. ↑
(fasc. 53, 25 agosto 2024)