In occasione dei cento anni dalla nascita di Italo Calvino abbiamo inteso celebrare tale ricorrenza promuovendo questo lavoro, che ha accolto i contributi di accademici appartenenti a diversi settori di studio e di giovani ricercatori, che hanno potuto restituire la complessità dei punti di vista necessari a focalizzare Calvino nell’ottica di una “multidisciplinarietà” indispensabile per leggere la sua opera.
Dalle pagine di questo volume auspichiamo che possano emergere con chiarezza i molteplici tratti che compongono la personalità letteraria di uno degli scrittori più rappresentativi del secondo Novecento, un intellettuale poliedrico e multiforme che fu partigiano, giornalista, collaboratore di Einaudi, narratore fuori da ogni schema (si cimentò in generi anche molto lontani tra loro: dal realismo alla fantascienza, dalla fiaba alla metaletteratura), critico e saggista (in dialogo con l’Europa, in particolare per i rapporti con gli strutturalisti francesi, e con gli Stati Uniti), autore interessato ai più svariati campi della scienza e dell’arte, che scrisse per il teatro e per la musica (canzoni e libretti d’opera), per la radio (le interviste impossibili) e per il cinema.
Interpretare Calvino richiede a nostro avviso lo sforzo di saper adattare costantemente il proprio punto di osservazione, di cambiare o spostare la prospettiva e al tempo stesso essere in grado di accogliere nell’obiettivo anche gli spazi più remoti. Le sue pagine non sono luoghi in cui possiamo sentirci al sicuro, confortati da risposte, ma sono labirinti in cui esercitare la nostra inappagata sete di conoscenza; per tale ragioni anche noi, come Calvino, non abbiamo qui la pretesa di annunciare dogmi su di lui, ma pensiamo di aver creato uno spazio in cui interrogarci attraverso il dialogo e lo scambio tra i vari settori e i differenti metodi d’indagine accogliendo la sfida di dar senso “al mondo non scritto” che Calvino stesso lancia ai propri lettori opera dopo opera.
Vogliamo ringraziare l’amico e collega Fabio Pierangeli per la suggestione del titolo di questo volume, che così perfettamente riflette la poetica dell’autore, arguto anticipatore di realtà future ‒ come nelle sue reiterate considerazioni sull’interazione tra calcolatori, computer e intelligenza artificiale ‒ nonché attento osservatore e critico dell’evoluzione e della storia umane. Il nostro titolo, infatti, nasce come una commistione di citazioni calviniane: la prima parte è ispirata a un racconto distopico e profetico di Calvino, La memoria del mondo, in cui quest’ultima è affidata a un’intelligenza artificiale in grado di raccogliere e gestire tutte le informazioni, i dati diremmo oggi, della vita di tutti gli uomini; la seconda parte è invece una raccomandazione del Nostro, che, nel corso di una trasmissione televisiva dal titolo “Vent’anni al Duemila”, intervistato da Alberto Sinigaglia il 27 maggio 1981, alla richiesta di indicare tre “talismani” per il Duemila, risponde:
Imparare delle poesie a memoria, molte poesie a memoria: da bambini, da giovani, anche da vecchi, perché quelle fanno compagnia, uno se le ripete mentalmente, poi lo sviluppo della memoria è molto importante.
Secondo la complessità: fare dei calcoli a mano, delle divisioni, delle estrazioni di radici quadrata, delle cose molto complicate. Combattere l’astrattezza del linguaggio che ci viene imposto ormai, con delle cose molto precise.
Sapere che tutto quello che abbiamo ci può essere tolto da un momento all’altro. Non dico mica di rinunciare a nulla, anzi goderlo, però sapendo che da un momento all’altro tutto quello che abbiamo può sparire in una nuvola di fumo[1].
Oggi più che mai vogliamo aggrapparci al doppio monito che Calvino ci ha voluto consegnare, poiché ci sembra concepito per le lacune di un presente storico che fatica a recuperare e a trattenere “la memoria del mondo”, così fluidamente evanescente nel regno dell’inconsistenza digitale, e che, proprio per questo, riflette l’inconsapevolezza umana della propria costante e incombente autodistruzione.
In un’altra intervista rilasciata, sempre nel 1981, a Jean-Baptiste Para per la rivista «Révolution», Calvino, chiamato a riflettere sulla forza della narrazione e sulla «difficoltà di cogliere la complessità del reale», ammette di aver portato la sua ricerca e insieme la sua sperimentazione letteraria ‒ come suggerito dal suo interlocutore ‒ a un punto di “incandescenza” perché è inevitabile e necessario un processo di crescita, di evoluzione, di cambiamento, di acquisizione di consapevolezza:
Da giovani si crede se non di capire tutto, di poter capire tutto, di poter semplificare tutto. Invecchiando trovo il mondo sempre più complesso; e cerco di rendere questa complessità. I miei gusti formali mi portano verso forme chiuse, geometriche, piuttosto regolari, ma io vedo tutto ciò come l’opposto dell’esplosione disordinata di ciò che mi circonda. Cerco di dare conto, mediante una forma spezzata, sfaccettata, di questa complessità senza rinunciare a trovarci un’unità, un senso, o più sensi che si intrecciano[2].
Ci auguriamo, con questo volume, e con il coinvolgimento di tanti studiosi e studiose dai profili disciplinari, culturali e anagrafici tanto diversi, di aver contribuito a seguire il suo esempio, di essere riuscite a dare spazio alla complessità e, al tempo stesso, a trovare unità e senso.
- Il corsivo è nostro per evidenziare la relazione con il titolo di questo volume. L’intervista integrale, andata in onda su Rai ReteTre, è disponibile su Raiplay all’URL: https://www.raiplay.it/video/2023/09/Italo-Calvino-nella-foresta-del-racconto—Ventanni-al-2000-Calvino-e-le-ipotesi-sul-nuovo-millennio-4ea73cab-ed3a-49c2-8f49-34015933c5ff.html (ultima consultazione: 31/07/2024). ↑
- Cfr. La force narrative (Calvino), colloquio con Jean-Baptiste Para, in «Revolution», 53, 6 marzo 1981, pp. 36-38, ora in I. Calvino, Sono nato in America, a cura di L. Baranelli, Introduzione di M. Barenghi, Milano, Mondadori, 2022, pp. 416-21. ↑
(fasc. 53, 25 agosto 2024)