A futura memoria: la lezione di Calvino su sostenibilità e globalizzazione

Author di Daniela Privitera

Se nel mio lavoro ho mai colto un qualche mutamento dell’uomo contemporaneo, non potrò saperlo da me né dai miei contemporanei. È raro che i mutanti riconoscano la mutazione che portano in sé; saranno poi i mutati, divenuta la mutazione un’acquisizione stabile della specie, a riconoscere guardandosi indietro i loro profeti e i loro arcangeli[1].

Era il 1966, e Calvino dalle colonne della «Nazione» si esprimeva con queste parole, parlando del romanzo contemporaneo e del suo legame con l’uomo di oggi. Immaginando i termini di un rapporto tra lo scrittore e la sua creazione, pur senza lasciarsi imbrigliare dalle mode, coglieva già in nuce le trasformazioni che avrebbero riguardato il Postmoderno. In altre parole, Calvino, virando verso la fase combinatoria della sua poetica, non smetteva di rimanere uno scrittore sapiente e saggio, presentando il gioco come un’infinita possibilità di invenzione. Se egli riconosceva, nel candore della sua onestà intellettuale, l’impossibilità di stabilire il valore del cambiamento in atto, affidava, però, ai posteri l’ardua sentenza di decretare la portata della sua profezia assieme alla lezione di buoni e cattivi maestri.

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(fasc. 53, 25 agosto 2024)