La genesi di un “caso”. La storiografia e la nascita di Benedetto Croce

Author di Lorenzo Arnone Sipari

Benedetto Croce fu nominato senatore il 26 gennaio 1910[1]. Il fascicolo delle «Congratulazioni» per quella nomina contiene circa settecento documenti, tra biglietti da visita, telegrammi, lettere e cartoline postali, già da tempo digitalizzati[2]. Non diversamente da quel che si possa immaginare, gli encomi furono inviati, oltre che da parenti, amici, titolari di case editrici e più o meno anonimi estimatori, anche da eminenti studiosi e politici di rango[3].

Appare singolare, invece, che nello stesso fascicolo compaiano solamente tre autografi di risposta: una minuta destinata al ministro della pubblica istruzione Edoardo Daneo; una brutta copia e una minuta in riscontro agli auguri di Pietro Antonio Sipari, sì cugino del filosofo, ma formulati nella qualità di sindaco di Pescasseroli. In particolare, il telegramma indirizzato da quest’ultimo al neosenatore poneva l’accento sul fatto che la località abruzzese fosse stata sempre orgogliosa dell’illustre concittadino, avvertendo «fortemente l’onore» di avergli dato i natali[4].

Tale testimonianza trovava conforto in altri attestati di stima provenienti sempre dal paese dell’Alta Val di Sangro, tra i quali quelli dei rappresentanti dell’Istituto di beneficenza, della Società cooperativa San Paolo, della Società operaia di mutuo soccorso, nonché dal parroco Quintiliani, che, scrivendo di interpretare il «sentimento popolare», partecipava la diffusa «esultanza» dei pescasserolesi per l’elevata dignità[5]. La circostanza non è di poco conto, perché rafforza l’ipotesi secondo la quale la prima visita del filosofo al paese natìo, che si sarebbe registrata fra il 20 e il 22 agosto 1910, fosse stata sollecitata proprio dai compaesani, che erano desiderosi di tributargli i dovuti onori, con il «non sottinteso» fine di riavvicinarlo a Pescasseroli[6].

La risposta di Croce al cugino sindaco sembra, ad ogni modo, andare nella stessa direzione. Stesa non senza una qualche esitazione, come si percepisce dalla riscrittura, essa si risolve nel commosso ringraziamento al «saluto», che gli era «dolcissimo», del luogo natìo, con la precisazione che fino ad allora non aveva potuto conoscerlo se non solo e grazie a quanto gli aveva raccontato la «povera madre»[7]. È di tutta evidenza che tale autografo, pur nella stringatezza del caso, anticipi i temi portanti di quel Discorso di Pescasseroli che il filosofo avrebbe pronunciato il 21 agosto 1910[8].

Sta di fatto che la calorosa partecipazione alla nomina del 26 gennaio non fu l’unica occasione in cui Croce, in quell’inverno, si sentì o fu accostato alla terra natìa. Nel corso dell’udienza del 13 marzo, Vittorio Emanuele III gli accennò, infatti, dell’ospitalità ricevuta a Pescasseroli per le battute di caccia all’orso, che peraltro non era riuscito a uccidere[9]. Inoltre, in riscontro alla documentazione richiesta dalla Segreteria del Senato, per le procedure di verifica dei titoli utili alla convalida della nomina, il filosofo depositò anche la propria fede di nascita, che gli era stata rilasciata dal Comune di Pescasseroli il 19 febbraio 1910[10].

La corrispondente trascrizione è pressoché fedele all’originale, salvo che nella sostituzione, nel sostantivo «Uffiziale», della consonante «z» aggiornata in «c», e nella presenza di alcune varianti nell’uso della punteggiatura e delle maiuscole. Tuttavia, seppur più volte pubblicato, appare utile riproporre l’atto originale, così come contrassegnato in margine dal numero d’ordine 12 (seguito dall’annotazione «Croce Benedetto, Maria, Francesco, Antonio») del registro delle nascite per l’anno 1866 di quel Municipio:

L’anno milleottocentosessantasei nel giorno venticinque del mese di Febbraio nella casa comunale alle ore sei pomeridiane. Dinanzi a me Francesco Saverio Sipari Sindaco di questo Comune di Pescasseroli, Circondario di Avezzano, Provincia di Abruzzo Ultra Secondo, Uffiziale dello Stato Civile, è comparso Pasquale Croce, figlio del fu Benedetto, di anni ventotto, di professione proprietario, domiciliato in Napoli, ed attualmente di passaggio in Pescasseroli, il quale mi ha presentato un bambino di sesso maschile che dichiara essergli nato il giorno venticinque del mese di Febbraio corrente anno alle ore due pomeridiane dalla di lui moglie Luisa Sipari figlia del fu Pietrantonio, seco lui domiciliato, e nella casa di abitazione di Carmelo Sipari posta in questo Comune di Pescasseroli alla strada Largo del Barone, al quale figlio dichiara di dare i nomi di Benedetto, Maria, Francesco, Antonio. La quale dichiarazione viene fatta alla presenza di Gioele Trella, figlio del fu Giustino, di anni cinquanta, di professione Sacerdote, e di Achille Laudazi, figlio di Loreto, di anni quarantuno, di professione Farmacista, residente in questo Comune, testimoni scelti dal dichiarante stesso, i quali dopo avere avuto lettura del presente verbale steso contemporaneamente sui due registri si sono meco col dichiarante sottoscritti[11].

Sull’incisiva evidenziata in corsivo, non di rado trasmessa con la preposizione «per» in luogo di quella («in») presente nell’originale[12], si è soffermata parte della storiografia crociana, soprattutto per indicare la casualità della nascita in oggetto. La testimonianza in tal senso più rappresentativa è data dalla biografia di Charles Boulay, per il quale il filosofo era nato «un peu par hasard» in Abruzzo, proprio sulla base dell’espressione «de passage», che attribuì al padre di Croce e che gli parve «très révélatrice». L’italianista francese riteneva di cogliervi, infatti, qualcosa «d’un peu dédaigneux», arrivando persino a prospettare, in una dedotta contrapposizione tra cittadino (Pasquale) e paesana (Luisa), «la réaction d’un homme de la capitale qui prend ses distances: on passe dans ce village, on n’y séjourne pas»[13].

Tale tesi non sembra aver attecchito nella successiva letteratura, anche perché l’immagine di Pasquale Croce – nato a Campobasso, da genitori originari di diverse province regnicole, dove continuavano a vivere i parenti, e amministratore di proprietà la cura delle quali richiedeva frequenti viaggi in Capitanata, dove pure riecheggiavano le radici di una casata storicamente legata alla transumanza[14] – appare poco in sintonia con quella di «“un uomo della [antica] capitale”» che, per una sorta di snobismo urbano-centrico, disdegnava la vita di provincia.

Non altrettanto isolato è rimasto, come s’è anticipato, il valore attribuito alla proposizione incidentale, da cui sono fiorite espressioni “invariabili”, tra il «quasi per caso» e il «relativamente fortuito», riferite, per l’appunto, alla nascita abruzzese del filosofo[15]. Anche Giuseppe Galasso, nel primo paragrafo di un ben noto saggio, sottolineando come proprio il padre di Croce si fosse definito «domiciliato in Napoli, ed attualmente di passaggio per [sic] Pescasseroli», aveva ribadito la «casualità di quel luogo di nascita»[16].

Lungi da un esame delle lezioni con la preposizione-errore congiuntivo, di cui qui neanche interessa individuare l’archetipo, va invece prestata attenzione alla formazione dell’atto in oggetto, con particolare riferimento ai termini tecnico-giuridici della sua compilazione. Alla luce di quanto finora si è osservato, infatti, sembra che, nell’accostarsi a quel certificato di nascita, non ne siano state valutate con attenzione le formule “rigide”, cioè quelle formalità che, in quanto prescritte dalla legge per la relativa compilazione, non erano riservate al dichiarante.

La data del 25 febbraio 1866 si colloca nel quadro dell’operatività della “Riforma Pisanelli” (Regio Decreto 25 giugno 1865, n. 2215), nell’ambito della quale la materia dello Stato civile era disciplinata dagli articoli dal 350 al 405, oltreché, per gli aspetti che qui interessano, dal Regio Decreto 15 novembre 1865, n. 2602 sul suo Ordinamento. L’art. 352 del nuovo Codice prevedeva, in particolare, che gli atti dovessero enunciare, tra l’altro, «il nome, il cognome, l’età, la professione e il domicilio o la residenza» di coloro che vi fossero indicati «in qualità di dichiaranti»[17], con ciò enumerando delle «formalità generali» relative alla loro compilazione[18]. Per questa ragione erano predisposti degli appositi modelli, ai quali il compilatore, cioè l’ufficiale dello Stato civile, doveva attenersi[19].

A maggior garanzia della validità dell’atto, l’art. 351 prescriveva la presenza di due testimoni, precisando che questi dovessero essere residenti nel comune interessato dalla registrazione[20], aspetto rilevante in special modo se, come osservava un commentatore, i dichiaranti vi si trovavano «a caso o di passaggio»[21]. A parte la dicotomia che si potrebbe verificare assumendo una siffatta congiunzione con valore disgiuntivo, va segnalato che la coeva legislazione utilizzava, per esplicitare una nascita in luogo fortuito, l’avverbio «accidentalmente»[22]. L’espressione «di passaggio», invece, è sempre stata legata a un luogo diverso dal consueto domicilio[23] e, come tale, risulta molto frequente negli atti pubblici. Basti qui segnalare l’atto di abdicazione del già citato Vittorio Emanuele III, autenticato il 9 maggio 1946 dal notaio Angrisani, con studio in Napoli, dove i due testimoni presenti, essendo domiciliati l’uno a Roma, l’altro a Padova, furono attestati come «di passaggio» nella città partenopea[24].

Trattandosi, pertanto, di una formula prevista dalla legge per individuare la residenza o il domicilio, in sostanza nulla più che l’indicazione di un dato anagrafico, non v’è ragione di ritenere l’incisiva in questione l’estrinsecazione di una manifestazione di volontà del dichiarante. Pure, la rappresentazione della transitorietà connessa al trovarsi in un luogo di passaggio non pare possa essere automaticamente coniugata con un evento casuale, tanto più se, come nella fattispecie, si è in presenza di una scelta precisa e motivata, qual era quella assunta da Pasquale e Luisa di affrontare un viaggio, dal mare alla montagna, per evitare il colera, al fine di portare a termine con relativa serenità la gravidanza.

Del resto, non si può fare a meno di notare che Benedetto Croce non ha mai ricondotto la sua nascita pescasserolese a un evento fortuito. Dal fatto di aver incorniciato nello studio l’atto di nascita ricevuto in dono durante la prima visita nella terra natìa[25] e dalle testimonianze che su di essa ha offerto, intimamente compendiate nel Discorso di Pescasseroli, si ricava, anzi, un quadro armonico con il telegramma del gennaio 1910, con quel saluto dei compaesani che in lui risuonava «dolcissimo»[26].

  1. Per il decreto, la convalida e il giuramento si vedano le Discussioni relative alle tornate del 22 febbraio, 5 e 11 marzo 1910, in «Atti Parlamentari», Senato del Regno, Legislatura XXIII, 1a sessione 1909-1910, rispettivamente alle pp. 1745-46, 1834 e 1948.
  2. Tale fonte, digitalizzata nell’ambito del progetto “Archivi online” promosso dal Senato della Repubblica, previa stipula di una convenzione con la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce, che conserva i carteggi del filosofo, è identificata dalla seguente segnatura archivistica: s. 1 «Carteggio (1883-[1952]), fasc. «Congratulazioni per la nomina a senatore (1910)». Ospitata sul sito dell’Archivio storico del Senato, per fini di valorizzazione, è accessibile al seguente link (consultato il 04/02/2023): https://patrimonio.archivio.senato.it/inventario/fondazione-croce/benedetto-croce/struttura.
  3. Si segnalano, tra gli altri, V. Aganoor, V. Betteloni, L. Bodio, R. Caggese, F. Compagna, A. D’Ancona, A. De Bosis, C. De Lollis, P. Fedele, G. Fortunato, A. Gemelli, G. Gentile, O. Guerrini, S. Jacini, D. Jaja, G. Lombardo Radice, L. Loria, F. Momigliano, E. Morselli, G. Mosca, E. Nathan, Neera, F. S. Nitti, V. E. Orlando, V. Pareto, E. Pessina, G. Pitrè, A. Salandra, S. Sonnino, B. Stringher, V. Tangorra, M. Valgimigli, M. Weil, F. Zampini Salazar, N. Zingarelli (ivi, fascc. ad nomen).
  4. Ivi, telegramma «2747 di Pietro [Antonio] Sipari (27 gennaio 1910)» con la brutta copia di risposta. La riscrittura di quest’ultima, che comprende anche la minuta di riscontro ad altro telegramma che il cugino del filosofo aveva inviato a titolo personale, come registrato sotto il numero «2746», è censita autonomamente: ivi, minuta «2747 Benedetto Croce a Pietro [Antonio] Sipari (post [27 gennaio] [1910])».
  5. Ivi, telegramma «2658 di Carlo Quintiliani (28 gennaio [1910])». Ma si vedano anche i telegrammi «2198» (Tranquillo Boccia et alii), «2311» e «2329» (Giuseppe Decina et alii per Soc. operaia di mutuo soccorso), «2459» (Istituto di beneficenza), «2787» (Gioele Tudini per Soc. Coop. San Paolo), tutti datati 28 gennaio 1910.
  6. B. Mosca, Croce e la terra natia, Roma, De Luca, 1967, p. 41.
  7. Minuta «2747 Benedetto Croce a Pietro [Antonio] Sipari», cit. Per la successiva corrispondenza fra i due, relativa in particolare alle ricerche per la monografia di Pescasseroli (1922), si veda L. Arnone Sipari, Gli inediti di Benedetto Croce nell’Archivio Sipari di Alvito, in «L’Acropoli», V (2004), n. 3, pp. 309-19.
  8. Si pensi al seguente passo di B. Croce, Il discorso di Pescasseroli, in La lunga guerra per il Parco Nazionale d’Abruzzo, scritti di B. Croce, L. Piccioni, L. Arnone Sipari, E. Giancristofaro, G. Tarquinio, P. Palumbo, F. Fanci, introduzione di F. Tassi, Lanciano, Quaderni di Rivista Abruzzese, 1998, p. 15: «Quantunque io non abbia, prima di questi giorni, percorso materialmente la via che conduce a questo paese, l’ho percorsa infinite volte con la fantasia; […] A me, fanciullo, i racconti di mia madre […] facevano di Pescasseroli […] uno di quei paesi delle fiabe, che non si sa mai se siano o no esistiti».
  9. B. Croce, Taccuini di lavoro, I (1906-1916), Napoli, Arte tipografica, 1987, pp. 195-96. Sulle cacce reali nel comprensorio marsicano si veda L. Arnone Sipari, Dalla Riserva reale dell’Alta Val di Sangro alla costituzione del Parco Nazionale d’Abruzzo, in La lunga guerra, op. cit., pp. 49-66.
  10. Archivio Storico del Senato del Regno, fasc. 0673, consultato in data 11/02/2023 al seguente link: http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/All/45B162F23980C5A64125646F005A8FE6/$FILE/0673%20Croce%20Benedetto%20fascicolo.pdf.
  11. Si cita dal fac-simile pubblicato nell’Omaggio a Benedetto Croce, in «Rivista Abruzzese», XIX (1966), n. 1-2, tav. tra le pp. 16-17, omettendo le quattro sottoscrizioni e avvertendo che il corsivo nel testo è dell’odierno trascrittore. Sui genitori del filosofo si veda, ora, L. Arnone Sipari, Il contratto matrimoniale tra Pasquale Croce e Luisa Sipari (1861), in «Diacritica», VII (2021), n. 1 (37), pp. 15-21

    (link: https://diacritica.it/letture-critiche/il-contratto-matrimoniale-tra-pasquale-croce-e-luisa-sipari-1861.html).

  12. F. Nicolini, Benedetto Croce, Torino, Utet, 1962, p. 26; C. Boulay, Benedetto Croce jusqu’en 1911. Trente ans de vie intellectuelle, Genève, Droz, 1981, p. 10; F. Tessitore, Benedetto Croce, un abruzzese a Napoli, in Benedetto Croce e l’Abruzzo, L’Aquila, Deputazione abruzzese di storia patria, 1985, p. 11; G. Galasso, Nota del curatore, in B. Croce, Un paradiso abitato da diavoli, Milano, Adelphi, 2006, p. 81; Id., Croce abruzzese e napoletano, in «L’Acropoli», XIV (2013), n. 6, pp. 483-502 (ora in Id., La memoria, la vita, i valori. Itinerari crociani, a cura di E. Giammattei, Bologna, il Mulino, 2015); P. D’Angelo, Benedetto Croce. La biografia, vol. I: Gli anni 1866-1918, Bologna, il Mulino, 2023, p. 25.
  13. C. Boulay, Benedetto Croce jusqu’en 1911, op. cit., pp. 10-11.
  14. Il rinvio d’obbligo è a B. Croce, Montenerodomo. Storia di un comune e di due famiglie, Bari, Laterza, 1919, specie alle pp. 22-24 e 35-40.
  15. G. Cassandro, Benedetto Croce abruzzese, in «Rivista Abruzzese», XIX (1966), n. 3, p. 93; Id., Benedetto Croce abruzzese. Una postilla metodologica (universale e particolare), in «Rivista di Studi Crociani», IV, 1967, p. 75; F. Tessitore, Benedetto Croce, op. cit., p. 11; P. D’Angelo, Benedetto Croce. La biografia, vol. I: Gli anni 1866-1918, op. cit., p. 27.
  16. G. Galasso, Croce abruzzese e napoletano, art. cit., p. 483.
  17. Codice civile del Regno d’Italia col confronto coi codici francese austriaco napoletano parmense estense etc., a cura di D. Galdi, Napoli, Marghieri e Perrotti, 1865, pp. 411-12. Peraltro, non dissimilmente, nell’ambito della normativa (territoriale) precedente era previsto per gli atti di nascita (tit. II, art. 159) l’indicazione, tra l’altro, di nomi, cognomi, professione e domicilio «del padre e della madre, e quelli de’ testimonj»: Comento sulle leggi civili del Regno delle Due Sicilie, a cura di A. Giordano, vol. I, Napoli, Stamp. del Fibreno, 1848, p. 155.
  18. Commento al codice civile del Regno d’Italia 25 giugno 1865 etc., a cura di F. Voltolina, Venezia, Tip. Longo, 1873, pp. 443-44.
  19. Il modello per la fattispecie è il n. 14, «Dichiarazione di nascita fatta dal padre pel figlio legittimo», in Modelli dei diversi atti dello Stato Civile, a cura del Ministero di Grazia, Giustizia e dei Culti, Firenze, Tip. Franco-Italiana, 1865, p. 17. L’ufficiale, del resto, non aveva ampi margini di discrezionalità, perché, come recitava l’art. 355, non si potevano enunciare «se non quelle dichiarazioni e indicazioni […] per ciascun atto stabilite o permesse» (Codice civile del Regno d’Italia, op. cit., p. 413).
  20. Codice civile del Regno d’Italia, op. cit., p. 411.
  21. Commento al codice civile, op. cit., p. 443.
  22. Infatti, con riferimento al contenuto dei registri degli atti di nascita, l’art. 53, punto 4, del Regio Decreto 15 novembre 1865, n. 2602, recitava doversi comprendere «Gli atti di dichiarazione di nascita ricevuti dall’ufficiale dello stato civile di un comune, in cui un bambino nacque accidentalmente» («Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d’Italia», vol. XIII, Torino, Stamp. Reale, 1865, p. 2652).
  23. Nel Regno delle Due Sicilie erano state introdotte, per evidenti finalità di pubblica sicurezza, le «carte di passaggio», indispensabili non soltanto per recarsi all’estero ma anche per varcare i confini delle singole province: Repertorio amministrativo ossia Collezione di leggi, decreti, reali rescritti, ministeriali di massima, regolamenti, ed istruzioni sull’amministrazione civile del Regno delle Due Sicilie, a cura di P. Petitti, vol. III, Napoli, Migliaccio, 1851, V ed., p. 272.
  24. Abdicazione di Vittorio Emanuele III e primi atti di Umberto I, in «Civiltà Cattolica», XCVII (1946), vol. II, p. 376.
  25. D. Marra, Conversazioni con Benedetto Croce su alcuni libri della sua biblioteca, Milano, Hoepli, 1952, p.157; R. Franchini, Note biografiche di Benedetto Croce, Torino, Edizioni Radio Italiana, 1953, p. 13. Il 20 agosto 1910 il Consiglio comunale di Pescasseroli aveva deliberato di omaggiare il filosofo con una pergamena in cui era riprodotto l’atto in questione e di intitolargli il largo antistante la dimora dove nacque: cfr. Onoranze a Benedetto Croce, in «Rivista Abruzzese di Scienze, Lettere ed Arti», XXV (1910), fasc. VII-VIII, p. 440.
  26. Si rinvia, supra, alle note 4 e 7. Sembra di cogliersi, nella risposta del filosofo, una parafrasi del celebre «diniego del saluto» di Beatrice a Dante, nella Vita Nova. Si vedano a tal riguardo le considerazioni dello stesso B. Croce, La poesia di Dante, Bari, Laterza, 1921, II ed., specie alla p. 41.

(fasc. 47, 25 febbraio 2023)