Vi è una corrente di poeti-scrittori liguri che disdegna il mare e resta a mezza costa, a raccontare la vita sui pendii, tra gli orti, negli anfratti dell’entroterra. Che si tratti del Ponente inquieto e liminale di Francesco Biamonti e di Nico Orengo, o del Levante sopra Lerici di Paolo Bertolani, il paesaggio resta quello, aspro, vivido, d’estate polveroso e assordante di cicale, ventoso e freddo d’inverno, sempre odoroso, tutto terra sudore e sapori.
Uno dei più recenti eredi di questa corrente è Elio Grasso, poeta anche lui, che con il romanzo Il cibo dei venti1 mostra come si possa narrare un mondo vegetale e minerale che impone una vita di piccoli gesti, di poche parole. Sono taciturni, i personaggi di questa corrente: parlano solo se necessario, e danno risposte brevi, secche, eppure nei loro silenzi domina un senso lirico molto forte, un rispetto per il valore delle parole che impedisce ogni spreco. Contemplativi, assorti, sembrano volersi confondere in quella natura così poco accogliente di cui si ostinano a sentirsi ospiti. Si capta, nella sensibilità del loro sguardo sugli oggetti e nella precisione con cui gli autori definiscono questa sensibilità, il retaggio della poesia ligure, in particolare degli inevitabili Montale e Sbarbaro: e la formula di «romanzo-paesaggio» con cui Calvino ha definito l’opera narrativa di Biamonti, in particolare L’angelo di Avrigue2, vale per tutti loro (forse un po’ meno per Orengo, più attento ai richiami dell’intreccio). Continue reading “Racconto dei racconti” di Paolo Bertolani
(fasc. 2, 25 aprile 2015)