1. Geometria, simmetria e psicanalisi
John Cage era solito contrapporre il proprio orientamento verso la pittura geometrica astratta all’arte automatica: quest’ultima costituirebbe «un modo per ripiegarsi su se stessi, soffermandosi inconsciamente sui propri ricordi e sulle proprie sensazioni»1; è per questo che Cage, come notava anche Edoardo Sanguineti2, non apprezzava l’estetica surrealista, chiusa sull’io e troppo collegata alla psicanalisi, e le preferiva, invece, il Dada, aperto alla realtà e alla sperimentazione su di essa, non limitandosi a catalogarla in termini di bello o di brutto. Lungo questa china, la sperimentazione di Cage assumeva lo zero come base e prescindeva così, perché tutto le fosse permesso, da qualsiasi intenzione: «io vorrei che l’arte scivolasse via da noi − chiosava nel 1978 −, verso il mondo in cui viviamo»3. Continue reading Consistenza e caso: idea e confini del neodadaismo da Cage a Pleynet e oltre
- J. Cage, Lettera a uno sconosciuto (1987), a cura di R. Kostelanetz, trad. it. di F. Masotti, Roma, Socrates, 1996, p. 243. Il corsivo è mio. ↵
- Cfr. E. Sanguineti, Praticare l’impossibile, in J. Cage, Lettera a uno sconosciuto (1987), op. cit., p. 18. ↵
- Ivi, p. 291. Sui rapporti tra Dada e i dadaismi del contemporaneo si veda il bellissimo catalogo della mostra tenutasi a Pavia dal 7 settembre al 17 dicembre 2006 e curata, come il catalogo, da Achille Bonito Oliva: DaDada. Dada e dadaismi del contemporaneo (1916-2006), a cura di A. Bonito Oliva, Milano, Skira, 2006. ↵
(fasc. 1, 25 febbraio 2015)