Le riviste di cultura in Italia: problemi e prospettive

Author di Pietro Zambrin

Le riviste di cultura nel Novecento italiano sono state determinanti per lo sviluppo non solo, appunto, culturale, ma anche storico del nostro paese[1]. Portando avanti il proprio discorso genuinamente culturale – ma agganciato, per “accidenti” storici, a fatti sociali e politici –, esse costruirono i binari su cui indirizzare l’evoluzione futura. Furono espressione di gruppi, più o meno compatti, di intellettuali dediti ad agire sulla realtà in cui vivevano, «specchio della propria epoca»[2], luogo di costruzione di un pensiero comune. Continua a leggere Le riviste di cultura in Italia: problemi e prospettive

(fasc. 39, 31 luglio 2021)

Adelphi e i libri unici: analisi del catalogo

Author di Sara D'Aversa

Breve storia di Casa Adelphi

È la primavera del 1961 quando Luciano Foà torna a Milano dopo dieci anni trascorsi a Torino come segretario generale della casa editrice Einaudi. Non è solo la recente malattia della moglie a spingerlo a tornare nella propria città: pensa di fondarvi una propria casa editrice[1].

Nato a Milano nel 1915, Foà inizia a lavorare nell’editoria molto giovane, nel ’33, per l’Agenzia letteraria internazionale fondata dal padre nel 1898. Prima agenzia in Italia a trattare i diritti di autori stranieri, l’Ali traduce romanzi esteri, rivendendoli ai quotidiani per la realizzazione di feuilletons. Continua a leggere Adelphi e i libri unici: analisi del catalogo

(fasc. 39, 31 luglio 2021)

La censura libraria nella Repubblica Popolare Cinese. Da Mao Zedong a Xi Jinping

Author di Chiara Jannella

Nel mondo contemporaneo ogni cultura, ogni letteratura e ogni arte appartiene a una classe determinata e si rifà a una ben definita linea politica. L’arte per l’arte, l’arte al di sopra delle classi, l’arte che si sviluppa fuori della politica e indipendentemente da essa, nella realtà non esiste. La letteratura e l’arte proletarie sono parte di tutta l’azione rivoluzionaria del proletariato o, come ha detto Lenin, sono “una rotella e una vitina” del meccanismo generale della rivoluzione.

(Interventi alle conversazioni sulle questioni della letteratura e dell’arte a Yenan, maggio 1942, in Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. III)[1].

Il ruolo della propaganda nell’ideologia comunista[2] è stato in primo luogo enfatizzato da Lenin, il quale sosteneva che fosse compito specifico e fondamentale del partito generare consapevolezza nel proletariato e che l’educazione all’ideologia tra i membri del partito fosse essenziale. Dopo l’instaurazione del governo comunista, il termine sīxiǎng gǎizào (思想改造, ‘riforma del pensiero’) fu usato proprio per descrivere il compito di forgiare la consapevolezza del popolo nella convinzione che il pensiero determini l’azione, e che dunque, se il pensiero delle persone fosse stato “correggibile”, allora sarebbe stato possibile “correggere” anche le loro azioni. In questo senso, il Partito Comunista Cinese, al potere dal 1949, promosse numerose campagne di riforma del pensiero, culminate negli anni Sessanta nella Rivoluzione Culturale. Questa ideologia della propaganda, esasperata in quegli anni, ma che mai ha abbandonato i vertici del PCC, non doveva servire unicamente a generare lealtà al Partito, ma voleva anche dare forma ad atteggiamenti personali e abitudini quotidiane, così da creare individui che avrebbero abbandonato i propri desideri personali per lavorare al servizio della causa comune: costruire una nuova società sotto la guida del PCC. L’obbiettivo di sviluppare un funzionante sistema di propaganda era strettamente connesso con l’idea che atteggiamenti e pensieri rivoluzionari fossero la necessaria base di partenza per il cambiamento politico, sociale, economico e culturale, e oggi il discorso potrebbe essere sovrapponibile. Per la Cina del XXI secolo, sempre più protagonista nel mercato e nella politica internazionale, sembrano essere ancora fondamentali l’omogeneità ideologica e il controllo di molti aspetti della vita dei cittadini. In questo contesto, lo stretto controllo di ogni contenuto pubblicato, sostenuto da un capillare sistema di censura, gioca un ruolo fondamentale. Continua a leggere La censura libraria nella Repubblica Popolare Cinese. Da Mao Zedong a Xi Jinping

(fasc. 39, 31 luglio 2021)

Due collane a confronto: «Lo Specchio» Mondadori e la «Collezione di Poesia» di Einaudi (Prima parte)

Author di Ilaria Alleva

Di padre in figlio: le politiche della Mondadori e i suoi protagonisti

Arnoldo Mondadori, nato nel 1889, a soli diciassette anni ha già fatto diversi lavori, alcuni molto umili, e finisce per offrirsi di lavorare in una tipografia di Ostiglia lasciata andare quasi in rovina dal padrone originario[1]. A costo di duro lavoro e molte difficoltà economiche, Mondadori riesce pian piano ad affermarsi individualmente all’interno dell’azienda. L’esperienza segnerà per tutta la sua vita la sua concezione di lavoro, autocratica e verticistica, con accenni di paternalismo verso autori e maestranze, definiti parte di una grande famiglia. La Sociale, nome della tipografia, con un piccolo aiuto economico passa definitivamente ad Arnoldo, che ne fa da subito un’azienda a conduzione familiare: la sorella Dina viene impiegata per la vendita libraria e il fratello Remo per l’officina. Continua a leggere Due collane a confronto: «Lo Specchio» Mondadori e la «Collezione di Poesia» di Einaudi (Prima parte)

(fasc. 38, 28 maggio 2021)

La censura libraria nella Repubblica Popolare Cinese. Cenni storici sulla censura libraria tra Oriente e Occidente

Author di Chiara Jannella

Introduzione

Il lavoro di ricerca dal quale è estratto il seguente articolo propone un’analisi della storia e dello sviluppo della censura libraria nella Repubblica Popolare Cinese, allo scopo di comprendere quanto il fenomeno sia radicato nella storia del paese e come siano cambiate le modalità censorie nel corso del Novecento e dall’arrivo di Internet ai giorni nostri. Anche a fronte dei turbolenti sviluppi degli ultimissimi anni, vedremo come il regime autoritario cinese, sotto l’ormai presidente a vita Xi Jinping, stia stringendo sempre di più il controllo sulla popolazione, negando i diritti di espressione e di stampa[1]. Continua a leggere La censura libraria nella Repubblica Popolare Cinese. Cenni storici sulla censura libraria tra Oriente e Occidente

(fasc. 38, 28 maggio 2021)

L’Unione Europea per un futuro in “Open Access”

Author di Loredana Apostol

Premessa

Ormai da molti anni, il concetto e la filosofia Open Access sono divenuti un tema ricorrente nell’ambito dell’editoria accademica e oggi hanno assunto un ruolo centrale nel dibattito sul futuro della comunicazione scientifica internazionale[1]. Nonostante derivi da un fenomeno nato in campo informatico, l’Open Access ha trovato terreno fertile in quello della ricerca scientifica, la quale sente la necessità di diffondere liberamente i propri contenuti tra ricercatori, al fine di rendere la comunicazione scientifica più inclusiva. Continua a leggere L’Unione Europea per un futuro in “Open Access”

(fasc. 38, 28 maggio 2021)

A partire dal Duemila: editoria fumettistica oltre la Bonelli

Author di Martina Monti

Per fare il punto

Sicuramente la Sergio Bonelli Editore è la casa editrice fumettistica italiana più grande e importante, ma, soprattutto nell’ultimo ventennio, non la si può definire l’unica esistente[1].

I fumetti (italiani o stranieri) hanno preso sempre più piede nel mondo contemporaneo, diventando sempre più conosciuti e letti da una rosa di pubblico più ampia. E, se da un lato si assiste a una riduzione del numero dei lettori, dovuta fondamentalmente alla concorrenza sempre più aggressiv di media d’intrattenimento diversi (dai videogiochi alle piattaforme con serie tv praticamente illimitate), dall’altro si può notare lo svilupparsi di una certa varietà. La globalizzazione concorre a diffondere sempre di più anche il mestiere del fumettista, e il boom delle opere autoriali portano alla nascita di tante piccole nuove realtà, alcune di maggiore e altre di minor successo (così come si assiste a una progressiva proliferazione di scuole dedicate appositamente al mestiere).

Di seguito, una breve panoramica di una selezione di alcune delle più importanti realtà italiane, ferma restando la consapevolezza che ne esistono moltissime altre.

Tunué

«Attraverso la pubblicazione di storie in forma di graphic novel, romanzi e libri illustrati vogliamo stimolare la curiosità intellettuale dei lettori, emozionare e divertire, con un’attenzione marcata alla ricerca e all’evoluzione stilistica, all’estetica e alla cura grafica/editoriale, all’innovazione di settore. Con la saggistica puntiamo a fornire strumenti di analisi e di studio».

Nata a Latina ad opera di Massimiliano Clemente (attuale direttore editoriale) ed Emanuele di Giorgi (ora amministratore della società), inizia come fanzine dal titolo «Smettila!» nei primi anni Duemila e solo nel 2004 diventa una casa editrice a tutti gli effetti. Nel 2014 si è aperta anche al mercato della narrativa, mentre dal 2018 è entrata a far parte del gruppo editoriale Il Castoro. L’obiettivo, in questo caso, è stato quello di creare un polo dedicato anche ai graphic novels, settore in cui la casa editrice è specializzata assieme alla saggistica sul fumetto, all’animazione, ai videogiochi e ai fenomeni pop contemporanei.

La Tunué ha un ruolo particolare nel mercato editoriale italiano in quanto, come si è visto, non si dedica soltanto ai fumetti e, nello specifico, non a tutte le tipologie. Nonostante ciò, la casa editrice abbraccia un pubblico molto vasto, che va dai giovani agli adulti; ed è aperta sia al mercato italiano, sia a quello straniero. Collaborano (o hanno collaborato) con l’editrice tanto autori affermati (tra gli altri: Milo Manara) quanto esordienti.

Essendo una casa molto varia, ha diverse collane che trattano argomenti anche molto diversi, divise per argomento: fumetti («Prospero’s Book», «Album», «Tipitondi», «Le Ali»); saggistica («Burumballa», «Esprit», «Frizzz», «Lapilli», «Lapilli Giganti», «Le Virgole»); libri illustrati («Mirari»); narrativa («Romanzi» italiani, «Straniera»); periodici («Mono»).

La casa editrice ha ricevuto un consistente numero di premi e riconoscimenti, sia nell’ambito fumettistico che di altro genere. Tra le sue opere più importanti, oltre che Rughe dello spagnolo Paco Roca (da cui è stato tratto un film d’animazione che ha vinto il Premio Goya), c’è sicuramente la ristampa in edizione deluxe e di lusso della serie Moster Allergy (originariamente pubblicata dalla Disney). Oltre alla ristampa, la casa editrice ha fatto partire un progetto di nuove storie, sempre con il medesimo team creativo.

BAO Publishing

In uno sguardo d’insieme all’editoria fumettistica italiana del nuovo millennio, non può mancare quello che in poco più di dieci anni si è affermato come un marchio fondamentale dell’industria fumettistica italiana, al punto da avviare una collaborazione con la Sergio Bonelli Editore.

Fondata a Milano nel 2009 da Caterina Marietti e Michele Foschini, la BAO Publishing esordisce (non diversamente da altri editori nostrani) iniziando a pubblicare fumetti stranieri. Questa matrice è alla base del desiderio e del progetto editoriale, come afferma Michele Foschini in un’intervista: «Dopo aver girato per un anno le fiere di fumetto di mezzo mondo, da semplici appassionati, ci siamo resi conto di quante volte avevamo detto la frase “Peccato che questa cosa non ci sia in Italia” e abbiamo pensato, non senza una certa incoscienza, che magari avremmo potuto portarcela noi».

Questa spinta internazionale è rimasta all’interno della casa editrice anche dopo il successo e dopo aver pubblicato italiani: oltre al mercato americano e a quello francese, dal 2017 la BAO si è aperta al mondo asiatico, lanciando una collana dedicata ai fumetti cinesi e ad aprile 2019 ha inaugurato «Aiken», dedicata al mondo nipponico. Del resto, l’esplorazione e l’allargamento al mercato orientale è uno degli obiettivi futuri di Caterina Marietti, la cofondatrice di BAO.

Punto di svolta, per la casa editrice, è stato sicuramente l’incontro con il fenomeno italiano Zerocalcare (Michele Rech), che ha pubblicato con loro per la prima volta il suo secondo lavoro, Un polpo alla gola, affidando loro, in seguito, la ristampa della Profezia dell’armadillo e inaugurando così una lunga e prolifica collaborazione.

Nonostante la bravura dello staff, dovuta a un grande acume e alla capacità di saper puntare a un buon rapporto con i lettori e a un’ottima azione pubblicitaria, nonché a una grande preparazione dell’Ufficio Stampa (elemento importantissimo ma spesso trascurato da moltissime case editrici, di fumetto o di narrativa), sicuramente l’apporto di Zerocalcare è stato fondamentale. Foschini ha addirittura affermato che l’autore rappresenta quasi la metà del loro fatturato.

Oltre all’artista umbro, tuttavia, altro importante passo per la casa editrice è stata la collaborazione con la Sergio Bonelli Editore, avviata grazie all’intervento di Roberto Recchioni, prima con la pubblicazione in formato da libreria dell’albo Mater Morbi della serie Dylan Dog, poi con una ristampa nel medesimo formato della serie Orfani. Questa collaborazione è essenzialmente legata alla fondamentale differenza che c’è tra le due case editrici: mentre la Sergio Bonelli, per quanto stia ampliando il suo campo, è nata fondamentalmente per una distribuzione da edicola, la BAO invece ha due canali completamente diversi: «Il nostro catalogo è fondamentalmente diviso in due, serie americane per la fumetteria tranne alcune eccezioni e poi la linea di graphic novel che ha la sua maggior vitalità in libreria».

Una casa editrice giovane e che si compone di uno staff giovane e, soprattutto, che sa stare al passo con i tempi. La BAO, infatti, è tra gli editori di fumetti che si sono aperti al digitale, e che lo esplorano come mercato parallelo. Molti dei loro titoli sono disponibili su Amazon Kindle, Kobo, Google Play e sull’AppStore.

C’è un ultimo aspetto da indagare della casa editrice milanese, un aspetto fondamentale che può indicare in parte anche la sua mission: l’attenzione ai più piccoli. Dal 2014, infatti, hanno pubblicato una collana, la «BaBao» (ora divisa in «BaBao 1» dai quattro anni, «BaBao 2» dai sei anni e «BaBao 3» per i più grandi), con l’intento di educare anche i più piccoli alla lettura dei fumetti. Opere di questo tipo sono diverse da romanzi o libri illustrati, hanno una loro semiotica e una loro ben precisa struttura che troppo spesso viene ignorata. In un’intervista rilasciata a Lo Spazio Bianco, Michele Foschini ha affermato, riguardo alla collana per giovani:

Sono una voce importante del nostro catalogo ma si tratta sempre di volumi a fumetti, non di illustrati. Abbiamo cominciato proponendo libri che stimolassero una lettura condivisa tra genitori e figli, poi però ci siamo resi conto, anche sulla base di quanto ci veniva comunicato dai lettori, che c’era spazio per proposte a fumetti rivolte al pubblico dei bambini. L’operazione ha anche un obiettivo “didattico”: educare i giovanissimi alla lettura dei fumetti. Se non vi si prende confidenza presto, si fa fatica a impadronirsi dei codici del linguaggio fumettistico[2].

In sintesi, alcune fra le principali caratteristiche dell’editrice sono: la divisione delle varie figure editoriali, che permette a ogni membro dello staff di dedicarsi a un compito e di migliorare, così, l’efficienza; l’attenzione e la preparazione dell’Ufficio Stampa, indispensabile per il rapporto con il pubblico; l’attenzione ai più piccoli e al mercato orientale, non solo quello più famoso giapponese, ma anche cinese; la presenza di calibri, italiani o stranieri, punte di diamante e traino della produzione.

Editoriale Aurea

Nello sguardo d’insieme alle realtà editoriali dei nostri anni non può mancare l’Editoriale Aurea, unica casa editrice italiana che ancora pubblica riviste fumettistiche contenenti anche racconti brevi. È una nota importante e al contempo un tasto dolente dell’editoria fumettistica italiana. In linea teorica, per un emergente, sarebbe più facile esordire puntando a racconti brevi, in quanto il costo di un fumetto, anche autoconclusivo, è di gran lunga superiore a quello di un testo di narrativa, oltre al fatto che il metodo contrattuale è diverso e, in genere, ricevono il pagamento in anticipo rispetto alla pubblicazione (nello specifico, la metodologia varia da editore a editore, ma può essere il pagamento delle singole pagine o del progetto complessivo) e in seguito, spesso, delle royalties sui numeri venduti (fermo restando che ultimamente questa metodologia sta cambiando). Di conseguenza, gli editori di fumetti sono molto più cauti nel dare fiducia a degli esordienti, ed è per questo che storie estremamente brevi, di otto-sedici pagine, possono essere molto preziose a livello curricolare. Il tasto dolente a cui accennavo poc’anzi è che ormai «Skorpio» e «Lanciostory» sono rimaste le uniche due riviste di questo tipo (ad eccezione di alcuni progetti della casa editrice Bugs, ma si tratta, almeno per il momento, di albi diversi in quanto non distribuiti in edicola).

Tornando all’Editoriale Aurea, essa nasce nel 2010 a Maccarese, dalle ceneri dell’Eura Editore, una casa editrice fondata nel 1974 da Michele Mercurio, Stelio Rizzo e Filippo Ciofili e che per prima pubblicava, tra le altre, le due riviste appena citate. L’Eura Editore cessò le pubblicazioni nel 2009 e nel 2010 tutte le testate furono rilevate dalla nuova Editoriale Aurea, fondata da Sergio Loss ed Enzo Marino, ex direttore editoriale dell’Eura. Come la precedente, anche questa nuova casa editrice si pone sulla linea di pubblicazione principalmente franco-belga e sudamericana, pur lasciando spazio anche agli italiani.

Punta di diamante della casa editrice sono le due riviste «Lanciostory», che pubblica ininterrottamente dal 1975, e «Skorpio», nata poco dopo, nel 1977.

La prima rivista, originariamente, non trattava soltanto fumetti: era infatti un fotoromanzo. Il n. 0 dell’albo a fumetti uscì in appendice al n. 115, e conteneva cinque storie complete (la prima delle quali era la trasposizione grafica del fotoromanzo di Jaques Douglas). La rivista iniziò, dunque, con la pubblicazione di sei o sette racconti autoconclusivi su personaggi fissi; completavano l’albo rubriche di motori, cinema, musica, modellismo e la posta dei lettori. Ai suoi esordi il genere di punta era il western, ma ben presto il periodico si aprì anche alla fantascienza e non mancò l’umorismo, per esempio con le strisce di Beep Peep in appendice.

Storia analoga ha «Skorpio», questa però nata fin dal principio come albo a fumetti. Intento dell’editore era quello di offrire nuovi orizzonti di genere ai lettori: la rivista quindi conteneva storie di spionaggio, fantasy e horror. Anche in questo caso gli albi erano corredati da rubriche di musica, sport, cinema, giochi e motori e la paternità delle storie era per lo più sudamericana, ma negli anni Ottanta si è aperta anche al fumetto franco-belga e a quello inglese, oltre che, ovviamente, agli italiani.

Sempre dagli anni Ottanta la rivista ospita un inserto centrale con una numerazione propria, che presenta la ristampa delle serie più celebri pubblicate su «Lanciostory». L’inserto si può staccare e raccogliere in appositi contenitori dati in omaggio dall’editore in varie modalità nel corso del tempo.

Oltre alle riviste, la casa editrice ha anche produzioni di altro tipo: con «Alice Dark» e «Long Wei», per esempio, ha tentato nuovi mensili da edicola, e poi una collana, l’«AureaComix» (2010), erede delle due collane del precedente editore, la «Euracomix» e la «Euramaster», che ospita maggiormente fumetti francesi o sudamericani e la cui serie di punta è Dago.

Tra le altre pubblicazioni importanti c’è la ristampa di XIII, serie franco-belga ispirata al romanzo Un uomo senza volto di Rubert Ludlum.

Mangasenpai

In tempi moderni e contemporanei, che vedono la diffusione verso l’Occidente del fumetto di origine giapponese, nascono anche in Italia delle realtà editoriali che si rivolgono a questa tipologia.

C’è da fare una premessa: il manga è un tipo di fumetto che non indica solo la nazionalità delle opere, ma anche la precisa tecnica (che si avvale di strumenti, strutture, strutture narrative etc.) di questa tipologia, ben distinta da quella di altri Paesi. In generale ogni tipo di fumetto (che sia l’americano come il francese e lo stesso italiano) ha delle peculiarità che lo rendono molto diverso dagli altri, ma nel caso del manga questa linea di demarcazione risulta molto più netta, forse perché, nonostante tutto, è un fenomeno in Italia ancora piuttosto giovane (soprattutto rispetto al fumetto americano o francese). La questione è anche, forse, che gli elementi comuni con il fumetto italiano (e occidentale in generale) sono di gran lunga inferiori rispetto a quelli che intercorrono tra un’opera americana e una italiana, o una francese e un’italiana.

Sarebbe necessario fare uno studio incentrato sulle differenze tra manga e fumetti occidentali, ma questo è argomento estraneo a questo saggio, per cui mi limito semplicemente a concludere questo breve cappello introduttivo specificando come, nel corso degli anni, il fumetto giapponese si sia diffuso in tantissimi altri Paesi, declinandosi e arricchendosi di specifiche peculiarità in ognuna di queste nazioni. Ciò vale, ovviamente, anche per il manga italiano.

Nel corso degli anni, questa fusione si è manifestata nel tratto di vari artisti, fino a convergere nella creazione di case editrici dedicate esclusivamente (o in parte) a questo genere. Ne esistono diverse: descriverò una delle più importanti, a titolo esemplificativo.

Mangasenpai è una casa editrice nata nel 2013 per dare forma e corpo a una “new wave” del mercato italiano del fumetto. Per offrire ai tanti disegnatori che seguono “la via del manga” una bandiera sotto la quale pubblicare. La casa editrice, con sede principale a Gattinara, fa parte del Progetto Idea Sas e non si limita a pubblicare soltanto fumetti italiani manga, ma anche europei.

Nasce nel 2011 come Bellesi&Francato Publishing e inizialmente si occupa di pubblicazione solo in formato digitale. La prima pubblicazione, in e-book, risale al 2013 con Apocalypse of the fox di Fabrizio Francato. Nel 2014 viene poi pubblicata la seconda autrice, Giulia Della Ciana (in arte: Myu), una giovane fumettista che tratta in modo estremamente equilibrato il delicato tema dell’amore omosessuale tra due ragazze romane, rompendo lo strato superficiale della semplice storia d’amore e approfondendo la psicologia e l’aspetto sociale di quella che, per molti versi, è la realtà di molti giovani italiani oggi (il rifiuto per se stessi, il timore del giudizio della famiglia e degli altri, la sensazione di essere “sbagliati” etc.). Della Ciana riesce con una delicatezza sorprendente a mescolare sapientemente comicità, romanticismo, realismo e drammaticità, con un’opera che è stata definita “il primo Shōjo-Ai italiano”. Seguono collaborazioni con molti altri artisti, che, dal 2014, si fanno anche cartacee.

Dal 2017 al 2019 pubblica la traduzione italiana del manga Radiant, realizzato da Tony Valente, opera di tale successo che è stata riconosciuta e tradotta anche in Giappone, rendendo così l’autore il primo occidentale a pubblicare una manga non giapponese nel Paese del Sol Levante.

Nel corso degli anni cresce notevolmente e arricchisce non solo il numero di volumi, ma anche quello delle collane. Attualmente la casa editrice ne ospita sei: «Shonen», genere fumettistico giapponese, significa “ragazzo” e tratta di storie incentrate maggiormente sull’azione; «Shojo», genere giapponese indirizzato a un pubblico femminile, tratta soprattutto tematiche introspettive ed emotive; «Seinen», genere giapponese che tratta tematiche rivolte a un pubblico più adulto e in genere più complesse; «Boy’s Love», che si concentra su storie incentrate sull’amore omosessuale tra ragazzi e, infine, la collana «Guest Book», che ospita opere di saggistica o narrativa.

Editoriale Cosmo

«Spazio all’avventura!»: questo è il motto e la mission della casa editrice fondata il 7 ottobre 2012 a Reggio Emilia, ma con sede operativa a Bologna. Originariamente partita con la pubblicazione in Italia di fumetti franco-belgi, ben presto si è aperta anche a opere nostrane e americane, ampliando la tipologia dei propri prodotti. La casa editrice dà spazio tanto alla produzione d’autore quanto a quella seriale, ad autori già famosi e a esordienti, senza dimenticare la ristampa in formati pregiati.

Nonostante sia giovane, questo editore ha un canale di distribuzione davvero capillare: è una casa editrice specializzata nella realizzazione di fumetti con una proposta editoriale che coinvolge tutti i canali di distribuzione. La divisione edicola propone una serie di periodici stampati in bianco e nero o a colori e pubblicati nel classico formato “a libro” della tradizione del fumetto d’avventura italiano. La divisione fumetteria è attiva, grazie alla linea Cosmo Comics, nella realizzazione di storie d’azione, thriller, fantasy e al recupero di grandi classici d’autore, proposti in albi brossurati deluxe. La divisione da libreria, infine, propone, con i due marchi Cosmo Books e Nona Arte, eleganti volumi cartonati che ospitano il fumetto d’avventura classico italiano, americano e francese.

Il formato è generalmente il bonellide (16×21 cm), ma può anche essere più grande (19×27 cm e 28,5×26 cm) o più piccolo (12×17 cm e 12,5×19,7 cm), così come varia è la foliazione; pubblica sia a colori sia in bianco e nero, sia serie sia autoconclusivi.

Si tratta di una casa editrice molto eterogenea e, se l’avventura è al primo posto, spesso si interseca con una commistione di altri generi, accuratamente organizzati in collane contraddistinte da etichette di diversi colori applicate sul dorso delle copertine. Si riportano le più importanti:

  • «Collana Gialla». Nata il 17 ottobre 2012 con la pubblicazione del primo numero di Lester Cockney (di Franz Drappier detto Franz), è dedicata al genere western o dell’avventura classica. Il formato è il bonellide, pubblica sia a colori che in bianco e nero e la foliazione è di 100 pagine. Al suo interno contiene la mini-collana «West – Fumetti di frontiera»;
  • «Collana Blu». Esordisce il 7 novembre 2012 con il primo volume della serie Voyager (di Pierre Boisserie). Si occupa di due generi: il fantascientifico e il thriller. Anche questa collana ha un formato bonellide e una foliazione di 100 pagine, ma pubblica solo in bianco e nero;
  • «Collana Rossa». Pubblicata per la prima volta il 15 novembre 2012 con il primo volume di Giacomo C. (Jean Dufax ai testi, Griffo ai disegni) si occupa del genere storico. Anche in questo caso il formato è il classico bonellide, la foliazione è di 100 pagine circa, e i disegni sono sia a colori che in bianco e nero;
  • «Collana Nera». Serie bimestrale atipica, dedicata ai Numeri unici (si tratta di volumi autoconclusivi su un determinato personaggio, in genere famoso). Il formato è il solito 16×21 cm, i disegni sono sia in bianco e nero sia a colori, la paginatura è variabile. La prima opera pubblicata, il 20 marzo 2013, è Il vampiro di Benares di George Bess;
  • «Collana Color». Altra serie atipica dedicata al western, esordisce per la prima volta il 20 settembre 2013 con la pubblicazione del primo numero di Wanted (testi di Simon Rocca, disegni di Thierry Girod, colori di Jocelyn Charrance). Il formato è 19×27 cm, il numero di pagine oscilla tra 48 e 64, i disegni sono rigorosamente a colori;
  • «Collana Verde». Pubblicata per la prima volta il 27 settembre 2013 con il primo numero di La Leggenda di Yves Swolfs, il genere a cui è dedicata è il fantasy. Il formato è sempre 16×21 cm, la foliazione è variabile e i disegni sono sia in bianco e nero che a colori;
  • «Collana Grigia». Dedicata a mini-serie di vario genere concluse e non pubblicate più in Italia da tempo. A cadenza bimestrale, il formato è il classico bonellide, la paginatura è variabile, i disegni sono in bianco e nero. Esce per la prima volta il 19 febbraio 2014 con il primo volume di Hans (testi di André-Paul Duchâteau, disegni di Grzeforz Rosinski e Kas);
  • «Collana Color Extra». Simile alla «Collana Color», ma è dedicata al genere fantastico. Inaugurata con Fontainebleau (testi di Christophe Bec, disegni di Alessandro Bocci e colori di Delphine Rieu) il 10 marzo 2014;
  • «Collana Color USA». Esattamente come la «Color» e la «Color Extra», essa però è dedicata ai grandi fumetti d’autore. Esordisce con il primo volume di Juan Solo di Alejandro Jodorowsky l’8 aprile 2014;
  • «Collana Books». Collana di alta qualità editoriale e destinata alle librerie. Pubblica classici del fumetto in edizione integrale in formato cartonato (28,5×26 cm), con disegni a colori con paginatura variabile. Esordisce con la pubblicazione del primo volume di Flash Gordon di Alex Raymond il 14 aprile 2014;
  • «Collana Almanacco». Si tratta di una collana atipica con albi atipici e autoconclusivi. Formato, disegni e foliazione sono variabili. La prima pubblicazione, datata 30 aprile 2014, è Ayrton Senna (testi di Lionel Froissart, disegni di Christian Papazoglakis, colori di Tanja Cinna);
  • «Collana Pocket». Inizialmente collana dedicata ai romanzi western. Esordisce il 27 maggio 2014 con West Texas Kill di Johnny Boggs. In seguito pubblica anche fumetti (il 25 novembre 2014, Winter World di Chuck Dixon e Jorge Zaffino). Per i romanzi il formato è 12,5×19,7 cm; per i fumetti formato, foliazione e disegni sono variabili;
  • «Collana Marrone». Detta anche Weird Tales, è dedicata alla rivisitazione di personaggi e opere dell’Ottocento letterario (Sherlock Holmes, Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, 20.000 Leghe sotto i mari etc.). Inaugurata il 17 gennaio 2015 da Sherlock Holmes e i vampiri di Londra (testi di Sylvain Corduriè, disegni di Laci). Il formato è il bonellide, ha circa 100 pagine e i disegni sono in bianco e nero;
  • «Collana Paperback». Esordisce il 12 febbraio 2015 con il primo numero di Ramiro – La riconquista di Jacques Stoquart e William Vance. La collana è dedicata all’avventura storica, il formato è il classico 16×21 cm, la foliazione di circa 100 pagine e i disegni sono in bianco e nero;
  • «Collana Gli Albi della Cosmo». Dedicata alla recente produzione italiana, il formato è sempre il classico bonellide con paginazione variabile e disegni in bianco e nero. Il primo volume pubblicato è Requiem di Ade Capone (sceneggiatura), Paolo Bisi e Alfredo Orlandi (disegni), datato 24 febbraio 2015;
  • «Collana Arancione». Collana dedicata alla teoria del complotto e all’esoterismo. Il formato è il classico bonellide, la foliazione è di circa 100 pagine e i disegni sono a colori. Viene inaugurata il 2 aprile 2015 dal primo volume dell’Ordine del Caos di Sophie Ricaume;
  • «Collana Noir». Esordisce il 30 aprile 2015 con il primo volume di Battaglia di Roberto Recchioni, ed è una collana dedicata al noir. Il formato è quello del fumetto nero italiano, 12×17 cm, i disegni sono in bianco e nero e la paginatura è variabile;
  • «Cosmo Comics». Collana dedicata alle fumetterie. Ha periodicità irregolare, foliazione e disegni variabili, il formato è 17×26 cm, è brossurata. Edita la prima volta il 4 maggio 2017, con Storia di cani di Giuseppe Ferradino e Giancarlo Caracuzzo.

Tirando le somme sull’Editoriale Cosmo, possiamo fare alcune considerazioni: è una casa editrice con produzione molto diversificata, non solo per genere (western, noir, fantascienza etc.) o tipologia (francese, italiano, americano), ma anche per prodotto, pubblicando sia fumetti sia libri; i suoi albi sono perlopiù nel formato del classico bonellide, anche se vi sono delle eccezioni; ha cercato di avvicinarsi, dividendo la produzione in collane e dando un’indicazione grafica alle stesse, ai tipici editori di libri.

Bugs Comics

Chiude la rassegna delle case editrici fumettistiche di questo nuovo millennio un realtà giovanissima, nata alla fine del 2014 a Roma da un’idea di Gianmarco Fumasoli in collaborazione con Paolo Altibrani: la Bugs Comics.

Indirizzata prevalentemente al tema dark e horror, la Bugs incomincia la propria avventura a Lucca Comics&Games, dove esaurisce tutte le copie stampate della prima rivista, «Mostri».

L’obiettivo della casa editrice è quello di sopperire ad alcune mancanze del mondo della nuvola. Come si accennava nel paragrafo IV, in Italia le riviste dedicate ai racconti brevi, ottimo trampolino di lancio per esordienti, sono a poco a poco scomparse, lasciando soltanto le intramontabili «Lanciostory» e «Skorpio». La Bugs Comics s’immette sul mercato proprio con delle riviste contenitore, distribuite in fumetteria, dedicate ad argomenti specifici e contenenti storie di autori diversi, della lunghezza di dieci-quattordici pagine.

La prima, erede dell’esperienza di «Splatter», è «Mostri», albo a tema horror. Qui le creature della notte e della paura fanno da protagoniste: non sono semplici apparizioni all’ultima pagina. Poco dopo, l’orrore arriva dallo spazio e nasce «Alieni», a tema fantascientifico, in cui però non manca quella vena di inquietudine e angoscia che lo cataloga più come un genere scifi-horror che come pura fantascienza.
Infine, il terzo progetto di questo tipo è «Gangster», un genere che ha una lunga ascendenza nel mondo fumettistico. Infatti, vive negli anni ’30, tra New York, Chicago e Cleveland e, muovendosi tra il proibizionismo, la grande depressione e Al Capone, vuole essere la conferma di come la Bugs voglia rapportarsi con i propri lettori, non per cosa racconta ma per come lo racconta.

Dopo questo tipo di esperienza, la casa editrice tenta un approccio comico attraverso «Moftri», strisce umoristiche che raccontano la vita dei più famosi mostri da bambini, realizzate dall’artista Adriana Farina (sui testi di Massimiliano Filadoro) con uno stile morbido che rimanda al chibi nipponico. Altro progetto sperimentale è quello di Helena Masellis, «Bugs Café», dove vengono raccontate, con lo stile graffiante dell’autrice, le varie dinamiche interne alla casa editrice.

Infine, progetto che ha visto la luce a novembre 2019, arriva la prima serie regolare da edicola della casa editrice: Samuel Stern. L’Incubo e l’orrore accompagnano anche questo nuovo personaggio, nato da un lungo studio approfondito a opera di un team piuttosto ampio, che ha come curatore Massimiliano Filadoro.

Il personaggio non è il classico cacciatore di mostri che si ritrova catapultato in situazioni surreali, ma ha alle spalle una precisa storia e simbologia studiata nei minimi dettagli (a partire dal colore dei capelli, passando per il nome, il cui acronimo è SS, solo per citare alcuni esempi).

Con questa casa editrice chiudo questa breve rassegna sull’editoria fumettistica italiana dal Duemila in poi: superfluo precisare che quelle trattate sono solo alcune delle case editrici del nostro Paese. Per una più approfondita indagine, indispensabile punto di partenza resta l’enciclopedia fumettistica scritta da Gianni Bono, Guida al fumetto italiano (disponibile anche come sito on-line).

 

  1. Si pubblica un brevissimo estratto della tesi di Laurea magistrale in “Editoria e scrittura” dal titolo L’editoria fumettistica in Italia, discussa nell’Anno accademico 2018/2019 presso la “Sapienza Università di Roma”: relatrice la professoressa Maria Panetta e correlatore il professor Francesco Saverio Vetere.
  2. Corsivo mio.

(fasc. 35, 11 novembre 2020)

À rebours: Diacritica Edizioni lancia «Sherazade»

Author di Diacritica Edizioni

Siamo stanchi del diluvio di prosa slavata[1].

Stanchi degli orientamenti del mercato globale.

Siamo stanchi della letteratura che non basta a se stessa.

Stanchi di libri venduti grazie alla notorietà dell’autore.

Siamo stanchi della narrativa tutta azione, concepita per essere trasposta.

Stanchi dei racconti costruiti a tavolino come merci da esportazione.

Siamo stanchi che lo stile non sia più l’uomo.

Stanchi di non riuscire a distinguere l’autore dall’editor.

Siamo stanchi della sciatteria di alcuni sedicenti scrittori.

Stanchi dell’appiattimento linguistico dei nostri tempi.

Siamo stanchi della narrativa di semplice intrattenimento.

Stanchi della mimesi senza disvelamento…

Per queste ed altre ragioni, inauguriamo una nuova collana di narrativa, «Sherazade», che rievoca, nel titolo, un mondo di ritmi lenti, di atmosfere sospese, di descrizioni meticolose, di profumi inebrianti, di musiche avvolgenti, di amore per la ricerca stilistica, di magia dell’affabulazione, d’incanto, di racconto come fascinazione, di tempo dedicato alla crescita interiore. Un mondo in cui ogni opera letteraria non si è scritta da sé, ma è il parto di un autore, che, volente o nolente, vi riversa la propria originale personalità, pur nel gioco delle maschere che si compiace d’indossare. Continua a leggere À rebours: Diacritica Edizioni lancia «Sherazade»

(fasc. 33, 25 giugno 2020)

De Luca, una famiglia di editori

Author di Alice Ghilardotti

Luigi De Luca, fondatore della tipografia e della casa editrice

Luigi De Luca, nato a Sasso di Castalda (Potenza) nel 1907, si trasferisce giovanissimo a Roma dove, negli anni Trenta, fonda l’Istituto Grafico Tiberino e in breve tempo diventa un raffinato stampatore, pubblica numerose riviste fino alla decisione di avviare una casa editrice specializzata in libri d’arte[1].

A Roma risiede già il fratello di Luigi, monsignor Giuseppe De Luca, sacerdote, intellettuale di spicco del contesto culturale cattolico e successivamente editore anch’egli e Luigi, anche con il supporto del fratello, avrà modo di conoscere l’ambiente romano delle lettere e delle arti, diventando ben presto un punto di riferimento della cultura artistica romana.

A titolo esemplificativo si ricordano i titoli di alcune riviste pubblicate dall’Istituto Grafico Tiberino: «Ansedonia», «Botteghe Oscure», fondata dalla principessa Marguerite Caetani, che ha come redattore Giorgio Bassani; «Tempo Presente», diretta da Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte; «Nuovi Argomenti», diretta da Alberto Moravia e Aldo Carocci; «La Casa», diretta da Pio Montesi e Libero De Libero; «L’Immagine», diretta da Cesare Brandi; «Commentari» diretta da Lionello Venturi e Mario Salmi; «Lettere d’Oggi», in cui compaiono autori come Mario Praz, Cesare Pavese e altri.

L’Istituto Grafico Tiberino stampa le edizioni di Storia e Letteratura, dirette da monsignor De Luca (i noti, preziosi volumi concernenti storia, letteratura, economia, politica e altre collane di varia erudizione) e Luigi De Luca si afferma come uno dei più quotati tipografi d’Italia. Lavora con i migliori stampatori artigiani, ma è attento anche alla sperimentazione tecnica, raggiungendo così, nel campo della riproduzione d’arte, un livello di perfezione ancora oggi visibile nei suoi prodotti.

Luigi De Luca, nel tempo, essendo spesso a contatto con gli artisti e i critici d’arte autori delle riviste che pubblica, viene sempre più attratto dal mondo artistico[2].

In un ambito quasi pionieristico per il libro d’arte, De Luca esordisce negli anni Cinquanta con i prestigiosi volumi delle collane «Otto Pittori Italiani» nel 1952 (Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Turcato, Vedova) e «Pittori Italiani d’oggi» nel 1959 (Mafai, Pirandello, Birolli, Afro, Cassinari, Santomaso, Vedova, Corpora, Turcato, Scialoja, Scordia), entrambe curate da Lionello Venturi. Per un volume, la galleria romana La Tartaruga[3] organizza una mostra così pubblicizzata in un pieghevole:

In occasione della pubblicazione dell’opera di Lionello Venturi “Pittori Italiani d’oggi” edito recentemente da Luigi De Luca, siamo lieti di allestire una mostra con opere degli undici pittori presentati nel libro. Sono i pittori che Venturi ha difeso con la sua attività di critico militante e con la ponderatezza del suo giudizio di storico dell’arte partecipando egli stesso alla loro battaglia per il rinnovamento del gusto pittorico italiano[4].

La chiara fama attuale della maggior parte degli artisti sopra elencati è stata favorita certamente dall’importanza assunta dalle pubblicazioni di Luigi De Luca.

La giovane casa editrice, fin dall’inizio, ha uno stretto rapporto con le mostre d’arte e inizia a pubblicare, con le stampe eseguite nel proprio stabilimento tipografico, i cataloghi di mostre di enti pubblici e di gallerie private in cui gli artisti espongono per vendere le proprie opere.

Editore della Quadriennale di Roma, Luigi De Luca ne cura i cataloghi e i preziosi «Quaderni» e avvia un’importante collaborazione, che sarà proseguita e consolidata dal figlio Stefano, con la direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, dottoressa Palma Bucarelli[5], per la quale pubblicherà dei bellissimi cataloghi delle mostre d’arte; collabora con «L’Obelisco»[6], la galleria romana di Irene Brin e Gaspero del Corso; tra i molti cataloghi, pubblica Picasso, a cura di Lionello Venturi, nel formato di 18,5×13 cm, 69 pagine di testo e 171 tavole in bianco/nero su carta[7]. Sempre nella tradizione di famiglia, il figlio di Luigi, Stefano De Luca, avvierà la collaborazione con la galleria Russo[8] di Roma.

In tale clima di effervescenza artistica attorno all’Istituto Grafico Tiberino e alla casa editrice Edizioni d’Arte De Luca, Luigi De Luca, nel 1950, fonda una galleria d’arte, la Galleria Palma, dove vengono allestite personali dedicate ad apprezzati protagonisti della pittura italiana contemporanea, perlopiù esponenti della cosiddetta “Scuola romana”, con una buona fortuna espositiva e di mercato, che parallelamente si vedono consacrati attraverso la celebre collana di monografie «Artisti d’Oggi», pubblicata dallo stesso De Luca a partire dal 1949, che annovera tra i suoi collaboratori Leonardo Sinisgalli, Nello Ponente, Giulio Carlo Argan, Maurizio Calvesi, Libero De Libero, Fortunato Bellonzi.

Il lavoro della casa editrice è eseguito sotto ogni aspetto in modo responsabile e ottimale, e ne è testimonianza la perfetta esecuzione dei cataloghi, dei manifesti e dei vari stampati delle mostre. La fama della tipografia e della casa editrice nell’ambito dei funzionari pubblici e dei galleristi privati incrementa in modo determinante il numero delle aziende che si rivolgono a De Luca per le loro esigenze.

Intorno all’editore si raccoglie un cenacolo di artisti e letterati che si ritrovano presso la sede romana di via Gaeta, dando vita a uno scambio culturale e a un’attività vivacissima per l’arte romana. Gabriele De Rosa, nel saggio Ha costruito una cattedrale dedicato a don Giuseppe De Luca, così ricostruisce la collaborazione editoriale tra i fratelli Luigi e don Giuseppe, e descrive il loro essere punti focali per la Roma intellettuale dell’epoca:

I libri che uscivano dalla fucina di via Lancellotti erano sempre libri di alta ricerca, con documentazioni sorvegliatissime, con collazioni scrupolosissime. Don Giuseppe aveva studiato il formato, i caratteri, il disegno di queste collezioni pregevoli, preparate senza fretta, con un ritmo di tempo quasi artigianale, con il fratello Luigi, stampatore tra i più fini e intelligenti che Roma abbia avuto negli ultimi venti anni e che aveva trasformato la bottega di via Gaeta in un cenacolo, in un luogo d’incontri, di amicizie tra pittori, scultori e letterati: era una Roma intensa e curiosa, dove nacquero e morirono tante belle e vibranti speranze, all’ombra dell’umanità calda e della signorilità squisita di Luigi De Luca[9].

Anche la poesia trova la propria collocazione nel catalogo di Luigi De Luca con la collana che raccoglie i versi di Giorgio Caproni, Lorenzo Viani, Libero De Libero, Libero Bigiaretti, Roberto Melli, Fausto Pitigliani e tanti altri.

Egli partecipa anche alla fondazione di una delle manifestazione romane culturalmente più avanzate, i “Martedì letterari” al teatro Eliseo.

Al momento della tragica scomparsa, nel 1960, Luigi De Luca è una delle figure più rappresentative di Roma nell’ambito culturale e artistico, pronto ad appoggiare con partecipazione e fattivamente chiunque abbia iniziative da proporre, purché diano garanzie di qualità e decoro culturale. Una testimonianza in tal senso, utile a comprendere la figura di De Luca, è quella del poeta Giorgio Caproni, di cui riportiamo un estratto:

Chi non ha venduto un quadro a De Luca, chi non ha visto curar da lui in persona un catalogo agognato o i quinterni d’una rivista o l’impaginazione d’un libro di versi (e sempre con un gusto tipografico degno d’un antico stampatore) alzi la mano. Quand’io capitai a Roma sprovveduto di tutto, e col pianto in gola vedendo il mio piede smarrirsi in tale scarpa troppo grossa per me, fu l’amico Bigiaretti a portarmi lì, in via Gaeta, da De Luca. Nel buio di quegli uffici pieni di quadri e di fumo, e nel disordine apparente delle carte, De Luca era seduto dietro il suo grande tavolo ingombro di bozze (lo stesso che gli è servito fino a ieri l’altro), sorridente davanti alla mia aria scoraggiata; e non gli occorsero molte parole perché io, quando ne uscii, già mi sentii un altro; non più tanto povero e solo, e sicuro d’aver trovato meglio che un editore (mi stampò subito “Finzioni”), un amico […][10].

Le parole del poeta, piene di riconoscenza ed ammirazione, sono state pronunciate alla Fiera Letteraria di Roma il 6 marzo 1960, pochi giorni dopo la scomparsa dell’editore, e delineano la straordinaria personalità di un eclettico sempre disponibile verso gli artisti e sempre appassionato del proprio lavoro.

Un piccolo e prezioso libro, Un editore come De Luca, a cura di Giuseppe Appella ed edito nel 1988 dalle Edizioni della Cometa in mille copie numerate, rende molto bene l’idea della personalità di Luigi De Luca e l’immenso e sincero dispiacere per la sua scomparsa improvvisa e prematura. In esso sono raccolti sia saggi sia ritratti dell’editore disegnati da diversi artisti. I saggi sono i seguenti: Elena Croce, L’amico dei libri (in «Il Mondo», 22 marzo 1960), Gabriele De Rosa, La lealtà di De Luca (lettera alla moglie di De Luca del 18 febbraio 1960), Giorgio Caproni, Il sorriso di De Luca (in «La Fiera Letteraria», 6 marzo 1960), Toti Scialoja, La grande forza di De Luca (discorso del 5 giugno 1987 alla Pinacoteca Provinciale di Matera in occasione del Premio nazionale “Luigi De Luca” per il libro d’arte), Romeo Lucchese, Biografia (il libricino è dotato di un’importante iconografia; insieme ai saggi sono riportati, oltre a diverse foto dell’editore, della sua famiglia e delle copertine di alcuni libri, i ritratti di Luigi De Luca eseguiti dai seguenti artisti: Mino Maccari, Roma 1938; Tamburi, Roma 1943; Stradone, Roma 1947; Stradone, Roma 1956; Gentilini, Roma 1959; Gentilini, Roma 1960).

Riportiamo in Appendice i ritratti elencati di questi artisti famosi, a dimostrazione degli stretti rapporti professionali e di amicizia che l’editore ha saputo stringere nel tempo con l’ambiente intellettuale romano. Riportiamo anche una foto, tra le molte presenti nel libro, di Monsignor Giuseppe De Luca con la mamma Battista[11], perché significativa dei suoi rapporti famigliari; molto uniti tra loro, insieme «per caso»[12], distanti per erudizione ma stimati in egual modo dagli intellettuali che frequentano la loro casa.

Don Giuseppe De Luca: sacerdote, intellettuale, editore

Giuseppe De Luca nasce a Sasso di Castalda nel 1898 da una famiglia di contadini. Primo figlio di Vincenzo, rimane orfano di madre a poche settimane di vita[13].

Viene ordinato sacerdote il 30 ottobre 1921, nella cappella del Laterano, dal cardinale Pompilj[14]. Quando il padre si risposa con Battista, Giuseppe avrà uno splendido rapporto con lei e con i numerosi fratelli che arriveranno, tra i quali Luigi, il futuro editore d’arte; la mamma seguirà don Giuseppe a Roma e vivranno sempre insieme nella casa presso San Pietro in Vincoli.

Giuseppe De Luca inizia gli studi teologici presso il seminario di Ferentino, prosegue a Roma e si laurea in Teologia negli anni Venti del Novecento.

Nel 1943 fonda le “Edizioni di Storia e Letteratura” dopo una lunga collaborazione con la casa editrice cattolica Morcelliana, la quale si proponeva di dar voce a un’originalità cristiana nella riflessione e celebrazione di tutte le dimensioni dell’umano, con l’obiettivo di superare l’ambito locale e di aprire la cultura cattolica italiana alle suggestioni del cattolicesimo europeo. Personaggio eclettico, sacerdote, intellettuale, ha l’ambizione di creare una nuova cultura cattolica.

Nel 1929 monsignor De Luca si reca a casa dello scrittore Giovanni Papini, a Roma in via Gian Battista Vico, dove la domenica lo scrittore è solito accogliere gruppi di amici intellettuali. È presente nella casa anche Piero Bargellini[15], che rimane colpito dalla cultura di questo “pretino”, tanto più che all’inizio viene quasi preso in giro dai partecipanti, ma quando De Luca inizia a parlare tutti rimangono meravigliosamente attratti dalla sua cultura. Bargellini si fa dare l’indirizzo[16] e il giorno successivo lo va a trovare, proponendogli la collaborazione alla rivista «Il Frontespizio».

«Il Frontespizio», rivista letteraria e artistica di ispirazione cattolica, che nasce a Firenze nel 1929 su iniziativa di Bargellini ed edita da Vallecchi, è orientata all’inserimento del pensiero cattolico nella cultura nazionale, e si avvale di contributi di scrittori sia di orientamento cattolico e conservatore, come lo stesso Papini, sia di una nuova generazione, e di critici impegnati nell’elaborazione di un nuovo messaggio letterario di respiro europeo. Da quel momento nasceranno una profonda amicizia tra i due e una proficua collaborazione.

Don Giuseppe subordina la propria collaborazione al «Frontespizio» alla condizione di poter scrivere in maniera anonima, con degli pseudonimi. La sua proposta viene accolta, con grande soddisfazione di Bargellini; sotto i più diversi e fantasiosi nomi, De Luca scriverà moltissimi articoli e soprattutto sarà dai due intellettuali, Papini e Bargellini, enormemente stimato.

Dal punto di vista politico, monsignor De Luca è consapevole che in ambito culturale è inevitabile considerare la politica: il suo atteggiamento è, dunque, apartitico ma non apolitico. La sua politica mira al rinnovo della cultura cattolica. Don Giuseppe avrà rapporti strettissimi con i migliori intellettuali della sua epoca, documentati in molti epistolari e in particolare un suo importante interlocutore sarà Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI.

Carlo Bo definirà le Edizioni di Storia e Letteratura una casa editrice senza paragone nel panorama italiano dell’epoca, per l’eccellenza di alcuni titoli ma soprattutto per la vastità degli interessi e la larghezza dell’accoglienza[17].

Numerose le collaborazioni di don Giuseppe a riviste e quotidiani: è uno scrittore prolifico e, oltre agli articoli per «Il Frontespizio»[18], scriverà sulla terza pagina del «Popolo», chiamato da don Luigi Sturzo, e sull’«Osservatore romano» nella rubrica La parola eterna.

Tra i suoi scritti più importanti abbiamo Introduzione alla storia della pietà e la sua corrispondenza con personaggi di spicco della cultura non solo cattolica.

De Luca diventa anche un grande collaboratore di Giuseppe Bottai, in un ambito distaccato dalla politica; con Bottai coltiva soprattutto i rapporti con il cattolicesimo, tanto che l’amicizia tra i due durerà oltre il crollo del fascismo[19].

De Luca ama molto il proprio lavoro di editore e considera i libri opera dell’autore ma anche frutto del lavoro dell’editore, che risulta indispensabile per raggiungere un elevato livello di qualità. Per la realizzazione tipografica si affida all’Istituto Grafico Tiberino del fratello Luigi che, come sempre, produce opere di raffinata qualità. Don Giuseppe è ovviamente anche consulente della giovane casa editrice del fratello.

Appassionato bibliofilo, ha lasciato una cospicua biblioteca oggi conservata presso Palazzo Lancellotti[20] a Roma, dove don Giuseppe aveva la sede della propria casa editrice fin dal dopoguerra, in un appartamento datogli in affitto dalla famiglia Lancellotti, assieme a un archivio denso di scambi epistolari tra De Luca e diversi intellettuali.

Monsignor Giuseppe muore a Roma, pochi giorni dopo un intervento chirurgico, il 19 marzo 1962, a poca distanza dalla tragica scomparsa del fratello minore Luigi che l’ha profondamente addolorato. Al suo capezzale riceve la visita di Papa Giovanni XXIII, con il quale ha stretto un rapporto di amicizia e collaborazione. La Porta della Morte della Basilica di San Pietro, realizzata dallo scultore Giacomo Manzù[21], reca la dedica A don Giuseppe De Luca Giacomo Manzù 1963.

Stefano De Luca, editore d’arte dagli anni Sessanta del Novecento ad oggi

L’eredità di Luigi De Luca, prematuramente scomparso nel 1960, è stata raccolta dal figlio Stefano il quale, non ancora ventenne, ha saputo mantenere e innovare la casa editrice dagli anni Sessanta ad oggi con successo e con lo stesso alto livello di qualità perseguito dall’editore Luigi.

Stefano De Luca, in una delle prime iniziative dopo la tragedia[22], si propone alla Direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (GNAM), Palma Bucarelli, come editore innovatore di cataloghi d’arte, sia per il colore che per il formato[23], e inizia così, vista l’eccellente qualità dei suoi prodotti, un’intensa collaborazione con la GNAM che durerà decenni. Oltre ai cataloghi della GNAM pubblica i cataloghi delle mostre di Palazzo Venezia, della Soprintendenza Archeologica di Roma, dell’Accademia di Francia, del Gabinetto Nazionale delle Stampe e di altri importanti musei.

Per quanto riguarda la committenza privata, la casa editrice pubblica anche i cataloghi delle gallerie d’arte romane Russo[24] e L’Attico (di Fabio Sargentini)[25], continuando così a mantenere saldi quei rapporti, nati negli anni Trenta e consolidati nel secondo dopoguerra, di collaborazione intellettuale proficua tra editoria d’arte e gallerie private.

Stefano De Luca successivamente vende lo stabilimento tipografico Istituto Grafico Tiberino, origine dell’attività del padre negli anni Trenta[26] e mantiene l’area dell’editoria d’arte. Alla fine degli anni Ottanta, fonda, assieme a Italo Mussa e ad altri artisti, il Centro Culturale Ausoni all’ex Mulino Cerere, dove si svolgono mostre e incontri di giovani artisti italiani e stranieri. Il centro diventa in breve un punto focale della cultura artistica romana[27].

Nel 1997 Stefano De Luca, assieme ad altre società, riesce ad avviare i primi spazi di vendita di libri nei musei del Polo Museale Romano, successivamente regolamentati dalla legge Ronchey del 1993[28] (gli attuali bookshop).

Coerentemente con la tradizione famigliare, l’attuale amministratore delegato è Luigi, il figlio di Stefano, che negli ultimi due decenni ha affiancato il padre nella conduzione della casa editrice.

La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e la casa editrice De Luca

La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (oggi denominata “La Galleria Nazionale”) nasce a Roma nel 1883 per rappresentare l’arte nazionale del nuovo Stato unitario. Alla Galleria, destinata a ospitare le collezioni dell’Ottocento e del Novecento, viene assegnata inizialmente un’area del Palazzo delle Esposizioni; successivamente, a causa del conflitto tra le esigenze della Galleria con le sue collezioni permanenti e le mostre temporanee allestite nel Palazzo delle Esposizioni, nel 1911 la Galleria viene ospitata in quella che sarà la sua sede definitiva, il Padiglione delle Belle Arti in viale delle Belle Arti n. 131 (Roma, area di Valle Giulia), progettato da Cesare Bazzani[29] per l’Esposizione Internazionale del 1911 celebrativa del Cinquantenario dell’Unità d’Italia. Inaugurazione il 31 marzo 1911[30].

Nel 1933 l’edificio viene ampliato, sempre su progetto del Bazzani. Si forma, nel tempo, una cospicua collezione; in particolare con la direttrice della Galleria, la già citata Palma Bucarelli[31], nominata nel 1942 e rimasta in carica per trentacinque anni, si effettuano numerosi acquisti direttamente dagli artisti, a volte criticati relativamente alla qualità delle opere.

Palma Bucarelli inizia nel 1938 a lavorare come ispettrice alla Galleria; sarà poi soprintendente dal 1942 al 1975. Con la sua direzione, oltre ad ampliamenti delle collezioni e alla loro sistemazione secondo criteri museali innovativi, la Galleria diventa un vitale punto d’incontro di addetti ai lavori, pubblico e artisti.

Caratteristica peculiare dell’operato di Palma Bucarelli sarà l’allestimento di importanti mostre temporanee dedicate ad artisti a livello internazionale, come ad esempio l’esposizione su Pablo Picasso del 1953[32], mostre che avranno grande successo di pubblico e nell’ambiente artistico dell’epoca.

La direzione di Palma Bucarelli, che si prodiga incessantemente durante la guerra per salvare le opere con trasferimenti a Palazzo Farnese a Caprarola e a Castel Sant’Angelo, e che sull’edificio di Valle Giulia ha vegliato per circa quarantacinque anni poiché era anche la sua abitazione, sicuramente è molto attenta alla comunicazione, all’epoca esplicitata soprattutto tramite oculati inviti in occasione di nuove mostre.

In un documento del suo archivio, da lei stessa donato all’Archivio di Stato[33], una lista di inviti stilata dalla Bucarelli per una grande festa che organizza per Nina Kandinskij (vedova del padre dell’astrattismo), compare anche l’editore Luigi De Luca[34], assieme a letterati, artisti e altri personaggi, laddove ogni nome racconta un libro, un giornale, un quadro, una galleria, sicuramente un ambiente di livelli elevati di conversazione tra persone molto diverse fra loro per professione, cultura e formazione.

Nel 2011 sono state celebrate due importanti ricorrenze per la Galleria: il centenario della sede attuale e il centotrentesimo anniversario della sua menzione in un atto ufficiale dello stato italiano, il Regio Decreto 12 maggio 1981 n. 225. Nel 2011, dopo un periodo di chiusura per circa tre mesi, la Galleria, il 20 dicembre, ha riaperto con il nuovo allestimento permanente. Evento legato all’apertura, nel maggio 2010, del Museo delle Arti del XXI secolo, il MAXXI, con il conseguente passaggio di testimone sull’arte “vivente”.

Un elenco esemplificativo dei cataloghi della Galleria Nazionale d’Arte Moderna editi dalla casa editrice De Luca nel rapporto trentennale che ha caratterizzato sia l’istituzione sia l’editore è visibile sul sito web della GNAM[35].

Nell’elenco compaiono le diverse denominazioni societarie dell’editore che si sono succedute negli anni ovvero Editore De Luca (dalla fondazione della casa editrice a cura di Luigi De Luca), Mondadori Editore/De Luca Editore (negli anni Novanta, associazione durata circa un decennio), De Luca Editori d’Arte (l’attuale denominazione societaria).

Cataloghi notevoli

La produzione dei cataloghi, come abbiamo visto, è strettamente legata al percorso di studio che ha come esito la mostra. Nell’ambito della cospicua produzione della casa editrice, tra i cataloghi per la GNAM e i prodotti recenti consultabili sul sito web della stessa[36], vogliamo ricordarne alcuni che meglio rappresentano l’evoluzione negli anni e ricordano le più importanti mostre:

  • Il Seicento Europeo, Realismo, Classicismo, Barocco, Catalogo della mostra che si è svolta a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, da dicembre 1956 a gennaio 1957, I ed., introduzione di Luigi Salerno, premessa di Mario Salmi, Roma, Editore De Luca, 1957, pp. 284, tavole in bianco/nero n. 96;
  • Il Settecento a Roma: mostra promossa dall’Associazione Amici dei Musei di Roma. Realizzata sotto gli auspici del Ministero della Pubblica Istruzione e del Comune di Roma, 19 marzo-31 maggio 1959. Palazzo delle Esposizioni, I ed., Roma, De Luca Editore, 1959, pp. 566, tavole in bianco/nero n. 80;
  • Pietro Paolo Rubens. 1577-1640 (Catalogo a cura di D. Bodart). Mostra Itinerante: Padova-Palazzo della Ragione, dal 25 marzo al 31 maggio 1990, Roma-Palazzo delle Esposizioni, dal 13 giugno al 26 agosto 1990, Milano-Società per le Belle Arti ed Esposizione permanente, da settembre a ottobre 1990, Roma, Editore De Luca, 1990, pp. 319, tavole in bianco/nero e a colori n. 135.
  • Vincent Van Gogh Dipinti Disegni (Catalogo a cura di Evert van Uitert, Louis van Tilborg, Sjraar von Heugten per i dipinti e a cura di Johannes van der Wolk, Ronald Pickvance, E. B. F. Pey per i disegni). Mostra in due volumi[37] (dipinti e disegni) che si è tenuta al Rijksmuseum Vincent Van Gogh di Amsterdam (dipinti) e al Rijksmuseum Kroller-Muller di Otterlo (disegni), Milano-Roma, Editori Mondadori/De Luca, 1990[38].

I primi tre cataloghi sono ricordati dall’editore Stefano De Luca per l’aspetto scientifico derivante da diversi fattori: il gruppo dei curatori, professori ed esperti, la meticolosa progettazione che intende la mostra come esito di un percorso di studio e non come mero accostamento di opere. Il catalogo, dunque, ha la finalità di “congelare” i risultati della mostra (la sua chiave di lettura), e fornire uno strumento di consultazione agli studiosi.

L’ultimo catalogo sopra indicato dedicato a Van Gogh, nato nell’ambito della collaborazione con la casa editrice di Leonardo Mondadori[39] e ricordato dall’editore Stefano De Luca come un prodotto di grandissimo successo, riesce a vendere ben quattrocentoventimila copie e viene tradotto in cinque lingue.

Sempre negli anni Novanta la casa editrice fonda una struttura specificatamente dedicata all’organizzazione delle mostre e realizza importanti cataloghi con la doppia funzione di produttore della mostra ed editore.

Sono molte le collane editoriali attuali, oltre alla parte dominante relativa ai cataloghi di mostra, e spaziano dall’archeologia all’architettura, dalla moda al design e ovviamente alla storia dell’arte antica, moderna e contemporanea. Attualmente la casa editrice gestisce anche l’organizzazione degli eventi espositivi e dei servizi aggiuntivi per il Complesso museale di Villa d’Este a Tivoli.

Appendice

Ritratti di Luigi De Luca, dal libro Un editore come De Luca, a cura di Giuseppe Appella,

Roma, Edizioni della Cometa, 1988, copia n. 396.

Figura 1: disegno di Maccari, Roma 1938

Figura 2: disegno di Tamburi, Roma 1943
Figura 3: disegno di Stradone, Roma 1947
Figura 4, disegno di Stradone, Roma 1956

Ritratti di Luigi De Luca e foto, dal libro Un editore come De Luca, op. cit.

Foto 5: disegno di Gentilini, Roma 1959

Foto 6: l’ultimo ritratto in un disegno di Gentilini, Roma 1960
Foto 7: il fratello Don Giuseppe De Luca con la mamma Battista, Ortisei 1952
  1. Si pubblica un breve estratto della tesi di Laurea Magistrale in “Editoria e scrittura” dal titolo I cataloghi di mostre temporanee nell’editoria romana del Novecento: De Luca e Palombi, discussa nell’anno acc. 2018-2019 presso l’Università “La Sapienza” di Roma: relatrice la Prof.ssa Maria Panetta e correlatore il Prof. Giovanni Paoloni.
  2. Tra i suoi contatti la “Scuola di Roma” (Mafai, Pirandello, Fazzini, Afro, Gentilini, De Libero, Stradone) e i letterati e gli artisti che lo avevano invogliato a fare l’editore della rivista «L’Immagine» (direttore: Cesare Brandi; comitato di collaborazione: G. Macchia, C. Magnani, G. Raimondi, T. Scialoja).
  3. Cfr. S. Grossi, N. Santarelli, La Tartaruga, breve storia di una galleria, articolo online (cfr. la URL https://web.archive.org/) uscito in occasione dell’acquisto da parte della Soprintendenza archivistica, dopo un lungo e complesso iter, dell’archivio della Galleria d’arte La Tartaruga, di proprietà di Plinio De Martiis, conservato all’Archivio di Stato di Latina.
  4. I. Bernardi, La Tartaruga, storia di una galleria, Milano, Postmedia, 2018.
  5. Palma Bucarelli (Roma 1910-Roma 1998), storica dell’arte e direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna dal 1942 al 1975.
  6. L’Obelisco (1946-1978) di Irene Brin e Gaspero del Corso. Fondata nel 1946 da Irene Brin e Gaspero del Corso, L’Obelisco ha avuto il merito di essere stata la prima galleria aperta a Roma subito dopo la guerra, per costituire poi uno dei poli culturali più attivi e vitali nella città durante gli anni Cinquanta e Sessanta. Coppia inconsueta e di respiro internazionale, Gaspero del Corso ma soprattutto Irene Brin, scrittrice, giornalista e corrispondente di Harper’s Bazaar, improntarono profondamente, con le loro vivacissime personalità, l’attività intellettuale ma anche mondana della galleria. Cfr. la URL: http://www.ufficignam.beniculturali.it/.
  7. L’archivio della galleria denominato “Irene Brin, Gaspero del Corso, Galleria l’Obelisco” è stato acquistato dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna in quanto costituisce patrimonio culturale collettivo e lo studio dedicato alla Galleria è stato realizzato consultando documenti dell’archivio acquistato e un regesto delle mostre tenute dal 1946 al 1978.
  8. La Galleria Russo nasce a Roma, nel 1987, in via del Babuino.
  9. Don Giuseppe De Luca. Ricordi e testimonianza (a cura di Mario Picchi), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1998, pp. 133-42.
  10. Un editore come De Luca, a cura di Giuseppe Appella, Roma, Edizioni della Cometa, 1988, pp. 17-18.
  11. L’editore Stefano De Luca, nipote di Battista, nell’intervista, racconta che gli intellettuali che andavano a casa di don Giuseppe a Roma si fermavano sempre a parlare con la mamma Battista perché dava loro “consigli di vita” preziosi.
  12. Battista è la seconda moglie di Vincenzo De Luca, madre di Luigi e fratelli ma non madre biologica di don Giuseppe, la cui mamma, Raffaella Viscardi, di cui don Giuseppe scriverà molto, muore poche settimane dopo la sua nascita.
  13. Monsignor Giuseppe De Luca ricorderà spesso, nei suoi scritti, la madre, che non ha praticamente conosciuto.
  14. Cfr. Don Giuseppe De Luca, Ricordi e testimonianze, a cura di Mario Picchi, op. cit.
  15. Piero Bargellini (Firenze 1897-ivi 1980). Cattolico militante, fondò a Firenze, nel 1929, «Il Frontespizio», rivista di cultura e polemica, durata fino al 1940.
  16. Cfr., nelle Teche Rai, Scrittori italiani contemporanei di ispirazione cristiana: Giuseppe De Luca, intervista a Piero Bargellini, filmato.
  17. Cfr. C. Bo, Il capitale di Dio, in Don Giuseppe De Luca, Ricordi e testimonianze, a cura di Mario Picchi, op. cit.
  18. Cfr. Nel mondo dei libri, intellettuali e biblioteche nel Novecento italiano, a cura di M. Santoro e G. Di Domenico, Manziana, Vecchiarelli editori, 2010: vd. soprattutto il saggio di Samanta Segatori, Le edizioni di Storia e letteratura: De Luca e il desiderio di sprovincializzare la cultura italiana, pp. 139-54.
  19. «L’avvicinamento alla fede di Bottai fu molto lento. I genitori, atei, non lo fecero battezzare e vi dovette provvedere la balia di Frascati cui era stato affidato. Fece la prima comunione sul Carso, con il suo cappellano militare. Successivi passi avanti nella pratica religiosa li compì verso la fine degli anni trenta e poi, sotto la guida di De Luca, nel 1942 ricevette la cresima dal cardinale Pizzardo»: G. B. Guerri, Giuseppe Bottai, Milano, Bompiani, 2010, p. 295.
  20. Biblioteca e Archivio dell’Associazione don Giuseppe De Luca, Via Lancellotti 18, Roma. Cfr. la URL: https://anagrafe.iccu.sbn.it/it/ricerca/dettaglio.html?codice_isil=IT-RM1270, sito web attivo in data 29 dicembre 2019.
  21. G. Manzù, Il mio amico più vero, in Don Giuseppe De Luca. Ricordi e testimonianze, a cura di Mario Picchi, op. cit., p. 244.
  22. Cfr. intervista (inedita) di chi scrive all’editore Stefano De Luca del 16 dicembre 2019 presso la sede della casa editrice De Luca Editori d’Arte, via di Novella 22, Roma.
  23. Stefano De Luca propone il formato 21×24 cm con lo scopo di armonizzare le riproduzioni fotografiche presenti sia in formato orizzontale che verticale; il formato da allora in poi diventa uno standard, al posto del precedente di 17×24 cm.
  24. Nel catalogo editoriale della De Luca Editori d’arte è presente la collana «Il Novecento alla galleria Russo», ventuno cataloghi (Afro, Giacomo Balla, Mario Sironi ecc.) omogenei per formato (22x 22 cm) e per layout di copertina.
  25. La galleria L’Attico nasce nel 1956 a Piazza di Spagna. Fabio Sargentini prosegue ancora oggi l’attività avviata dal padre. Recentemente Sargentini ha annunciato la volontà di donare l’archivio della galleria alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Cfr. la URL: https://www.artslife.com/2018/01/03/fabio-sargentini-donero-larchivio-della-galleria-lattico-alla-galleria-nazionale-di-roma/.
  26. Nell’intervista all’editore, Stefano De Luca ci tiene a raccontare che la chiusura dello stabilimento tipografico è avvenuta con correttezza e cordialità nei confronti dei dipendenti ai quali l’editore, dopo aver fatto proposte di condivisione dell’impresa che non si sono concluse, ha dato un preavviso praticamente decennale.
  27. Cfr. la URL: https://www.delucaeditori.com/, link valido il 29 dicembre 2019.
  28. Gebart, società capofila con De Luca Editori, Touring Club Italiano e Gruppo Abete.
  29. Cesare Bazzani (Roma 1873-1939), ingegnere e architetto.
  30. Cfr. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Cronache e storia 1911-2011, a cura di Stefania Frezzotti e Patrizia Rosazza-Ferraris, Roma, Palombi Editori, 2011.
  31. Palma Bucarelli (Roma, 16 marzo 1910-25 luglio 1998). Cfr. R. Ferrario, Regina di quadri. Vita e passioni di Palma Bucarelli, Milano, Mondadori, 2018.
  32. Mostra di Pablo Picasso, a cura di Lionello Venturi, con la collaborazione di Eugenio Battisti e Nello Ponente (dal 5 maggio al 5 luglio 1953).
  33. Cfr. Guida agli archivi d’arte del ʼ900 a Roma e nel Lazio, a cura di Assunta Porciani, Roma, Palombi Editori, 2009.
  34. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna, op. cit., p. 192.
  35. Cfr. la URL: https://opac.lagallerianazionale.com/gnam-web/bio/IT; https://www.delucaeditori.com/. Sul sito è possibile, per molti dei cataloghi elencati, visualizzare le immagini di copertina.
  36. Cfr. la URL: https://www.delucaeditori.com/, link valido il 29 dicembre 2019.
  37. Un commento sul catalogo è presente nel libro Van Gogh segreto di Antonino Saggio, Roma, ITools, 2015 ed è di seguito riportato: «Lavoro buono per la cura editoriale e le ottime riproduzioni, ma deludente nell’impostazione culturale in particolare perché si trattava della mostra del centenario della morte al Museo Van Gogh di Amsterdam. I curatori optano per un’impostazione filologica tesa principalmente a mettere a confronto le diverse versioni e di uno stesso lavoro e sulla differenza tra tableau e etude. Accurata disamina dell’opera grafica con dettagliata cronologia e catalogo con accurate riproduzioni dei disegni esposti alla mostra del centenario alla Fondazione Kroller Muller di Otterlo».
  38. Nella mostra olandese (30 marzo-29 luglio 1990), allestita nelle due città di Amsterdam e Otterlo per il centenario della morte dell’artista, sono presenti 120 dipinti esposti al Museo Van Gogh di Amsterdam e 250 disegni raccolti al Rijksmuseum Kroller-Muller di Otterlo che riuniscono non soltanto il già ricco patrimonio olandese sull’opera di Van Gogh, ma anche opere provenienti dai Musei di Parigi, Mosca, New York.
  39. Negli anni Novanta la casa editrice si fonde con la Leonardo Mondadori, e l’attività viene incrementata con pubblicazioni di carattere internazionale. Il sodalizio tra i due editori si interromperà dopo pochi anni.

(fasc. 33, 25 giugno 2020)

Le origini del «Politecnico»

Author di Niccolò Amelii

«Il Politecnico» esce per la prima volta a Milano il 29 settembre 1945, con il sottotitolo «settimanale di cultura contemporanea», prezzo 12 lire, diretto da Elio Vittorini ed edito dalla casa editrice Einaudi[1]. Tuttavia il periodico, almeno nella sua forma d’ideazione e di progetto potenziale, affonda le radici nel biennio precedente. Ne parlano e ne discutono i termini, gli obiettivi e gli ambiti di azione già nel ’43 diversi scrittori antifascisti, come lo stesso Vittorini e Giansiro Ferrata – legati al nascente Fronte della cultura patrocinato dal PCI –, alcuni intellettuali organici al Partito Comunista, come il fisico Eugenio Curiel, e diversi collaboratori dell’Einaudi, tra cui spicca per intraprendenza e predisposizione Giaime Pintor. L’importanza di Curiel e di Pintor per lo sviluppo germinale della discussione riguardante il settimanale e la loro grande influenza su Vittorini sono testimoniate dalle parole di Ferrata, che scrive: Continua a leggere Le origini del «Politecnico»

(fasc. 33, 25 giugno 2020)